Bibliografia

mercoledì 29 febbraio 2012

La Natura e l'Origine del Denaro

Ieri è stato il 172° anniversario della nascita di Carl Menger, esimio fondatore della Scuola Austriaca d'economia. Nonostante anche Bohm-Bawerk fosse un esponente cardine di tale Scuola, la pietra su cui è stato fondato l'Austrismo rimane scolpita col nome di Menger. Il suo lavoro del 1871 rivoluzionò il modo in cui gli economisti avrebbero considerato valore e prezzi attraverso l'introduzione della teoria dell'utilità marginale. In questa traduzione in "onore del suo ricordo," propongo un argomento che ormai la maggior parte delle persone dà per scontato o ignora totalmente: l'origine del denaro. Sconnesso dalla realtà, il denaro è solo l'ombra della sua reale essenza; un balocco in mano alle autorità monetarie centrali con cui potersi concedere degli eccessi, portando l'intera società allo sfascio ed alla distruzione della divisione del lavoro. L'annientamento di secoli di progresso. Queste autorità, che popolano le banche centrali, sono dei credenti attivi al dogma Keynesiano ed attraverso le operazioni monetarie soddisfano i bisogni di finanziamento della classe politica. E mentre il libero mercato viene incolpato per il casino economico che si sta consumando davanti ai nostri occhi, non può esistere libero mercato se il denaro è controllato e manipolato dallo stato. Menger ci ricorda un concetto da tempo dimenticato: non abbiamo bisogno dello stato per avere una moneta solida ed un'economia solida.
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di Carl Menger



Estratto da Principles of Economics [testo online], Capitolo VIII, 1871

NEI PRIMI STADI del commercio, quando gli individui sono solo economizzatori che lentamente vengono a conoscenza dei vantaggi economici che possono derivare dallo sfruttamento delle opportunità di scambio esistenti, la loro attenzione è, in linea con la semplicità di tutte le origini culturali, diretta solo alla più evidente di queste opportunità.

Nel considerare i beni che si acquistano in commercio, ogni uomo tiene conto unicamente del loro valore d'uso che ha per lui. Quindi, le operazioni di scambio che vengono effettivamente svolte si limitano naturalmente a situazioni in cui gli individui economizzatori hanno beni in loro possesso che secondo loro hanno un valore d'uso più piccolo rispetto ai beni in possesso di altri individui economizzatori che apprezzano gli stessi prodotti in modo inverso. A ha una spada che per lui ha un valore d'uso più piccolo rispetto all'aratro di B, mentre per B lo stesso aratro ha un valore d'uso minore rispetto alla spada di A — all'inizio del commercio umano, tutte le operazioni di scambio erano effettivamente svolte e limitate a casi di questo tipo.

Non è difficile vedere che il numero di scambi effettivamente realizzati dovevano essere strettamente limitati a queste condizioni. Quanto raramente accade che un bene in possesso di una persona ha per lui un valore d'uso inferiore rispetto ad un altro bene di proprietà di un'altra persona che valuta questi beni esattamente nella direzione opposta! E anche quando questo rapporto è presente, quanto ancora più rare devono essere le situazioni in cui le due persone si incontrano! A ha una rete da pesca che vorrebbe scambiare per una certa quantità di canapa. Affinché egli sia davvero in grado di effettuare questo scambio, non solo è necessario che ci sia un altro individuo economizzatore, B, che sia disposto a dare una quantità di canapa corrispondente ai desideri di A per la rete da pesca, ma anche che i due individui economizzatori, con questi desideri specifici, si incontrino. Supponiamo che l'Agricoltore C abbia un cavallo che vorrebbe scambiare per un certo numero di attrezzi agricoli e vestiti. Quanto è improbabile che troverà un'altra persona che ha bisogno del suo cavallo ed è, allo stesso tempo, disposto e in grado di dargli tutti gli strumenti e vestiti che desidera avere in cambio!

