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di Leonard Read
[On Freedom and Free Enterprise (1956)]
Uno dei capisaldi della teoria economica è il valore economico che diamo alle merci e ai servizi che possiedono una relazione con il nostro benessere. Il valore economico è l'importanza che per noi possiede un bene perché è utile e scarso.
Tale credito va alla fama eterna di Carl Menger e di altri studiosi della Scuola Austriaca che hanno scoperto ed esposto questa conoscenza elementare del valore soggettivo. Hanno poi proceduto ad applicare l'analisi del valore nel campo dei beni complementari, ad esempio, beni che sono necessari per collaborare nella resa di servizi d'uso e, infine, nel campo dei beni capitali, che hanno chiamato "beni di ordine superiore". La teoria del valore dei beni complementari è diventata poi la chiave per la soluzione di uno dei problemi più importanti e difficili dell'economia: il problema della distribuzione.
Le valutazioni dei consumatori in un'economia di mercato, in ultima analisi, determinano il modo in cui viene distribuito l'ultimo prodotto tra i fattori di produzione in collaborazione. Quanto poco questa conoscenza elementare della valutazione economica sia conosciuta può essere visto dalla diffusa accettazione e dalla circolazione di teorie dei salari che negano qualsiasi relazione col processo di valutazione. Gli Americani lo accettano e la maggior parte delle istituzioni d'educazione economica insegna teorie di "potere di contrattazione", "potere d'acquisto", "standard di vita", "teoria della sussistenza", o anche la pura "teoria dello sfruttamento."
La distribuzione attraverso il processo di valutazione sembra essere nota solo a pochi studiosi e scrittori "reazionari" e "superati". E' al credito duraturo di Ludwig von Mises il quale, per diversi decenni, è stato il primo "reazionario" tra gli studiosi, un reazionario della ragione e della teoria economica. Per questo egli merita la nostra ammirazione e gratitudine.
Molte persone credono sinceramente che il valore di qualcosa sia determinato dal lavoro utilizzato nella sua produzione; che il suo prezzo dovrebbe riflettere abbastanza oggettivamente la quantità di lavoro messo in essa. Il credo in questa teoria del valore del lavoro, tuttavia, è nato nel mito, non nei fatti. Le esperienze giornaliere rivelano il suo errore. Esempio inverosimile, lo stesso lavoro può essere usato per fare torte di fango come per fare torte di marmellata, ma il valore sul mercato sarebbe diverso.
Un servizio o un prodotto di poco valore in un momento o in un luogo può essere molto apprezzato in un altro momento e luogo. Per esempio, un artista può produrre centinaia di dipinti considerati bizzarri da altri ed essere ricompensato con la fame per il suo lavoro. Ma, lasciate che il suo stile diventi una moda, e per meno lavoro di prima, può divertirsi nel lusso.
Se perduto e alla deriva su una zattera per giorni, un uomo può offrire la sua fortuna in cambio di un hamburger. Eppure, la stessa persona, dopo un pasto vigoroso, non potrebbe offrire un soldo in cambio, anche se l'hamburger non fosse cambiato affatto.
Gli individui hanno diversi giudizi sul valore. Il valore nel senso di mercato, dunque, è soggettivo piuttosto che una determinazione oggettiva. In un certo senso, è come la bellezza. Che cos'è la bellezza? E' quello che o io o altre persone pensano che sia bello. Dipende dai giudizi di valore soggettivi o personali, giudizi caratterizzati da variazioni costanti.
Un valore, come la bellezza, non può essere oggettivamente determinato. Che tutte le persone possono pensare di certo che un tramonto sia bellissimo, che un dato mostro sia orrendo, che l'oro sia desiderabile, o che le torte di fango siano inutili non altera il fatto che questi sono giudizi soggettivi. Una tale unanimità si limita ad affermare che alcuni giudizi soggettivi sono simili.
Non è affatto sorprendente che molte persone negli Stati Uniti e in tutto il mondo non sottoscrivano la natura soggettiva del valore. Nessuno la capiva abbastanza bene per provare a darne una spiegazione fino all'ultima parte del 19° secolo. In precedenza, persone notevoli come John Stuart Mill e il meglio degli economisti, tra cui Adam Smith e Ricardo, furono ostacolati nel loro sviluppo della teoria economica perché accettarono il costo della produzione o la teoria del valore del lavoro.
Non riuscivano semplicemente a spiegare quelli che sapevano essere i grandi vantaggi del processo di scambio volontario nel libero mercato. Sapevano benissimo che entrambe le parti devono guadagnare quando ognuno ha scambiato quello che voleva di meno per quello che voleva di più, ma non poterono dimostrare che tale aumento doveva essere "guadagnato", perché non erano in grado di spiegarlo in termini di costi del lavoro. In breve, non erano in grado di vedere come il prezzo del libero mercato avrebbe potuto essere competitivamente o soggettivamente determinato da individui che non avevano una conoscenza precisa dei costi del lavoro o di altri costi coinvolti nella produzione di un elemento in particolare.
