di Murray N. Rothbard
[Questo articolo è apparso su The Review of Austrian Economics nel 1992.]
Introduzione
E' generalmente riconosciuto che i burocrati ostacolano questo processo, ma la confusione abbonda tra gli stessi sostenitori del libero mercato. Quello che non aiuta è che gli economisti occidentali, ai quali l'ex-blocco orientale si vuole ispirare, non hanno fatto praticamente nulla per studiare, e tanto meno risolvere, questo problema durante i sessanta anni da quando Stalin ha istituito il socialismo in Unione Sovietica e durante il mezzo secolo da quando i sovietici l'hanno imposto in Europa orientale.
Sin dalla metà degli anni '30, quasi tutti gli economisti occidentali hanno accettato l'idea che non vi è alcun problema col calcolo economico sotto il socialismo, e la maggior parte ha accettato la conseguente idea che l'economia sovietica ha avuto successo e presto potrebbe superare quella degli Stati Uniti.[1]
Come Non Smantellare il Socialismo
Possiamo dapprima chiarire il modo con cui smantellare il socialismo esaminando i vari sentieri che sono diventati popolari, e tuttavia non sono la strada per arrivare alla nostra meta presumibilmente comune.
Come non smantellare il socialismo può essere evidenziato dalla storia di un mio amico, il quale mi ha raccontato di un suo collega sovietico di dipartimento che è venuto negli Stati Uniti per studiare diligentemente come realizzare un mercato dei futures nell'URSS. Si è impantanato perché non è riuscito a capire quali leggi o decreti dovevano essere definiti dallo stato sovietico, in modo da replicare il mercato dei futures degli Stati Uniti. In breve, non è riuscito a trovare un modo per pianificare un mercato dei futures.
Ecco allora un punto fondamentale: non è possibile pianificare i mercati. Per loro stessa natura, bisogna lasciare libera la gente in modo che possa interagire e scambiare, e in tal modo sviluppare i mercati stessi. Allo stesso modo molti dei paesi socialisti, vedendo l'importanza dei mercati dei capitali in occidente, hanno cercato di sviluppare mercati azionari, ma con scarso successo. In primo luogo, perché i mercati azionari non possono essere pianificati, e, in secondo luogo, perché, come vedremo più avanti, non possono esistere mercati di titoli di capitale se praticamente ci sono proprietari privati dei capitali esistenti.
Non procedere per fasi
Ancora una volta, è generalmente accettato che i mercati liberi debbano arrivare in fretta, e che farli accettare in modo lento e graduale ritarderà solamente il fine preposto. E' ben noto che l'enorme burocrazia socialista sfrutterà tale ritardo per ostacolare il fine stesso. Ma ci sono ulteriori ragioni importanti per velocizzarsi. Ad esempio, perché il libero mercato è una rete interconnessa; è fatto di innumerevoli parti che si intersecano strettamente insieme attraverso una serie di produttori ed imprenditori che scambiano titoli di proprietà, motivati dalla ricerca di profitto e dall'evitare le perdite, operando tale calcolo mediante un sistema di prezzi liberi.
Trattenersi, liberando solo poche aree alla volta, non farà che imporre continue distorsioni che paralizzeranno il funzionamento del mercato e lo screditeranno agli occhi di un pubblico già timoroso e diffidente. Ma c'è anche un altro punto fondamentale: come non si possono pianificare i mercati, non si può nemmeno pianificare la loro liberazione dall'influenza statale. In caso contrario molti potrebbero illudersi: i governi ed i loro consulenti economici non ricoprono il ruolo di Dei saggi sopra l'arena economica che progettano attentamente per liberare i mercati passo dopo passo, che decidono cosa fare prima, cosa per secondo, ecc. Gli economisti ed i burocrati non sono buoni quando bisogna procedere per fasi, come non lo sono quando si trovano a dettare qualsiasi altro aspetto del mercato.
Per arrivare ad una vera libertà, il ruolo del governo e dei suoi consiglieri deve limitarsi a liberare i loro soggetti il più velocemente possibile in modo da rompere le loro catene. Dopo di che il ruolo corretto del governo e dei suoi consulenti sarebbe quello di non mettere i bastoni tra le ruote dei soggetti.
