Il capitalismo non dovrebbe essere condannato, perché non abbiamo avuto il capitalismo. Un sistema capitalistico presuppone una moneta sonante, non denaro fiat manipolato da una banca centrale. Il capitalismo favorisce i contratti volontari ed i tassi di interesse che sono determinati dal risparmio, non la creazione di credito da parte di una banca centrale. Non è capitalismo quando il sistema è afflitto da regole incomprensibili in materia di fusioni, acquisizioni e vendite di azioni, insieme con i controlli salariali, i controllo dei prezzi, il protezionismo, i sussidi aziendali, la gestione internazionale del commercio, le tasse aziendali, i contratti governativi privilegiati con il complesso militare-industriale, ed una politica estera controllata da interessi corporativi ed investimenti all'estero. A questo si aggiunge la cattiva gestione federale centralizzata dell'agricoltura, dell'istruzione, della medicina, delle assicurazioni, del settore bancario e dello stato sociale. Questo non è capitalismo!
Condannare il capitalismo di libero mercato per tutto quello che succede oggi non ha senso. Oggi non ci sono prove che esista il capitalismo. Siamo profondamente coinvolti in un'economia pianificata/interventista, che consente di accumulare grandi benefici a coloro politicamente ben connessi. Si può condannare la frode ed il sistema attuale, ma deve essere chiamato col suo vero nome — inflazionismo Keynesiano, interventismo, e corporativismo.» -- Ron Paul
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da Zero Hedge
E' vero che mentre le crisi economiche e finanziarie vanno avanti, mentre si accumulano sempre più disastri, mentre più persone finiscono disoccupate, molti di noi si interrogheranno sui fondamentali del nostro sistema economico. E' inevitabile che molti saranno attratti dalle critiche al capitalismo, incluso il Marxismo.
Il Guardian ha pubblicato una panoramica su questa rinascita:
Nella sua introduzione ad una nuova edizione de Il Manifesto del Partito Comunista, il Professor Eric Hobsbawm suggerisce che Marx aveva ragione a sostenere che le "contraddizioni di un sistema di mercato basato su nessun altro legame tra uomo e uomo se non quello del nudo interesse, se non quello del freddo 'pagamento in contanti,' un sistema di sfruttamento e di 'accumulazione infinita' non può mai essere superato: ad un certo punto in una serie di trasformazioni e ristrutturazioni lo sviluppo di questo sistema essenzialmente destabilizzante porterà ad uno stato di cose che non può più essere descritto come capitalismo."
Questa è una società post-capitalistica come era stata sognata dai Marxisti. Ma a cosa assomiglierebbe? "E' estremamente improbabile che una tale 'società post-capitalista' risponderebbe ai modelli tradizionali del socialismo e tanto meno ai socialismi 'realmente esistenti' dell'era sovietica," sostiene Hobsbawm, aggiungendo che, tuttavia, ciò implica necessariamente il passaggio dall'appropriazione privata alla gestione sociale su scala globale. "Quali forme potrebbero assumere e in che misura incarnerebbero i valori umanistici del comunismo di Marx ed Engels, dipenderebbe dall'azione politica attraverso cui questo cambiamento avverrebbe."
Il Marxismo è una cosa strana; fornisce una narrazione pulita e lineare della storia, una che definisce tutti i dettagli e le complicazioni. Fornisce una narrazione semplicistica "noi contro loro" del presente. E fornisce una narrazione piuttosto utopica del futuro; che le classi lavoratrici unite abbatteranno il capitalismo e stabiliranno uno stato gestito da e per le classi lavoratrici.
Il problema è che la storia è molto più complicata della narrazione teleologica fornita dal materialismo dialettico. La realtà economica e sociale del presente è molto più complicata delle classifiche lineari e binarie di Marx. E il futuro che Marx ha predetto non ha mai dato i suoi frutti; le sue idee del XIX secolo hanno trasformato la realtà del XX secolo in un affamamento globale, in esperimenti falliti di pianificazione centralizzata, e in milioni di morti.
Certo, il sistema che abbiamo oggi è insostenibile. Le istituzioni finanziarie sostenute dallo stato e le corporazioni che si sono sviluppate intorno a queste non vivono grazie al proprio genio, alla propria produttività o innovazione. Esistono sulla generosità dello stato — stampa di denaro, sovvenzioni, responsabilità limitate, regolamentazione favorevole, barriere all'ingresso. Ogni ingrandimento e scandalo — dal LIBOR, alla London Whale, a MF Global — illustra l'incompetenza e il fallimento che quella dipendenza ha permesso di generare.
