Bibliografia

martedì 28 febbraio 2012

Il Tempo E' Denaro: Capitale ed Interesse

Spesso al centro di grandi dibattiti la teoria dell'interesse è un argomento che appare di difficile comprensione alla maggiore parte delle persone. L'interesse non è altro che il maggior valore che conferiamo agli oggetti presenti rispetto a quelli futuri. Ognuno vuole consumare nel presente piuttosto che nel futuro. Questa comeponente nota come "preferenza temporale", insieme al "rischio" ed alle aspettative sull'inflazione, vanno a costituire il tasso di interesse. E' questo tasso uno dei punti di riferimento fondamentali nel panorama economico, come spiegato anche nella teoria del capitale. Come è ovvio che sia, il governo non deve interferire con il tasso d'interesse di mercato; esso riflette semplicemente il premio che gli individui pongono su un bene presente rispetto ad un bene futuro. Vediamo ora, attraverso una breve biografia di Böhm-Bawerk, come si è generata questa teoria e come una preferenza temporale negativa sia intrinsecamente dannosa per l'uomo.
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di Eugen-Maria Schulak & Herbert Unterköfler


[The Austrian School of Economics: A History of Its Ideas, Ambassadors, and Institutions (2011)]


L'emergente Scuola Austriaca ricevette il sostegno dall'estero anche durante il Methodenstreit. Léon Walras menzionava già ben noti sostenitori della nuova teoria del valore nella prefazione al suo Théorie de la Monnaie (1886). Nelle pubblicazioni in Inglese, anche la teoria soggettivista del valore stava ottenendo sempre maggiore riconoscimento (cfr. Böhm-Bawerk 1889b). Il solo fatto che venne scoperta quasi contemporaneamente da tre autori (Walras, Menger, e Jevons) venne considerata da Böhm-Bawerk la prova concreta della sua veridicità (Böhm-Bawerk 1891/1930, p. 132 n. 1). Al contrario, Gustav Cohn (1840-1919), un sostenitore della Scuola Storica, interpretò questa vivace attività editoriale come la prova che la scoperta dell'utilità marginale costituisse un "magro boccone" che sarebbe stato condiviso da "un certo numero di scopritori con la stessa mentalità" (Cohn 1889, p. 23).

Eppure in pochi mesi, la frase schernitrice "magro boccone" venne confutata in modo impressionante. Nel 1889, i membri della Scuola Austriaca pubblicarono un notevole numero di monografie che offrivano suggerimenti produttivi per un ulteriore sviluppo: Böhm-Bawerk, Positive Theorie des Kapitales (La Teoria Positiva del Capitale); Zuckerkandl, Zur Theorie des Preises ("Sulla Teoria dei Prezzi "); Wieser, Der Natürliche Wert (Il Valore Naturale); Schullern zu Schrattenhofen, Untersuchungen über Begriff und Wesen der Grundrente ("Analisi del Concetto e dell'Essenza dell'Affitto Terriero"), Sax, Neueste Fortschritte nationalökonomischen in der Theorie ("I Progressi Recenti nella Teoria di Economica") e Komorzynski, Der Wert isolirten in der Wirtschaft ("Il Valore nell'Economia Isolata"). Böhm-Bawerk raggiunse di gran lunga l'impatto più duraturo. Con il suo Positive Theory, non solo pose le basi per una teoria "Austriaca" del capitale e degli interessi, ma diede un contributo fondamentale alla reputazione internazionale della Scuola Austriaca. Divenne uno degli economisti più discussi e citati del suo tempo.

Durante un seminario condotto da Carl Gustav Adolf Knies (1821-1898) presso l'Università di Heidelberg, Böhm-Bawerk, come borsista, aveva già attentamente considerato il rapporto tra il presente e il futuro ponendo la domanda: perché un debitore è disposto a pagare l'interesse al creditore per un prestito al di sopra dell'importo del prestito stesso da restituire? Rispose a ciò spiegando che i beni futuri hanno un valore inferiore ai beni presenti, e il risultato è una differenza di valore tra il presente e il futuro: tra prestito e restituzione. Il pagamento e il ritorno sono considerati equivalenti quando la differenza di valore è stata bilanciata da un "quantitativo maggiore", cioè, gli interessi. Senza altre precisazioni, disse che "una creazione auto-indotta del valore del capitale" (citato dopo Yagi 1983, p. 32), renderebbe il rimborso di tali importi economicamente realizzabile per un debitore.