Come Adam Smith, tenendo fede a questa teoria del valore del lavoro, abbia potuto vedere i grandi vantaggi del commercio — le benedizioni incalcolabili degli altri, o della società, per l'individuo — ed uscirsene a favore delle imprese private invece che del socialismo, è un miracolo più da attribuire al solido istinto che al ragionamento economico.
Marx, in quanto distinto da Adam Smith, seguì la teoria del valore del lavoro fino alla sua logica conclusione: il socialismo. Marx considerava tutte le cose utili come una grande "fondo salari" e credeva che l'intero fondo sarebbe dovuto essere distribuito direttamente ai lavoratori. Poiché permettere ad una qualsiasi parte di questo fondo di essere un guadagno sul capitale, sarebbe stato come un incremento immeritato e, sosteneva, avrebbe portato allo sfruttamento.
Come qualsiasi sostenitore della teoria del costo del lavoro possa credere in nient'altro che al socialismo è difficile da capire. Smith, Ricardo, Mill, e molti altri istintivamente, non logicamente, arrivarono a conclusioni diverse.
Solo se si comprende l'utilità marginale o la teoria soggettiva del valore sulla base degli innumerevoli giudizi degli individui che agiscono liberamente e volontariamente sul mercato, si può procedere in un percorso logico di un credo nella proprietà privata e nel controllo della proprietà. Con questo tipo di comprensione, si può capire perché una persona può avere tutto il diritto di consumare più di quanto potesse mai sperare di produrre dal proprio lavoro.
Uno può, è chiaro, possedere qualsiasi cosa gli altri gli offriranno liberamente in cambio rispetto a quello che egli ha da offrire loro. Questo significa guadagni per tutti i partecipanti nel processo di scambio, guadagni che devono sempre sembrare non guadagnati in termini di lavoro speso. Tuttavia, ciò riflette l'approvazione di tutti coloro che sono interessati in qualsiasi transazione.
L'utilità marginale o la teoria soggettiva del valore non ha bisogno di giustificazione. Perché si basa sullo scambio volontario, funziona senza costrizione alcuna. La teoria del valore del lavoro — la teoria della determinazione del prezzo del lavoro — d'altro canto, fondata sullo scambio non volontario, non può funzionare senza coercizione.
Analizziamo la persona il cui padre ha investito $500 nel settore automobilistico e che si chiede ora a chi debba dare i milioni risultanti. Egli non è più il destinatario dell'incremento non guadagnato quanto non lo è la persona che oggi lavora per un salario nella stessa azienda. Entrambi esistono su ciò che essi stessi non possono produrre e non producono. E se il salariato riuscisse a tagliare quello che potrebbe pensare che siano le ricchezze immeritate dei suoi fratelli "fortunati", distruggerebbe allo stesso tempo la propria fonte di sostentamento.
Meditiamo su questo salariato. Vive in una casa che non poteva costruire. Forse, dato abbastanza materiale e strumenti correttamente fabbricati e dei piani disegnati da qualche architetto, avrebbe potuto mettere insieme qualcosa che assomigliasse ad una casa.
Ma lui non saprebbe come fare un modesto chiodo: la miniera, la lega di metalli, la costruzione dei forni, l'estrusione ed altri macchinari, e così via. Potrebbe fare un martello? Una sega? Portare il legname al suo stato finito? Anche fare la stringa su cui pende il suo filo a piombo? Coltivare e filare e pettinare e tessere il cotone con cui è fatto?
Potrebbe costruire il macchinario che estrae il carbone che usa per riscaldare la sua casa? Non avrebbe potuto fare la lampada che i minatori indossano se ogni ingrediente fosse dipeso esclusivamente dalle sue risorse.
Che dire delle automobili che assembla, una delle quali è di sua proprietà? Né lui né qualsiasi altra persona su questa terra potrebbe produrla da solo. E il cibo che mangia? I vestiti che indossa? I libri e le riviste che legge? Il telefono che usa? Le opportunità che gli vengono costantemente presentate?
Tutto viene eseguito da una vasta opera e processo di scambio, milioni di individui con altrettante varie abilità che lavorano in modo cooperativo e competitivo — un mondo di energia complessa e fluente, la cui organizzazione è più complicata di quanto qualsiasi persona possa capire, per non parlare del controllo. Altri — la società passata e presente — pongono beni e servizi e conoscenze a lui raggiungibili in una tale varietà e abbondanza, che da solo non potrebbe produrre in migliaia di anni quella parte che egli consuma in un solo giorno. Ed ottiene tutto questo in cambio del proprio magro sforzo.
