Bibliografia

domenica 25 marzo 2012

Il Concetto di un Sistema di Governo Perfetto

«L'origine del governo è la comprensione comune ed il comune accordo della società; [...] [il governo] mette in pratica il comune desiderio della società, primo, per la libertà, e secondo, per la sicurezza. Oltre di ciò non va; non contempla alcun intervento concreto sull'individuo, ma solo un intervento passivo. [...] Il codice del governo sarebbe dovuto essere quello del leggendario re Pausole, che prescrisse solo due leggi per i suoi sudditi, la prima, Non fare del male a nessun uomo, e la seconda, Poi fa come vuoi; e [...] l'unico interesse del governo dovrebbe essere quello puramente passivo di vedere questo codice messo in atto. [...] Al contrario, lo Stato non si originò dalla comune comprensione ed dall'accordo nella società; si originò dalla conquista e dalla confisca. La sua intenzione, lontana dal contemplare la "libertà e la sicurezza", non contemplava niente del genere. Contemplava principalmente lo sfruttamento economico continuo di una classe su un'altra e si preoccupava della libertà e della sicurezza in coerenza con questa intenzione principale; ovvero molto poco. La sua funzione primaria o esercizio non era mediante [...] interventi puramente passivi sull'individuo, ma mediante innumerevoli e molto onerosi interventi concreti, tutti allo scopo di mantenere la stratificazione della società in una classe sfruttatrice e proprietaria ed un'altra dipendente e senza proprietà. L'ordine di interesse che è riflesso non è sociale, ma puramente antisociale; e coloro che lo amministrano, giudicati dal comune senso dell'etica o perfino dal comune senso della legge applicata alle persone, sono indistinguibili da una classe professionista di criminali.» -- Albert Jay Nock
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di Ludwig von Mises


[The Ultimate Foundation of Economic Science (1962)]


"L'ingegnere sociale" è il riformatore che è pronto a "liquidare" tutti coloro che non rientrano nel suo piano di organizzazione degli affari umani. Eppure gli storici, e talvolta anche le vittime che egli manda a morte, non sono contrari alla ricerca di alcune attenuanti ai suoi massacri ed alle stragi pianificate, sottolineando che è stato in ultima analisi motivato da una nobile ambizione: voleva stabilire lo stato perfetto del genere umano. Gli assegnano un posto nella lunga fila dei progettisti di schemi utopistici.

Ora, è certamente una follia giustificare in questo modo gli omicidi di massa di gangster sadici come Stalin e Hitler. Ma non c'è dubbio che molti dei più sanguinosi "liquidatori" erano guidati da idee che prendevano ispirazione dai longevi tentativi dei filosofi di meditare su una costituzione perfetta. Dopo aver progettato il disegno di un tale ordine ideale, l'autore è alla ricerca di colui che lo possa stabilire sopprimendo l'opposizione di tutti coloro che sono in disaccordo. In tale ottica, Platone era ansioso di trovare un tiranno che avrebbe usato il suo potere per realizzare lo stato ideale Platonico. La questione se gli altri avessero voluto o no ciò che egli stesso aveva in serbo per loro, non è mai saltata in mente a Platone. Egli comprendeva molto bene che il re trasformato in filosofo o il filosofo divenuto re era il solo ad avere il diritto di agire e che tutte le altre persone dovevano, senza una volontà propria, sottostare ai suoi ordini. Dal punto di vista del filosofo, che è fermamente convinto della propria infallibilità, tutti i dissidenti rappresentano solo dei ribelli ostinati che resistono a quello che andrà a loro beneficio.

L'esperienza fornita dalla storia, soprattutto quella degli ultimi 200 anni, non ha scosso questa convinzione della salvezza attraverso la tirannia e la liquidazione dei dissidenti. Molti dei nostri contemporanei sono fermamente convinti che ciò che è necessario per rendere tutti gli affari umani perfettamente soddisfacenti è la repressione brutale di tutte le persone "cattive", cioè, coloro i quali non sono d'accordo. Sognano un sistema di governo perfetto che — come pensano — si sarebbe già realizzato se queste persone "cattive", guidate dalla stupidità e dall'egoismo, non avessero ostacolato la sua creazione.