Non reprimere il mercato nero
Un percorso verso la libertà che adottò anche l'ex-presidente Gorbachev, è stato quello di reprimere il mercato nero. Potremmo concludere che la mentalità del blocco orientale ne ha di strada da percorrere prima di iniziare a comprendere la libertà, salvo poi scoprire che ci sono solo pochi occidentali che capiscono questo problema. Il mercato nero non è un nemico; se a volte sembra e si comporta da nemico, è solo perché le sue attività imprenditoriali sono state rese illegali. Il "mercato nero" è semplicemente il mercato, quel mercato che i sovietici affermano di cercare ma che è stato trasformato in "nero" proprio perché dichiarato illegale. E' il mercato paralizzato e distorto, ma è qui, in questa zona disprezzata, che i sovietici troveranno più facilmente il mercato. Invece di un giro di vite, i governi dovrebbero immediatamente rendere libero il mercato nero.
Non confiscare il denaro della gente
L'Unione Sovietica soffre del cosiddetto "eccesso di rubli," cioè troppi rubli rispetto a troppo pochi beni. E' generalmente ammesso che "l'eccesso" sia il risultato di un controllo dei prezzi, con il quale lo stato ha fissato i prezzi ben al di sotto dei livelli di un mercato non ostacolato. Nel corso degli anni lo stato sovietico ha stampato rapidamente nuovo denaro per finanziare le sue spese, e questo aumento dell'offerta di moneta, accoppiato ad un'offerta sempre più scarsa di prodotti a causa dal collasso della pianificazione socialista, ha creato gravi carenze ed un'enorme offerta di denaro rispetto ai beni disponibili.
È comunemente riconosciuto che è possibile far scomparire carenze ed eccedenze, se i prezzi sono liberi di aggiustarsi. Ma lo stato teme l'ira dei consumatori infelici. Difficilmente si può chiamare una soluzione quello che ha fatto Gorbachev, cioè seguire il percorso del presidente brasiliano Collor de Mello il quale nella primavera del 1990, nel tentativo di invertire l'iperinflazione, congelò arbitrariamente l'80% di tutti i conti bancari. Gorbachev si superò rendendo improvvisamente inutili tutti i rubli di grosso taglio, consentendo la circolazione di cartamoneta di taglio più piccolo. Questo non è il modo per eliminare un'eccedenza; nella migliore delle ipotesi, la cura è peggio del male.
In primo luogo, in questa presunta lotta al mercato nero, è stato distrutto il risparmio del cittadino sovietico medio, dato che il mercato nero era abbastanza scaltro da essersi già mosso verso metalli preziosi e valute estere. Ma ancora più importante: con questa azione lo stato sferra il secondo pugno al cittadino medio ed all'economia. Il primo pugno è stato quello di gonfiare l'offerta di moneta in modo da gozzovigliare nelle sue solite spese inutili. Poi, dopo che il denaro è stato speso e che i prezzi sono saliti — sia in modo aperto o represso — lo stato, nella sua saggezza, ha cominciato ad inorridire davanti agli orrori dell'inflazione, incolpando il mercato nero, i consumatori avidi, i ricchi o qualsiasi altra cosa, e sferrando il secondo pugno: confiscare il denaro nelle tasche dei cittadini privati. Anche se qualcuno si azzarda a definire questo processo "libero mercato," si tratta lo stesso di una serie di imposte ed oneri impliciti sull'economia ingiusti, violenti e statalisti.
Non aumentare le tasse
Purtroppo, una delle "lezioni" che molti europei dell'est hanno assorbito dagli economisti occidentali è la presunta necessità di un forte aumento delle tasse e la loro progressività. Le tasse sono parassitarie e stataliste; sprecano energie, risparmi e produzione. Le tasse invadono e aggrediscono i diritti della proprietà privata. Più sono alte le tasse, più l'economia diventa socialista; più sono basse, più l'economia si avvicina alla vera libertà ed alla vera e propria privatizzazione, il che significa un sistema di diritti completamente legati alla proprietà privata. Il tentativo di Mazowiecki di raggiungere la privatizzazione ed il libero mercato in Polonia, è stato fortemente ostacolato dall'imposizione di tasse molto alte e progressive.
Come parte del cambiamento verso la libertà e lo smantellamento del socialismo, quindi, le tasse dovrebbero essere drasticamente ridotte, non aumentate.
