Bibliografia

martedì 4 settembre 2012

Ripensare alla Ripresa dell'Islanda

Dopo le sollecitazioni emerse nei commenti in questo thread, andiamo ad affrontare la delicata recessione e la presunta ripresa sperimentate dall'Islanda. Dopo che la bancarotta della Lehman nel 2008 aveva spazzato via bilioni di dollari in investimenti, l'interconnessione dei mercati diede il via ad una serie di fallimenti a catena per liquidare esattamente quegli investimenti improduttivi generati negli anni della bolla finanziaria. Questo fato è toccato anche all'Islanda che nel 2008 ha visto il collasso del proprio sistema finanziario. La bancarotta dello stato Islandese fece comprendere come il precedente boom e l'espansione eccessiva del sistema bancario erano, in realtà, solamente illusioni di ricchezza illimitata. Ovviamente, la tesi mainstream avviò subito i megafoni per incolapre i banchieri avidi, il fallimento del capitalismo, i politici corrotti, la de-regolamentazione del sistema finanziario, ecc. Pochi puntavano veramente il dito lì dove bisognava puntarlo: le manipolazioni delle banche centrali e delle organizzazioni statali. In breve, le cause che hanno portato al crollo finanziario Islandese sono le stesse che stanno stringendo un cappio al collo alle altre economie mondiali. Solo che i problemi Islandesi erano veramente enormi, e le distorsioni governative gargantuesche. L'intrusione crescente dello stato nel tessuto economico, insieme a quella di istituzioni monetarie centrali, provoca i cicli boom/bust che oggi abbiamo sotto gli occhi. Oggi, l'Europa sta imparando che implementare misure anticicliche non scatena gli effetti sperati, bensì quelli opposti; e ciò continuerà fino a quando gli investimenti improduttivi, innescati dal boom artificiale, non saranno eliminati. E l'Islanda, ha imparato questa lezione?
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di David Howden


L'Islanda, più di due anni fa, è caduta nella più grande recessione del nuovo millennio. Come Philipp Bagus ed io abbiamo sostenuto nel nostro nuovo libro, Deep Freeze: Iceland's Economic Collapse, l'ovvio colpevole è un sistema bancario di grandi dimensioni, che al suo apice aveva un patrimonio pari a 11 volte la dimensione dell'economia della piccola isola. Ma, come molti eventi economici, la chiave non sta in ciò che è immediatamente evidente, ma in quelle cause e condizioni che sono velate. I politici, gli esperti e la popolazione della nazione Islandese hanno avuto difficoltà a spiegare come si sia potuto sviluppare un settore finanziario così ampio.

Come in molti altri paesi del mondo, il grande ed instabile settore bancario dell'Islanda si è sviluppato con l'avvento dell'assicurazione sui depositi. Il sistema bancario a riserva frazionaria è tendenzialmente una fonte di conseguenze instabili, però si pensa di eludere questo giorno della resa dei conti garantendo ai depositanti che esiste una copertura nei periodi di turbolenze. Le banche che emettono mezzi fiduciari in enormi quantità ed affrontano corse agli sportelli che drenano riserve, vengono "salvate" da uno schema di assicurazione che si erge a garanzia dei fondi in rapido esaurimento dei depositanti.

Nonostante questa garanzia possa ritardare una dannosa corsa agli sportelli bancari, favorisce anche un ambiente che riproduce un'attività bancaria sempre più rischiosa.

Da un lato, le banche possono trarre conforto nel sapere che i rischi aggiunti si tradurranno in maggiori profitti. Normalmente il sistema profitti/perdite limita i comportamenti propensi al rischio che scaricano sugli operatori di mercato le eventuali perdite delle varie attività rischiose. L'assicurazione sui depositi socializza le perdite in modo efficace lasciando i profitti ai privati. In questo modo le banche cercano profitti più elevati attraverso un aumento del rischio, alleviando allo stesso tempo la paura di perdite.