Il problema principale dei Marxisti è la loro errata identificazione del sistema economico attuale col capitalismo di libero mercato. Come possiamo definire libero un mercato in cui viene controllato il prezzo del denaro da parte dello stato? Come possiamo definire libero un mercato in cui le istituzioni finanziarie sono regolarmente salvate? Come possiamo definire libero un mercato in cui viene speso più 40% del PIL dallo stato? Come possiamo definire libero un mercato in cui si scambia la possibilità dell'intervento dello stato piuttosto che i fondamentali sottostanti?
Oggi non abbiamo un'economia di mercato; abbiamo una economia corporativista.
Come notano Saifedean Ammous ed Edmund Phelps:
Il termine "capitalismo" soleva indicare un sistema economico in cui il capitale era di proprietà privata e scambiato; i proprietari del capitale giudicavano il modo migliore per usarlo, e potevano attingere alla lungimiranza ed alle idee creative degli imprenditori e dei pensatori innovativi. Questo sistema di libertà individuale e di responsabilità individuale dava scarso margine di manovra al governo per influenzare le decisioni economiche: il successo significava profitti; il fallimento significava perdite. Le aziende potevano esistere soltanto fino a quando gli individui liberi acquistavano volentieri i loro prodotti – altrimenti sarebbero andate in bancarotta velocemente.
Il capitalismo divenne il campione nel 1800, quando sviluppò capacità di innovazione endemiche. Le società che adottarono il sistema capitalista acquisirono una prosperità senza eguali, goderono della soddisfazione diffusa per i posti di lavoro, raggiunsero una crescita della produttività che meravigliò il mondo e concluse la privazione di massa.
Ora il sistema capitalistico è stato corrotto. Lo stato ha assunto la responsabilità gestionale per la cura di tutto, dai redditi della classe media alla redditività delle grandi società all'avanzamento industriale. Questo sistema, tuttavia, non è capitalismo, ma piuttosto un ordine economico che si rifà a Bismarck della fine del XIX secolo ed a Mussolini del XX secolo: il corporativismo.
Il sistema del corporativismo che abbiamo oggi è molto più affine al Marxismo ed alla "gestione sociale" di quanto i Marxisti potrebbero ammettere. Sia il corporativismo che il Marxismo sono forme di controllo economico centrale; l'unica differenza è che sotto il Marxismo, l'allocazione del capitale è controllata dalla burocrazia-tecnocrazia statale, mentre sotto il corporativismo l'allocazione del capitale è effettuata dall'apparato statale in concomitanza con il sostegno finanziario dei grandi interessi corporativi. Le corporazioni accumulano potere dalle protezioni legali offerte loro dallo stato (responsabilità limitata, sussidi aziendali, piani di salvataggio), ed i politici possono essere ri-eletti inondati dal denaro aziendale.
La scelta fondamentale che abbiamo di fronte oggi è tra libertà economica e pianificazione economica centralizzata. La prima offre all'individuo, alle nazioni ed al mondo un'allocazione delle risorse, del lavoro e del capitale complessa e multi-dimensionale, poiché la somma delle preferenze umane sono espresse volontariamente attraverso il meccanismo di mercato. La seconda offre un'allocazione delle risorse, del lavoro e del capitale da parte della elite — burocrati, tecnocrati ed interessi particolari. La prima non è priva di corruzione e ricadute, ma le sue varie incarnazioni imperfette hanno creato una prosperità senza limiti, produttività e crescita. Le incarnazioni della seconda hanno portato alla morte per fame di milioni di persone dapprima nella Russia Sovietica, poi nella Cina Maoista.
Ai Marxisti piace far finta che l'allocazione burocratica-tecnocratica del capitale, del lavoro e delle risorse, è in qualche modo più democratica, e in qualche modo più in sintonia con gli interessi della società rispetto al mercato. Ma cosa ci può essere di più democratico ed espressivo di un sistema di mercato che consente ad ogni singolo di allocare capitale, lavoro, risorse e produttività sulla base delle proprie preferenze? E che cosa ci può essere di meno democratico di un'organizzazione della società e di una ripartizione del capitale effettuata attraverso i meccanismi della burocrazia e della pianificazione coercitiva? Che cosa c'è di meno democratico che raccontare alla popolazione che, invece di vivere la propria vita secondo la propria volontà, le proprie tradizioni ed i propri interessi economici, dovrebbe invece seguire le inclinazioni e gli ordini di una elite burocratica-tecnocratica?