Questa difficoltà sarebbe insormontabile, ed avrebbe seriamente ostacolato i progressi nella divisione del lavoro, e soprattutto nella produzione di beni per la vendita futura, se non ci fosse stata, nella natura stessa delle cose, una via d'uscita. Ma nella loro situazione c'erano elementi che in tutto il mondo hanno portato gli uomini inevitabilmente, senza la necessità di un accordo speciale o addirittura coercizione del governo, ad uno stato di cose in cui questa difficoltà sarebbe stata completamente superata.

La soddisfazione diretta delle proprie esigenze è il fine ultimo di tutti gli sforzi economici degli uomini. Il fine ultimo delle proprie operazioni di scambio è quindi quello di scambiare i propri prodotti per dei beni che nei propri giudizi hanno valore d'uso. Lo sforzo per raggiungere questo scopo finale è stato altrettanto caratteristico di tutte le fasi della cultura ed è del tutto corretto economicamente. Ma gli individui economizzatori si comporterebbero ovviamente in modo antieconomico se, in tutti i casi in cui questo fine ultimo non può essere raggiunto immediatamente e direttamente, non avessero nemmeno provato a raggiungerlo.

Supponiamo che un fabbro dell'età Omerica abbia plasmato due armature di rame e voglia scambiarle per rame, carburante e cibo. Va al mercato ed offre i suoi prodotti per questi beni. Sarebbe senza dubbio molto contento se incontrasse persone che desiderano acquistare la sua armatura e che, allo stesso tempo, vogliano vendere tutte le materie prime e gli alimenti di cui ha bisogno. Ma deve necessariamente essere considerata una coincidenza particolarmente felice se, tra il piccolo numero di persone che in qualsiasi momento chiedono di acquistare un prodotto così difficile da vendere come la sua armatura, dovesse trovare qualcuno che offre proprio i beni di cui ha bisogno. Renderebbe la commercializzazione dei suoi prodotti o del tutto impossibile, o possibile solo con la spesa di una grande quantità di tempo, se dovesse comportarsi in modo così antieconomico da accettare in cambio della sua merce solo i beni che per lui hanno valore d'uso e non altri beni che, pur avendo nella sua ottica una caratteristica come merce, hanno una maggiore commerciabilità rispetto alla sua merce. Il possesso di queste merci faciliterebbe notevolmente la sua ricerca di persone che hanno solo i beni di cui ha bisogno.

Nei tempi di cui sto parlando, i bovini erano, come vedremo in seguito, la merce più vendibile tra tutte le merci. Anche se il fabbro è già sufficientemente dotato di bestiame per i suoi requisiti diretti, egli agirebbe in modo molto antieconomico se non venderebbe la sua armatura per un numero di bovini aggiuntivi. Così facendo, egli, naturalmente, non sta scambiando le sue merci per beni di consumo (in senso stretto in cui questo termine è opposto a "merci"), ma solo per beni che per lui hanno anche un carattere di merce. Ma per le sue merci meno vendibili ne sta ottenendo altre di maggiore commerciabilità. Il possesso di questi beni più vendibili moltiplica in modo chiaro le sue possibilità di trovare persone disponibili sul mercato che offriranno di vendergli i beni di cui ha bisogno. Se il nostro fabbro riconosce correttamente il suo interesse individuale, dunque, sarà indotto naturalmente, senza costrizioni o qualsiasi accordo speciale, a dare la sua armatura per un corrispondente numero di bestiame. Ottenuti in questo modo i prodotti più vendibili, andrà dalle persone al mercato che stanno offrendo rame, carburante e cibo per la vendita al fine di raggiungere il suo obiettivo finale, l'acquisizione attraverso lo scambio dei beni di consumo di cui ha bisogno. Ma ora si può procedere a tal fine molto più rapidamente, più economicamente, e con una probabilità di successo notevolmente migliorata.

