di Hans-Hermann Hoppe
[Discorso tenuto al Mises Institute Brasil (2011). Foto e video disponibili qui.]
Il Problema dell'Ordine Sociale
Solo sulla sua isola, Robinson Crusoe può fare quello che vuole. Per lui, la questione relativa alle norme di una condotta umana ordinata — cooperazione sociale — semplicemente non si pone. Tale questione può nascere solo dopo che una seconda persona, Venerdì, arriva sull'isola. Eppure, anche allora, la questione rimane in gran parte irrilevante fintanto che non esiste la scarsità. Supponiamo che l'isola sia il Giardino dell'Eden. Tutti i beni esterni sono disponibili in sovrabbondanza. Sono "beni gratuiti," proprio come l'aria che respiriamo è normalmente un bene "gratuito." Qualunque cosa Crusoe faccia con questi beni, le sue azioni non hanno conseguenze — né per quanto riguarda la cessione futura di tali beni, né per quanto riguarda la fornitura attuale o futura delle stesse merci per Venerdì (e viceversa). Quindi, è impossibile che possa sorgere un conflitto concernente l'uso di tali beni tra Crusoe e Venerdì. Un conflitto è possibile solo se le merci sono scarse; e solo allora vi sarà la necessità di formulare regole che rendono possibile, ordinata e libera da conflitti la cooperazione sociale.
Nel Giardino dell'Eden esitono solo due beni scarsi: il corpo fisico di una persona e lo spazio che occupa. Crusoe e Venerdì hanno un solo corpo e può stare in un solo posto alla volta. Pertanto, anche nel Giardino dell'Eden possono sorgere conflitti tra Crusoe e Venerdì: Crusoe e Venerdì non possono occupare lo stesso posto in piedi contemporaneamente senza che l'uno entri in conflitto fisico con l'altro. Di conseguenza, anche nel Giardino di Eden devono esistere delle regole per una condotta sociale ordinata — norme relative alla corretta posizione ed al movimento dei corpi umani. Al di fuori del Giardino dell'Eden, nel regno della scarsità tutt'intorno, ci devono essere norme che regolano l'uso non solo dei corpi personali, ma di tutto quello che è scarso, in modo tale che tutti i possibili conflitti si possano escludere. Questo è il problema dell'ordine sociale.
La Soluzione: L'Idea della Proprietà Privata
Nella storia del pensiero sociale e politico, sono state offerte una miriade di proposte come soluzioni al problema dell'ordine sociale, e questa moltitudine di proposte incompatibili tra loro ha contribuito alla convinzione diffusa che la ricerca di una singola soluzione "corretta" sia inutile ed illusoria . Eppure, una soluzione corretta esiste. Non c'è motivo di cedere al relativismo morale. Infatti, la soluzione al problema dell'ordine sociale è nota da centinaia di anni. La soluzione è l'idea della proprietà privata.
Permettetemi di formulare la prima soluzione per il caso specifico rappresentato dal Giardino dell'Eden e successivamente per il caso generale rappresentato dal mondo reale composto di scarsità tutt'intorno.
Nel Giardino dell'Eden, la soluzione è fornita dalla semplice regola che prevede che chiunque possa mettere o spostare il proprio corpo dove vuole, a patto che nessun altro sia già lì ed occupi lo stesso spazio.
Al di fuori del Giardino dell'Eden, nel regno della scarsità tutt'intorno, la soluzione è fornita da quattro regole logicamente interdipendenti:
- Ogni individuo è il proprietario privato (esclusivo) del proprio corpo fisico. In effetti, chi altri, se non Crusoe, dovrebbe detenere la proprietà del corpo di Robinson? Venerdì? Oppure Crusoe e Venerdì congiuntamente? Eppure questo non aiuterebbe ad evitare conflitti. Piuttosto, creerebbe un conflitto e lo renderebbe permanente.
- Ogni individuo è il proprietario privato di tutti i beni dati dalla natura che egli percepisce come scarsi e li mette in uso per mezzo del suo corpo, prima che lo faccia qualsiasi altra persona. Ancora una volta, chi altro, se non il primo utente, dovrebbe essere il loro proprietario? Il secondo utente? Oppure, il primo e il secondo utente congiuntamente? Eppure, in questo caso tali affermazioni sarebbero contrarie alla finalità stessa delle norme: contribuire ad evitare il conflitto, piuttosto che a crearlo.
- Ogni individuo che, con l'aiuto del suo corpo e delle sue merci originariamente acquisite, produce nuovi prodotti ne diventa in tal modo il giusto proprietario, alla sola condizione che nel processo di produzione non danneggi fisicamente i beni di proprietà di un'altra persona.
- Una volta che un bene è stato acquisito originariamente o prodotto, la sua proprietà può essere acquisita solo per mezzo di un trasferimento contrattuale volontario del suo titolo di proprietà da un precedente proprietario al suo successore.
Mi posso risparmiare qui il compito di fornire una giustificazione etica dettagliata così come una giustificazione economica dettagliata di tali norme. Ciò è stato fatto altrove. Tuttavia, alcune affermazioni a tale proposito debbono essere spiegate.
