Bibliografia

venerdì 31 agosto 2012

Ballare sulla Tomba del Sistema Keynesiano





di Gary North


La migliore notizia della mia vita è arrivata con il crollo dell’Unione Sovietica nel dicembre del 1991. Il mostro era morto. Non era solo l’Unione Sovietica ad essere fallita. L’intera mitologia della violenza rivoluzionaria come metodo di rigenerazione sociale, promossa a partire dalla Rivoluzione Francese, era fallita con essa. Come ho scritto nel mio libro del 1968, il Marxismo è stato una religione della rivoluzione, e il Marxismo morì istituzionalmente nell’ultimo mese del 1991.

Tuttavia non possiamo dimostrare in modo conclusivo che fu “l’Occidente” a sconfiggere l’Unione Sovietica. Ciò che sconfisse l’Unione Sovietica fu la pianificazione economica socialista. L’Unione Sovietica si basava sul socialismo, e il calcolo economico socialista è irrazionale. Ludwig von Mises nel 1920 ne argomentò le ragioni nel suo articolo, “Economic Calculation in the Socialist Commonwealth.“ Mostrò in teoria quello che c’era esattamente di sbagliato in tutta la pianificazione socialista. Rese ben chiari i motivi per cui il socialismo non avrebbe mai potuto competere con il libero mercato. Senza alcun mercato dei beni capitali, i pianificatori economici non possono allocare il capitale in base alle priorità, in termini di importanza e di preferenza, della popolazione.

La tesi di Mises non fu presa sul serio dalla comunità accademica. Nel 1920 il socialismo era così popolare tra gli accademici che non risposero a Mises per oltre 15 anni. Quando finalmente un economista rinomato, che in realtà non era un economista importante, ma un semplice comunista polacco, replicò a Mises, la risonanza fu enorme. Il suo nome era Oscar Lange. Era uno scribacchino. Insegnava presso l’Università di Chicago. Non aveva nessuna teoria economica. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, ritornò in Polonia, rinunciò alla sua cittadinanza Americana, e divenne un burocrate importante del governo Polacco. Fu il primo ambasciatore Polacco di Stalin negli Stati Uniti. Era un Marxista ed un Comunista. Era un politico da strapazzo. Trascorse la sua carriera con il dito al vento, cercando di capire da che parte soffiasse. In quanto alla sua critica su Mises, la Polonia non adottò mai la sua pragmatica risposta organizzativa, né lo fece altra nazione appartenente al Commonwealth Socialista.

Quindi, l’unica presunta confutazione accademica di Mises venne fatta da un politico da strapazzo che passò al Comunismo quando ottenne un’offerta migliore. Eppure era considerato un brillante economista, perché diceva di aver confutato Mises. Il mondo accademico non ha mai ammesso la vera natura di Lange, quella di essere un Comunista da strapazzo. Non ha mai ammesso il fatto che nessuna nazione socialista attuò la sua presunta alternativa al sistema del libero mercato. Il mondo accademico per oltre 50 anni si aggrappò alla sua alternativa completamente ipotetica all’allocazione del capitale del libero mercato. Il mondo accademico non conosce la verità.

Infine, quando al termine degli anni ’80 divenne chiaro che l’economia Sovietica si trovava in condizioni di bancarotta, un professore socialista miliardario di nome Robert Heilbroner scrisse un articolo dal titolo “After Communism” sul New Yorker (10 Set. 1990), una rivista non accademica, in cui ammetteva come per tutta la sua carriera avesse sempre creduto a quello che gli era stato insegnato nella scuola di specializzazione, vale a dire che aveva ragione Lange e Mises era nel torto. Quindi, scrisse le seguenti parole: “Mises aveva ragione“. Heilbroner scrisse poi il libro di testo più popolare nella storia del pensiero economico, The Worldly Philosophers. Divenne multimilionario sui diritti d’autore legati a questo libro. In quel libro, non menzionò affatto Mises. Anche lui era uno scribacchino – un lucido scribacchino (anche se non Polacco), ma pur sempre uno scribacchino. Eppure era molto rispettato nel mondo accademico e il mondo accademico lo rese ricco.