La cosa stupefacente è che per lui è possibile gudagnare senza alcuna variazione nei suoi sforzi, nelle sue capacità, nella sua conoscenza. Lasciate che gli altri diventino più creativi e più produttivi, e potrete ricevere di più in cambio di quello che avete da offrire. Tra parentesi, per lui è anche possibile perdere tutto, come potrebbe accadere se avesse continuato ad offrire nient'altro che frustini.
C'è un fatto ancora più sorprendente. Il nostro salariato può pensare alla sua situazione come sfortunata se paragonata a quella di colui che ha ereditato milioni. È vero, il milionario ha guadagnato molto dalle azioni degli altri. Ma il salariato deve la sua vita alle azioni di altri.
Non è che possedere milioni ed avere la vita sono proposte alternative. Non è questo il punto. Il punto è che entrambe derivano dal processo di scambio stesso e che tutto ciò che ognuno ha — che si tratti di auto, case, cibo, vestiti, calore, milioni, conoscenza, o la vita stessa — gli viene dato senza merito nel senso che da solo non ha prodotto tutto.
Noi commerciamo perché tutti noi possiamo ottenere più soddisfazione dal nostro lavoro mediante tale mezzo. Enormi negozi sono a disposizione di coloro che hanno qualcosa da commerciare che gli altri valutano. Nel libero mercato, ognuno guadagna tutto ciò che riceve nello scambio volontario. Ciò è straordinariamente di più di quanto si possa produrre da soli.
Al fine di cogliere appieno il processo attraverso il quale si può consumare in un giorno quello che non si riusciva a produrre in migliaia di anni — il processo attraverso il quale si può guadagnare in un giorno quello che non si riusciva a guadagnare da soli in migliaia di anni — è solo necessario che uno veda che la propria capacità di reddito è in grado di espandersi illimitatamente grazie alla produttività e allo scambio e ai giudizi di valore degli altri.
Questo mondo di energia creativa, questa produttività esterna, poi, diventa di singolare importanza per ognuno di noi. Non solo il nostro benessere — materiale, intellettuale e spirituale — dipende da essa, ma la vita stessa è sotto il suo governo. In breve, ognuno di noi è il beneficiario di questa produttività attraverso la divisione del lavoro e l'acculo di capitale e gli investimenti degli altri.
Cerchiamo di sondare questo mondo di produttività attraverso la divisione del lavoro dal punto di vista di se stessi come potenziali beneficiari della sua generosità. La matematica della fissione nucleare, è nota ad alcuni studiosi. Io, invece, non conosco la matematica più di tanto. Tale conoscenza in teoria può essere mia. Ma posso averla solo aumentando il mio potere percettivo.
Può accadere benissimo che l'aumento richiesto della percezione vada oltre la mia competenza o che io possa scegliere di aumentare la mia percezione lungo altre linee escludendo dal potere percettivo questa linea. Ma, presumendo che ottenga questa conoscenza, l'ho guadagnata? Sì, come se l'avessi acquisita per rivelazione diretta. Diretta, o indiretta attraverso lo studio della conoscenza degli altri, non cambia la questione.
Lo stesso principio si applica ad un prodotto come ad un elemento di conoscenza. Gli yacht di lusso sono disponibili. La loro realizzazione mi è tanto estranea e scollegata come attualmente lo è la matematica della fissione nucleare. Non ne ho uno. Tale possesso in teoria potrebbe essere mio. Sarei potuto diventare il beneficiario della sua esistenza aumentando i miei poteri di scambio, oppure, se tutti gli altri fossero diventati sufficientemente produttivi, avrei potuto averne uno in cambio di sforzi non superiori a quelli che esercito ora.
Ma supponiamo che io ne ottenga uno in cambio dei miei magri sforzi presenti; me lo sono guadagnato? Sì, anche se è simile al modo con cui ottengo un cervo scegliendo il sentiero su cui camminerò e premendo il grilletto di una pistola. Tutto il resto è in dotazione. Il cervo, un miracolo con cui l'uomo non aveva nulla a che fare, ha attraversato la mia strada. La pistola, la polvere da sparo, il colpo, rappresentano l'ingegno creativo che scorre nello spazio e nel tempo di cui io ho solo la più debole delle nozioni.
Come per il cervo, così è con la barca. Me la sono guadagnata come se avessi fatto tutto da solo. Altri nella loro produttività, conoscenza, competenza, hanno accettato volentieri lo scambio che ho offerto loro.
Qualcuno potrebbe sostenere che avrei potuto scambiare il potere per ottenere uno yacht se fossi nato come figlio di un padre che "ha avuto un colpo di fortuna." Per lo stesso motivo, avrei potuto avere le facoltà percettive per capire la matematica della fissione nucleare data la mia discendenza diversa.