Contrariamente alla pretesa spesso udita secondo cui l'istituzione della proprietà privata è solo una convenzione, deve essere dichiarato categoricamente: un convenzione ha uno scopo, ed è qualcosa per cui esiste un'alternativa. L'alfabeto Latino, per esempio, ha lo scopo della comunicazione scritta ed esiste una alternativa ad esso, l'alfabeto Cirillico. Ecco perché è indicato come una convenzione.
Qual è, tuttavia, lo scopo delle norme? Se non esiste conflitto interpersonale — cioè: se, a causa di una armonia preesistente di tutti gli interessi, non sorge mai una situazione in cui due o più persone vogliono utilizzare un unico e stesso bene in modi incompatibili — allora non sarebbe necessaria alcuna norma. E' lo scopo delle norme evitare conflitti altrimenti inevitabili. Una norma che genera conflitto piuttosto che contribuire ad evitarlo è in contrasto con la finalità stessa delle norme. Si tratta di una norma disfunzionale o una perversione.
Per quanto riguarda lo scopo dell'evitare i conflitti, tuttavia, l'istituzione della proprietà privata non è sicuramente solo una convenzione, perché non esiste alternativa. Solo una proprietà privata (esclusiva) fa sì che tutti i conflitti, altrimenti inevitabili, possano essere evitati. E solo il principio di acquisizione della proprietà attraverso atti di appropriazione originale, effettuati da persone specifiche in un determinato momento e luogo, ha permesso di evitare il conflitto fin dall'inizio del genere umano in poi, perché solo l'appropriazione originale di un bene non assegnato in precedenza può essere libera da conflitto — semplicemente, perché — per definitionem — nessun altro ha avuto rapporti precedenti con il bene.
L'Imposizione dell'Ordine Sociale e la Protezione della Proprietà Privata: Lo Stato
Importante come questa intuizione — ovvero, che l'istituzione della proprietà privata, fondata in ultima analisi su atti di appropriazione originale, è senza altre alternative la desideratum dell'annullamento del conflitto (la pace) — è il fatto che essa non è sufficiente a stabilire l'ordine sociale. Infatti, anche se tutti sanno come il conflitto possa essere evitato, è ancora possibile che la gente semplicemente non voglia evitarlo il conflitto, perché si aspetta di beneficiarne a spese degli altri.
Infatti, fintanto che l'umanità è quello che è, esisteranno sempre assassini, rapinatori, ladri, delinquenti e truffatori, vale a dire, persone che non agiscono in base alle suddette regole. Quindi, ogni ordine sociale, se deve essere gestito con successo, richiede enti e meccanismi che tengano tali trasgressori sotto controllo. Come realizzare questo compito, e da chi?
La risposta standard a questa domanda implica che questo compito, cioè, l'applicazione della legge e dell'ordine, sia il primo dovere — anzi, la ragion d'essere — dello stato. In particolare, questa è la risposta data anche dai liberali classici come il mio maestro intellettuale, Ludwig von Mises. Che questa risposta sia corretta o no dipende da come viene definito lo "stato."
Lo stato, secondo la definizione standard, non è un'azienda regolare e specializzata. Piuttosto, esso viene definito come un'agenzia caratterizzata da due caratteristiche uniche e logicamente connesse. In primo luogo, lo stato è un ente che esercita un monopolio territoriale sul processo decisionale finale. Cioè, lo stato è l'arbitro ultimo in ogni caso di conflitto, tra cui i conflitti che lo coinvolgono. Non lascia appello al di sopra e al di là di sé. In secondo luogo, lo stato è un ente che esercita un monopolio territoriale della tassazione. Cioè, è un'agenzia che fissa unilateralmente il prezzo che i privati cittadini devono pagare per il servizio dello stato come ultimo giudice ed esecutore della legge e dell'ordine.
L'Errore Fondamentale dello "Statalismo"
Il punto di vista standard ampiamente diffuso per quanto riguarda la necessità dell'istituzione di uno stato come fornitore di legge ed ordine, si distingue in chiara contraddizione con l'economia elementare, le leggi morali ed i principi.
Prima di tutto, tra gli economisti ed i filosofi esistono due proposizioni quasi universalmente accettate:
- Ogni "monopolio" è "cattivo" dal punto di vista dei consumatori. Il monopolio è qui inteso nel suo significato classico come un privilegio esclusivo concesso ad un singolo produttore di un bene o servizio, o come l'assenza di un "ingresso libero" in una particolare linea di produzione. Una sola agenzia, A, può produrre un determinato bene o servizio, X. Tale monopolio è "cattivo" per i consumatori, perché, protetto da potenziali nuovi operatori in un determinato settore della produzione, il prezzo del prodotto sarà maggiore e la sua qualità inferiore rispetto a quello che altrimenti sarebbe stato in condizioni di libera concorrenza.
- La produzione di legge ed ordine, cioè, della sicurezza, è la funzione primaria dello stato (come appena definito). La sicurezza è qui intesa in senso lato, come definita nella Dichiarazione d'Indipendenza Americana: la tutela della vita, della proprietà, e la ricerca della felicità lontano dalla violenza interna (criminalità) e dall'aggressione (guerra) esterna (estera).
