Bibliografia

domenica 29 aprile 2012

Il Mito del Monopolio Naturale #3





Terza ed Ultima Parte.




[Originariamente pubblicato in The Review of Austrian Economics 9 (2), 1996.]


Qui il link alla Prima Parte.

Qui il link alla Seconda Parte.

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di Thomas J. DiLorenzo


Il Mito del Monopolio Naturale: Sevizi Elettrici

Secondo la teoria del monopolio naturale, la concorrenza non può persistere nel settore dell'energia elettrica. Ma la teoria è contraddetta dal fatto che la concorrenza ha infatti continuato ad esserci per decenni in decine di città degli Stati Uniti. L'economista Walter J. Primeaux ha studiato la concorrenza nel settore elettrico per più di 20 anni. Nel suo libro del 1986, Direct Utility Competition: The Natural Monopoly Myth, egli conclude che in quelle città dove c'è concorrenza diretta tra le aziende dell'energia elettrica:

  • La rivalità diretta tra due aziende concorrenti è esistita per periodi molto lunghi di tempo — oltre 80 anni in alcune città;
  • Le aziende elettriche rivali competono vigorosamente con prezzi e servizi;
  • I clienti hanno ottenuto notevoli benefici dalla concorrenza, rispetto alle città dove c'erano solo monopoli di aziende elettriche;
  • Contrariamente alla teoria del monopolio naturale, i costi sono in realtà inferiori dove ci sono due aziende che operano;
  • Contrariamente alla teoria del monopolio naturale, non c'è più capacità in eccesso in regime concorrenza di quanto non ce ne sia in regime di monopolio nel settore elettrico;
  • La teoria del monopolio naturale, fallisce su tutti i fronti: la concorrenza esiste, le guerre dei prezzi non sono "serie", vi è un servizio migliore per i consumatori e prezzi più bassi con la concorrenza, la concorrenza persiste per periodi molto lunghi di tempo, ed i consumatori stessi preferiscono la concorrenza al monopolio regolamentato;
  • Eventuali problemi di soddisfazione dei consumatori causati da doppie linee elettriche sono considerati meno significativi rispetto ai benefici dalla concorrenza.[1]

Primeaux scoprì anche che, sebbene i dirigenti delle aziende elettriche generalmente riconoscevano i benefici della concorrenza per i consumatori, personalmente preferivano il monopolio!

Dieci anni dopo la pubblicazione del libro di Primeaux, almeno uno stato — la California — sta trasformando il suo settore dell'energia elettrica "da un monopolio controllato da una manciata di aziende pubbliche ad un mercato aperto."[2] Altri stati si stanno muovendo nella stessa direzione, abbandonando, infine, la teoria infondata del monopolio naturale a favore della concorrenza naturale:[3]

  • La Ormet Corporation, una fonderia di alluminio in West Virginia, ha ottenuto il permesso dello stato per sollecitare offerte competitive provenienti da 40 aziende elettriche;
  • L'Alcan Aluminum Corp. in Oswego, New York, ha approfittato di innovazioni tecnologiche che hanno consentito di costruire un nuovo impianto di generazione di energia a fianco alla propria fabbrica, diminuendo i costi energetici di due terzi. La Niagara Mohawk, la sua precedente (e più costosa) fornitrice di energia, ha citato in giudizio lo stato per aver vietato alla Alcan di utilizzare la propria energia;
  • Le autorità politiche dell'Arizona hanno permesso alla Cargill, Inc. di acquistare energia da chiunque volesse nell'Ovest; la compagnia prevede di risparmiare $8 milioni l'anno;
  • Nuove leggi federali permettono alle aziende di importare energia a basso prezzo, utilizzando le linee elettriche di altre compagnie per il suo trasporto;
  • Il commissario del Wisconsin Public Service, Scott Neitzel, ha recentemente dichiarato, "i liberi mercati sono il miglior meccanismo per rifornire il consumatore [...] il miglior servizio al minor costo";
  • La prospettiva della futura concorrenza sta già costringendo alcuni monopoli di aziende elettriche a tagliare costi e prezzi. Quando la TVA dovette affrontare la concorrenza della Duke Power nel 1988, riuscì a tenere i suoi costi costanti, senza un aumento negli anni successivi.