Una scuola moderna, e presumibilmente scientifica, di riformatori rifiuta queste misure violente ed incolpa il presunto fallimento di quella che viene chiamata "scienza politica" per tutto quello che manca alle condizioni umane. Le scienze naturali, dicono, sono progredite considerevolmente negli ultimi secoli, e la tecnologia ci rifornisce quasi ogni mese di nuovi strumenti che rendono più gradevole la vita. Ma il "progresso politico è stato pari a zero." La ragione è che "la scienza politica si è inceppata".[1] La scienza politica dovrebbe adottare i metodi delle scienze naturali; non dovrebbe più sprecare il suo tempo nelle semplici speculazioni, ma dovrebbe studiare i "fatti". Infatti, come nelle scienze naturali, i "fatti sono necessarie prima ancora della teoria".[2]

Difficilmente si può fraintendere più dolorosamente ogni aspetto della condizione umana. Se limitiamo la nostra critica ai problemi epistemologici coinvolti, dobbiamo dire: Quella che oggi viene chiamata "scienza politica" è quel ramo della storia che si occupa della storia delle istituzioni politiche e della storia del pensiero politico che si manifesta negli scritti di autori che dissertarono sulle istituzioni politiche ed abbozzarono piani per la loro alterazione. E' la storia in quanto tale, come è stato sottolineato in precedenza, a non fornire mai i "fatti" nel senso in cui questo termine viene utilizzato nelle scienze sperimentali naturali. Non c'è bisogno di esortare gli scienziati politici affinché assemblino tutti i fatti del passato remoto e dalla storia recente, falsamente etichettata come "esperienza presente."[3] In realtà fanno tutto quello che possono fare in questo senso. E non ha senso dire loro che le conclusioni derivanti da questo materiale dovrebbero "essere testate da esperimenti".[4] E' ad abundantiam ripetere che le scienze dell'azione umana non possono fornire alcun esperimento.

Sarebbe assurdo affermare apoditticamente che la scienza non riuscirà mai a sviluppare una dottrina prasseologica aprioristica di organizzazione politica che posizionerebbe la scienza teorica dal lato della disciplina puramente storica della scienza politica. Tutto ciò che possiamo dire oggi è che nessuno sa come una tale scienza potrebbe essere costruita. Ma anche se tale nuova branca della prasseologia dovesse emergere un giorno, non sarebbe di alcuna utilità per il trattamento dei problemi che i filosofi e gli statisti erano e sono ansiosi di risolvere.

Che ogni azione umana deve essere giudicata e viene giudicata dai suoi frutti o risultati è una verità vecchia. Si tratta di un principio con il quale i Vangeli concordano con gli insegnamenti spesso fraintesi della filosofia utilitaristica. Ma il punto cruciale è che le persone differiscono considerevolmente l'una dall'altra nella loro valutazione dei risultati. Ciò che alcuni considerano come buono o migliore, è spesso appassionatamente respinto da altri come completamente malvagio. Gli utopisti non si sono preoccupati di dirci quale organizzazione di stato soddisferebbe al meglio i propri cittadini. Si sono limitati ad esporre quali condizioni del resto del genere umano sarebbero più soddisfacenti per loro. Né a loro né ai loro adepti, che hanno provato a realizzare i loro programmi, è mai venuto in mente che c'è una differenza fondamentale tra queste due cose. I dittatori Sovietici ed il loro seguito pensano che va tutto bene in Russia fino a quando essi stessi sono soddisfatti.

Ma anche se per amor di discussione mettiamo da parte questo problema, dobbiamo sottolineare che il concetto di sistema di governo perfetto è fallace ed auto-contraddittorio.

Ciò che eleva l'uomo al di sopra di tutti gli altri animali è la cognizione che la cooperazione pacifica, in base al principio della divisione del lavoro, è un metodo migliore per preservare la vita e per rimuovere il disagio percepito rispetto alla spietata concorrenza biologica per una porzione di mezzi di sussistenza scarsi forniti da natura. Guidato da questa intuizione, l'uomo solo tra tutti gli esseri viventi mira consapevolmente a sostituire la cooperazione sociale con quello che i filosofi hanno chiamato lo stato di natura o helium omnium contra omnes o la legge della giungla. Tuttavia, al fine di preservare la pace, è indispensabile, come esseri umani, essere pronti a respingere con la violenza ogni aggressione, sia da parte di malviventi interni sia da parte di nemici esterni. Così, la cooperazione umana pacifica, il presupposto della prosperità e della civiltà, non può esistere senza un apparato sociale di coercizione e costrizione, vale a dire, senza un governo. I mali della violenza, della rapina e dell'omicidio possono essere impediti solo da un'istituzione che di per sé, in caso di necessità, ricorre agli stessi metodi che si presuppone debba combattere. Emerge una distinzione tra impiego illegale della violenza e ricorso legittimo ad essa. In luce di questo fatto alcune persone hanno chiamato il governo un male, pur ammettendo che si tratta di un male necessario. Tuttavia, ciò che è necessario per conseguire un fine ricercato e considerato benefico non è un male nella connotazione morale di questo termine, ma un mezzo, che ha un prezzo da pagare. Eppure resta il fatto che le azioni che sono ritenute altamente discutibili e penali commesse da individui "non autorizzati", sono approvate se commesse dalle "autorità".