Entrambe le proposizioni sono apparentemente incompatibili tra loro. Ciò ha raramente causato preoccupazione tra i filosofi e gli economisti, e nella misura in cui l'ha causato, la reazione tipica è stata quella di contestare la prima proposizione piuttosto che la seconda. Eppure, esistono ragioni teoriche fondamentali (e montagne di prove empiriche) per cui la seconda proposizione è davvero sbagliata.
Come monopolista territoriale del processo decisionale ultimo e di applicazione della legge, lo stato non è come qualsiasi altro monopolio, come un monopolio sul latte o sulle auto che produce latte ed auto di qualità relativamente inferiore ed a prezzi più elevati. A differenza di tutti gli altri monopolisti, lo stato non solo produce beni di qualità inferiore, ma "mali" (non-beni). In effetti, deve innanzitutto produrre mali (come le tasse) per poter produrre qualcosa che possa essere considerato un bene (inferiore).
Se un'agenzia è il giudice ultimo in ogni caso di conflitto, allora è anche giudice in tutti i conflitti che la coinvolgono. Di conseguenza, invece di limitarsi a prevenire e risolvere conflitti, un monopolista col processo decisionale finale causerà e provocherà anche conflitti al fine di risolverli a proprio vantaggio. Cioè, se si può solo fare appello allo stato per la giustizia, la giustizia sarà falsata a favore dello stato, malgrado le costituzioni e le corti supreme.
Le costituzioni e le corti sono costituzioni e tribunali statali, e qualunque limitazione di sorta possa essere stabilita per quanto riguarda l'azione dello stato è sempre decisa dagli agenti dell'istituzione stessa. Com'era prevedibile, la definizione di proprietà e di tutela sarà continuamente modificata e la delimitazione della giurisdizione estesa a vantaggio dello stato. Sparirà l'idea di una "data" legge eterna ed immutabile che deve essere scoperta e sarà sostituita da un'altra idea di diritto, la legislazione — una legge arbitraria fatta dallo stato.
Inoltre, come giudice ultimo lo stato è anche monopolista della tassazione, cioè, può unilateralmente, senza il consenso di tutte le persone interessate, determinare il prezzo che i suoi sudditi devono pagare per l'applicazione della legge (falsata) dello stato. Tuttavia, un'agenzia finanziata dalle tasse che controlla la vita e la proprietà è una contraddizione in termini: un protettore con la capacità di espropriare la proprietà. Motivati, come tutti, dall'interesse personale e dalla disutilità del lavoro, ma equipaggiati con il potere unico di tassare, gli agenti statali cercheranno invariabilmente di massimizzare le spese in materia di protezione — e la quasi totalità della ricchezza di una nazione può ragionevolmente essere consumata dal costo della protezione — ed al tempo stesso di ridurre al minimo la produzione effettiva di protezione. Più soldi si possono spendere e meno si deve lavorare per essi, meglio sarà.
L'Errore Composto: Lo Stato Democratico
A parte l'errore fondamentale dello statalismo in generale, ci sono altri errori nel caso particolare di uno stato democratico. Una trattazione approfondita di questo argomento è stata fornita altrove, ma un breve cenno è necessario.
La tradizionale forma premoderna dello stato è quella di una monarchia (assoluta). Ma la monarchia è stata colpevolizzata, in particolare anche dai liberali classici, per essere incompatibile con il principio fondamentale "dell'uguaglianza davanti alla legge." La monarchia invece si basava sul privilegio personale. Così, sostenevano i critici della monarchia, lo stato monarchico è stato sostituito da uno democratico. Con una partecipazione aperta ed un possibile accesso nel governo aperto a tutti, non solo ad una classe ereditaria di nobili, si pensava che il principio di uguaglianza davanti alla legge era stato soddisfatto.
Tuttavia, questa uguaglianza democratica di fronte alla legge è qualcosa di completamente diverso e incompatibile con l'idea di una legge universale, ugualmente applicabile a tutti, ovunque e in ogni momento. In realtà, l'ex-scisma discutibile e le disuguaglianze di una legge superiore per il re rispetto ad una legge subordinata per i soggetti ordinari, sono completamente conservate sotto la democrazia nella separazione del diritto "pubblico" dal "privato" e nella supremazia del primo sul secondo.
In democrazia, tutti sono uguali fintanto che l'entrata nel governo è aperta a tutti a parità di condizioni. Tutti possono diventare re, per così dire, non solo una cerchia privilegiata di persone. Così, in una democrazia non esistono privilegi personali o persone privilegiate. Tuttavia, esistono privilegi funzionali e funzioni privilegiate. I funzionari pubblici, fintanto che agiscono in veste ufficiale, sono disciplinati e protetti dal diritto pubblico e quindi occupano una posizione privilegiata nei confronti delle persone che agiscono sotto la mera autorità del diritto privato.