Dall'altro lato, un sistema di garanzia sui depositi rimuove un importante meccanismo di monitoraggio che disciplina il settore bancario. Un depositante che è minacciato di perdite sui suoi depositi nel caso in cui la sua banca fallisce è fortemente interessato nella sua solvibilità. Eliminando la possibilità che il depositante non sarà interamente ripagato in tal caso, non c'è motivo per cui un depositante prenda in considerazione la solvibilità una banca.

Come contorno, la Banca Centrale d'Islanda (BCI) ha offerto un unico sistema di garanzia sui depositi per proteggere il suo settore bancario nazionale. Questa unicità è evidente in due aspetti.

Il primo è che la stessa BCI è il fornitore di questa assicurazione. In molti altri paesi questo ruolo non è dato all'autorità monetaria, ma è piuttosto svolto dall'autorità fiscale. Di conseguenza, negli Stati Uniti, il Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) è una società del governo. Nella zona euro, non è la Banca Centrale Europea che fornisce l'assicurazione sui depositi, ma i governi nazionali che compongono l'unione monetaria.

Lasciando da parte la questione se il governo debba avere un ruolo nel fornire un'assicurazione sui depositi, si può vedere una differenza fondamentale. Il governo è sotto un vincolo di bilancio (almeno in teoria) per cui se ha bisogno di finanziare il suo programma di assicurazione deve farlo tramite imposte o emissioni di debito. Al contrario, la banca centrale ha la capacità di monetizzare l'assicurazione sui propri fondi in caso di necessità. Ci aspetteremmo che il governo sentirà un po' di dolore nel dover destinare i soldi delle tasse ad un programma di assicurazione, o in ogni caso, più dolore della banca centrale che dovrà monetizzare questa spesa. In effetti, nel 2008 il FDIC ha discusso l'assegnazione dei fondi supplementari alle proprie riserve attraverso un aumento dei premi, poiché i fallimenti negli Stati Uniti erano in crescita. Nessun dibattito simile si è verificato all'interno delle mura della Banca Centrale d'Islanda.

La seconda differenza del programma di assicurazione sui depositi Islandese è che garantisce non solo i depositi nazionali, ma anche quelli denominati in valute estere. Il sito web della Banca Centrale d'Islanda chiarisce che, indipendentemente dalla denominazione dei suoi depositi, un depositante può essere certo che i suoi risparmi sono al sicuro:

Il Fondo garantisce i depositi in valuta estera?

Sì. Non viene fatta alcuna distinzione tra depositi in krònur Islandesi e quelli in altre valute. Il Fondo può rimborsare il valore del saldo del deposito in krònur Islandesi.

I depositi di filiali estere di banche Islandesi sono garantiti dal Fondo?

Sì. Le garanzie del Fondo si estendono a tutti i clienti di banche Islandesi e delle loro filiali, sia nazionali che estere, a prescindere dalla sede legale. I depositi esteri presso filiali di banche Islandesi sono garantiti dai fondi di garanzia nei paesi interessati.

Qui c'è uno dei problemi principali che Philipp Bagus ed io abbiamo discusso nel capitolo 4 di Deep Freeze. Mentre veniva creata una quantità sempre maggiore di finanziamenti in denominazioni straniere, la BCI diveniva sempre più incapace nell'onorare questi obblighi qualora fossero scaduti. Qualsiasi banca centrale ha la capacità di inflazionare solo l'offerta di moneta interna. Mentre è facile, quindi, onorare (nominalmente) i debiti interni, si verifica un fallimento significativo quando si tratta di passività estere.

Incapace di coprire le passività estere durante la crisi di liquidità del 2008, la Banca Centrale d'Islanda era in bancarotta. Solo i salvataggi di paesi amici e del FMI hanno scongiurato un destino più grave — la completa eliminazione di un'autorità monetaria centrale Islandese.

Mentre la riemersione dell'Islanda negli ultimi due anni è stata per lo più forte, ci sono ancora due conseguenze spiacevoli da affrontare.