Aziende statali che hanno partecipazioni condivise non significa privatizzare
Sono a conoscenza di questa informazione grazie al dottor Yuri Maltsev: il tanto decantato piano Shatalin per l'Unione Sovietica, che avrebbe dovuto portare la privatizzazione ed il libero mercato in 500 giorni, non aveva nulla a che fare con la privatizzazione. A quanto pare tutte le imprese statali in ogni settore invece di essere effettivamente privatizzate — cioè, cedute a proprietari privati — sarebbero divenute di proprietà (all'80%) di altre imprese nello stesso settore. Ciò significa che le imprese monopolistiche statali sarebbero rimaste imprese gestite dal monopolio dello stato e dalle stesse oligarchie di prima. Privatizzazione deve significare proprietà privata.[2]
Come Smantellare il Socialismo
I seguenti punti su come smantellare il socialismo devono necessariamente essere scritti o letti in modo sequenziale, ma non devono essere esplicati in tal modo: tutti i seguenti punti potrebbero, e dovrebbero, essere istituiti immediatamente e tutti in una volta.
Legalizzare il mercato nero
Le prime due mosse sono implicite ed, ovviamente, contrarie alle loro parti speculari citate in precedenza. Una è quella di legalizzare il mercato nero, cosa che significherebbe rendere tutti i mercati liberi e legali. Ciò significa che la proprietà privata di tutti coloro immersi in tali mercati deve, insieme a quella di tutti gli altri, essere protetta dalla depredazione dello stato. Significa anche che tutti i beni e servizi fino ad allora illegali ora diventerebbero legali, nonostante in Occidente lo siano o meno, e che tutte le operazioni dovrebbero essere svolte liberamente, cioè, che i prezzi dovrebbero essere impostati volontariamente attraverso gli scambi. Quindi deve essere abolito immediatamente il controllo dei prezzi.
Se i prezzi risultanti dalle transazioni reali saranno superiori agli pseudo-"prezzi" stabiliti dalle operazioni inesistenti dello stato, allora così sia. Le lamentele dei consumatori devono essere semplicemente ignorate; gli eventuali consumatori che ancora preferirebbero il precedente sistema di prezzi fissi per beni inesistenti, saranno naturalmente liberi di boicottare quelli nuovi e cercare di trovare fonti di approvvigionamento più economiche altrove. La mia impressione, tuttavia, è che i consumatori si adatteranno abbastanza presto a questi cambiamenti, soprattutto perché l'abbondanza di beni di consumo si riverserà velocemente sui mercati.
A proposito, con "legalizzare" io intendo l'abolizione di uno status considerato come fuorilegge in precedenza; non propongo di impegnarsi in esercizi semantici che cercano di distinguere tra "legalizzazione" e "depenalizzazione."
Ridurre drasticamente tutte le tasse
Un'altra implicazione della nostra analisi precedente è che la tassazione dovrebbe essere diminuita drasticamente. Esistono lunghe dissertazioni, nella letteratura in materia di tassazione, su quali tipi di tasse debbano essere imposte e chi le debba pagare e perché, pero' non ne esistono abbastanza sull'ammontare o la quantità da riscuotere. Se il tax rate è abbastanza basso, allora la forma o i principi della distribuzione fiscale fanno davvero poca differenza.
Per dirla crudamente, se tutte le aliquote fiscali sono mantenute al di sotto dell'uno per cento, allora non importa se le tasse sono sul reddito, sulle vendite, sulle accise, sulla proprietà o sulle plusvalenze. E' importante, invece, concentrarsi su quanto del prodotto sociale debba essere dirottato nelle fauci improduttive dello stato, e mantenere tale peso a livello ultra-minimale.
Mentre la forma della tassazione non avrebbe importanza economica, sarebbe comunque importante politicamente. Una tassa sul reddito, per esempio, per quanto bassa, conserverebbe un sistema di polizia oppressivo disposto ad indagare il reddito e la spesa di tutti e di conseguenza l'intera vita di una persona. L'opinione degli economisti, al contrario, è che non esiste alcuna imposta o sistema di imposte che potrebbe essere neutrale per il mercato.[3]
Qualunque sia la forma della tassazione, dopo lo smantellamento del socialismo dovrebbe essere la più neutrale possibile. Ciò significa, in aggiunta a tassi ed importi molto bassi, che la tassazione dovrebbe essere la più discreta ed innocua possibile, nonché imitare il mercato. Tale imitazione potrebbe includere la cessione volontaria di beni e servizi ad un prezzo, o la fissazione di un prezzo per la partecipazione al voto. La vendita di beni o servizi da parte dello stato, naturalmente, verrà drasticamente limitata nel nostro sistema privo di socialismo, a causa dell'enorme portata della privatizzazione riguardante le attività dello stato. La privatizzazione verrà trattata qui di seguito.