Il governo in quanto tale non solo non è un male, ma l'istituzione più necessaria e utile, in quanto senza di essa nessuna cooperazione sociale duratura e nessuna civiltà potrebbero svilupparsi ed essere preservate. E' un mezzo per far fronte ad una imperfezione intrinseca di molti, forse della maggioranza di tutte le persone. Se tutti gli uomini fossero in grado di rendersi conto che l'alternativa alla cooperazione sociale pacifica è la rinuncia di tutto quello che distingue l'Homo Sapiens dalle bestie da preda, e se tutti avessero la forza morale di agire sempre di conseguenza, non ci sarebbe alcuna necessità di istituire un apparato sociale di coercizione e di oppressione. Lo stato non è un male, lo sono le carenze della mente umana e degli atteggiamenti che richiedono imperativamente l'uso di un potere di polizia. Il governo e lo stato non potranno mai essere perfetti, perché essi devono la loro raison d'être all'imperfezione dell'uomo e possono raggiungere il loro scopo, l'eliminazione dell'impulso innato dell'uomo alla violenza, solo ricorrendo alla violenza, la cosa che sono chiamati a prevenire .

Affidarsi ad un individuo o ad un gruppo di persone con facoltà di ricorrere alla violenza è un'arma a doppio taglio. La seduzione implicita è troppo allettante per un essere umano. Gli uomini che dovrebbero proteggere la comunità contro l'aggressione violenta, si trasformano facilmente in aggressori più pericolosi. Violano il loro mandato. Abusano del loro potere per opprimere coloro che avrebbero dovuto difendere dall'oppressione. Il principale problema politico è come evitare che il potere di polizia diventi tirannico. Questo è il significato di tutte le lotte per la libertà. La caratteristica essenziale della civiltà Occidentale, che la distingue dalle civiltà bloccata e pietrificata dell'Oriente, era ed è la sua preoccupazione per la libertà dallo stato. La storia dell'Occidente, a partire dall'età della πολις Greca fino alla resistenza al socialismo dei giorni nostri, è essenzialmente una storia della lotta per la libertà contro gli abusi dei funzionari pubblici.

Una scuola di filosofi sociali con una mentalità poco profonda, gli anarchici, hanno scelto di ignorare la questione suggerendo un'organizzazione del genere umano senza stato. Sono semplicemente passati sopra il fatto che gli uomini non sono angeli. Erano troppo ottusi per rendersi conto che nel breve periodo un individuo o un gruppo di individui possono certamente favorire i propri interessi a scapito degli interessi di lungo termine propri e quelli di tutta la popolazione. Una società che non è disposta a contrastare gli attacchi di tali aggressori asociali e miopi, è impotente ed alla mercee dei suoi membri meno intelligenti e più brutali. Mentre Platone fondò la sua Utopia sulla speranza che un piccolo gruppo di filosofi perfettamente saggi e moralmente impeccabili si sarebbe occupato degli affari umani, gli anarchici suggerivano che tutti gli uomini senza alcuna eccezione erano dotati di perfetta saggezza ed impeccabilità morale. Non riuscirono a concepire che nessun sistema di cooperazione sociale può rimuovere il dilemma tra gli interessi di un uomo o di un gruppo nel breve termine e quelli nel lungo termine.

La propensione atavica dell'uomo a sottomettere tutte le altre persone si manifesta chiaramente nella popolarità di cui gode il regime socialista. Il socialismo è totalitario. Solo l'autocrate o il consiglio degli autocrati è chiamato ad agire. Tutti gli altri uomini saranno privati di ogni potere discrezionale di scegliere e di puntare a fini prescelti; gli avversari saranno liquidati. Nell'approvare questo piano, ogni socialista implica tacitamente che i dittatori, i soggetti incaricati alla gestione della produzione e di tutte le funzioni di governo, si conformeranno per l'appunto alle proprie idee su ciò che è desiderabile e ciò che è indesiderabile. Nel definire lo stato — se si tratta di un Marxista ortodosso, lo chiama società — gli assegna un potere illimitato, inoltre egli divinizza sé stesso e mira alla soppressione violenta di tutti coloro con cui è in disaccordo. Il socialista non vede alcun problema nella conduzione degli affari politici perché egli ha cura solo della propria soddisfazione e non tiene conto della possibilità che un governo socialista possa procedere in un modo che non gli piaccia.

