Bibliografia

giovedì 6 dicembre 2012

Ci stiamo dirigendo verso una dittatura economica

Che tiri un'aria dittatoriale è da un po' che noi Italiani l'abbiamo capito. Da quando la megalomania di Monti l'ha portato a diventare un nuovo Enrico VIII, sta facendo terra bruciata (attraverso il braccio esecutivo di Equitalia) intorno a lui additando gli "evasori" come la nuova piaga del secolo. Si sanno "nascondere" bene, a quanto pare. Comunque l'ultima novità in questo campo è il cosiddetto "Redditest." Ovvero, come spiare meglio gli individui. L’economia sta andando a rotoli, gli insoluti ormai ricoprono la distanza tra la Terra e Proxima Centauri, la produzione cala più velocemente della temperatura in Siberia, i disoccupati aumentano come il tasso alcolico di un Irlandese il sabato sera, i più fortunati tirano avanti perché utilizzano i risparmi accumulati nel tempo, i meno fortunati non arrivano neppure alla metà del mese (per non parlare dei suicidi, nemmeno menzionati dal professore dei miei stivali di campagna sporchi di sterco). In poche parole, lo stato sta escogitando nuovi trucchi per estrarvi più denaro per le sue spese folli. Di pagare i suoi di conti, invece, manco a pensarci. "Curiosamente" questo sommerso da scovare resta sempre alto, non cala mai. Nel 2006 si diceva fosse a €275 miliardi secondo la coppia Visco-Bersani; oggi ancora è a tanto. Se ancora non avete capito che le tasse sono un'estorsione legalizzata, allora farete la fine di Tony Wilson in "Operazione Diabolica."
__________________________________________________________________________________


di Janet Daley


Scordatevi di quel vecchio dilemma – avremmo dovuto entrare nella zona Euro? La zona Euro si è ufficialmente unita ad una nuova organizzazione internazionale: siamo ora tutti membri del Club Senza Crescita. E gli Stati Uniti hanno appena rieletto un presidente che sembra determinato ad iscriversi a tale club. Nessun governo in quello che veniva chiamato "il mondo libero" sembra pronto a prendere misure che possano arrestare questo declino inesorabile. Sono tutti affaccendati a dire ai loro elettori che l'austerità è per gli altri (Francia), o che i tentativi insignificanti che hanno fatto per implementarla risolveranno il problema (Gran Bretagna), o che tassare i "ricchi" renderà inutile tagliare la spesa (America).

Così, siamo tutti qui. Come noi, i paesi membri della moneta unica Europea si sono avviati verso una recessione  a doppio fondo (o è a triplo?). Questo è il futuro: il lungo e tortuoso "zig-zag" verso la ripresa, a cui i politici e i capi delle banche centrale alludono, è solo un eufemismo per la fine della vita economica così come l'abbiamo conosciuta.

Ci sono alcune persone che non la considereranno una cattiva notizia. Molti a Sinistra otterranno finalmente l'economia dei loro sogni – o meglio, quella in cui hanno sempre creduto. Infine, vivremo con quella immutabile torta che deve essere divisa "giustamente" se non dovesse essere raggiunta la giustizia sociale. Invece di risorse e ricchezza sempre maggiori, che possono consentire a proporzioni sempre più ampie della popolazione di diventare ricche senza nulla togliere a qualsiasi altro gruppo, ci sarà davvero un limite assoluto alla quantità di capitale circolante all'interno della società.

Le uniche decisioni stabiliranno come quell'inalterabile somma dovrà essere ripartita – e tali giudizi, naturalmente, dovranno essere presi dallo stato in quanto non ci sarà alcuna forza economica al di fuori del governo che possa entrare nell'equazione. La distribuzione della ricchezza sarà la funzione principale – praticamente l'unica – della vita politica. E' il paradiso della Sinistra?

Beh, non proprio. La totale assenza di crescita economica significa che le limitazioni sulla distribuzione sarebbero così gravi da richiedere un'applicazione draconiana della legge: razionamento, limiti sulla quantità di valuta che può essere ritirata all'estero, restrizioni sulle importazioni e pene per i reati economici (sottoquotazione, o "mercato nero"). Concetti sconosciuti in Occidente sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

In questo futuro distopico ci ritroveremmo con programmi permanenti di austerità. Ciò non significherebbe solo tagliare la spesa del governo, che è quello che significa "austerità" ora, ma anche quella reale: calo del tenore di vita della maggior parte delle persone che lavorano, causato non solo da salari congelati e dal crollo del valore dei risparmi (a causa di ripetuti giri di stampa di denaro), ma anche da scarsità di beni che deriverà dalla mancanza di espansione degli investimenti e del commercio, per non parlare della mancanza di merci (a causa di controlli sulle importazioni) a poco prezzo provenienti dall'estero.