Abolire la capacità dello stato di creare denaro
Lo stato può generare entrate in tre modi: tassazione, creazione di nuova moneta e vendita di beni o servizi.[4] Non può esistere un mercato veramente libero o senza socialismo finché allo stato viene permesso di falsificare il denaro, cioè creare nuovo denaro dal nulla, che si tratti di biglietti di carta o di depositi bancari. Tale funzione è una forma nascosta e insidiosa di tassazione e di espropriazione della proprietà e delle risorse dei produttori. Porre fine alla contraffazione significa estromettere lo stato dal business del denaro, cosa che a sua volta implica l'eliminazione della moneta cartacea statale e della banca centrale. Significa anche denazionalizzare unità monetarie come il rublo, il fiorino, lo zloty, ecc., e restituirli nelle mani del mercato privato.
Denazionalizzare la valuta è un processo che deve passare solo attraverso la ridefinizione della cartamoneta in unità di peso di un metallo, preferibilmente l'oro. Quando verranno eliminate le banche centrali, potrebbero rilasciare le loro orde d'oro; come loro ultimo atto sulla terra, potrebbero riscattare tutti i loro biglietti di carta al peso ridefinito in monete d'oro.
Data la volontà di smantellare il socialismo, mentre questo processo di denazionalizzare la moneta non è così complesso e difficile come può sembrare a prima vista, potrebbe essere più lungo rispetto alle altre parti del nostro piano.[5] Potrebbero quindi esistere passaggi di transizione della durata di pochi giorni: cioè, il rublo o il fiorino potrebbero essere autorizzati a fluttuare liberamente ed essere convertibili in altre valute ai tassi di cambio di mercato.
Sarebbe comunque indispensabile togliere dalle mani dello stato il potere di creare moneta; un possibile modo di farlo, ed una seconda fase di transizione, sarebbe quella di rendere convertibile il rublo in valute più sonanti, come il dollaro, ad un certo tasso fisso. In attesa di un ritorno ad un gold standard puro ed alla chiusura della banca centrale, sarebbe anche importante limitare il potere dello stato di creare denaro congelando in modo permanente tutte le attività delle banche centrali tra cui le operazioni di mercato aperto, i prestiti e le emissioni obbligazionarie. E' il caso di aggiungere che una legge o un editto che limitano o bloccano lo stato in sé non rappresenta un atto di intervento nell'economia o nella società. Piuttosto il contrario.
Non appena verrebbero liberati i mercati neri e tutti i mercati privati, anche gli istituti di credito privati sarebbero liberi di prestare i risparmi.
Licenziare la burocrazia
Al lettore potrebbe sorgere un dubbio: se la tassazione deve essere drasticamente abbassata, e lo stato deve essere privato del suo potere di stampare o creare denaro, allora come finanzierà le sue spese e le sue operazioni?
La risposta è: non dovrebbe, perché per lo stato ci sarebbe ben poco da fare. (Ciò sarà spiegato ulteriormente nella discussione sulla privatizzazione.)
L'economia socialista è una economia di comando, composta e gestita da una gigantesca burocrazia. Tale burocrazia verrebbe immediatamente licenziata ed i suoi membri sarebbero liberi di trovare posti di lavoro produttivi o di sviluppare qualsiasi abilità produttiva in un settore privato in rapida espansione.
Questo ci porta ad un problema affascinante che, mentre viene covato a lungo nel cuore e nella mente dei soggetti oppressi dal socialismo, diviene improvvisamente un problema politico. Che cosa fare con la parte alta del partito comunista, con la nomenklatura, con il vasto apparato della polizia segreta una volta onnipotente? Potranno essere portati in giudizio attravero una serie di prove della loro criminalità ed essere condannati ad una pena adeguata? O dovremmo metterci una pietra sopra, dichiarare un'amnistia generale e permettere che gli ex-KGB vengano assunti come guardie private o investigatori? Confesso una certa ambiguità nel soppesare le rivendicazioni concorrenti di giustizia e di pace sociale. Fortunatamente la decisione può essere lasciata ai popoli dell'ex-Unione Sovietica e dell'Europa orientale. Non c'è molto che un economista, anche un economista di libero mercato, possa dire per risolvere questo problema.