I potenziali benefici per l'economia degli Stati Uniti dallo smantellamento dei monopoli nel settore dei servizi elettrici sono enormi. La concorrenza farà risparmiare inizialmente ai consumatori almeno $40 miliardi l'anno, secondo l'economista Robert Michaels.[4] Farà scaturire anche lo sviluppo di nuove tecnologie che genereranno uno sviluppo economico grazie a costi energetici più bassi. Ad esempio, "le case automobilistiche e altre utenze del metallo farebbero un uso molto più intenso di strumenti al laser e macchine di saldatura a laser, entrambe le cose sono consumatrici di elettroni.[5]



Il Mito del Monopolio Naturale: la TV via Cavo

Anche la televisione via cavo è un monopolio nella maggior parte delle città a causa della teoria del monopolio naturale. Ma il monopolio in questo settore è tutt'altro che "naturale." Come l'energia elettrica, ci sono decine di città negli Stati Uniti dove ci sono imprese concorrenti per il via cavo. "La concorrenza diretta [...] si verifica attualmente in almeno tre dozzine di giurisdizioni a livello nazionale."[6]

L'esistenza di una concorrenza di lunga data nel settore del via cavo smentisce l'idea che tale settore sia un "monopolio naturale" e quindi abbia bisogno di una regolamentazione del monopolio. La causa del monopolio nella TV via cavo è la regolamentazione del governo, non le economie di scala. Anche se gli operatori del via cavo si lamentano della "duplicazione," è importante tenere a mente che "mentre costruire eccessivamente su un sistema esistente via cavo può abbassare la redditività dell'operatore, migliora in modo inequivocabile la posizione dei consumatori che affrontano i prezzi determinati non dai costi storici , ma dal gioco della domanda e dell'offerta."[7]

Inoltre, come nel caso dell'energia elettrica, i ricercatori hanno scoperto che in quelle città dove ci sono imprese concorrenti per il via cavo i prezzi sono circa il 23% inferiori a quelli degli operatori via cavo monopolistici.[8] Cablevision of Central Florida, per esempio, ridusse i prezzi di base da $12.95 a $6.50 al mese nell'area di "duopolio" al fine di competere. Quando entrò Telestat Riviera Beach, Florida, offrì 26 canali di servizio di base a $5.75 dollari, rispetto all'offerta di 12 canali di Comcast per $8.40 dollari al mese. Comcast rispose aggiornando il suo servizio ed abbassando i propri prezzi.[9] In Presque Isle, Maine, quando il governo della città invitò la concorrenza, l'impresa migliorò rapidamente il suo servizio da solo 12 a 54 canali.[10]

Nel 1987 la Pacific West Cable Company citò in giudizio la città di Sacramento, California, sulla base del Primo Emendamento per aver bloccato il suo ingresso nel mercato del via cavo. Una giuria rilevò che "il mercato del via cavo a Sacramento non era un monopolio naturale e che la tesi di monopolio naturale era una farsa utilizzata dagli imputati come pretesto per la concessione di un singolo franchise per la televisione via cavo [...] per promuovere pagamenti in contanti e servizi di pagamento "in natura" [...] e per ottenere un contributo maggiore dalla campagna elettorale."[11] La città fu costretta ad adottare una politica competitiva per il via cavo, il cui risultato fu che l'operatore via cavo in carica, Scripps Howard, diminuì il prezzo mensile da $14.50 a $10 per competere col prezzo della concorrenza. La compagnia offriva inoltre l'installazione gratuita e tre mesi di servizio gratuito in ogni settore in cui aveva concorrenza.