In particolare, i funzionari pubblici sono autorizzati a finanziare o sussidiare le proprie attività attraverso le tasse. Cioè, non guadagnano, come deve fare ogni soggetto nel diritto privato, il loro reddito attraverso la vendita e la successiva produzione di beni e servizi affinché vengano acquistati volontariamente da consumatori o meno. Piuttosto, come funzionari pubblici, essi sono autorizzati a vivere di quello che per i soggetti nel diritto privato è considerato "furto" e "bottino rubato." Così, il privilegio e la discriminazione giuridica — e la distinzione tra governanti e sudditi — non scompare sotto la democrazia. Al contrario. Invece di essere limitati a principi e nobili, nella democrazia i privilegi saranno a disposizione di tutti: tutti possono impegnarsi in furti e vivere di bottino rubato se solo riescono a ricoprire la carica di funzionario pubblico.
Com'era prevedibile, quindi, in condizioni democratiche la tendenza di ogni monopolio a far aumentare il prezzo della giustizia e di abbassarne la qualità, sostituendo l'ingiustizia alla giustizia, non è diminuita ma aggravata. Come monopolista ereditario, un re o un principe considera il territorio e la gente sotto la sua giurisdizione come sua proprietà personale e si impegna nello sfruttamento monopolistico della sua "proprietà."
Sotto la democrazia, lo sfruttamento monopolistico ed il monopolio non scompaiono. Piuttosto, ciò che accade con la democrazia è questo: invece di un principe e di una nobiltà che considerano il paese come loro proprietà privata, esiste un custode temporaneo ed intercambiabile che viene messo a capo del paese. Il custode non possiede il paese, ma finché è in carica gli è permesso di usarlo a suo vantaggio e dei suoi protetti. Egli possiede il suo uso attuale — usufrutto — ma non il suo stock di capitale. Ciò non elimina lo sfruttamento. Al contrario, rende lo sfruttamento meno evidente e realizzato con poco o nessun riguardo per il capitale sociale. Lo sfruttamento diventa nebuloso ed il consumo di capitale sarà sistematicamente favorito.
La Soluzione: Una Società di Diritto Privato Invece dello Stato
Se lo stato, e in particolare lo stato democratico, è palesemente incapace di creare e mantenere l'ordine sociale; se, invece di aiutare ad evitare il conflitto, lo stato è la fonte del conflitto permanente; e se, piuttosto che garantire la sicurezza giuridica e la prevedibilità, lo stato genera continuamente insicurezza ed imprevedibilità attraverso la sua legislazione e sostituisce la legge costante con il capriccio "flessibile" ed arbitrario, allora sorge la domanda inevitabile come anche la soluzione — ovviamente, non-statalista — corretta al problema dell'ordine sociale.
La soluzione è una società di diritto privato, cioè una società nella quale ogni individuo ed ente è soggetto ad uno e lo stesso insieme di leggi. Non esiste un diritto pubblico che concede privilegi a persone specifiche (e a nessuna proprietà pubblica) in questa società. C'è solo il diritto privato (e la proprietà privata), ugualmente applicabile a tutti ed a ciascuno. A nessuno è permesso acquistare beni con qualsiasi mezzo, se non attraverso l'appropriazione iniziale, la produzione o lo scambio volontario, e nessuno possiede un privilegio fiscale e di espropriazione. Inoltre, in una società di diritto privato a nessuno è permesso vietare a chiunque altro di usare la sua proprietà al fine di entrare in qualsiasi linea di produzione che vuole e competere contro chiunque voglia.
In particolare per quanto riguarda il problema a portata di mano: in una società di diritto privato la produzione della sicurezza — della legge e dell'ordine — deve essere effettuata da persone finanziate volontariamente e da agenzie in concorrenza per un pagamento volontario (o non-pagamento) effettuato dalla clientela, così come la produzione di tutti gli altri beni e servizi.
Sarebbe presuntuoso prevedere la forma precisa del settore della sicurezza che emergerebbe nel quadro di una società di diritto privato. Tuttavia, non è difficile prevedere alcune modifiche cruciali che fondamentalmente — e positivamente — caratterizzerebbero un settore competitivo della sicurezza rispetto a quello attuale, fin troppo statalista e produttore di (in)giustizia e (dis)ordine.
In primo luogo, mentre in una società complessa basata sulla divisione del lavoro l'auto-difesa giocherà solo un ruolo secondario (per ragioni ancora da spiegare), è opportuno sottolineare fin dall'inizio che in una società di diritto privato è indiscusso che tutti abbiano il diritto a difendersi dalle aggressioni contro la propria persona e la proprietà. In netto contrasto con il presente, la pratica statalista, che rende le persone sempre più inermi ed indifese contro gli aggressori, in una società di diritto privato non esistono restrizioni alla proprietà privata delle armi da fuoco. Il diritto elementare di ciascuno all'auto-difesa per proteggere la propria vita e la proprietà contro gli invasori sarebbe sacrosanto, e come si sa dall'esperienza di The Not So Wild, Wild West, oltre a numerose e recenti indagini empiriche sul rapporto tra la frequenza del possesso di armi ed il tasso di criminalità, più armi significa meno criminalità.