La pubblicazione di Posistive Theory venne preceduta da un'ampia raccolta quasi completa di tutte le teorie consolidate del capitale e degli interessi. Böhm-Bawerk passò al vaglio più di 150 autori e delineò una storia esemplare del dogma, la cui struttura suggerisce che avesse già messo insieme un progetto completo per il suo Positive Theory (cfr. Tomo 1994, p. 92). Die Geschichte und Kritik der Kapitalzinstheorien (1884) (Storia e Critica delle Teorie dell'Interesse) avrebbe fornito alla Scuola Austriaca un ulteriore sviluppo su due piani, in particolare: in primo luogo, Böhm-Bawerk sottopose le teorie socialiste del valore del lavoro di Johann Karl Rodbertus (1805-1875) e Karl Marx (1818-1883) ad una critica dettagliata e di biasimo, gettando così le basi per la critica del Marxismo nella tradizione della Scuola Austriaca (Böhm-Bawerk 1890/1884, pp. 328-392). In secondo luogo, respinse la teoria dell'utilità di Carl Menger, secondo cui l'affitto del capitale è la remunerazione per l'utilizzo impiegato del capitale. L'obiezione di Böhm-Bawerk era che Menger considerava che un "bene" e la "disposizione dei beni" fossero due idee di valore separate, ed avrebbero portato ad un conteggio doppio ed errato (ibid., p. 260). Questa era semplicemente la conseguenza logica della sua definizione del termine "bene", che differiva da quella di Menger e che Böhm-Bawerk aveva appena presentato nella sua tesi di post-dottorato (cf. Böhm-Bawerk 1881/2006, pp. 16-17; Menger e 1950/2007, pp. 52-53). Questa divergenza e le sue conseguenze fecero scaturire nel fondatore della Scuola Austriaca una visione distaccata tra la sua teoria definitiva del capitale e quella degli interessi.

Nel suo Positive Theory, la cui pubblicazione è stata rimandata per anni, Böhm-Bawerk definì "il capitale" come "un insieme di prodotti destinati a servire come ulteriore produzione" o come "un insieme di prodotti intermedi" (Böhm-Bawerk 1891/1930, p. 38). Sulla base di questa nozione di capitale, erano concepibili tre tipi di rendimento del capitale: i proventi da un prestito, i ricavi dalla locazione di un bene durevole, o le entrate da un processo di produzione. Tutti e tre i tipi di entrate potrebbero infine essere spiegate con la teoria del valore soggettivo. Il punto di partenza era stato l'osservazione che, in generale, i beni presenti venivano valutati di più rispetto ai beni futuri di tipo e numero uguale. Per due motivi. In primo luogo, il rapporto tra domanda e offerta varia in punti diversi nel tempo perché le circostanze personali e le aspettative future sono in costante evoluzione (ibid., p. 249). In secondo luogo, sottovalutiamo sistematicamente le nostre "esigenze future", così come i "mezzi per farvi fronte". Le cause di questo errore di valutazione sono le nostre immagini offuscate del futuro, la nostra debolezza di volontà, e la nostra "considerazione della vita come breve ed incerta" (ibid., pp. 253-256; cf. Menger 1950/2007, pp. 150 -152). Böhm-Bawerk concluse da tutto ciò che "associamo un'utilità marginale inferiore ai beni futuri, come se fosse, in prospettiva", e che quindi "[l']aggio sui beni presenti si muove verso l'alto." (Böhm-Bawerk 1891/1930, pp. 258-259).

C'è una terza ragione per la pressione al rialzo su questo aggio ("premio"), tuttavia, che non risiede nella sfera del consumatore ma in quella del produttore. Secondo Böhm-Bawerk, è nella natura della produzione capitalista che le forze produttive elementari — lavoro ed uso del suolo, eventualmente anche in combinazione con le forze naturali — vengano combinate in modo tale che i beni di consumo siano creati direttamente o indirettamente. Come regola generale, tale "produzione indiretta" porterebbe anche ad un risultato maggiore nella produzione. Così si potrebbero usare solo le proprie mani per spaccare pietre da una parete di roccia, o si potrebbe estrarre prima il ferro e poi usarlo per fare martelli e scalpelli, e poi mettersi al lavoro. Una forma di produzione indiretta più grande sarebbe quella di prendere zolfo e nitrato di sodio per produrre polvere da sparo, inserirla nei fori, e quindi far saltare le rocce. Un'operazione del genere aumenterebbe il risultato della produzione di molte volte (ibid., p. 19). Tuttavia, questa regola si applicherebbe solo per un "processo capitalista saggiamente scelto" (ibid., p. 82). Con l'aumento della diversità della produzione, le entrate supplementari diminuirebbero di nuovo dopo un certo punto (ibid., pp. 85-86).[1]