Vedersi in prospettiva in relazione a tutti gli altri è assolutamente impossibile. Riusciamo a malapena a capire noi stessi; la comprensione degli altri è ancora più scarsa. Tuttavia, non è necessario che questa prospettiva sia perfetta. E' solo necessario che cogliamo l'idea che siamo beneficiari di questo benefattore, questa divisione del lavoro, e che capiamo ed apprezziamo la nostra dipendenza e la nostra relazione con essa.
Visto in questa luce — se stessi come beneficiari e la divisione del lavoro come un benefattore — diventa pertinente riesaminare i propri comportamenti, atteggiamenti, azioni. Se servissimo meglio i nostri interessi individuali, vivremmo in armonia con i fatti della vita, non in disarmonia con essi.
Considerato in questa luce, si dovrebbe fare tutto il possibile per aumentare i propri poteri percettivi e di scambio. E' solo attraverso l'auto-miglioramento che si può servire sé stessi al meglio. E, chiaramente, è solo con l'auto-miglioramento che si può servire meglio gli altri — cioè, aumentare il benessere di qualcun'altro.
Da chi è composto questo nostro benefattore, questo deposito di energia? E' composto da individui che, come noi, sono diversi da tutti gli altri e che, come noi, dipendono dagli altri. E quale dovrebbe essere il nostro atteggiamento verso questi milioni di altri, se guardati dal punto di vista del proprio interesse?
- Fiducia in se stessi, una grande virtù, va sottolineato. Il modo per essere autosufficienti è quello di tenersi fuori dalle schiene degli altri ed impegnarsi in scambi volontari — mai in quelli non volontari. Questo è il libero mercato.
- E' un fatto primario di osservazione che gli altri, come chiunque altro, lavoreranno al meglio se sarà acconsentito loro la proprietà e il controllo dei frutti del proprio lavoro — e della propria partecipazione nel processo di scambio. E' nel proprio interesse preservare il proprio incentivo. Questa è l'istituzione della proprietà privata.
- Come per se stessi, gli altri agiranno creativamente al meglio se lasciati liberi di farlo. Si dovrebbe, quindi, guardare con grande sfavore a qualsiasi interferenza con l'attività creativa e ad eventuali inibizioni del libero scambio e della comunicazione dell'azione creativa. L'interesse proprio è compromesso se ci sono predoni o briganti o autoritari fra questi altri; se ci sono tra di loro uomini che praticano la violenza, la frode, false dichiarazioni, o la predazione. L'interesse proprio soffre se gli elettori utilizzano l'apparato politico per ottenere i propri scopi a scapito della stragrande maggioranza della gente. La forma di governo che protegge il buon funzionamento dell'economia di libero mercato e la sua divisione del lavoro volontaria è un governo limitato.
Affinché ogni individuo salvi la propria pelle ed anima, deve dare come minimo tanto riguardo per i diritti degli altri come fa con i propri. Si dovrebbe essere desiderosi di proteggere le energie creative, il libero scambio e la comunicazione degli altri come quelli propri. Affinché ognuno di noi potrà veramente dire: "Io sono il beneficiario della loro esistenza".
Se noi come individui salvassimo la nostra pelle e le nostre anime, useremmo tutte le persuasioni morali a nostra disposizione affinché tutti gli uomini fossero liberi
- di perseguire la propria ambizione in tutta la misura nelle loro capacità;
- di associarsi con altri a loro piacimento per qualsiasi motivo a loro piacimento;
- di adorare Dio a modo loro;
- di scegliere il proprio mestiere;
- di entrare in affari per se stessi, essere i capi di se stessi, ed impostare le proprie ore di lavoro;
- di utilizzare i loro beni acquistati o risparmiati onestamente, come meglio desiderano;
- di offrire i loro servizi o prodotti per la vendita alle loro condizioni;
- di comprare o non comprare qualsiasi servizio o prodotto offerto in vendita;
- di essere d'accordo o in disaccordo con altre persone;
- di studiare ed imparare ciò che colpisce la loro fantasia;
- di fare in generale quello che vogliono, a patto che non violino l'eguale diritto e l'opportunità di ogni altra persona a fare ciò che vuole.
Secondo queste osservazioni, ecco un modo di vivere in armonia con gli interessi degli altri. L'invidia degli altri per realizzazioni o premi può essere fatta cadere naturalmente e facilmente a vantaggio dell'apprezzamento e del piacere. La disuguaglianza, essendo la compagna di squadra della variazione, senza la quale la sopravvivenza è impossibile, sarebbe, pertanto, favorita e non denigrata.
Le ricchezze ricevute in una società libera non sono guadagnate? Solo se tutti i produttori raccolgono straordinariamente più di quanto potrebbero guadagnare in una situazione isolata. I vantaggi derivanti dalla nostra divisione del lavoro sono a disposizione di tutti noi nello scambio volontario, se prevale la libertà.