Proprio come nella complessa economia di oggi noi non produciamo le nostre scarpe, i nostri abiti, ed i nostri telefoni, però partecipiamo ai vantaggi della divisione del lavoro, così uno si deve aspettare che accadrà anche quando si tratta della produzione di sicurezza, in particolare maggiore è la proprietà che una persona possiede e più ricca sarà la società nel suo insieme. Quindi, la maggior parte dei servizi di sicurezza saranno senza dubbio forniti da agenzie specializzate che competono per clienti paganti volontariamente: varie forze di polizia private, assicurazioni ed agenzie di arbitrato.
Se si volesse riassumere in una parola decisiva la differenza e il vantaggio di un settore della sicurezza competitivo rispetto alla pratica statalista attuale, sarebbe questa: contratto. Lo stato, come decisore ultimo e giudice, opera in un vuoto giuridico senza contratti. Non esiste nessun contratto tra lo stato ed i suoi cittadini. Non è contrattualmente stabilito quello che è attualmente posseduto da chi, e che cosa, pertanto, deve essere protetto. E non è stabilito, quale servizio lo stato debba fornire, cosa deve accadere se lo stato fallisce nel suo compito, né quale è il prezzo che il "cliente" di tale "servizio" deve pagare.
Piuttosto, lo stato stabilisce unilateralmente le regole del gioco e può cambiarle, per legge, durante il gioco. Ovviamente, tale comportamento è inconcepibile per i fornitori di sicurezza finanziati liberamente. Provate ad immaginare un fornitore di protezione, che sia la polizia, l'assicuratore, o l'arbitro, la cui offerta consisteva in qualcosa di simile:
Non vi garantirò contrattualmente nulla. Io non vi dirò quali cose specifiche considero come vostra proprietà da proteggere, né vi dirò quello che mi obbliga a considerarlo se, secondo il vostro parere, io non compio il mio servizio verso di voi — ma in ogni caso, mi riservo il diritto di determinare unilateralmente il prezzo che mi dovete pagare per un servizio così indefinito.
Ogni fornitore di sicurezza sparirebbe dal mercato quasi immediatamente a causa di una totale mancanza di clienti. Ogni produttore privato di sicurezza finanziato liberamente deve invece offrire ai suoi potenziali clienti un contratto. E questi contratti devono, al fine di apparire accettabili ai consumatori che pagano volontariamente, contenere chiare descrizioni di proprietà e servizi ed obblighi reciproci ben definiti. Inoltre, ogni parte di un contratto, per la durata o fino all'adempimento del contratto stesso, sarebbe vincolata ai suoi termini ed alle sue condizioni, e ogni cambiamento di termini o condizioni richiederebbe il consenso unanime di tutte le parti interessate.
In particolare, per apparire accettabile agli acquirenti della sicurezza, tali contratti devono contenere disposizioni su ciò che sarà fatto nel caso di un conflitto o una controversia tra il protettore o l'assicuratore ed i loro clienti protetti o assicurati, così come nel caso di un conflitto tra i diversi protettori o le assicurazioni ed i loro rispettivi clienti. Ed a questo proposito esiste solo una soluzione di comune accordo: in questi casi le parti in conflitto si accordano contrattualmente ad essere giudicate da una terza parte, la quale ha la fiducia di entrambe le parti ma è indipendente.
E per quanto riguarda questa terza parte, anch'essa è finanziata liberamente e si trova in concorrenza con altri arbitri o agenzie di arbitrato. I suoi clienti, vale a dire, gli assicuratori e gli assicurati, si aspettano che emetta un verdetto che venga riconosciuto come equo e giusto da entrambe le parti. Solo gli arbitri in grado di formare tali giudizi avranno successo nel mercato dell'arbitrato. Gli arbitri incapaci di ciò e considerati come prevenuti o di parte spariranno dal mercato.
Da questo vantaggio fondamentale di una società di diritto privato seguono tutti gli altri vantaggi.
In primo luogo, la concorrenza tra le forze di polizia, le assicurazioni, e gli arbitri per i clienti paganti, condurrebbe ad una tendenza verso un continuo calo del prezzo della protezione (per valore assicurato), rendendo così la protezione sempre più accessibile, mentre in condizioni di monopolio il prezzo della protezione aumenterebbe costantemente e diventerebbe sempre più insostenibile.
Inoltre, come già indicato, la protezione e la sicurezza sono beni e servizi che competono con gli altri. Se più risorse sono allocate alla protezione, meno potranno essere spese per auto, vacanze, cibo o bevande, per esempio. Inoltre, le risorse assegnate alla protezione del gruppo A (le persone che vivono lungo il Pacifico, per esempio), sono in concorrenza con le risorse consumate per la protezione del gruppo B (le persone che vivono lungo l'Atlantico).
Lo stato, in quanto monopolista finanziato dalle tasse, allocherà necessariamente le risorse in modo arbitrario. Ci sarà una sovrapproduzione (o sottoproduzione) di sicurezza rispetto ad altri beni e servizi concorrenti, e ci sarà iperprotezione di alcuni individui, gruppi o regioni e sottoprotezione di altri.
In netto contrasto, in un sistema di agenzie di protezione liberamente concorrenti scomparirebbero tutte le arbitrarietà di assegnazione (sovrapproduzione e sottoproduzione). La protezione sarebbe in accordo con l'importanza relativa che ha agli occhi dei consumatori paganti volontariamente, e nessuna persona, gruppo o regione dovrebbe ricevere protezione a scapito di qualsiasi altra. Ognuno riceverebbe protezione in conformità con i pagamenti stessi.
