«L'uomo del sistema, al contrario, tende ad essere molto saggio nella sua presunzione; e spesso è così innamorato della presunta bellezza del suo progetto ideale di governo, che non può subire il più piccolo cambiamento di una qualunque parte di esso.
Continua a volerlo stabilire completamente e in tutte le sue parti, senza alcun riguardo né ai grandi interessi né ai forti pregiudizi che possono opporvisi. Egli sembra immaginare di essere in grado di organizzare i diversi membri di una grande società con la grande facilità con cui una mano organizza i vari pezzi su una scacchiera. Egli non si rende conto che i pezzi su una scacchiera non hanno altro principio di movimento se non quello che la mano imprime su di loro; mentre, nella grande scacchiera della società umana, ogni singolo pezzo ha un principio di movimento tutto suo, del tutto diverso da quella che il legislatore potrebbe scegliere di imprimere su di esso. Se questi due principi coincidono e agiscono nella stessa direzione, il gioco della società umana andrà avanti in modo semplice e in armonia, ed è molto probabile che risulti felice e di successo.
Se sono opposti o diversi, il gioco andrà avanti miseramente, e la società dovrà essere in ogni momento nel più alto grado di disordine .» -- Adam Smith
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di Detlev Schlichter
La scorsa settimana, il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW), o Istituto Tedesco sulla Ricerca Economica, un think tank influente, ha proposto una soluzione ingegnosa per la crisi del debito della Zona Euro. Il governo Tedesco dovrebbe emettere una Zwangsanleihe, un bond obbligatorio che ogni Tedesco con risparmi per €250,000 o più dovrebbe essere obbligato a sottoscrivere con il 10% del suo denaro. Tali misure potrebbero aiutare lo stato Tedesco ad intascare ulteirori €230 miliardi in risorse provenienti dal settore privato per sostenere i propri impegni di salvataggio, hanno annunciato gli economisti DIW con soddisfazione apparente.
Gli economisti non erano soliti spiegare l'importanza di una chiara e giuridicamente protetta proprietà privata, dello scambio libero e volontario, e dei veri prezzi di mercato? Per spiegare come funziona il capitalismo, questi economisti dimostrarono anche i limiti ed i pericoli delle interferenze dello stato, che è la ragione per cui coloro che invece ripongono la loro fede in una forte leadership politica e nella progettazione del governo denigrano l'ordine spontaneo dei mercati liberi chiamato economia – dopo Thomas Carlyle – la "scienza triste".
Forse questa è una definizione un po' romanzata del termine "economista". Molti statalisti, socialisti e fanatici hanno inoltre adottato tale etichetta nel corso degli ultimi 300 anni. Eppure, la storia dell'economia mostra che i suoi contributi maggiori e più duraturi sono venuti da quegli scienziati sociali che hanno spiegato come l'interazione contrattuale indipendente e volontaria degli individui crei un sistema che funziona a vantaggio della società nel suo complesso, e posso essere perdonato per aver presunto – o sperato – che all'inizio del XXI secolo alcune intuizioni sarebbero state così completamente accettate che avrebbero potuto rappresentare una sorta di terreno comune di discussione civile. Sono pienamente consapevole del fatto che come economista della Scuola Austriaca mi trovo dal lato "estremo" dello spettro delle opinioni economiche, ma avevo pensato – ancora una volta ingenuamente, suppongo – che certi principi non sarebbero stati messi in discussione anche da coloro che sono felici di assegnare un ruolo più importante allo stato. Dopo tutto, nella maggior parte dei casi questi economisti ancora pretendono di essere sostenitori dell'economia di mercato, almeno in qualche definizione più ampia del termine, e data questa posizione ho dato per scontato che anche loro devono assegnare almeno una certa importanza al concetto di "proprietà privata", e che qualsiasi palese violazione della proprietà privata da parte dello stato debba come minimo fornire loro un momento di riflessione.
Beh, si potrebbe dire che se tutti questi economisti prendessero la proprietà privata molto sul serio, sarebbero già diventati degli "Austriaci", quindi forse non dovrei essere sorpreso dalla volontà degli economisti "tradizionali" di sacrificare la proprietà privata di terze parti. Ma sono sorpreso. Sorpreso per quello che sembra essere un crescente entusiasmo per soluzioni rapide di governi amichevoli che hanno poco riguardo per i principi del capitalismo e della società libera, e nessuna considerazione per le conseguenze di lungo periodo.