Questi sono i pensieri di chi si crede un beneficiario e che crede che tutti gli altri che agiscono in modo creativo sono i suoi benefattori. Devo la mia vita a loro; quindi se volessi vivere e prosperare, devo lavorare diligentemente sia per la loro libertà che per la mia.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Questo è un argomento di quelli che scottano infatti tutti quanti ( politici, banchieri ed industriali ) si guardano bene dal parlarne.
RispondiEliminaIl potere e la ricchezza di un individuo oggi purtroppo dipendono piu da ragioni di sistema che di capacità proprie, mi viene in mente il film "una poltrona per due" cioè anche uno straccione può dirigere un grande potere se messo nelle condizioni di farlo, quindi ne consegue che il sistema è manovrato in modo tale da mantenere uno status quo di chi lo ha raggiunto invece di far emergere le potenzialità degli individui che compongono una società, in parole povere è la prepotenza che decide chi può e non le capacità.
Sai Asmy, aspettavo con trepidazione un tuo commento sull'argomento :)
RispondiEliminaE' stato tanto sintentico quanto preciso e profondo; ma soprattutto mi hai fatto tornare in mente un mitico sketch di George Carlin in cui (in modo diverso) segue la linea del tuo ragionamento. Spero di ritrovarlo in giornata, altrimenti un pò di pazienza..ne vale la pena.
Beh hai sfondato una porta aperta :)
RispondiEliminaSono stato sintetico perchè di cose da dire ce ne sono una marea, ma volevo mettere il dito sulla piaga senza giri di parole, infatti nell'articolo è stato citato Marx come l'artefice del peccato originale che ci ha portato alla situazione attuale, come ti ho gia detto Marx non era partito da un principio sbagliato anzi tutt'altro il suo errore è stato quello di usare come soluzione il teorema che per il bene della comunità vanno a farsi benedire i diritti del singolo individuo, ora dico io ma si puo dire una idiozia per grossa di questa?
Casomai sono i diritti del singolo a dovere essere salvaguardati dalla prepotenza del collettivo altrimenti saremmo come una mandria di bisonti che corre per la prateria incurante di cio che calpesta nella sua folle corsa per la sopravvivenza, ed in più è possibile utilizzare la mandria a proprio piacimento dicendo che la distruzione del singolo privato è un beneficio per tutti.
Ciò che accade in questi giorni in Italia non è altro che la naturale conseguenza di quel principio, infatti le singole pecore sacrificali sono finite adesso c'è bisogno di attaccare intere categorie di persone che lavorano perchè chi comanda possa continuare ad esercitare il suo credo sul collettivo che ancora non si è reso conto del fatto che alla fine anche loro subiranno lo stesso trattamento.
Con i principi mi fermo qui domani continuo con il resto ehehehehehehe
Ciao
Non ce l'ho fatta volevo andare a letto ma non ce l'ho fatta ..... bell'articolo, prendo un brano
RispondiElimina" Visto in questa luce — se stessi come beneficiari e la divisione del lavoro come un benefattore — diventa pertinente riesaminare i propri comportamenti, atteggiamenti, azioni. Se servissimo meglio i nostri interessi individuali, vivremmo in armonia con i fatti della vita, non in disarmonia con essi."
In parole povere l'anarchia non è quel male oscuro che ci vogliono far credere, se un uomo è libero di vivere con le proprie forze, il suo ingegno e la sua volontà non ha bisogno di compiere azioni dannose verso gli altri, infondo chi gli lo fa fare di andare a cercare guai quando puo vivere in armonia con il mondo?
Quindi il punto è chi sono gli interessati a far si che ci sia competizione e conflitto fra la gente?
La risposta è semplice, coloro che vivono per il potere non vogliono questo è ovvio, solo che adesso siamo 7miliardi di persone su questo pianeta e se non troviamo il sistema per progredire, per "colonizzare" altri mondi, anche i prepotenti faranno la stessa fine di tutti, ma per riuscire in questo occorre il lavoro di tutti e occorre farlo in armonia nel rispetto dei diritti del singolo in quanto uomo e non in nome di una collettività fatta di capre, le capre sono troppo stupide per produrre progresso, occorre l'uomo con le sue idee e la sua volontà.
Lo so, gli scritti di Read hanno una grande capacità di stimolare profonde riflessioni.
RispondiEliminaTrovo illuminante questo passaggio: "L'invidia degli altri per realizzazioni o premi può essere fatta cadere naturalmente e facilmente a vantaggio dell'apprezzamento e del piacere."
Credo sia questo il problema, credo sia questo il lazzo che ci mantiene fissi al palo. La ragione la possiamo benissimo ritrovare nel prelievo fiscale e nel welfare state. La parola d'ordine è sempre stata una: controllo sociale.
Vengono finanziati apparati che tengono sotto controllo, tramite il paravento delle elemosine per assicurarsi una comodissima sottoclasse per scopi di controllo sociale del governo e della classe dirigente. Gente per cui vengono fatte leggi liberticide, costruite e mantenute le carceri e favoriti i costruttori di quartieri popolari , ecc.