Il vantaggio più importante di un sistema privato di produzione di legge e di ordine su base contrattuale, tuttavia, è di natura qualitativa.
In primo luogo, vi è la lotta contro la criminalità. Lo stato è notoriamente inefficiente in questo senso, perché gli agenti statali incaricati di questo compito sono pagati con le tasse, cioè, indipendentemente dalla loro produttività. Perché si dovrebbe lavorare se uno viene pagato anche per non fare niente?
Infatti, ci si può aspettare che gli agenti dello stato avranno un interesse nel mantenere un tasso di criminalità moderatamente elevato, perché in questo modo si può sempre giustificare un aumento dei finanziamenti. Peggio ancora, per gli agenti dello stato le vittime dei crimini ed il risarcimento e l'indennizzo delle vittime di tali svolgono un ruolo trascurabile nella migliore delle ipotesi. Lo stato non risarcisce le vittime della criminalità. Al contrario, le vittime danneggiate sono ulteriormente vessate, come contribuenti in quanto tale, perché pagano per la carcerazione e la "riabilitazione" del criminale (se dovesse essere catturato).
La situazione in una società di diritto privato è completamente diversa. I fornitori di sicurezza, gli assicuratori in particolare, devono indennizzare i loro clienti in caso di danno effettivo (altrimenti non troverebbero alcun cliente) e, di conseguenza, devono lavorare in modo efficiente. Devono essere efficaci nella prevenzione della criminalità, perché se non riuscirebbero ad impedire un reato, dovrebbero pagare. Inoltre, anche se non riuscissero ad evitare un atto criminale, dovrebbero essere efficienti nel rilevare e recuperare il bottino rubato, perché altrimenti dovrebbero pagare per sostituire questi beni. In particolare, devono essere efficienti nell'individuazione e nella cattura del criminale, perché solo se riescono ad arrestare il criminale è possibile farlo pagare per il risarcimento dovuto alla vittima e quindi ridurre i costi.
Inoltre, un'industria della sicurezza privata, competitiva e basata sul contratto ha un effetto generale di promozione della pace. Gli stati sono, come già spiegato, aggressivi per natura. Possono causare o provocare conflitti per poi "risolverli" a proprio vantaggio.
O, per dirla in modo diverso, come i monopolisti finanziati dalle tasse, gli stati possono esternalizzare i costi associati ad un comportamento aggressivo verso gli altri, cioè i contribuenti sfortunati, e di conseguenza tenderanno ad essere più aggressivi nei confronti della propria popolazione così come con gli "stranieri."
In netto contrasto, gli assicuratori privati in concorrenza sono per loro natura difensivi e pacifici. Da un lato perché ogni atto di aggressione è costoso, ed una condotta aggressiva da parte della compagnia di assicurazioni richiederebbe premi relativamente più elevati, con perdita di clienti a favore di concorrenti più economici e non aggressivi.
Dall'altro, non è possibile assicurare sé stessi contro ogni "rischio" concepibile. Piuttosto, è possibile assicurarsi solo contro degli "incidenti," cioè rischi sui quali l'assicurato non ha alcun controllo ed ai quale non può contribuire. In questo modo è possibile assicurarsi contro il rischio di morte e di incendio, per esempio, ma è impossibile assicurarsi contro il suicidio o contro l'appiccamento di un incendio.
Allo stesso modo, è impossibile assicurarsi contro il rischio di fallimento aziendale, di disoccupazione, o di antipatia verso i propri vicini, perché in ogni caso si ha un certo controllo sull'evento in questione. In particolare, il non poter assicurare le singole azioni ed i sentimenti (in contrapposizione agli incidenti) implica che è anche impossibile assicurarsi contro il rischio di danni derivanti dalla propria aggressività o provocazione.
Invece, ogni assicuratore deve limitare le azioni dei suoi clienti in modo da escludere ogni aggressione e provocazione da parte loro. Cioè, qualsiasi assicurazione contro le calamità sociali come la criminalità deve essere subordinata al rispetto degli stessi assicurati di specifiche norme di condotta non aggressiva e civile.
Inoltre, per le stesse ragioni e per preoccupazioni finanziarie, gli assicuratori tenderanno a richiedere che i loro clienti si astengano da tutte le forme di giustizia vigilante (tranne forse in circostanze del tutto straordinarie), poiché la giustizia vigilante, anche se giustificata, causa inevitabilmente incertezza e provoca il possibile intervento di una terza parte. Obbligando i propri clienti a seguire le consuete procedure pubblicizzate ogni volta che pensano che siano delle vittime, questi disturbi e spese accessorie possono essere in gran parte evitate.