Niente più tristezza
Dall'inizio della "crisi finanziaria globale", o "il grande finale di partita dell'esperimento mondiale del denaro fiat", come mi piace chiamarlo, abbiamo assistito ad un allegro interventismo economico, una lotta sempre più disperata e senza vergogna da parte della burocrazia per sostenere l'insostenibile. E contemporaneamente, quello che io considero uno spostamento intellettuale tra gli economisti. Desiderosi di non essere più degli "scienziati tristi", ma politicamente rilevanti e pragmatici, gli economisti hanno rapidamente sposato politiche sempre più audaci per aiutare lo stato a sfuggire alle conseguenze di decenni di eccessi di spesa, di prestiti sconsiderati e di credito artificialmente a buon mercato. Il fine sembra giustificare i mezzi, e il fine è quello di mantenere lo status quo, a prescindere da come sia diventato stranamente sbilanciato.
Che gli economisti siano ancora sostenitori del libero mercato e difensori della giustizia della proprietà privata acquisita è un mito, almeno se si considerano gli economisti che dominano il dibattito politico. Oltre a quelli nei think tank, come quelli al DIW, ciò include economisti presso le banche centrali, il FMI, l'OCSE, e nel settore bancario nominalmente "privato" che è ormai diventato un protettorato dello stato. A nessuno piace sentir parlare di interazione spontanea, scambio volontario, e prezzi di mercato veri, ma quasi tutti sembrano amare la monetizzazione del debito ("quantitative easing"), la manipolazione dei prezzi di asset specifici ("operazione twist" o il tetto della BCE ai rendimenti dei bond sovrani), l'ingente "stimolo" alla spesa del governo, i "trasferimenti fiscali", e varie altre forme di distorsioni del mercato e di interferenze burocratiche.
Prendete la presunta bellezza della svalutazione della moneta. Trovo sorprendente come molti economisti sostengono che per la Grecia sarebbe preferibile (e di conseguenza anche per gli altri paesi) essere in grado di stampare il proprio denaro locale e svalutarlo fino al midollo. Certo, svalutando l'unità monetaria può fornire una boccata d'ossigeno all'industria dell'esportazione locale e creare un'illusione di breve durata di competitività. Questi "benefici" sono fugaci e il gruppo dei beneficiari è di piccole dimensioni. Ma la svalutazione renderà molte persone più povere. Tutti coloro che risparmiano tenendo saldi monetari nazionali vedranno diminuire il loro potere d'acquisto.
Che questo sia nell'interesse "Dei Greci" è stato ampiamente smentito dalle azioni degli stessi risparmiatori Greci. Stanno spostando i depositi nelle banche del centro della Zona Euro non solo perché preoccupati per le banche locali, ma anche nel tentativo di proteggere il potere d'acquisto dei propri risparmi, vale a dire la loro proprietà, dalla confisca attraverso l'inflazione.
Il fallimento è un'opzione
Il problema centrale della crisi attuale – in Europa e altrove – è che gli stati hanno assunto obblighi che non sono in grado di soddisfare. Lo stesso hanno fatto molte banche. In linea di principio, questo dovrebbe essere fonte di preoccupazione solo per le due parti del contratto – debitore e creditore. In definitiva, ogni soggetto può andare in bancarotta, inclusi gli stati sovrani, e non c'è bisogno di trascinare un gruppo sempre maggiore di spettatori innocenti in questa calamità. In particolare, non vi è alcuna ragione per cui uno stato fallito dovrebbe costringere i suoi cittadini ad adottare una nuova moneta. Non c'è bisogno che tutti i Greci smettano di usare l'euro dopo il fallimento del governo Greco proprio come non vi è bisogno che tutti i Californiani smettano di usare il dollaro dopo il fallimento del governo Californiano.
Ci si aspetterebbe, naturalmente, che un governo insolvente troverebbe difficile prendere in prestito di nuovo e che, pertanto, dovrebbe vivere entro i confini del proprio reddito scaturito dalla tassazione. E' proprio questo che alla classe politica e burocratica non piace – e perché le loro ancelle intellettuali, gli economisti, elaborano programmi per fare in modo che siano tutti gli altri a pagare. Impongono felicemente una tassa da inflazione su tutti i possessori del denaro in modo da permettere allo stato di indebitarsi, di spendere e di vivere sulla ricchezza confiscata, e in modo da impedire alle banche di restringersi ed ai prezzi degli asset di calare. Lo status quo deve essere protetto a tutti i costi.