In primo luogo, concentrandosi sulle conseguenze e non sulle cause profonde della crisi, le autorità Islandesi hanno perso l'occasione di correggere una delle cause principali della crisi. Il rischio morale dell'assicurazione sui depositi — in particolare un sistema di garanzia sui depositi che era impossibile da onorare — ha permesso lo sviluppo di un sistema bancario sovradimensionato. La rimozione di un siffatto programma assicurativo potrebbe fare molto per risolvere questo problema.

In secondo luogo, l'Islanda non è sola in questo senso. Anche molti altri paesi del mondo sono in un frangente critico in cui grandi quantità di passività estere non sono in grado di essere finanziate dalla banca centrale nazionale. Questo di per sé non sarebbe un grosso problema, tranne per il fatto che così tanti credono che la banca centrale sia in grado di risolvere l'eventuale divario dei finanziamenti.

L'era della banca centrale onnipotente sta volgendo al termine, la loro impotenza nell'evitare questo tipo di crisi è chiara.

Deep Freeze: Iceland's Economic Collapse fornisce una tesi di studio di un paese che affronta una crisi bancaria nata per mano della sua banca centrale. Fornisce una tabella di marcia per chiunque voglia capire da dove derivano queste crisi, e come evitarle in futuro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


3 commenti:

  1. Grazie.

    D'accordo sulle cause della crisi. In piccolo, le solite.
    Ma adesso l'Islanda, se non ho capito male, ha fatto, a furor di popolo, anche qualcosa in più.

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  2. Ciao Andrea.

    Integriamo quindi. L'autopsia dello stato Islandese fallito l'ha stilata il FMI. Il paese aveva sostenuto, attraverso la banca centrale, un enorme boom basato sulla finanza e sul settore immobiliare. L'idea era quella di guadagnare nel rapporto fra debiti a breve termine ed investimenti a lungo termine, con la Banca Centrale Islandese che irrorava di kròne le banche.

    Come apprendiamo dall'articolo di Howden, la banca centrale Islandese poteva monetizzare le proprie assicurazioni sui depositi, in modo da fornire tutte le kròne che le banche avessero richiesto. Purtroppo la Banca Centrale d'Islanda garantiva anche depositi in valute straniere.

    Arrivata la resa dei conti nel 2008, l'Islanda è rimasta con le braghe calate ed ha adottato misure anticicliche per salvare una barca che faceva acqua da tutte le parti: controlli sui capitali, trasferimenti di debiti al governo, ecc. In realtà, nonostante la popolazione non volesse (giustamente) ripagare u ndebito che non aveva contratto, il governo era intenzionato a farglielo pagare lo stesso. Il caso Icesave è emblematico: gli Islandesi dicevano "no, no" mentre il governo rispondeva, "Il governo dell'Islanda è fiducioso che possa essere raggiunta una soluzione accettabile per tutte le parti."

    I governi mondiali godono della reputazione all'estero per ottenere prestiti e vedere accettate le proprie valute, e il default per i propri debiti è una minaccia per questa disposizione.

    I salvataggi del FMI, infine, hanno permesso alla BCI di continuare ad operare come ente monetario centrale nel paese. Le banche fallite sono state nazionalizzate e lo stato Islandese potrà continuare ad inflazionare la kròna ma non potrà più sostenere un boom che lo aveva messo sul piedistallo più alto del mondo economico. Il conto finale lo paga sempre la popolazione, e la svalutazione della moneta (nonostante i "benefici" di breve termine) è un danno per l'economia di una nazione e per la sua popolazione.

    Perché, quindi, per il momento sembrano stare meglio? Ecco qui la risposta.

    Ma è solo un'illusione.

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  3. Ok.

    Intanto, con la curiosità del neofita, ho scoperto la banck for international settlements. Luogo centrale per l' esercizio della presunzione di pochi eletti alla faccia delle interazioni spontanee tra le azioni volontarie individuali.

    Scusa se posso dar l'impressione di saltare di qua e di là come una trottola impazzita ma cerco l'elite delle elites .

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