Infine, vale la pena sottolineare che, mentre gli stati finanziati dalle tasse possono — e lo fanno — impegnarsi nel perseguimento su larga scala di crimini senza vittime come l'uso "illegale della droga," la prostituzione, o il gioco d'azzardo, questi "crimini" tenderebbero a destare poca o nessuna preoccupazione all'interno di un sistema di agenzie di protezione finanziate liberamente. La "protezione" contro tali "crimini" richiederebbe premi assicurativi più elevati, ma dal momento che questi "crimini" — a differenza dei crimini veri e propri contro persone e cose — non creano vittime, poche persone sarebbero disposte a spendere soldi per questa "protezione."
Ancora di più: mentre gli stati, come già notato, sono sempre e ovunque desiderosi di disarmare le loro popolazioni e quindi privarle di un mezzo essenziale di auto-difesa, le società di diritto privato sono caratterizzate da un diritto illimitato all'auto-difesa e quindi da un diffuso possesso di armi private. Provate ad immaginare un produttore di sicurezza che chiede ai suoi potenziali clienti che prima di tutto si debbono disarmare completamente prima che egli si possa rendere disponibile a difendere la vita dei clienti e la loro proprietà. Correttamente, ognuno potrebbe ritenerlo uno scherzo di cattivo gusto e quindi rifiutare tale offerta.
Le compagnie di assicurazione finanziate liberamente che hanno richiesto ai potenziali clienti di rinunciare a tutti i loro mezzi di auto-difesa, come prerequisito per la protezione, farebbero immediatamente destare il massimo sospetto sulle loro reali motivazioni ed andrebbero presto in bancarotta. Nel proprio interesse, le compagnie di assicurazione premierebbero i clienti armati, in particolare quelli in grado di certificare un certo livello di formazione nel maneggio delle armi, chiedendo loro premi più bassi che riflettono il minor rischio che essi rappresentano. Proprio come gli assicuratori chiedono meno se i proprietari di case hanno un sistema di allarme o una cassetta di sicurezza, così un proprietario di armi addestrato rappresenterebbe un rischio assicurativo inferiore.
Ultimo e più importante, un sistema di agenzie di protezione concorrenti avrebbe un duplice impatto sullo sviluppo della legge. Da un lato, consentirebbe una maggiore variabilità della legge. Piuttosto che imporre una serie uniforme di norme su tutti (come in condizioni stataliste), le agenzie di protezione sarebbero in grado di competere l'una contro l'altra non solo tramite i prezzi ma anche attraverso la differenziazione del prodotto. Potrebbero esistere fianco a fianco, per esempio, agenzie Cattoliche di protezione o assicuratori che applicano il diritto canonico, agenzie Ebraiche che applicano la legislazione Mosaica, agenzie Musulmane che applicano la legge Islamica, ed agenzie che applicano il diritto secolare di una varietà o di un'altra, tutte sostenute da una clientela pagante volontariamente. I consumatori potrebbero scegliere la legge che verrebbe applicata a loro ed alla loro proprietà. Nessuno dovrebbe vivere sotto una legge "straniera."
Dall'altro lato, il sistema privato di produzione di legge ed ordine promuoverebbe una tendenza verso l'unificazione e l'armonizzazione del diritto. La legge "domestica" — Cattolica, Ebraica, Romana, ecc. — si applicherebbe solo alla persona ed alla proprietà di coloro che l'avevano scelta. Il diritto canonico, per esempio, si applicherebbe solo ai Cattolici professi e riguarderebbe esclusivamente la risoluzione dei conflitti intra-Cattolici.
Ma è anche possibile, naturalmente, che un Cattolico possa entrare in conflitto con il sottoscrittore di un codice legale diverso, ad esempio, un Musulmano. Se entrambi i codici di legge raggiungessero la stessa o una simile conclusione, non esisterebbero difficoltà. Tuttavia, se i codici di legge concorrenti arrivassero a conclusione nettamente diverse (come accadrebbe, almeno in alcuni casi), sorgerebbe un problema.
In questo caso, la legge "domestica" (infragruppo) sarebbe inutile, ma naturalmente ogni persona assicurata vorrebbe protezione anche contro la contingenza dei conflitti intergruppo. In questa situazione, non ci si può aspettare che un assicuratore ed i sottoscrittori del suo codice di diritto subordinino semplicemente il loro giudizio a quello di un altro assicuratore ed alla sua legge. Piuttosto, come ho già spiegato, in questa situazione esiste un solo modo di uscita credibile ed accettabile: sin dall'inizio, ogni assicuratore dovrebbe essere contrattualmente obbligato a sottomottere se stesso ed i suoi clienti all'arbitrato di una terza parte indipendente. Questa parte non solo sarebbe indipendente, ma allo stesso tempo sarebbe la scelta unanime di entrambe le parti.
Riuscirebbe a metterle d'accordo grazie alla sua capacità, comunemente percepita, di trovare soluzioni reciprocamente accettabili (giuste) in caso di disaccordo tra gruppi. Se un arbitro non avesse successo in questo compito e giungesse a conclusioni che vengono percepite come "sleali" o "di parte" da uno dei due assicuratori o dai loro clienti, questa persona o agenzia non potrebbe essere scelta come arbitro in futuro.