La comunità accademica è intellettualmente corrotta. Và con le mode, non ricerca la verità. Anzi la sopprime. L’ho capito molto presto nel corso della mia carriera, molto tempo prima di conseguire un dottorato di ricerca. Il corporativismo in ogni dipartimento universitario opera come tale, nelle questioni controverse non ricerca la verità, aspetta solo di capire quale fazione riesce ad aggiudicarsi la lotta per il potere. Quando percepisce che un lato gode del potere, come lo erano i Comunisti nel periodo compreso tra il 1917 e il 1991, la comunità accademica piega la testa e si adatta al regime. Il mondo accademico discusse di questo o di quell’altro aspetto del sistema Sovietico che veniva considerato sbagliato, ed in genere si trattava sempre di temi relativi alla libertà di espressione. Tuttavia, per quanto riguarda l’operatività alla base del sistema di pianificazione economica Comunista, non ci fu mai una critica globale, mai nessuno all’interno della comunità accademica evidenziò i punti deboli del Comunismo discussi da Mises nel suo articolo del 1920.

L’Unione Sovietica è sempre stata economicamente in bancarotta. Venne colpita dalla povertà nel 1991. Era, secondo la magnifica espressione del giornalista conservatore Richard Grenier, il Bangladesh con i missili. Al di fuori di Mosca, nel 1990 i Russi vivevano in condizioni di povertà paragonabili a quelle presenti in America nella metà del XIX secolo e con molta meno libertà. Ciò non venne mai raccontato agli studenti durante gli anni in cui andavo a scuola io, ovvero nel 1960. Alcuni economisti ne parlavano, ma ebbero poca risonanza, non erano famosi, ed i loro libri non erano libri di testo assegnati alle aule universitarie. L’approccio tradizionale della comunità accademica era quello di presentare l’Unione Sovietica come un’economia funzionante: un degno concorrente del capitalismo.

Paul Samuelson è stato l’economista accademico più influente della seconda metà del XX secolo. Ha scritto il libro di testo introduttivo all’economia più venduto nelle università. Nel 1989, mentre l’economia dell’URSS stava crollando, affermò proprio in tale volume che la pianificazione centralizzata potesse funzionare e che l’economia sovietica ne fosse la dimostrazione. Mark Skousen lo inchiodò nel suo libro Economics on Trial del 1990. David Henderson lo ricordò ai lettori del Wall Street Journal nel 2009.

Samuelson aveva un orecchio incredibilmente sensibile al comunismo. Già nel 1960, l’economista G. Warren Nutter presso l’Università della Virginia aveva compiuto alcuni lavori empirici che mostravano come la tanto decantata crescita economica dell’Unione Sovietica fosse in realtà un mito. Samuelson tuttavia non prestò ad essi alcuna attenzione. Nell’edizione del 1989 del suo libro di testo, Samuelson e William Nordhaus scrissero, “l’economia Sovietica è la prova che, contrariamente a quanto molti scettici hanno creduto in precedenza, l’economia socialista basata su ordini e comandi possa funzionare ed anche prosperare”.

Il creatore della cosiddetta sintesi Keynesiana nonché primo vincitore americano di un premio Nobel per l’economia, di fronte al fallimento economico più importante del mondo moderno si era rivelato essere cieco come una talpa. Due anni dopo, l’URSS era letteralmente a pezzi, come fosse stata un’azienda in bancarotta. Samuelson tutto ciò non l’aveva neanche visto arrivare. Le persone che sono concettualmente cieche non vedono mai neanche la più clamora evidenza.



L'ERA KEYNESIANA STA VOLGENDO AL TERMINE

Dico tutto questo per darvi speranza. I Keynesiani ancora oggi sembrano avere il predominio assoluto. Sono dominanti perché sono stati inseriti nella gerarchia del potere politico. Ricoprono la funzione che avevano i profeti di corte presso i Babilonesi, poco prima che i Medo-Persiani conquistassero la nazione.