E non sarebbe solo la vita di ogni giorno che verrebbe influenzata dalla mancanza di crescita dell'economia. A lungo termine, potremmo dire addio alle innovazioni tecnologiche che sono state alimentate dalla competitività nell'attività imprenditoriale, dai progressi medici finanziati da investimenti che un'economia in espansione può permettersi, e più acutamente, forse, dalla mobilità sociale che è resa possibile dall'aumento della prosperità capace di inglobare un numero sempre crescente di persone. In breve, un addio a quasi tutto quello che siamo giunti a definire come progresso. Ma questa non è la fine della storia. Quando l'economia di un paese è morta, e la sua vita politica è consumata da meccanismi artificiali di distribuzione forzata, la sua ricchezza non rimane statica: in realtà si contrae e diminuisce in valore. Se il capitale non può crescere – se non vi è alcuna possibilità per cui possa crescere – diventa inutile negli scambi internazionali. Questo è quello che è successo alle valute del blocco Orientale: sono diventate dei costrutti fasulli senza alcun valore al di fuori del proprio sistema chiuso.

Quando la Germania è stata riunificata, la metà Ovest, in un atto di buona volontà politica quasi sovrumana, dichiarò arbitrariamente che la valuta ridicola della metà Est era uguale in valore a quella sua che invece aveva grande successo. Ciò mandò quasi in bancarotta il paese; tanto grande era il divario tra il Deutschemark vitale e l'Ostmark ridicolo che, come il rublo Sovietico, non aveva alcuna legittimazione economica nel mondo esterno.

Almeno allora, c'era un Occidente prosperoso che poteva salvare l'Est dalla povertà infinita; salvare quelle economie a cui era proibito crescere per editto ideologico. Resta da vedere quali saranno le conseguenze per tutto l'Occidente, America compresa, che cadrà nel buco nero economico della non-crescita permanente. Infine, si trasformerà precisamente in quelle strutture sociali e politiche che hanno caratterizzato in passato l'Est. Mentre la ricchezza nazionale perderà sempre più valore, e le risorse diminuiranno, le misure per far rispettare una distribuzione "equa" diventeranno più totalitarie: ci saranno provvedimenti fiscali di confisca di beni e proprietà, collettivizzazione della produzione di beni, e lavoro direzionato.

Il socialismo democratico con la sua "redistribuzione soft" e la crescita esponenziale della spesa pubblica, spianerà la strada ad una dura redistribuzione di risorse decrescenti sotto una dittatura economica. Pensate che tutto ciò sia fantasioso? E' solo la logica conclusione di quella che sembra una politica sociale in una società a crescita zero in cui le difficoltà dovranno essere ridotte al minimo dalla rigorosa applicazione dell'uguaglianza. E poi? I disordini che vediamo oggi in Italia e in Grecia – paesi che dovevano vedere rimossi chirurgicamente i loro governi democratici per imporre i livelli uniformi di povertà che sono resi necessari da economie morte – si diffonderanno in tutto l'Occidente, e dovranno essere contenuti col pugno duro di governi con o senza mandati democratici. I partiti politici di tutti i colori parlano di "soluzioni equilibrate," poiché pensano che siano politicamente più appetibili rispetto ai tagli drastici alla spesa pubblica: gli aumenti fiscali per i "benestanti" (le uniche persone in grado di creare ricchezza reale) sono messi su una scala morale a fianco dei "tagli al welfare."

Questa non è nemmeno una ricetta per resistere: gli aumenti fiscali impediscono la crescita e la creazione di posti di lavoro, oltre a ridurre il gettito fiscale. Si tratta di una formula per un declino permanente del settore privato ed una austerità senza fine in quello pubblico. Ma una spesa pubblica ridotta, accompagnata da tagli fiscali (in particolare sull'occupazione – quelle che gli Americani chiamano "imposte sui salari"), può stimolare la crescita di nuova ricchezza e innescare una ripresa. La maggior parte dei politici di Destra lo capisce. Hanno circa cinque minuti per favorire questo scenario.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


11 commenti:

  1. Tra pochi mesi si dovrà essere pragmatici.
    Consapevolissimi e pragmatici.
    Mai dalla padella nella brace.

    È tutto un con game. Senza dubbio.
    Ma tocca partecipare.
    Una volta bisognava turarsi il naso. Adesso anche bocca ed orecchie ed occhi.
    Ma consapevolmente non posso fare come Tafazzi.