Come conseguenza della collaborazione costante di diversi assicuratori e degli arbitri, si metterebbe in moto una tendenza verso l'unificazione del diritto di proprietà e del contratto e l'armonizzazione delle norme di procedura, delle prove, e della risoluzione dei conflitti. Così, con l'acquisto dell'assicurazione per la protezione, ogni assicuratore ed assicurato diventa partecipe di un sistema integrato di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace. Ogni singolo conflitto e danno, indipendentemente da dove e da chi o contro chi, cadrebbe sotto la giurisdizione di una o più agenzie di assicurazioni specifiche e sarebbe gestito o da un singolo assicuratore di legge "domestica" oppure da disposizioni di legge e procedure "internazionali" o "universali" concordate da tutti in anticipo.
Quindi, invece del conflitto permanente, dell'ingiustizia e dell'insicurezza giuridica — come nelle condizioni stataliste attuali — in una società di diritto privato, dominerebbero la pace, la giustizia e la sicurezza giuridica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
BibliografiaHans-Hermann Hoppe, Eigentum, Anarchie und Staat. Studien zur Theorie des Kapitalismus (1987).Hans-Hermann Hoppe, A Theory of Socialism and Capitalism: Economics, Morals, and Politics (1989).Hans-Hermann Hoppe, The Economics and Ethics of Private Property: Studies in Political Economy and Philosophy (1993; versione estesa 2003).Hans-Hermann Hoppe, Democracy the God That Failed: The Economics and Politics of Monarchy, Democracy and Natural Order (2001).Hans-Hermann Hoppe, Ed., The Myth of National Defense (2005).Consultare anche la mia bibliografia annotata.
sempre complimenti per lo sforzo meritorio, portato avanti da questo sito
RispondiEliminasegnalo questa notizia, nella speranza che sia quello che auspico (preso dall'entusiasmo, non ho approfondito e la segnalo così com'è) e che sia la prima di una lunga serie
saluti
Ciao Alberto.
RispondiEliminaGrazie a te che segui con costanza il blog. ;)
Per quanto riguarda la notizia delle città private in Honduras, devo dire che è un esperimento da tenere sott'occhio. Le condizioni, secondo me, affinché tali città adottino criteri liberatari sono due:
1. Volontarietà di associazione/dissociazione.
2. Assenza di monopoli.
Il primo punto è fondamentale perché conferisce all'individuo la possibilità di rifiutare quelle condizioni che ai suoi occhi sono sconvenienti ed optare quindi per soluzioni concorrenti e differenti. L'importanza del secondo scaturisce dal primo punto, ovvero, l'apparizione sul mercato di varie entità concorrenti che forniscono i vari servizi di cui necessita la popolazione. (Es. come ricorda Hoppe in questo pezzo la nascità di varie polzie private in concorrenza, di varie agenzie di arbitrato, di vari servizi sanitari, di vari servizi energetici, ecc. In modo che qualunque persone che voglia usufruire dei servizi di una determinata azienda sia vincolato ad un contratto e possa uscirne qualora insoddisfatto cambiando l'azienda che fornisce quel determinato servizio.)
E' un'iniziativa davvero da tenere d'occhio se si svilupperà secondo questo modello.
Vi segnalo anche questo progetto, a Limon in Costa Rica, ho vissuto per un po' li, un posto terrificante, sono curiosa di vedere come andrá a finire...
RispondiEliminahttp://www.freenation.org/a/f54s1.html
Ciao maty.
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione, è interessante vedere progetti simili fiorire un po' in tutto il mondo. In particolare, lo statuto presente nel tuo link ha i semi per veder crescere un potenziale libero mercato. Ovviamente, se si rispetterà quel contratto (a differenza di quello inesistente che ci lega a doppio filo ai vari stati attuali) quella regione sfornerà una bella lezione per l'intero mondo.
Hai per caso ulteriori notizie?
Purtroppo no, almeno per il momento, i tempi si sono dilatati spaventosamente rispetto alle previsioni.
RispondiEliminaComunque per chi fosse interessato posto il link completo del progetto, con tutti i dettagli di tempistiche, fondi etc:
http://bastiat.net/en/Bastiat2001/rigoberto.stewart.html
Geniale, ho finalmente trovato concretizzazione alle idee che da sempre sostengo.
RispondiEliminaproporrei solo un'interpretazione evolutiva della regola n.3: Ogni individuo che, con l'aiuto del suo corpo e delle sue merci originariamente acquisite, produce nuovi prodotti ne diventa in tal modo il giusto proprietario, alla sola condizione che nel processo di produzione non danneggi fisicamente i beni di proprietà di un'altra persona o contribuisca ad alterare dannosamente l'ambiente circostante che legittimamente sfrutta"
Personalmente mi sembra un po' ambiguo: che vuol dire alterare dannosamente? E alterare non dannosamente? Chi decide? Nel primo caso chi indennizzare?
RispondiEliminaE altre...
Ciao Anonimo.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la correzione che apporti in quella frase, ti invito a leggere il primo paragrafo di questo pezzo di De Soto. Se poi ti avanza ancora del tempo aggiungici anche questo pezzo che ho tradotto per il Mises Italia.
A quanto pare l'euforia iniziale per il progetto "città private" in Honduras era prematura: Honduras court bans private cities project.
RispondiEliminaStaremo a vedere.