Come ogni individuo economizzatore che diventa sempre più consapevole dei propri interessi economici, egli è guidato da questo interesse, senza alcun accordo, senza costrizioni legislative, e anche senza tener conto dell'interesse pubblico, a dare le sue merci in cambio di altre merci più vendibili, anche se non ne ha bisogno per qualunque scopo di consumo immediato. Con il progresso economico, quindi, possiamo osservare in tutto il mondo quel fenomeno in cui un certo numero di beni, in particolare quelli che sono più facilmente vendibili in un dato momento e luogo, diventa, sotto la potente influenza della consuetudine, accettato da tutti nel commercio e, quindi, in grado di essere dato in cambio di qualsiasi altra merce. Questi beni furono chiamati "Geld" dai nostri antenati, un termine derivato da "Gelten", che significa compensare o pagare. Da qui il termine "Geld" nella nostra lingua indica il mezzo di pagamento in quanto tale.

La grande importanza che ricopre la consuetudine nella nascita del denaro può essere osservata immediatamente facendo riferimento al processo, sopra descritto, attraverso il quale talune merci sono diventate denaro. Lo scambio di merci che sono vendibili meno facilmente con quelle di maggiore commerciabilità è nell'interesse economico di ogni individuo economizzatore. Ma le prestazioni effettive delle operazioni di scambio di questo tipo presuppongono una conoscenza del proprio interesse da parte degli individui economizzatori. Essi devono essere disposti ad accettare in cambio delle loro merci, a causa della sua maggiore commerciabilità, un bene che forse è in sé abbastanza inutile per loro.

Questa conoscenza non sarà mai raggiunta da tutti i membri di una popolazione nello stesso tempo. Al contrario, solo un piccolo numero di individui economizzatori riconoscerà in un primo momento il vantaggio finanziario derivante dall'accettazione di altre merci, più vendibili, in cambio di quelle loro ogni qual volta che uno scambio diretto dei loro prodotti per i beni che desiderano consumare è impossibile o altamente incerto. Questo vantaggio è indipendente da un riconoscimento generale di un qualsiasi bene come denaro. Uno scambio di questo tipo porterà sempre, in qualunque circostanza, un individuo economizzatore notevolmente più vicino al suo fine ultimo, l'acquisizione dei beni che desidera consumare.

Poiché non c'è modo migliore in cui gli uomini possono comprendere i loro interessi economici se non con l'osservazione del successo economico di coloro che utilizzano i mezzi giusti per raggiungere i loro scopi, è evidente che nulla ha favorito la nascita del denaro quanto l'accettazione, a lungo praticata ed economicamente proficua, di merci più vendibili in cambio di tutte le altre da individui economizzatori più capaci. In questo modo, la consuetudine e la pratica hanno contribuito non poco alla trasformazione di merci che erano più vendibili in un dato momento in merci che sono divenute accettate, non solo da molti, ma da tutti gli individui economizzatori in cambio delle proprie merci.

Entro i confini di uno stato, l'ordinamento giuridico di solito ha un'influenza sull'aspetto del denaro come merce che, anche se piccola, non può essere negata. L'origine del denaro (in quanto distinta dalla moneta, che è solo una varietà di denaro) è, come abbiamo visto, assolutamente naturale e mostra un'influenza legislativa solo nei casi più rari. Il denaro non è un'invenzione dello stato. Non è il prodotto di un atto legislativo. Anche la sanzione dell'autorità politica non è necessaria per la sua esistenza. Alcune merci sono diventate denaro in modo del tutto naturale, come risultato di rapporti economici che erano indipendenti dal potere dello Stato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Ma i bambini si scambiano ancora le "doppie"?
    Se non è così sono cavoli.

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  2. Ciao zioAlbert.

    E' fenomenale come questo tuo esempio sia una prova lampante che questa frase è sacrosanta: "[...] Questa difficoltà sarebbe insormontabile, ed avrebbe seriamente ostacolato i progressi nella divisione del lavoro, e soprattutto nella produzione di beni per la vendita futura, se non ci fosse stata, nella natura stessa delle cose, una via d'uscita."

    Anche i bambini hanno capito che lo scambio non è un gioco a somma zero...diversamente da qualche adulto giornalista di mia conoscenza :D

    Poi se ci mettiamo un pò di humor inglese la giornata scorre meglio.

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