Allora poi capisci dove si voleva arrivare...
Non esiste peggior (o migliore, dal punto di vista del padrone) schiavo di quello che pensa che il padrone gli sta facendo un favore e che le catene siano per la sua protezione.
"Vedersi in prospettiva in relazione a tutti gli altri è assolutamente impossibile. Riusciamo a malapena a capire noi stessi; la comprensione degli altri è ancora più scarsa. Tuttavia, non è necessario che questa prospettiva sia perfetta. E' solo necessario che cogliamo l'idea che siamo beneficiari di questo benefattore, questa divisione del lavoro, e che capiamo ed apprezziamo la nostra dipendenza e la nostra relazione con essa."
RispondiEliminaE' questo il motivo per cui la teoria del boom-bust è giusta, non possiamo prevedere le decisioni future di milioni di persone, il voler incanalare le cose come avviene adesso è solo utopia e prepotenza di chi è al potere, da qui si comprende quanto la teoria austriaca sia in perfetta sintonia con il libero mercato, occorre solo trovare lo strumento piu adatto perchè si possa applicare e questo strumento è il mezzo che utiliziamo per scambiare le merci, di sicuro non è la valuta monetaria odierna con questo sistema si interferisce con il naturale andamento del libero mercato stampando moneta e con decisioni centraliste sui tassi, queste sono cose che peggiorano solo la situazione sia durante i cicli inflattivi che deflattivi.
Il gold sarebbe un sistema perfetto se non ci fosse il lavoro dell'uomo che consente la trasformazione e la produzione dei beni.
Di conseguenza a mio avviso non resta che una sola alternativa stampare il denaro in base al lavoro prodotto, solo cosi è possibile avere un ciclo naturale senza interferenze esterne che vanno ad alterare la realtà e il progresso che la mano dell'uomo da alla società.
Asmy occhio che stai tornando indietro ad Adam Smith, David Ricardo e a Karl Marx e stai distruggendo la teoria del valore soggettivo-rarità, riesumando lo zombie della teoria quantitativa del lavoro - valore.
RispondiEliminaI tre economisti partono da 3 semplici assunti:
1- Il lavoro è l'unico fattore determinante del valore.
2- Il capitale e la rendita vengono 'pagati' con il plusvalore, che i capitalista estre dal prodotto creato dal lavoratore.
3- Il capitale è 'lavoro congelato'.
Se seguiamo questo filo del discorso, dobbiamo parlare di beni finiti classificando i servizi 'immateriali' come improduttivi. Ora bisogna scindere il 'valore di scambio' dal 'valore lavoro contenuto' e sconnettere i due concetti.
Mettiamo ad esempio che Tizio possieda 1 kg di ferro e Caio 20 Kg di Grano, se Tizio scambia il suo ferro con il grano di Caio, allora, dice Marx deve esistere in queste due cose diverse una terza cosa che le mette in comune e le rende 'uguali', ma 'il valore d'uso' del grano e del ferro, non ha nessun rapporto con il 'valore di scambio', dunque per eliminazione non rimane altro che considerare i beni come contenitori di quantità di lavoro più o meno omogenee.
In questo semplice assunto, si dicono 2 cose profondamente errate:
1- Se due cose vengono scambiate sono uguali: Questo assunto è falso, Tizio scambia ferro con grano perchè reputa il grano più desiderabile per lui, allo stesso modo Caio scambia grano con ferro perchè lo reputa più desiderabile. Se entrambi fossero indifferenti reputando i propri beni di 'uguale valore' non scambierebbero ferro con grano, non scambierebbero affatto.
2 -Non esiste una terza cosa oggettivamente misurabile, con la quale sia possibile confrontare quantità diverse di beni diversi.
Tornando nel mondo della teoria quantitiva del lavoro-valore, Dunque i beni si scambiano sul mercato in base alla quantità di ore lavoro necessarie per produrli, quello è il 'valore vero'. Allora se il valore vero è la quantità di lavoro impiegata per produrre un bene, allora è solo il lavoro che 'produce' ed è logico che il profitto sia nient'altro che uno sfruttamento del lavoro del proletario che il capitalista trattiene al netto del salario di sussistenza, ecco il famoso un plusvalore ed ecco la scintilla che fa scattare lo scontro di classe.
Ma qui succede un problema che scombussola tutta la teoria Marxista e di conseguenza la teoria del valore-lavoro;
Se è lo sfruttamento del lavoro che genera i profitti, allora il tasso di profitto dovrebbe essere più alto nelle aziende che impiegano molto lavoro e più basso in quelle fortemente capitalizzate. Ma anche Marx ammetterà allineandosi a Smith e Ricardo che il tasso di profitto tende all'eguaglianza in tutti in tutti i tipi di industria.