Eppure, la grande maggioranza dei sistemi in via cavo negli Stati Uniti sono monopoli proprio per le ragioni esposte dalla giuria di Sacramento: sono schemi mercantilisti in base a cui viene creato un monopolio a favore di compagnie del via cavo, che condividono il bottino con i politici attraverso contributi alle campagne elettorali, dirette live gratuite sul tema "community service programming," contributi a fondazioni locali favorite dai politici, partecipazioni azionarie e contratti di consulenza per coloro politicamente ben collegati, e regali vari alle autorità di franchise.

In alcune città, i politici raccolgono questi doni indiretti dai cinque ai dieci anni o più da molte imprese prima di concedere il franchise. Poi godono di una parte delle rendite guadagnate col monopolio. Come l'ex-capo economista del FCC Thomas Hazlett, che forse è l'autorità più importante della nazione sull'economia del settore della TV via cavo, ha concluso, "si può caratterizzare il processo di franchising come palesemente inefficiente dal punto di vista del benessere, anche se produce benefici per il franchise comunale."[12] Le barriere d'ingresso nel settore della TV via cavo non sono economie di scala, ma politiche di fissaggio dei prezzi che esistono tra i politici locali e gli operatori del via cavo.



Il Mito del Monopolio Naturale: Servizi Telefonici

Il più grande mito di tutti in questo senso è il concetto che il servizio telefonico sia un monopolio naturale. Gli economisti hanno insegnato a generazioni di studenti che il servizio telefonico è un esempio "classico" del fallimento del mercato e che la regolamentazione del governo era necessaria per "l'interesse pubblico." Ma, come Adam D. Thierer ha recentemente dimostrato, non c'è niente di "naturale" nel monopolio telefonico di cui gode da tanti decenni AT&T; fu puramente una creazione dell'intervento del governo."[13]

Una volta che i brevetti iniziali di AT&T  terminarono nel 1893, spuntarono decine di concorrenti. "Alla fine del 1894 oltre 80 nuovi concorrenti indipendenti avevano già afferrato il 5% della quota di mercato totale [...] dopo la fine del secolo, esistevano oltre 3,000 concorrenti.[14] In alcuni stati c'erano oltre 200 compagnie telefoniche che operavano simultaneamente. Nel 1907, i concorrenti di AT&T avevano catturato il 51% del mercato della telefonia ed i prezzi venivano spinti nettamente verso il basso dalla concorrenza. Inoltre, non vi era alcuna evidenza di economie di scala, e le barriere d'entrata erano ovviamente quasi inesistenti, contrariamente alla descrizione standard della teoria del monopolio naturale applicata al settore telefonico.[15]

L'eventuale creazione del monopolio telefonico fu il risultato di una cospirazione tra AT&T e politici che volevano offrire un "servizio di telefonia universale" come modo per spendere denaro in una determinata area per ottenere il consenso popolare in vista delle votazioni. I politici iniziarono a denunciare la concorrenza come un "servizio duplicativo", "distruttivo" e "sprecone", e vari economisti vennero pagati per assistere alle udienze del Congresso in cui dichiararono tristemente che la telefonia era un monopolio naturale. "Non c'è nulla da guadagnare dalla concorrenza nel settore telefonico locale," concluse un'audizione al Congresso.[16]

La crociata del governo per creare un'industria telefonica monopolista ebbe infine successo quando il governo federale utilizzò la Prima Guerra Mondiale come scusa per nazionalizzare il settore nel 1918. AT&T gestiva ancora il proprio sistema telefonico, ma era controllato da una commissione governativa presieduta dall'ufficiale in capo del servizio postale nazionale. Come molti altri casi di regolamentazione del governo, AT&T "catturò" rapidamente le autorità di regolamentazione ed usò l'apparato normativo per eliminare i suoi concorrenti. "Nel 1925 non solo ogni stato aveva praticamente stabilito rigorose linee guida sulla regolamentazione delle tariffe, ma la concorrenza telefonica locale era o scoraggiata oppure esplicitamente proibita in molte di queste giurisdizioni."[17]