L'interesse, secondo Böhm-Bawerk, ha quindi cause psicologiche e tecnico-produttive. Esiste anche indipendentemente dal sistema economico e sociale dominante. Esisterebbe una differenza di valore tra beni presenti e futuri, anche in uno "stato socialista". Il "principio dell'interesse" quindi non può essere in alcun modo concepito come "sfruttamento" perché non è una categoria "storico-giuridica", "ma una categoria economica che sgorga da cause economiche elementari" (ibid., pp. 367, 371; corsivo nell'originale).

Böhm-Bawerk, che considerava i principi fondamentali della sua teoria del capitale e degli interessi come "particolarmente semplici e naturali" (Böhm-Bawerk 1891/1930, p. xxvi), dovette integrare ed espandere di molto il suo lavoro al fine di combinare la teoria soggettiva del valore con la sua teoria del capitale. Fece quindi una chiara distinzione tra le ragioni all'origine dell'interesse e quelle che erano responsabili del tasso d'interesse specifico. Inoltre, dato che aveva combinato prodotti intermedi eterogenei ed i loro percorsi di produzione indiretti sotto il termine "capitale", dovette introdurre il termine "periodo medio". Ciò venne illustrato con un semplice diagramma (ibid., p. 89). Inoltre, adottò il concetto di Stanley Jevons dei "fondi salariali" (cf. Jevons 1871/1970, cap. 8), perché i lavoratori coinvolti nei percorsi indiretti della produzione dovevano essere sostenuti per tutta la durata del processo di produzione (Böhm-Bawerk 1891/1930, pp. 318-319). Infine, la teoria soggettiva del valore doveva conciliarsi con la legge dei costi, che afferma che nel lungo periodo, il prezzo di mercato dei beni riproducibili sarà uguale ai costi di produzione (ibid., pp. 223-234). Queste e altre "aggiunte" stavano a significare che la struttura teorica fondamentalmente appariva sempre più artificiosa e sovraccarica.

Ciononostante, Positive Theory di Böhm-Bawerk ebbe un impatto enorme a livello internazionale. Venne tradotto in Inglese fin dal 1891, ed in Francese poco dopo. Nel 1892, l'economista Svedese Knut Wicksell (1851 - 1926) vide la sua riformulazione matematica. Al volgere del secolo, Böhm-Bawerk fu annoverato tra gli economisti più famosi e discussi al mondo (cfr. Kurz 1994, p. 151). Una seconda edizione fu pubblicata nel 1900, e conteneva una critica pesante ed ampia a Marx. Una terza venne pubblicata nel 1913. Entrambe le edizioni includevano aggiunte per dare risposte alle obiezioni che erano state sollevate (cfr. Böhm-Bawerk 1921, vol. 3). Infine, Friedrich von Wieser organizzò una quarta pubblicazione nel 1921 — un'edizione completa in tre volumi che doveva essere pubblicata con il titolo di Kapital und Kapitalzins (Capitale ed Interessi).

Menger, la cui nozione di capitale fondamentalmente differiva da quella di Böhm-Bawerk, adottò una posizione estremamente critica. In piccole cerchie si spinse oltre fino al punto di chiamare la teoria di Bohm-Bawerk "uno dei più grandi errori mai commessi" (Schumpeter 1954, p. 847 n. 8). C'è stata molta speculazione su quello che avrebbe portato Menger ad un tale rifiuto. Difficilmente poteva trattarsi di una coerenza insufficiente di Böhm-Bawerk col soggettivismo, poiché anche alcune definizioni di Menger sulla teoria del valore contenevano ancora un oggettivismo residuo (cf. Gloria-Palermo 1999, pp. 39-50; Mises 1960/2003, pp. 177, 183-185). Una linea distintiva, tuttavia, la si ritrovava nei loro diversi approcci metodologici. Menger portò Böhm-Bawerk a domandarsi "l'artificialità ovvia" di alcune delle sue teorie (Menger 1915/1970, pp. 11, 16). Böhm-Bawerk dimostrò effettivamente un atteggiamento quasi indifferente e pragmatico-eclettico quando si trattava di questioni metodologiche. Caratteristica di questo atteggiamento era il suo rifiuto dell'uso della matematica in economia. Questo non per ragioni epistemologiche fondamentali, come accadde per Menger, ma perché egli, insieme alla maggior parte dei suoi colleghi di facoltà, era del tutto privo delle necessarie competenze matematiche (cfr. Böhm-Bawerk 1894c, pp. 163-165). Inoltre, Positive Theory sembra in certi aspetti puntare nella direzione della moderna macroeconomia. A differenza di altre opere chiave degli "Austriaci", contiene una tendenza inconfondibile a creare aggregati altamente astratti, e dimostra una ricca propensione a quantificare, sia pure attravero forme semplici di calcolo.