I keynesiani sono alla guida delle principali istituzioni accademiche. Sono i principali consiglieri del governo federale. Costituiscono la fazione dominante all’interno della Federal Reserve. I loro unici avversari istituzionali sono i monetaristi che, nei riguardi del denaro fiat, creato dal nulla, condividono le stesse posizioni: odiano l’idea di un gold coin standard. Odiano l’idea di una istituzione monetaria prodotta dal mercato.

Non c’è stata alcuna seria indignazione tra gli economisti della Federal Reserve quando Ben Bernanke e il Federal Open Market Committee hanno aumentato la base monetaria da $900,000,000,000 a $1.7 miliardi alla fine del 2008, per poi ri-aumentarla a $2.7 miliardi a metà 2011. Questa espansione dell’offerta di moneta non ha alcun fondamento in nessuna teoria economica. E’ stata una decisione presa totalmente ad hoc. Si è trattato di un tentativo disperato del FOMC di impedire al sistema di collassare, o quantomeno furono i membri del comitato a pensare che stesse per crollare. L’evidenza di ciò rimane discutibile. In ogni caso, hanno aumentato mostruosamente la base monetaria e nessuno nell’ambito della comunità accademica, tranne una manciata di Austriaci, si è lamentato del fatto che si trattava di un tradimento completo del sistema monetario e di un disallineamento da qualsiasi teoria economica.

I Keynesiani finiranno con il subire ciò che i Marxisti hanno patito dal 1991 in poi. Letteralmente, pochi mesi dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando i membri del Partito Comunista sparirono portandosi via il denaro che era presente nelle casse del Partito Comunista, il rispetto per il Marxismo all’interno del mondo accademico si vaporizzò del tutto. I marxisti si ridussero ad essere degli zimbelli. Nessuno, tranne qualche professore inglese, una manciata di vecchi scienziati politici di ruolo, ed una manciata di economisti dell’Unione degli Economisti Politici Radicali (URPE), erano ancora disposti ad ammettere alla fine del 1992 di essere sostenitori del Marxismo e a favore della pianificazione economica sovietica. Nell’ambito della comunità accademica divennero improvvisamente dei lebbrosi. Questo perché il mondo accademico, allora come oggi, è strettamente legato col potere. Se qualcuno sembra avere in mano il potere, verrà lodato dal mondo accademico, ma quando lo perderà, sarà gettato in quella che Trotsky chiamò la pattumiera della storia.

Tutto ciò sta per accadere ai Keynesiani nella stesso modo in cui si è verificato per i Marxisti. I Keynesiani fondamentalmente hanno goduto di pasti gratis per oltre 60 anni. Il loro sistema è illogico. E’ incoerente. Gli studenti che frequentano i corsi di laurea in economia non ricordano mai le categorie economiche. Questo perché sono categorie illogiche. Si basano tutte sull’idea che la spesa pubblica possa dare una spinta all’economia, ma non sono in grado di spiegare come il governo possa mettere le proprie mani sui soldi necessari a stimolare l’economia, via spesa pubblica, senza allo stesso tempo ridurre le spese del settore privato. Il governo per poter rilanciare l’economia deve sottrarre quel denaro a qualcun altro, ma ciò significa che il denaro sottratto al settore privato viene rimosso come fonte di crescita economica.

Il sistema economico Keynesiano non ha senso. Ma, decennio dopo decennio, i Keynesiani se la sono sempre cavata dicendo sciocchezze assolute. Nessuno dei loro coetanei potrà mai chiamarli per farsi spiegare le loro stupidaggini. Percorrono allegramente la strada dell’economia mista, come se quella strada un giorno non sfociasse in una distruzione economica. Sono proprio come gli economisti Marxisti e gli accademici presenti nel 1960, 1970 e 1980. Sono ignari del fatto che le economie occidentali piene di debiti stiano oltrepassando la soglia del precipizio. In nome della teoria Keynesiana difendono il sistema bancario a riserva frazionaria, non sostenibile né in teoria né in pratica.