Conclusioni

La teoria del monopolio naturale è una finzione economica. Non è mai esisto qualcosa come un monopolio "naturale." La storia del cosiddetto concetto di servizio per la colletività risale alla fine del XIX ed inizio del XX secolo in cui le "aziende di servizi pubblici" competevano con vigore e, come tutte le altre industrie, a loro non piaceva la concorrenza. In primo luogo si assicurarono monopoli approvati dal governo, e poi, con l'aiuto di alcuni economisti influenti, costruirono una razionalizzazione ex post per il loro potere di monopolio.

Questo deve essere uno dei più grandi colpi delle pubbliche relazioni aziendali di tutti i tempi. "Con un processo di razionalizzazione rassicurante", scrisse Horace M. Gray più di 50 anni fa, "gli uomini sono in grado di contrastare i monopoli in generale, ma di approvare alcuni tipi di monopoli. [...] Dato che questi erano monopoli erano 'naturali' e poiché la natura è benefica, ne conseguiva che essi erano 'buoni' monopoli. [...] Il governo fu quindi legittimato a stabilire monopoli 'buoni'."[18]

Settore dopo settore, il concetto di monopolio naturale si sta finalmente erodendo. L'energia elettrica, la TV via cavo, i servizi telefonici e le poste, sono tutti sul punto di essere deregolamentati, o legislativamente oppure de facto, a causa del cambiamento tecnologico. Introdotti negli Stati Uniti quasi nello stesso periodo in cui il comunismo stesso fu introdotto nell'ex-Unione Sovietica, i monopoli stanno per diventare altrettanto defunti. Come tutti i monopolisti, useranno tutte le risorse fini all'ultima per fare pressioni e conservare i loro privilegi monopolistici, ma i guadagni potenziali per i consumatori nel libero mercato sono troppo grandi per giustificarli. La teoria del monopolio naturale è una finzione economica del XIX secolo che difende i privilegi monopolistici del XIX secolo (o XVIII secolo, nel caso del Servizio Postale degli Stati Uniti), e non ha utilità nell'economia Americana del XXI secolo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Walter J. Primeaux, Jr., Direct Electric Utility Competition: The Natural Monopoly Myth (New York: Praeger, 1986), p. 175.

[2] "California Eyes Open Electricity Market," The Washington Times, 27 Maggio 1995, p. 2.

[3] La seguente informazione viene da Toni Mack, "Power to the People," Forbes, 5 Giugno 1995, pp. 119-126.

[4] Ibid., p. 120.

[5] Ibid., p. 126.

[6] Thomas Hazlett, "Duopolistic Competition in Cable Television: Implications for Public Policy," Yale Journal on Regulation, vol. 7 (1990).

[7] Ibid.

[8] Ibid.

[9] Ibid.

[10] Thomas Hazlett, "Private Contracting versus Public Regulation as a Solution to the Natural Monopoly Problem," in Robert W. Poole, ed., Unnatural Monopolies: The Case for Deregulating Public Utilities (Lexington, Mass.: Lexington Books, 1985), p. 104.

[11] Pacific West Cable Co. v. City of Sacramento, 672 F. Supp. 1322, 13491340 (E.D. Cal. 1987), citato in Hazlett, "Duopolistic Competition."

[12] Hazlett, "Duopolistic Competition."

[13] Adam D. Thierer, "Unnatural Monopoly: Critical Moments in the Development of the Bell System Monopoly," Cato Journal, Autunno 1994, pp. 267-285.

[14] Ibid., p. 270.

[15] Ibid.

[16] G.H. Loeb, "The Communications Act Policy Toward Competition: A Failure to Communicate," Duke Law Journal, vol. 1 (1978), p. 14.

[17] Thierer, "Unnatural Monopoly," p. 277.

[18] Gray, "The Passing of the Public Utility Concept," p. 10.

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