Privatizzare o abolire le operazioni statali
Questo ci porta al punto finale, ma non meno importante, della nostra piattaforma di smantellamento del socialismo: privatizzare le operazioni dello stato. Dal momento che in teoria tutta, o in pratica la maggior parte, della produzione nei paesi socialisti è nelle mani dello stato, il desideratum più importante, la via fondamentale per arrivare ad un sistema di proprietà privata e libero mercato, deve essere quello di privatizzare le operazioni dello stato.
Ma dire semplicemente "privatizzare" non è sufficiente. In primo luogo, ci sono molte operazioni statali, soprattutto negli stati socialisti, che non vogliamo privatizzare ma piuttosto abolire completamente. Ad esempio, in quanto libertari non desidereremmo privatizzare i campi di concentramento o i gulag, o il KGB. Dio non voglia che si debba mai avere un'offerta efficiente di campi di concentramento o di "servizi" della polizia segreta!
Ecco un punto che deve essere sottolineato. L'assunto di base del prodotto interno lordo e dell'analisi del PNL è che tutte le operazioni statali sono produttive, che le spese dello stato contribuiscono alla produzione nazionale ed al bene comune. Ma se veramente crediamo nella libertà e nella proprietà privata, dobbiamo concludere che molte di queste operazioni non sono affatto "servizi" sociali, ma disservizi per l'economia e la società, "mali" invece che "beni."
Questo significa che lo smantellamento del socialismo deve coinvolgere l'abolizione, non la privatizzazione, di operazioni quali (oltre ai campi di concentramento e le strutture della polizia segreta) tutte le commissioni di regolamentazione, le banche centrali, le agenzie fiscali e, naturalmente, tutte le agenzie che amministrano quelle funzioni che stanno per essere privatizzate.[6]
Principi della privatizzazione
Beni e servizi utili, quindi, devono essere privatizzati. Come ci si può arrivare a farlo? In primo luogo, non ostacolare la concorrenza privata con i precedenti monopoli dello stato. Questo non solo legalizzerebbe il mercato nero, ma tutta la concorrenza con le operazioni statali esistenti. E per quanto riguarda le varie aziende statali ed i beni capitali stessi? Come devono essere privatizzati?
Sono possibili diversi itinerari, ma possono essere raggruppati in tre tipi. Uno sono le dispense egualitarie: ogni cittadino sovietico o polacco riceve per posta una quota di proprietà dei vari possedimenti precedentemente in mano allo stato. Così se l'acciaieria XYZ deve diventare di proprietà privata, e se esistono 300 milioni di azioni della compagnia XYZ e 300 milioni di abitanti, ogni cittadino ne riceve una, la quale diventa immediatamente trasferibile o scambiabile a seconda della propria volontà. Che questo sistema sarebbe incredibilmente ingombrante, è evidente. Il numero di persone sarebbe troppo e le azioni troppo poche per permettere ad ogni persona di avere una quota, e ci sarebbero azioni di enorme consistenza e di varia natura che scenderebbero velocemente sulla testa del cittadino medio.
Gran parte di questo caos si potrebbe eliminare seguendo il suggerimento del ministro delle finanze ceco Vaclav Klaus, il quale propone che ogni cittadino riceva certificati che potrebbero essere scambiati con un certo numero o tipi di azioni di proprietà di aziende presenti sul mercato. Ma anche sotto il piano di Klaus ci sono gravi problemi filosofici. Sancirebbe il principio di elargizioni statali, e dispense egualitarie, a cittadini immeritevoli. La base stessa di un nuovo sistema di diritti di proprietà libertari si verrebbe a formare da questo principio sfortunato.
Sarebbe di gran lunga preferibile sancire il principio dell'homesteading alla base del nuovo sistema di proprietà. O, per far rivivere il vecchio slogan marxista: "tutte le terre ai contadini, tutte le fabbriche agli operai." Verrebbe riaffermato il principio di Locke secondo cui la proprietà deve essere acquisita "mischiando il proprio lavoro con il suolo" o con altre risorse senza proprietario.