Non sono sicuro che i Marxisti abbiano mai capito il capitalismo; Das Kapital è un lavoro mastodontico che si concentra su molti aspetti dello sviluppo industriale ed economico del XIX secolo, ma tende a concentrarsi su minuzie oscure senza mai veramente considerare l'insieme coerente. Se i Marxisti si fossero davvero avvicinati a cogliere i meccanismi più generali del capitalismo — e se avessero veramente a cuore la democrazia — sarebbero stati molto meno inclini a promulgare un sistema basato sulla pianificazione centrale dittatoriale.
Tuttavia, dato che il sistema finanziario e l'oligarchia finanziaria continuano a sbagliare di crisi in crisi, sempre più persone verranno sicuramente attratte dalle narrazioni seducenti del Marxismo. Sempre più persone potrebbero incolpare i mercati e la libertà per i problemi dello statalismo e del corporativismo. Questo è profondamente ironico — la tendenza Marxista verso la pianificazione centralizzata e il controllo esercita un'influenza molto maggiore sui politici di oggi rispetto alla tendenza Hayekiana o Smithiana verso il decentramento e la libertà economica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Qui, sul vonmises.it, su usemlab, su haideashaveconsequences, su zerohedge, ecc ho cominciato a conoscere l'economia austriaca, il marginalismo e l'individualismo metodologico.
RispondiEliminaLa critica argomentato dello statalismo è molto precisa.
La proposta libertaria ha un che di utopico.
Sembra un vorrei che fosse così, ed in certi aspetti sembra troppo simile ad altre costruzioni di ingegneri sociali seppure su base volontaria e su scala ridotta.
Auguro a queste analisi ed a queste proposte grande diffusione affinché sia il libero scambio e la libera circolazione delle idee a determinarne la realizzabilità e la convenienza.
Ed alla fine...chissà.
Ciao Anonimo.
RispondiEliminaMi fa piacere che tu ti sia avvicinato a queste scuole di pensiero e soprattutto che i llavoro che svolgo qui ti abbia trasmesso qualcosa di "prezioso," ognuno di noi cerca di diffondere il messaggio Austriaco/libertario come meglio può; infine pare che la curiosità di molti avventori stia avendo la maglio sul loro scetticismo. :)
Per come la vedo io viviamo in un periodo in cui la mente umana è stata intorpidita dalla droga della pianificazione: secondo questa mentalità l'importante è mettersi comodi che al resto (ed ai problemi "più seri") ci pensano gli altri. Questi altri sono considerate delel figure onniscenti in grado di decidere con un loro schiocco di dita come dovrebbero andare le cose nel mondo sostituendosi, quindi, alle scelte di miliardi di persone. Quest'oggi abbiamo la prova che questo sistema non può funzionare ed è portatore solo di miseria: l'attuale crollo economico globale ce lo ricorda. E allora?
Allora il nostro compito è quello di Adam Smith nel 1700, ovvero, sottolineare i punti vantaggiosi di questo cardine economico: "facciamo uno scambio ad un determinato prezzo." Ovviamente, non mi aspetto che questo sia un sistema perfetto (proprio perché l'essere umano non è perfetto) ma è quello che nel 1800 ha portato all'Occidente quella prosperità senza eguali mai vista fino ad allora nella storia umana. E' un punto di partenza, non v'è dubbio. Ma quel sistema è stato corrotto dalle promesse del governo che hanno sedotto la popolazione, conducendola in una spirale di povertà e privazione di libertà di cui ora stiamo vedendo i tristi frutti. Cos'è questo se non un monito alle future generazioni? Il libertarismo non fa altro che lanciare questo monito, ponendo le basi di quel principio fondamentale di uan società libera : non rubare.
Questa non deve assolutamente essere una regola imposta, ma una verità insita nelle persone che non avrà più bisogno di alcun giuramento. Questo sarà il giorno della disintossicazione del genere umano dalla droga delle promesse della pianificazioen centrale.