    RispondiElimina
  2. "La guerra (all'evasione fiscale) è la salute dello Stato. Mette automaticamente in moto in tutta la società quelle forze irresistibili che spingono all’uniformità e alla cooperazione appassionata con il Governo nello sforzo di costringere all’obbedienza i gruppi di minoranza e gli individui cui difetta il più ampio senso dell’orda. La macchina del Governo stabilisce e
    impone le pene più drastiche; le minoranze sono o intimidite fino al silenzio o convinte con un sottile processo di persuasione che può far sembrar loro vero di essere piuttosto convertite. Naturalmente l’ideale della lealtà perfetta, della perfetta uniformità non è mai veramente raggiunto. Le classi sulle quali il lavoro amatoriale della coercizione ricade sono incrollabili nel loro zelo, ma spesso la loro agitazione invece di convertire serve puramente a irrigidire la loro resistenza. Le minoranze sono rese tristi e alcune opinioni intellettuali amare e satiriche. Ma in generale la nazione in tempo di guerra raggiunge un’uniformità di sentimento e una gerarchia di valori che costituiscono l’apice indiscutibile dell’ideale dello Stato, che non sarebbe possibile produrre per mezzo di nessun altro fattore che la guerra. La lealtà – o mistica devozione allo Stato – diventa il più grande valore umano immaginato."
    -- R. Bourne, ammodernato

    RispondiElimina
  3. mi riprometto di tornare nel week end all articolo di ieri. voglio capirlo e devo dedicargli un paio d ore di attenzione. ma oggi è fin troppo facile...
    andrea, la cosa che devi turarti con attenzione, come noi tutti, è il buco del culo. per non prendere il cetriolo globale. come diceva danny de vito nel film "i soldi degli altri", potranno cambiare le regole ma non potranno mai abolire il gioco. allora, come dalla risposta citazionista di francesco, leghiamo l asino dove vuole il padrone. se la sono cercata. contenti loro...
    altro che bitcoin, roba da carbonari del capitalismo; qui ci vogliono idee geniali quali i gruppi facebbok: "accelerare il declino"; "partito comunista reazionario"; "marxisti per tabacci". uno spettacolo, e se si raggiungono iscritti sufficienti la pensione è assicurata. ma propongo qualcosa di piu istituzionale: la creazione di una societa mista pubblico privato, su base territoriale, partecipata da concessionari (noi) insieme al comune ed alla gerit, dotata di speciali poteri di controllo ed ispezione al fine di riscontrare comportamenti devianti da parte di soggetti ad alto potenziale evasivo. questi daranno convocati, con l assistemza di un legale pagato dallo stato a salvaguardia dei loro diritti, e dopo un breve ma regolare contraddittorio, potranno a secondo dele risultanze istruttorie subire un "accertamento punitivo" a natura induttiva. potendosi risalire da comportamenti particolari ascritti ad una presunzione di "evasione sociale" corrispondente. affinche il giusto equilibrio non sia compromesso da abusi potenziali, la sanzione massima sara di 10000euro. ma potra essere modificata annualmente con apposito decreto del ministrero degli interni, legandola all inflazione percepita piu una percentuale da determinarsi con successivo decreto del ministero dell industria.
    i proventi, DETRATTE LE COMMISSIONI (nostre), esentasse data la natura sociale dell attivita, andranno a fluire nel fondo di solidarieta nazionale, gestito da francesco quale consulente fianziario. che investira in progetti socialemnte utili (sempre a moi, ovviamente)

    RispondiElimina
  4. A dire il vero il redditometro esiste dagli anni '90 è solo stato affinato da ripetute e vessatorie leggi che, da strumento indebito di conoscenza presuntiva, lo hanno assurto a vero e proprio criterio logico di determinazione del reddito "a ritroso", quasi che la ricchezza da tassare non debba essere quella prodotta ma quella consumata. A questo strumento dittatoriale e ignobile si è aggiunto lo spesometro che controlla e monitora le tipologie di spesa del contribuente scalfendo e annientando pezzo dopo pezzo quella poca libertà economica che ci è rimasta. Lo Stato sta riversando tutti i suoi fallimenti sulla classe imprenditoriale additandola come distruttiva e non generativa di ricchezza, il cui peccato imperdonabile è quello di sottrarre risorse ad un'entità macroscopica priva di anima che sui tributi alimenta la sua sempre più sterile e anemica vita. La lotta all'evasione e la demonizzazione degli evasori è lo strumento principale a disposizione del leviatano per deviare l'attenzione del popolo e distoglierlo dalla vera calamità costituita dallo Stato stesso.
    Siamo giunti al punto critico in cui ogni contribuente ha la possibilità di usufruire di un software legale deputato ad accertare la conformità fiscale- reddituale delle spese sostenute. La fine dell'individuo è vicina, siamo prossimi all'annientamento totale