Il problema che ad un certo punto affronteremo, come nazione e di fatto come civiltà, è questo: non c’è una teoria economica ben sviluppata all’interno dei palazzi del potere in grado di spiegare agli amministratori di un sistema fallito ciò che dovrebbero fare dopo il collasso del sistema. Questo si verificò anche nel blocco orientale nel 1991. Non c’era nessun piano d’azione, nessun programma di riforma istituzionale. Questo si verificherà nel settore bancario, così come nel sistema politico. Ed in ogni aspetto della stato sociale-militare. Le persone in alto stanno per assistere ad un completo disastro e non saranno in grado di ammettere a sé stesse o a chiunque altro che sia stato proprio il loro sistema a produrre il disastro. Quindi, non faranno cambiamenti fondamentali. Non ristruttureranno il sistema, decentrando il potere, e riducendo drasticamente la spesa pubblica. Eventualmente saranno costretti a decentrare a causa del collasso dei mercati dei capitali.

Quando l’Unione Sovietica crollò, il mondo accademico occidentale non fu in grado di spiegarne le ragioni. Non riuscivano a spiegare che cosa portà al completo collasso l’economia Sovietica, né potevano spiegare perché nessuno avesse visto sopraggiungere tali eventi. Judy Shelton se ne rese conto ma molto tardi: nel 1989. Nessun altro li anticipò, e il motivo fu che il mondo accademico non-Austriaco aveva rigettato la teoria di Mises sul calcolo economico socialista. Tutto il loro sistema era immunizzato contro le verità delle critiche avanzate da Mises, il quale era stato altrettanto critico nei confronti delle banche centrali, dell’economia Keynesiana, e dello stato sociale. Non potevano accettare la sua critica del Comunismo proprio perché usò gli stessi argomenti anche contro di loro.

L’occidente non ha potuto approfittare del crollo dell’Unione Sovietica proprio perché aveva adottato il Keynesismo invece dell’Austrismo. L’occidente aveva accettato il compromesso con la pianificazione economica mista Keynesiana, tanto nella teoria che nella pratica, così come i Sovietici avevano accettato il compromesso con Marx. Quindi, ci fu un grande elogio del welfare occidentale e della democrazia come sistema vincente, quando invece si sarebbe dovute tessere lodi solo nei confronti della teoria economica Austriaca. Non emerse alcuna consapevolezza che l’economia occidentale fondata sul denaro fiat stesse percorrendo la stessa strada accidentata che portò al crollo dell’Unione Sovietica.

L’occidente non spuntò alcuna vittoria fino a quando Reagan non ampliò la spesa militare ed i sovietici cercarono stupidamente di competere con gli americani. Fu ciò a “fare saltare il banco” nell’Unione Sovietica. Il paese era così povero che non aveva riserve di capitale altrettanto efficienti per contrastare gli Stati Uniti. Quando l’Iraq venne sconfitto nella guerra del 1991, la fiducia all’interno dell’esercito Sovietico crollò definitivamente. Ciò seguì di un paio d’anni la devastante sconfitta psicologica del 1989 subita quando l’Unione Sovietica si ritirò dall’Afghanistan. Queste due sconfitte, insieme alla bancarotta economica del paese, portarono alla disgregazione dell’Unione Sovietica.

Il valore attuale delle passività senza alcuna copertura finanziaria dello stato sociale americano ammonta ad un totale di oltre 200 miliardi di dollari e mostra chiaramente dove sia diretto il governo Keynesiano di questa nazione: verso il default. E’ anche intrappolato nel pantano dell’Afghanistan dal quale il governo si ritirerà ad un certo punto nel corso di questa decade. Ciò non avrà lo stesso effetto psicologico che ebbe sull’URSS, perché non siamo uno stato totalmente militare. Ma rappresenterà pur tuttavia una sconfitta e la stupidità di tutta l’operazione sarà ben chiara a tutti. L’unico politico che otterrà un certo beneficio da tutto ciò sarà Ron Paul. E’ stato abbastanza saggio da opporsi all’intera operazione nel 2001, ed è stato tra i pochi a farlo. Ci sono stati altri che hanno votato contro, ma nessuno ha ottenuto la stessa risonanza che ha ottenuto lui. Nessun altro aveva una concezione della politica estera che giustificasse l’inopportunità di attaccare l’Afghanistan. La sua opposizione non era una questione pragmatica; era filosofica.