"Nessuno si chiede perché i miliardi che sono stati spesi e le migliaia di pagine di regolamenti che sono state scritte dopo l'ultimo grande attacco al capitalismo nel 1930 non hanno impedito le frodi e gli inganni di Enron, WorldCom, e Global Crossings."
RispondiEliminaMa pensa che coincidenza, tutti eventi posteriori alle liberalizzazioni di Regan e Clinton.
Allora il nostro compito è quello di Adam Smith nel 1700.
RispondiEliminaRidurre Smith alla "mano invisibile" dimenticandosi delle sue convinzioni dal punto di vista sociale, e` come ridurre friedman ai buoni scuola, dimenticandosi ad esempio la critica alla banca centrale.
Ciao Gost.
RispondiElimina>Ma pensa che coincidenza, tutti eventi posteriori alle liberalizzazioni di Regan e Clinton.
Non ci allarghiamo. Enron nel 1997 ha contributo alla campagna dei Democratici con $100,000 esattamente dopo che Clinton aiutò la stessa azienda ad ottenere un progetto in India da $3 miliardi. Quindi, io non parlerei proprio di "liberalizzazioni."
Per quanto riguarda Smith, egli è un autore complesso e in tutti gli autori non ideologici si troveranno frasi che sottolineano la complessità e le difficoltà di qualunque proposta. In Smith, come in Tocqueville o Hayek, dove i convincimenti morali non impediscono affatto di vedere la realtà, è facile trovare frasi che sembrano andare contro le loro idee espresse altrove. E di certo nessuno di questi è un'estremista contrario ad ogni compromesso.
RispondiEliminain effetti la parola giusta era deregolamentazioni.
RispondiEliminaBuonasera, mi associo al primo commento e vi ringrazio per avermi dato la possibilità di conoscere dottrine economiche che, pur da laureato in economia, non avevo mai sentito nominare (lampante manifestazione della dittatura monopolistica statale dell'istruzione).
RispondiEliminaTuttavia vorrei fare una critica a questo post, mi sembra che vi sia un pò di revisionismo storico da parte vostra. Riprendendo le sue parole:
"facciamo uno scambio ad un determinato prezzo. Ovviamente, non mi aspetto che questo sia un sistema perfetto (proprio perché l'essere umano non è perfetto) ma è quello che nel 1800 ha portato all'Occidente quella prosperità senza eguali mai vista fino ad allora nella storia umana"
è vero che tale sistema ha generato nell'Occidente prosperità senza eguali, ma il resto del mondo??? il colonialismo lo avete rimosso?? non che oggi non ci sia... non sarà che tale prosperità sia correlata al fatto che vi sia stato un sistematico sfruttamento delle risorse anche di altre zone del mondo? ecco da profano del libertarismo vedo alcune zone oscure su questi temi... comunque rinnovo i ringraziamenti per le preziose informazioni che pubblicate.
Ciao Anonimo.
RispondiEliminaInnanzitutto ti do il benvenuto su Freedonia. Poi, passiamo a quanto segue.
>il colonialismo lo avete rimosso?? non che oggi non ci sia... non sarà che tale prosperità sia correlata al fatto che vi sia stato un sistematico sfruttamento delle risorse anche di altre zone del mondo?
Certo, il colonialismo è stata una piaga per il commercio globale e il neo-colonialismo lo è tuttora. Quindi, lungi da me giustificarlo. Ma dobbiamo notare una cosa. La Spagna, attraverso i suoi Conquistadores, riporto in patria casse di oro eppure la storia di questo paese è un declino economico costante seguito da una marginalizzazione per quando riguarda il ruolo come potenza mondiale. Infatti, la Rivoluzione Industriale sbocciò in Inghilterra e gli Stati Uniti si affermarono nel mondo proprio nel XIX secolo. La maggior parte delle scoperte innovative avvengono maggiormente in questi due paesi.
Quindi, è vero che si ha bisogno di risorse ma bisogna anche saperle usare. Forse gli Stati Uniti sono stati più "onesti" nel XIX secolo rispetto all'Inghilterra (spesso sedotta dal "fascino" del mercantilismo) per quanto riguardava l'acquisizione delle risorse, sta di fatto che l'imprenditorialità ed il laissez-fair resero grandi queste due nazioni.
Bè, almeno fino al XX secolo...