Lo smantellamento del socialismo è un processo che vuole privare lo stato della sua attuale "proprietà" o controllo, e devolverla a soggetti privati. In un certo senso, l'abolizione della proprietà dello stato su vari asset li pone immediatamente ed implicitamente in uno status senza proprietario, status che l'homesteading può rapidamente convertire in proprietà privata. Il principio dell'homesteading afferma che tali asset non devono finire nelle mani del generico ed astratto pubblico secondo il principio dell'elargizione, ma nelle mani di coloro che hanno effettivamente lavorato con queste risorse: cioè, i loro rispettivi lavoratori, contadini e manager. Naturalmente, questi diritti devono essere veramente privati; cioè, la terra ai singoli contadini, mentre i beni strumentali o le fabbriche a lavoratori sotto forma di azioni negoziabili. La proprietà non deve essere concessa ai collettivi o alle cooperative o ai lavoratori o ai contadini in modo olistico, cosa che riporterebbe indietro i mali del socialismo in una forma sindacalista decentrata e caotica.
Va da sé che queste quote di proprietà, veramente di proprietà privata, devono essere trasferibili e scambiabili secondo la volontà dei relativi titolari. Molti piani attuali nei paesi socialisti prevedono "azioni" che devono essere possedute dal lavoratore o dal contadino e, dopo un periodo di anni, possono essere vendute allo stato. Questo viola chiaramente il punto stesso dello smantellamento del socialismo. Altri piani proposti impongono severe restrizioni al trasferimento di proprietà a stranieri. Ancora una volta, una privatizzazione genuina richiede la proprietà privata completa, compresa la vendita agli stranieri.
Inoltre, non c'è nulla di male nel "vendere il paese" agli stranieri. In realtà più gli stranieri acquistano "il paese," meglio è perché significherebbe rapide iniezioni di capitale straniero, e quindi una rapida prosperità e crescita economica nel blocco socialista impoverito.
Si pone immediatamente un problema quando si procede ad assegnare le quote ai lavoratori delle fabbriche, un problema simile alla domanda che ci siamo posti prima sul KGB: la gestione della nomenklatura dovrebbe essere suddivisa in quote di proprietà?
In un discorso a Mosca all'inizio del 1990, l'economista Paul Craig Roberts osservò che il popolo sovietico poteva o tagliare le gole della nomenklatura o dividerla in quote di proprietà; per il bene della pace sociale e la transizione verso un'economia libera, raccomandò la seconda. Come ho scritto in precedenza, non vorrei essere così veloce nel contrastare le esigenze della giustizia; ma vorrei ancora far notare la possibilità di una terza via: non fare nessuna delle due, e permettere alla nomenklatura di trovare posti di lavoro produttivi nel settore privato. Il punto filosofico è fino a che punto le attività dei manager della vecchia economia sovietica sono stati produttivi e in che misura fossero paralizzanti e controproducenti, e pertanto meritevoli solamente di un brusco licenziamento.[7]
Invece merita di essere respinta una terza via comunemente suggerita: che il governo venda tutti i suoi beni all'asta al miglior offerente. Un difetto enorme in questo approccio è che il governo possiede quasi tutte le attività, quindi la popolazione dove andrebbe a prendere il denaro per acquistarle, se non ad un prezzo molto basso che equivarrebbe ad una distribuzione gratuita?