Lo stato sociale-militare, l’economia Keynesiana, e il Council on Foreign Relations patiranno grandi sconfitte quando il sistema economico alla fine finirà in bancarotta. Il sistema andrà in bancarotta. Non è chiaro che cosa premerà il grilletto, ma è ovvio che il sistema bancario è fragile e l’unica cosa in grado di salvarlo dal default tout court è il denaro fiat. La produttività della nazione si sta indebolendo in quanto gli acquisti di debito da parte della Federal Reserve si appropriano della produttività e del capitale del settore privato dirottandoli verso i settori sovvenzionati dal governo federale.


DOPO IL CRASH

Ci sarà una grande corsa ideologica tra gli economisti ed i teorici sociali sulle ragioni che hanno portato il sistema alla bancarotta e su ciò che dovrebbe sostituirlo. Nei campus universitari non ci saranno risposte coerenti di alcuna sorta. Nelle università la soppressione della verità è andata avanti in modo sistematico per mezzo secolo, come risulta ben chiaro dalle lodi universali elargite nei confronti della Federal Reserve, e per tale motivo la loro reputazione risulterà definitivamente compromessa. Al punto che non dovrebbe più riprendersi. L’intera comunità accademica si è schierata a favore dello stato sociale-militare, quindi non sopravvivrà al crollo di questo sistema. Si trasformerà in un nuovo zimbello.

Non è chiaro chi ne uscirà vincitore. Potrebbe volerci una generazione perché si arrivi a capirlo. Ci saranno molti pretendenti, tutti con le loro soluzioni, insistendo sul fatto che tutti hanno visto arrivare la crisi. Ma ciò sarà difficile a dimostrarsi, tranne che per gli Austriaci. Questo è il motivo per cui è importante che la gente capisca ciò che c’è di sbagliato nel sistema dominante e che lo dica pubblicamente.

È per questo che le chiese Cristiane non avranno molta voce in capitolo in tutto questo, perché le chiese, e il Cristianesimo in generale, non hanno avuto niente di indipendente da dire sullo sviluppo della stato sociale-militare.

Gli analisti con i migliori argomenti sono gli Austriaci. La questione problematica è capire se essi saranno in grado di moltiplicarsi abbastanza velocemente, di reclutare studenti abbastanza velocemente, di formarli abbastanza velocemente, di modo che giungano fino alle posizioni di comando. Tuttavia sappiamo questo: nel corso degli ultimi 70 anni non vi è stata alcuna critica sistematica della teoria Keynesiana e delle sue politiche se non da parte degli Austriaci. Solo i Marxisti hanno fornito una critica comparabile, e la loro nave è affondata nel 1991.

I Keynesiani parlano tra di loro. Non cercano proseliti. Non pensano di averne bisogno. Gli Austriaci, essendo una piccola minoranza, cercano di convincere i non-Austriaci. Gli economisti Keynesiani diventano di ruolo per il solo fatto di scrivere libri senza senso nei quali includono formule prive di significato che sono lontane anni luce dalla realtà. Gli Austriaci iniziano con la realtà: l’azione umana individuale. I Keynesiani, quando scrivono per il pubblico, offrono conclusioni, non offrono spiegazioni. Gli Austriaci cercano di spiegare la loro posizione, in quanto sanno che il pubblico non ha familiarità con i fondamenti dell’economia Austriaca.

Nel momento del crollo, gli Austriaci spiegheranno perché è successo ed incolperanno i Keynesiani: “Il loro sistema è fallito. Ne hanno avuto il controllo sin dal 1940″. I Keynesiani incolperanno i Keynesiani che non sono andati abbastanza oltre fornendo “dosi sempre maggiori della stessa medicina”. Lo abbiamo già visto in Krugman vs. Bernanke. A quale versione il pubblico è pronto a credere in una crisi? Alla fine degli anni ’30, l’abbiamo scoperto: a quella dei Keynesiani che accusarono il libero mercato, non gli economisti neoclassici. “L’attuale sistema è fondamentalmente OK. Abbiamo solo bisogno di più tempo”. I Keynesiani diranno questo: “Il sistema attuale è fondamentalmente OK. Abbiamo solo bisogno di più tempo”.