Se la teoria del 'valore-quantità di lavoro' è vera questo sarebbe impossibile, e allora come mai la realtà è diversa?
Marx si struggerà per anni promettendo di risolvere l'incongruenza, nei volumi II e III del Capitale però, non c'è traccia di una soluzione che concili tali assunti.
Bowhm-Bawerk osserverà che Marx sostianzialmente rinunciò a dimostrare l'indimostrabile, ammettendo implicitamente che in un economia di mercato capitalista, il tasso di profitto è uguale e che i prezzi non sono determinabili proporzionalmente alla quantità di lavoro contenuta nei beni. Marx piuttosto tenta di utilizzare il framework di Ricardo ammettendo che i prezzi sono uguali ai costi più il tasso di profitto medio, così facendo abbandona la teoria del lavoro-valore e distrugge tutto il suo sistema teoretico.
Detto questo, se il denaro è un mezzo di scambio,'la merce più venduta sul mercato' e il valore è una questione soggettiva influenzato dalla rarità dei beni e servizi e il lavoro è uno dei tre fattori di produzione, che contribuisce alla produzione ma non produce di per se. Come può esistere il denaro-lavoro?
Ciao Giuseppe
RispondiEliminaveramente io parto da un'altro concetto che è stato espresso da Mises
"Il rapporto di scambio tra una merce e un’altra si chiama prezzo, e il rapporto di scambio tra una merce e la moneta si chiama prezzo monetario. “Il prezzo non è misurato in moneta: il prezzo consiste in una quantità di moneta”. Il prezzo è semplicemente la quantità di moneta che serve per comprare una merce."
Quello che dici tu è un'altra cosa e non ha niente a che vedere con il mio ragionamento in quanto non è il tipo di mezzo che si utilizza per scambiare i beni che da piu o meno profitto alle imprese, non so se mi sono spiegato.
Non è il lavoro a determinare il valore di un bene è una cosa praticamente impossibile da dedurre, solo il libero mercato puo stabilire questo rapporto che è dato dalla domanda dall'offerta e dalla quantità di denaro in circolo.
Per questo Marx non ne è mai venuto a capo lui voleva la cosa opposta non credi?
P.S. Accetto qualsiasi critica perchè sono convinto di ciò che sostengo hahahahahahahahahahaha
Ciao
Ma se quello che dici è giusto anzi giustissimo, non ha senso la tua affermazione precedente 'stampare denaro in base al lavoro prodotto', perché metterebbe in relazione due cose che non hanno relazione ovvero denaro e lavoro.
RispondiEliminaSe non stai alludendo alla teoria del valore-quantità di lavoro non capisco come tu possa riconciliare gli assunti con la tua precedente citazione di Mises.
>Di conseguenza a mio avviso non resta che una sola alternativa stampare il denaro in base al lavoro prodotto
RispondiEliminaCredo che le nostre visioni si scontrano qui.
Perché in questo modo si presuppone una qualsiasi figura dietro all'azione di stampa. Una persona? Un pool di persone? Il "super-computer" immaginato da Friedman? Ne sono state avanzate di soluzioni in questo ambito, ma tutte presuppongono l'azione di stampa, ovvero, una sorta di controllo nell'eseguire l'azione. Ciò significa inevitabilmente un movimento "centripeta" che ha come risultato la gestione dell'azione ristretta ad una minoranza. (Forse Bitcoin è riuscito ad ovviare a questo probolema, ecco perché la volta scorsa paragonavo la tua "soluzione" a suddetto sistema.)
Purtroppo Asmy, non abbiamo le conoscenze necessarie per attuare una simile azione. Sarebbe l'ennesimo lasciapassare all'azzardo morale.
L'unica figura imparziale che io conosca, al momento, e che agisce "al di sopra" delle nostre conoscenze è solo la natura.
Sono tutte critiche giuste quelle che state facendo però relazionare la quantità di danaro in circolo con il lavoro prodotto significa anche relazionare la quantità di moneta al benessere prodotto, quindi l'azione di stampa non è un libero arbitrio di poche persone, ma per stampare occorre prima produrre maggiore benessere con il lavoro, è come in un sistema gold se occorre piu oro per compensare gli scambi lo devi prima estrarre, credo di essere su questa linea di principio che pure io ritengo giusto e sacrosanto, non si puo stampare denaro solo perchè c'è la necessità di risolvere un problema ( vedere superdrago in questi giorni ) ma la stampa va ancorata al maggior benessere e progresso raggiunto dalla comunita, cosi da attenuare ( e non eliminare) i cicli inflattivi e deflattivi di un economia.
RispondiEliminaCerto non posso dire di avere la certezza di cio, magari ce l'avessi, però una eventuale teoria alternativa deve tenere ben presente simili principi per non ricadere in errori del passato.