Gli "scienziati politici" sono liberi dalle illusioni e dagli auto-inganni che guastano il giudizio degli anarchici e dei socialisti. Ma impegnati nello studio dell'immenso materiale storico, si preoccupano dei dettagli, delle innumerevoli istanze di meschina gelosia, dell'invidia, dell'ambizione personale, e della cupidigia mostrati dagli attori sulla scena politica. Essi attribuiscono il fallimento di tutti i sistemi politici finora provati alla debolezza morale ed intellettuale dell'uomo. Per come la vedono, questi sistemi non sono riusciti perché il loro funzionamento soddisfacente avrebbe richiesto uomini di qualità morali ed intellettuali presenti nella realtà solo in casi eccezionali. A partire da questa dottrina, hanno provato ad elaborare piani per un ordine politico che avrebbe potuto funzionare automaticamente, per così dire, e non sarebbe stato invaso dall'inettitudine e dai vizi degli uomini. La costituzione ideale avrebbe dovuto garantire una condotta senza macchia degli affari pubblici, nonostante la corruzione e l'inefficienza dei governanti e del popolo. Quelli alla ricerca di un tale sistema legale non indulgevano nelle illusioni utopiche degli autori che affermavano che tutti gli uomini, o almeno una minoranza degli uomini superiori, sono senza colpa ed efficienti. Si gloriavano nel loro approccio realistico al problema. Ma non sollevarono mai la questione di come gli uomini viziati da tutte le carenze inerenti al carattere umano, avrebbero potuto essere persuasi a sottomettersi volontariamente ad un ordine che avrebbe impedito loro di dare sfogo ai loro capricci e fantasie.

Tuttavia, questa non è la sola carenza principale di questo approccio presumibilmente realistico al problema. Bisogna considerare anche l'illusione che il governo, un'istituzione la cui funzione essenziale è l'impiego della violenza, potrebbe essere gestito secondo i principi della morale che condannano perentoriamente il ricorso alla violenza. Il governo punta alla sottomissione, all'imprigionamento e all'assasinio. Le persone possono essere inclini a dimenticare perché il cittadino rispettoso della legge si sottopone docilmente agli ordini delle autorità in modo da evitare la punizione. Ma i giuristi sono più realistici e definiscono imperfetta una legge a cui non viene fissata alcuna sanzione per le sue imperfezioni. L'autorità della legge fatta dall'uomo è dovuta interamente alle armi dei poliziotti che obbligano il rispetto e l'obbedienza delle sue disposizioni. Nulla di ciò che si può dire sulla necessità di un'azione governativa e dei benefici che ne derivano può rimuovere o attenuare la sofferenza di coloro che stanno languendo in prigione. Nessuna riforma può rendere perfettamente soddisfacente il funzionamento di un ente la cui attività essenziale consiste nell'infliggere dolore.

La responsabilità per la mancata scoperta di un sistema di governo perfetto non si fonda sulla presunta arretratezza della cosiddetta scienza politica. Se gli uomini fossero perfetti, non ci sarebbe alcun bisogno di governo. Con gli uomini imperfetti nessun sistema di governo può funzionare in modo soddisfacente.

Il primato dell'uomo consiste nella sua facoltà di scegliere i fini e di ricorrere a determinati mezzi per il conseguimento dei fini scelti; le attività del governo mirano a limitare questa discrezionalità degli individui. Ogni uomo mira ad evitare quello che gli causa dolore; le attività del governo in ultima analisi consistono nell'inflizione di dolore. Tutte le grandi conquiste dell'umanità sono state il prodotto di un impegno spontaneo da parte degli individui; il governo sostituisce la coercizione all'azione volontaria. E' vero, il governo è indispensabile perché gli uomini non sono impeccabili. Ma se progettato per affrontare alcuni aspetti dell'imperfezione umana, non potrà mai essere perfetto.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] N.C. Parkinson, The Evolution of Political Thought (Boston, 1958), p. 306.

[2] Ibid., p. 309.

[3] Ibid., p. 314.

[4] Ibid., p. 314.

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