Tutti questi interventi sono intrinsecamente conservatori in natura (conservano i prezzi e le strutture del boom precedente) e, senza eccezione, proteggono lo sconsiderato dalle conseguenze dei suoi errori, e puniscono il prudente. Quelli che non si fanno sedurre dal "denaro facile" durante gli anni della "bolla" e che hanno gestito le loro finanze in modo conservativo e hanno risparmiato sarebbero ora – in un vero e proprio sistema capitalistico – i beneficiari del "busto" – e quindi coloro che fornirebbero materia prima per una ripresa reale. Potrebbero acquisire gli asset "a buon mercato" se non fosse per le diverse politiche (tassi di interesse a zero, finanziamento bancario senza limiti, QE) progettate a mantenere i prezzi di tali asset a livelli artificialmente alti per il beneficio dei loro attuali proprietari, spesso le banche. Poiché ai risparmiatori viene impedito di acquistare asset a prezzi più bassi, non hanno altra scelta che restare ai margini, mantenendo depositi a risparmio in cui il loro capitale viene ridotto dai tassi reali negativi, un'altra politica progettata per proteggere le banche ed il settore pubblico dipendente dal debito.
Uno dei vantaggi di basare l'economia sulla proprietà privata è che il successo e il fallimento delle azioni possono essere (ragionevolmente) chiaramente attribuite e che la responsabilità è specifica e limitata, e non comune ed indefinita. Ciò richiede che il fallimento delle istituzioni e delle politiche devono essere chiaramente visibili e non nascoste, e che al mercato deve essere permesso di eliminare i fallimenti. Nel dibattito attuale, tuttavia, la maggior parte degli economisti sembra essere del parere che ciò che è da evitare a tutti i costi è il riconoscimento del fallimento, la liquidazione degli squilibri, e la contrazione di determinate entità, a prescindere dalla pura e semplice stupidità delle loro smisurate passività.
Inondando l'economia con nuovo denaro è un tentativo di mascherare il fallimento di varie istituzioni e delle politiche, e di socializzare gli effetti di tale fallimento. Ecco il piccolo sporco segreto della politica monetaria: La stampa illimitata di denaro fiat può essere a costo zero per le banche centrali, ma non è a costo zero per la società.
"Evviva, vogliamo eliminare il debito con l'inflazionismo!"
Ma probabilmente la situazione peggiorerà. Lo stallo attuale non sta rendendo felice nessuno. L'economia non viene purificata dalle sue allocazioni errate e non si sta nemmeno sviluppando una qualsiasi dinamica di crescita sostenibile. La frustrazione e l'impazienza sono destinate ad intensificarsi. La mia preoccupazione è che la maggior parte degli economisti dell'establishment sono ora intellettualmente preparati ad accogliere un intervento ancora più aggressivo, tra cui un super "stimolo" monetario per rompere lo stallo e cercare di "eliminare gli squilibri attraverso l'inflazionismo". Questo è l'ultimo insulto a chi crede nella proprietà privata in quanto comporta l'espropriazione delle classi risparmiatrici. Tali politiche richiedono ulteriori interventi draconiani sul mercato. Gran parte del settore "privato" dovrà essere trasformato in titolari di obbligazioni, in particolare titoli di stato. Entità altamente regolamentate, quali le banche, le assicurazioni ed i fondi pensione, sono gli ovvi candidati, e sono già in fila per questo esito. Saranno reintrodotti i controlli sui capitali. Tutto questo avrà conseguenze disastrose per l'economia. I tentativi di "elimianre il debito attraverso l'inflazionismo" sono una ricetta per l'Armageddon economico. Non portano ad un'economia equilibrata, priva di debito e sana, ma al collasso monetario totale, che tende a decimare la classe media. Che tali politiche siano ora addirittura prese in considerazione, lo trovo scioccante.
Tale risultato non è, naturalmente, inevitabile. Il nostro futuro non è predeterminato. C'è sempre la possibilità che chi è al potere sarà capace di ignorare questi economisti.