    RispondiElimina
  5. luca, i miei complimenti per la lucida analisi. è ovvio che ci stanno anche imprenditori che hanno munto la mucca. oggi si lamentano se lo stato non paga, ma fino a ieri hanno chiuso lucrosissimi affari. se il contraente è insolvente, non fate credito. se invece lo fate, peggio per voi. come un debitore privato. smettete le forniture. semplice fallimento. in piu lo stato vuole pure le imposte, da sganasciarsi. sul redditometro: io proponevo di andare oltre il cartaceo, sempre aggirabile,istituendo una vigilanza di quartiere focalizzata sui comportamenti. tipo: se ogni giorno vai a prendere il gelato, vuol dire ovviamente che non hai problemi economici. tempo libero, non lavori... ed allora come fai a pagare le tasse se non lavori? è sicuro che evadi...

    RispondiElimina
  6. Ciao gdbarc.

    Ciò che manca agli individui ora è la facoltà di sperimentare. Lo stato, attraverso il suo monopolio sul territorio e sulle menti, ha imposto una visione unica in cui la società (suo malgrado) si riconosce. Ha astutamente fuso la sua essenza con quella del governo facendo credere che non esista differenza tra le due cose. (Tante "grazie" Hegel e Schelling...)

    E' lecito delineare un quadro in cui l'intervento e l'interferenza sono adeguatamente limitati, ma quello di cui abbiamo veramente e disperatamente bisogno è la possibilità di sperimentare.

    E' accaduto, purtroppo, negli anni delle dittature pre-Seconda Guerra Mondiale. Siamo passati per quei periodi bui ed abbiamo imparato ad odiarli e ripudiarli. Nonostante ci siano minoranze che ancora inneggiano a suddetti periodi, la maggior parte delle persone non si unirebbe affatto con persone simili per instaurare un rapporto collaborativo di prosperità. Non c'è bisogno che venga scritto sulla costituzione, le persone reagiscono a questo ignobile periodo e a questo ignobile modo di strutturare la società alzando un dito medio.

    Quello che ora stiamo vivendo sono gli strascichi delle ultime dittature che perseverano nel tentativo subdolo di permettere ad una combriccola ristretta di persone di decidere del futuro delle resto della popolazione.

    Il XIX secolo ha visto, infatti, questa classe relegata in un angolo grazie all'emancipazione delle masse e alla letteratura che faceva d'avanguardia per un sano amore della libertà. La società ha continuato a sperimentare solo che si è imbattuta in un evento pericoloso che la sta tenendo al lazzo da parecchio tempo ormai. Non può farlo a lungo. La natura stessa dell'esperimento odierno è fallimentare, e ne vediamo i limiti ogni giorno che passa.

    Infatti, per perpetuare sé stesso deve ricorre alla via dittatoriale che presuppone un controllo totale sulla società e sull'economia. Siamo i testimoni del fatto che la terza via è fallimentare, ovvero, un'economia mista non porta a risultati positivi per la società nel suo complesso.

    E' in questo senso che la nostra esperienza supererà il muro dell'idolatria dello stato. Come con la dittatura impareremo (con grandi sofferenze purtroppo) che l'apparato statale è semplicemente un parassita che fa le veci di particolari persone rappresentati l'impalcatura burocratica dei paesi. Non appena lo stato e la relative burocrazia romperanno a catena le loro promesse.

    ***

    Ciao Luca.

    Hai ragione. Ho cambiato il termine perché in realtà intendevo redditest.

    RispondiElimina
  7. Ma avete capito a cosa mi riferivo?
    L'articolo di oggi è politico. Politica economica.
    Ed io non sto essendo le lodi dello stato.
    Sto solo ragionando in modo pragmatico.
    Non voglio ritrovarmi ancor peggio di oggi per motivi di integralismo intellettuale.
    Condivido tutto ciò che leggo ed Imparo qui.
    Ma sono convinto che non sarà la mia generazione a vedere un sistema diverso.
    Nel mio piccolo posso solo tentare di evitare un preannunciato peggio con ciò che il contesto mi consente.