Ma non è stato sufficientemente sottolineato un altro difetto ancora più importante: perché lo stato meriterebbe di trattenere i proventi della vendita di questi beni? Dopo tutto, una delle ragioni principali per smantellare il socialismo è che lo stato non merita di possedere le attività produttive del paese. Ma se non se le merita, perché alllora meriterebbe di possedere il loro valore monetario? E non abbiamo neanche considerato questa di domanda: Che cosa dovrebbe fare lo stato con i fondi incassati?[8]
Non dovrebbe essere trascurato un quarto principio della privatizzazione, anzi, dovrebbe avere la priorità. Purtroppo, a causa della sua natura questo quarto percorso non può essere trasformato in un principio generale. Lo stato dovrebbe restituire tutti i beni rubati e confiscati ai proprietari originari, o ai loro eredi. Anche se questo può essere fatto con molti appezzamenti di terreno, o con particolari gioielli, nella maggior parte dei casi, in particolare con i beni capitali, non ci sono proprietari originari identificabili a cui restituire la proprietà.[9] Trovare i proprietari terrieri originali è più facile nell'Europa orientale che nell'Unione Sovietica, in quanto è trascorso molto meno tempo dal furto originale. Nel caso dei beni capitali costruiti dallo stato, non esistono proprietari identificabili. Il motivo per cui questo principio dovrebbe avere la priorità è perché i diritti di proprietà implicano soprattutto la riassegnazione dei beni rubati ai proprietari originali. O, per dirla in altro
modo: una risorsa diventa filosoficamente senza proprietario, e quindi disponibile per l'homesteading, solo quando un proprietario originale, semmai fosse esistito, non può essere rintracciato.
C'è un ultimo problema fastidioso: Quanto grandi dovrebbero essere le nuove imprese private? Ogni industria nei paesi socialisti è generalmente trincerata in un blocco di monopolio, quindi se ogni impresa viene privatizzata in un'azienda di pari dimensioni, la dimensione di ciascuna sarà di gran lunga superiore all'optimum del libero mercato. Un problema fondamentale, naturalmente, è che in un'economia socialista non esiste un modo per capire quale sia la dimensione o il numero ottimale di imprese.
In un certo senso, gli errori fatti nel passaggio verso la libertà tenderanno ad emergere dopo l'istituzione di un libero mercato, con tendenze di rottura o di consolidamento nella direzione della dimensione e del numero ottimale. D'altra parte, non dobbiamo commettere l'errore di presumere che i costi o le inefficienze di questo processo possano essere trascurate. Sarebbe preferibile avvicinarsi il più possibile all'optimum nella privatizzazione iniziale.
Forse ogni stabilimento, o ogni gruppo di stanilimenti in una zona, può essere inizialmente privatizzato come un'impresa separata. Va da sé che un aspetto molto importante di un libero mercato e di questo processo di ottimizzazione, è quello di consentire al mercato di operare in completa libertà: ad esempio, unire o sciogliere le imprese così come si dimostrerà redditizio.
Conclusione
Ora le dimensioni del Piano Rothbard per smantellare il socialismo dovrebbero essere chiare:
- Riduzione enorme e drastica delle tasse, dell'occupazione statale e della spesa pubblica.
- Completa privatizzazione degli asset pubblici: dove possibile restituirli ai proprietari espropriati o ai loro eredi; in loro assenza, concedere quote ai lavoratori produttivi ed ai cittadini che ci avevano lavorato.
- Onorare e proteggere i diritti di proprietà di tutti i proprietari di proprietà private. Dal momento che i diritti di proprietà implicano la completa libertà di fare scambi e trasferire la proprietà, non ci devono essere interferenze statali in questi scambi.
- Privare lo stato del potere di creare nuovo denaro, meglio farlo con una riforma che nello stesso tempo liquida la banca centrale ed utilizza il suo oro per rimborsare le sue banconote ed i depositi in una nuova unità valutaria aurea.
Tutto questo potrebbe e dovrebbe essere fatto in un giorno, anche se la riforma monetaria potrebbe richiedere fasi che prenderebbero qualche giorno.
Un punto che non abbiamo specificato: esattamente quanto in basso dovrebbero andare le tasse o le occupazioni statali o la spesa, e quanto completa dovrebbe essere la privatizzazione? La risposta migliore è quella del grande Jean-Baptiste Say, che dovrebbe essere noto per molte altre cose oltre alla legge di Say: "Il miglior programma di finanza [pubblica] è spendere il meno possibile; e la tassa migliore è sempre quella più leggera."[10] In breve, il governo migliore è quello che spende, tassa ed assume poco, e privatizza di più.