ECONOMISTI AUSTRIACI ADDOMESTICATI

La battaglia sarà combattuta e vinta al di fuori del mondo accademico. Qui è dove gli Austriaci devono imparare a dare battaglia.

All’interno del mondo accademico, per diventare di ruolo, ogni assistente deve operare movimenti di genuflessione davanti all’altare Keynesiano. Dopo essere diventati di ruolo, la maggior parte degli anti-Keynesiani non può rompere l’abitudine. Rivestono di zucchero le loro critiche al Keynesismo. Svolgono il ruolo di avversari leali. Questo include anche alcuni Austriaci — coloro che sono spaventati dall’approccio del Mises Institute e di Lew Rockwell.com. Sono addomesticati.

Ricordo un economista accademico Austriaco che mi accusò di essere troppo sdegnoso del Keynesismo, e troppo sprezzante nella mia retorica. “Non puoi dire cose semplicemente del genere!” mi disse, non afferrando il suo errore grammaticale. Gli risposi: “Posso e lo faccio”. Era il 1992. Lui non è cambiato e nemmeno io.

Abbiamo diversi tipi di pubblico. Lui insegna a 130 studenti, tre giorni alla settimana, otto mesi all’anno, in una piccola università finanziata dal governo senza peso all’interno della corporazione di economia. Io ho 120,000 persone sulle mie mailing list, 70,000 delle quali cinque giorni alla settimana, più i lettori su Lew Rockwell.com due giorni alla settimana, 52 settimane all’anno. Posso giocare duro con i Keynesiani. Egli deve badare alle sue parole in modo da ingraziarsi coloro le cui opinioni contano nel mondo accademico. Ha trascorso la sua carriera a guardarsi le spalle dai Keynesiani, i quali esercitano il potere in tutte le corporazioni sociali della scienza accademica, e con le cui regole deve giocare da outsider poiché a malapena tollerato. Io ho passato la mia carriera dicendo alla folla che il re è nudo, e che i suoi sarti sono per lo più Keynesiani, con alcuni monetaristi che fingono di orlarne i capi invisibili. Non rispetto le regole retoriche — “gentile, sii gentile” — che gli accademici Keynesiani impongono ai loro critici all’interno del mondo accademico: “Siediti in un angolo ed aspetta il tuo turno. Otterrai i tuoi 15 minuti. Sii educato quando arriva il tuo turno”. Questo non è il mio stile.



CONCLUSIONE

Offro questa valutazione ottimista: i cattivi perderanno. Le loro politiche stataliste porteranno ad una distruzione che non saranno in grado di spiegare. La loro richiesta verrà respinta. “Dateci più tempo. Abbiamo solo bisogno di un po’ più di tempo. Saremo in grado di risolvere questo problema se ci lasciate affondare le mani più in profondità nei vostri portafogli“.

Nel lunghissimo periodo, i buoni vinceranno, ma nel frattempo, ci sarà un sacco di concorrenza per vedere quale gruppo arriverà a ballare sulla tomba del sistema Keynesiano.

Tirate fuori le scarpe da ballo. Tiratele a lucido. Il nostro momento sta arrivando.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. E' possibile avere dei link o dei libri per informarsi al riguardo delle differenze tra keynesiani e austriaci con teorie e numeri alla mano? Sarei molto interessato! Grazie!

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  2. Ciao Anonimo.

    Allora di link ce ne sono a iosa in questo blog, basta che ti fai un giro su "Feste di Freedonia" qui nella colonna di destra o digiti "Keynes" o "Keynesismo" nel box "Cerca nel Blog" sempre qui nella colonna di destra. Se invece sei in cerca di libri, ten e consiglierei due:

    1) Sulla Scuola Austriaca: Economia in una lezione.

    2) Sugli errori di Keynes: Where Keynes Went Wrong.

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  3. Anonimo, questo è il sito italiano della Mises Foudation http://vonmises.it/

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