Ma forse sono solo io che mi illudo di nuovo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Ma se il popolino vuole ancora più stato ed i gruppi portatori di interessi speciali premono per lo status quo. Se queste maggioranze per ignoranza e convenienza vogliono più stato più sicurezza e chissenefrega della libertà negativa... Le minoranze disorganizzate che cercano di spiegare gli errori orrori del sistema in cui moltissimi credono e con il quale molti campano ed alcun.i si arricchiscono che possibilità hanno?
RispondiEliminaCiao Anonimo.
RispondiElimina>Le minoranze disorganizzate che cercano di spiegare gli errori orrori del sistema in cui moltissimi credono e con il quale molti campano ed alcun.i si arricchiscono che possibilità hanno?
Nessuna, se non svolgono il loro compito di divulgazione: "armi" per coloro che vogliono opporsi, niente "armi" per coloro che non vogliono opporsi. Qui non si tratta di convincere, perché attraverso questo metodo si hanno solo dei fantocci pronti a passare il guado alla prima occasione possibile; bisogna stimolare la curiosità delle persone verso il lato onesto dell'indole umana. L'uomo è naturalmente dedito alla cooperazione, poiché è stata la strategia con cui è sopravvissuto ad anni e anni di difficoltà ed avversità. Questa, infatti, è una cosa che ha compreso con l'esperienza.
Ad oggi, la nostra "esperienza" è rappresentata dai livelli esorbitanti di invasione da parte del sistema burocratico centrale (stato) nella proprietà altrui. A latrare rimarranno solo coloro ancora dipendenti dalla droga statalista, quelli scenderanno in piazza e domanderanno più stato; il loro risveglio sarà brusco e destabilizzante, perché nel frattempo gli altri arriveranno a capire che il fatto di appoggiare una autorita' basata sulla violenza con conseguente cessione della propria vita vita su un piatto d'argento non la fara' improvvisamente diventare buona, ragionevole, caritatevole, e amorevole nei confronti della popolazione.
La fine dello stato non vuol dire la fine della società. vuol dire fine della sopraffazione sulla società. I talenti che una persona ha può sfruttarli anche se impiegata dal settore privato in concorrenza con altre realtà; se sparisce lo stato non sparisce anche il suo talento nel lavoro che sa meglio fare. Non esisterà più quell'entità a mezz'aria che l odeprederà dei frutti del suo lavoro.
La maggior parte della popolazione ancora sa che l'imperativo morale del "non rubare" è sacrosanto, solo che lo tollera in determinate eccezioni. Queste eccezioni sono legate alla sua possibilità di guadagnarsi da vivere senza sforzi, il che vuol dire ottenere privilegi da un apparato che esercita la coercizione su un territorio. La percezione secondo cui questo "furbo" della società va avanti a scapito di coloro che producono è vista con una certa "ammirazione" dal senso comune. Si pensa, quindi, che il crimine paghi. E' una percezione esatta? Assolutamente no, proprio perché questo modo di pensare è in bancarotta. Il punto è che il senso comune è influenzato dalla nostra limitata visione del mondo che si basa su presupposti irrazionali, non scientifici e del tutto campati per aria.
La nostra possibilità, quindi, è farci trovare prontinel momento in cui dovremmo effettuare una scelta quando saremo chiamati a farlo: imparare dagli errori del passato o perseverare sulla "cattiva" strada. La nostra possibilità sta nel fatto di mostrare alle persone che un'alternativa esiste. Poi sta a loro accettarla o meno.
Ciao Francesco.
RispondiEliminaPremesso che l'anonimo in coma ero io... alle prime "armi", voglio dedicare a tutti gli avventori di Freedonia queste parole di Tocqueville:
«Tutti i socialisti, tutti, oso dire, attaccano in modo diretto o indiretto la proprietà [...]. Non pretendo di dire che tutti l’attacchino nella maniera franca e, permettetemi di dirlo, un po’ brutale, adottata da un nostro collega; ma dico che tutti, per vie più o meno traverse, se non la distruggono, la molestano, la limitano, e ne fanno una cosa diversa dalla proprietà individuale che conosciamo e che si conosce... dall’inizio del mondo» .
oops
RispondiEliminain cima... non in coma... :D :D :D
Ciao Andrea.
RispondiEliminaQuando si cita Tocqueville scatta sempre un applauso. ;)