La teoria di Böhm-Bawerk venne considerata anche con riserva, o addirittura con rifiuto, da parte delle generazioni successive della Scuola Austriaca. Il ventottenne Joseph A. Schumpeter (1883-1953) sviluppò la sua "teoria dinamica dell'interesse" (Schumpeter 1912/1934/1961, pp. 157-211), che venne considerata da Böhm-Bawerk come una diffamazione della moralità della classe economica media e l'apripista di politiche inflazionistiche spericolate. Böhm-Bawerk la respinse con forza (Böhm-Bawerk 1913a; Böhm-Bawerk 1913b). La risposta di Schumpeter fu quindi sottomessa (Schumpeter 1913, pp. 599-639). Nel contesto dei seminari di Böhm-Bawerk, anche Ludwig von Mises (1881-1973) presentò una critica: la sua teoria del capitale e degli interessi aveva proceduto sul presupposto di una "neutralità della moneta." Secondo Mises, Böhm-Bawerk si spostò ben oltre le sue teorie pubblicate durante la fine della sua vita (cfr. Mises 1978/2009, pag 47; anche Elster 1923, p. 164).

Fu infine Emil Sax, che, in Der Kapitalzins (1916) ("Interessi sul Capitale"), presentò la prima critica completa di Böhm-Bawerk e sollevò tutti gli argomenti che gli autori futuri avrebbero sollevato contro di lui. La teoria di Bohm-Bawerk del capitale e degli interessi era "una catena di pensiero troppo elaborata e prolissa, e, a causa della sua irregolarità, incapace di resistere ad una prova di elasticità" (Sax 1916, p. 229). Soprattutto, Sax credeva di poter provare che era discutibile ciascuno dei tre motivi sulla differenza di valore tra i beni presenti e futuri, che i beni durevoli (capitale fisso) in quanto tali non avrebbero potuto portare alcun interesse, che il termine "processo medio di produzione" ("durchschnittlicher Produktionsumweg") era troppo vago, e che Positive Theory non parlava dell'interesse composto. Così, Der Kapitalzins documentò solo un altro passo della separazione graduale dalla Scuola Austriaca al culmine della sua preminenza internazionale. Tuttavia gli eventi esterni, come il ritiro definitivo di Menger dall'attività universitaria, la morte di Böhm-Bawerk nel 1914, e lo scoppio della guerra, non permisero che questa scissione interna venisse a galla (cfr. Elster 1923, p. 163).

In ultima analisi, nessun economista concordava con Böhm-Bawerk su ogni punto. Ma per decenni il suo lavoro continuò ad avere un impatto straordinariamente stimolante e fecondo (cfr. Schumpeter 1954, p 930; Kurz 2000, p. 153). Tra i rappresentanti della Scuola Austriaca, Böhm-Bawerk fu sempre venerato come uno dei grandi. La generazione di studiosi che venne dopo la Prima Guerra Mondiale si sentì costretta a qualificare il suo lavoro e ad apportare modifiche o diverse variazioni nell'enfasi. Ma ciò fece poco o nessun danno al fascino straordinario con il quale viene trattata la rimarchevole teoria di Böhm-Bawerk del capitale e degli interessi. Questo fascino marmoreo potrebbe essere dovuto al fatto che la teoria monumentale di Böhm-Bawerk rivela uno scorcio della "logica nascosta" o della "grammatica dei fenomeni economici" (Orosel 1986, pp. 127-128).


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Böhm-Bawerk prese in prestito il concetto di "deviazione produttiva" e il suo "profitto addizionale" da un certo numero di predecessori, le cui idee si svilupparono e vennero formulate più scrupolosamente. In seguito si scoprì che nel 1834 John Rae (1796–1872), uno Scozzese emigrato in Canada e caduto nel dimenticatoio, aveva già preceduto Positive Theory nei punti chiave. cf. Böhm-Bawerk 1890/1959, pp. 208–240.

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