Un ultimo punto: sono stato criticato da colleghi libertari per proposte di questo tipo, perché coinvolgono l'azione dello stato. Non è incoerente e statalista per un libertario sostenere qualsiasi azione del governo di qualunque tipo? Questo mi sembra un argomento stupido. Se un ladro ha rubato la proprietà di qualcuno, come minimo si dovrebbe invocare che il rapinatore ceda la refurtiva e la restituisca ai suoi proprietari. In uno stato socialista, il governo si è arrogato praticamente tutte le proprietà e il potere del paese. Lo smantellamento del socialismo, ed il passaggio ad una società libera, comporta necessariamente che il governo ceda la sua proprietà ai soggetti privati, e liberi le persone dalla rete dei controlli statali. Sbarazzarsi dello stato socialista richiede che lo stato effettui un ultimo, rapido, glorioso atto di auto-immolazione, dopo di che sparirà dalla scena. Si tratta di un atto che può essere applaudito da tutti gli amanti della libertà, nonostante si tratti di un atto compiuto
dal governo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[1] Murray N. Rothbard, "Ludwig von Mises and the Collapse of Socialism," tenuto all'incontro annuale dell'Allied Social Science Association, a Washington, D.C., 1990, e pubblicato come "The End of Socialism and the Calculation Debate Revisited," Review of Austrian Economics, 5, no. 2 (1991): 51–76.
[2] Come scrive Maltsev: "Quando i sovietici parlano di privatizzazione, tuttavia, non intendono quello che intediamo noi con tale termine. Il piano [Shatalin] imporrebbe che l'80% dello stock di qualsiasi impresa finisca nelle mani di altre aziende nello stesso campo, non in quelle pubbliche. Per usare un'analogia negli USA, sarebbe come se la General Motors possedesse l'80% delle azioni di Ford e viceversa, e fosse illegale se accadesse in altro modo." Maltsev nota che Stanislav Shatalin e l'autore originale del suo piano per la Repubblica Russa, Grigory Yavlinsky, "sono entrambi econometrici che hanno speso... le loro vite a trasformare in formule matematiche le illusioni del marxismo-leninismo. Sono entrambi pianificatori centrali di lunga data che si sono lasciati abbagliare dal socialismo." Yuri N. Maltsev, "A 600-Day Failure?" The Free Market 8 (November 1990): 6.
[3] Vedi Murray N. Rothbard, "The Myth of Neutral Taxation," Cato Journal 1 (Autunno 1981): 519–64.
[4] Una quarta forma di entrate, prendere in prestito dalla popolazione, è strettamente dipendente dalle altre tre forme.
[5] Vedi Yuri N. Maltsev, "A One Day Plan for the Soviet Union," Antithesis 2 (Gennaio/Febbraio 1991): 4, ed in precedenza, "The Maltsev One-Day Plan," The Free Market (Novembre 1990): 7.
[6] È importante rendersi conto che se un'attività di governo è cattiva, vorremmo che il suo esercizio, finché esiste, sia il più inefficiente possibile. Una delle organizzazioni più odiate all'inizio dell'Europa moderna era il "tax farmer," il quale acquistava dal re il diritto di riscuotere le tasse per un certo periodo di anni. Potremmo considerare: vorremmo imposte sul reddito privatizzate e raccolte con il potere dello stato da IBM o McDonald piuttosto che dall'IRS? L'industriale Charles F. Kettering si suppone che abbia sorriso ad un amico in ospedale, il quale si lamentava della crescita accelerata dello stato: "Coraggio, Jim, grazie a Dio non otteniamo tanto stato quanto paghiamo."
[7] Yuri Maltsev raccomanda l'adozione del piano homesteading, adottando invece lo schema di Vaclav Klasu quando l'homesteading non sarebbe praticabile. Maltsev, "A One-Day Plan for the Soviet Union."
[8] Un argomento importante a favore della vendita degli asset dello stato è che questo processo avrebbe un effetto anti-inflazionistico fermando il terribile "eccesso di rubli." La fallacia di questo ragionamento è che, a meno che i funzionari statali non proporranno un falò pubblico di rubli, l'eccesso non verrebbe affatto ridotto. Lo stato spenderebbe i rubli, e rimarrebbero in circolazione.
[9] In Ungheria è stato costituito il Partito dei Piccoli Proprietari per sottolineare la priorità della privatizzazione, così da restituire i terreni ai proprietari terrieri espropriati dell'Ungheria meridionale.
[10] Jean-Baptiste Say, A Treatise on Political Economy, 6th ed. (Philadelphia: Claxton, Remsen & Haffelfinger,1880), p. 449. Vedi anche Rothbard, "The Myth of Neutral Taxation," pp. 551–554.
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