    RispondiElimina
  8. andrea, luca è ottimista, tu neutro. speriamo abbiate ragione, perche io un po di timore ce l ho. non sai qui chi è la brace. monti bis? il ritorno di berlusconi? bersani? il nulla elettorale? fore piu di tutti è grillo... ma il quadro è europeo, e quindi burocratico. con punte possibili di alta burocrazia data la debolezza dell europa per le dittature. chi è baluardo delle liberta in europa? non la gran bretagna perche se ne uscirebbe. non la norvegia e la svezia: distaccate monetariamente e geograficamente. si farebbero subito da parte. germania e francia? mi viene da ridere... gli altri non contano o perche piccoli (olanda, belgio) o ridicoli (italia, spagna, grecia). la liberta, nonostante tutto, ha ancora sede nel popolo (non nel governo) americano. la ci sta qualche luce. la gente in usa s incazza per davvero se capisce che gli si toglie la liberta. e spara. non scherza. roosevelt li infinocchio con le storie dal caminetto ma oggi non è piu possibile. io, per pragmatica, ho acquistato, oltre un po d oro, una piccola casetta in canada. è canadese mia moglie e ho le figlie alla scuola internazionale. siamo pronti all esodo, se occorresse. ovunque nel mondo. spero abbia ragione francesco. se tu hai idee pragmatiche da suggerire, pronto ad ascoltarti

    RispondiElimina
  9. cioe, franceso è ottimista (luca pessimista, speriamo abbia torto)

    RispondiElimina
  10. Vorrei non essere così drastico ma, sinceramente, non vedo segni di ripresa; l'italia e in particolare l'imprenditore italiano sono malati terminali a cui viene somministrata non una medicina ma una sostanza che prolunga la loro agonia, essi tentano di resistere aggrappandosi alla vita, ma prima o poi si stancheranno di lottare.

    La libertà, la proprietà, non esistono più, sono annientate e progressivamente erose da una serie di disposizioni normative folli che strumentalizzano l'individuo in funzione della società e della collettività e, con il pretesto della redistribuzione e dell'equità, giustificano intromissioni abnormi nella sfera individuale ormai declassata a mera opportunità. Il diritto tributario e quello urbanistico ne sono esempi lampanti, potrei stare qui per ore a elencare le norme statuali e non che rendono, direttamente o indirettamente, l'individuo uno schiavo della collettività appellandosi a concetti tautologici quali "funzione sociale" "ridistribuzione equa" o "partecipazione disinteressata e progressiva alla spesa pubblica".

    RispondiElimina
  11. Ti credo Luca, e infatti è così. Il dolore provato oggi dalla classe imprenditoriale e dal resto della popolazione sono il riflesso della sconsideratezza "istituzionalizzata" da parte degli enti centrali. Stanno facendo lievitare il costo che comporta salvare lo status quo.

    Purtroppo per loro l'asticella aumenta sempre, e con essa anche il dolore percepito. Quando finirà? Non lo so, e qui credo abbia ragione Andrea: la sua generazione forse non vedrà la fine di questa pantomima. Forse la mia la vedrà, ma non ne sono sicuro. Ma come disse Padre Cristoforo, "Non oggi, non domani, ma un giorno..."

    I Keynesiani, come tutti coloro fedeli al vangelo del denaro fiat e della pianificazione centrale, faranno la stessa fine che i Marxisti hanno fatto nel 1991: dimenticati. Il sistema andrà in bancarotta. Non è chiaro che cosa premerà il grilletto, ma è ovvio che il sistema bancario è fragile e l'unica cosa in grado di tenerlo a galla ora è il denaro fiat. La produttività in tutte le nazioni mondiali si sta indebolendo in quanto gli acquisti di debito da parte delle banche centrali si appropriano della produttività e del capitale del settore privato dirottandoli verso i settori sovvenzionati dagli stati.

    Tale dirottamento può continuare fintanto che il flusso di denaro fiat è presente e il bacino dei finanziamenti reali può attutire gli squilibri conseguenti. MA non durerà per sempre.

    E gli Austriaci saranno lì quando ci sarà il Grande Default, dicendo: "Ve l'avevamo detto. Vi avevamo detto anche perché." I Keynesiani chiederanno più tempo. E' dagli anni '70 che ne chiedono di più.

    Purtroppo per loro non ce ne sarà: la rottura dei contratti da parte dello stato innescherà una reazione a catena che nessuna cartaccia potrà contenere.

    Il denaro fiat dà, il denaro fiat toglie. I "cattivi" perderanno.

    RispondiElimina