Mah, mi sa un po 'a là' Samuelson che proponeva di calcolare non il PIL (che ha già i suoi problemi) ma il benessere totale netto che sarebbe ancora più aleatorio, quando ci avventuriamo nei meandri della semantica tutto diventa criptico e soggettivo. Chi misura gli scambi? Chi il benessere? E su quale scala? Mondiale? Continentale? Nazionale? E in quanto tempo? E gli scambi che inevitabilmente sfuggono, chi li misura? Diventa tutto un'altra funzione esponenziale sulla quale si calcola un margine di errore generico? Ma allora torniamo nel regno della matematica della statistica e della demografia, materie che hanno molto meno a che fare con l'economia di quanto non possa sembrare.
RispondiEliminaIo credo che la soluzione sia più semplice:
Abbiamo bisogno di unità monetaria sulla quale fare piani e calcoli, sulla quale vedere se perdiamo o guadagnare, dovrebbe essere stabile. Si è scelto l'oro perchè la storia ha scelto l'oro, il mercato ha scelto l'oro e in misura diversa l'argento. Andrebbe bene anche il platino o il palladio o chissà quale altro mezzo. ma oggi l'oro è il più papabile per incarnare una 'moneta-merce' universalmente riconosciuta.
In un sistema 'materiale' gli scambi avvengono nella quantità che è consentita dallo stock di moneta, i prezzi sono stabili e il potere d'acquisto anche. Nessuno deve aggiungere moneta per compensare gli scambi, perchè gli scambi avvengono in funzione della moneta, le politiche inflazionistiche sono state condotte sempre per 'aumentare la domanda aggregata' ovvero per pompare i consumi. Chi ha una miniera, estrae il suo oro e lo vende a chi lo monetizza le quantità di oro che vengono aggiunte, non influenzano più di tanto il ciclo economico.
Niente di eccitante, insomma.
La misura è data dal lavoro, il lavoro non è una entità astratta ma in fisica si misura in Juolle, cioè se prendi un bicchiere lo riempi di acqua e la agiti con un cucchiaio dopo 10 minuti la temperatura dell'acqua aumenta di un grado, quindi ai trasferito la tua energia all'acqua, se il lavoro è misurabile abbiamo gia un valore concreto e non astratto. Questo ragionamento significa che se io chiamo un giardiniere, per sistemare il giardino di casa mia dovrà "spendere" le sue energie per compiere il compito che io gli ho assegnato, ovvio che alla fine lo dovrò pagare .... si ma come? in che misura? Con quale criterio?
RispondiEliminasoluzione N 1)
In oro andrebbe benissimo io gli trasferisco la proprietà del metallo che possiedo e il giardiniere è libero di scambiarlo con cio che vuole, però l'oro deve essere estratto ( o in alternativa depredato) e questo problema sfocio nel '29 con la crisi piu grossa che la storia ricordi, quindi meglio evitare di rifare simili errori.
Soluzione N2)
Con la valuta probabilmente storcerebbe un po il naso perchè possedere un pezzo di carta colorato non è molto "gratificante" per uno che a faticato ma alla fine accetterebbe, però il problema è che non sapendo quanta carta c'è in giro iniziamo a discutere sulla giusta quantità di carta che io gli devo dare in cambio del lavoro da lui svolto, quindi è la quantità di carta in circolo che determina il compenso e non il rapporto fra la domanda e l'offerta presenti sul mercato, in parole povere il libero mercato è solo una illusione.
Soluzione N3)
Considerato che il suo lavoro lo passo quantificare in energia potrei fargli una proposta, se lui per sistemare il giardino a speso 50 Joulle di energia con il suo fisico vorrà dire che per 50 giorni andrò a casa sua per girare l'acqua in un bicchiere finche non aumenta di un grado......EUREKA lo scambio è equo ognuno dei due a speso le stesse energie per l'altro, solo che al giardiniere di avere un bicchiere di acqua calda non glie ne può fregà de meno :)
E allora come si fa?
Direi che il mezzo che utiliziamo per pagare non è un problema, che sia oro o moneta cartacea ha poca importanza cio che importa è che sia un mezzo comune per tutti per fare qualsiasi tipo di scambio.
Il problema sta sulla quantità di denaro da trasferire in quanto la scarsità o l'abbondanza di moneta in circolo va ad alterare il prezzo in maniera opposta al rapporto domanda/offerta alterando di fatto le naturali oscillazioni di un mercato libero, perchè un libero mercato sia tale occorre a mio avviso ancorare la quantità di moneta stampata alla quantità di lavoro prodotto altrimenti chi sta nella stanza dei bottoni è libero di alterare a proprio piacimento il corso di un ciclo economico, la moneta è il mezzo per scambiarsi le cose e non l'arbitro ( per giunta corrotto) che decide chi vince e chi perde.
Mi fermo qui con il ragionamento ma non ho finito lo riprendo questa sera.
Ciao
>[...] però l'oro deve essere estratto ( o in alternativa depredato) e questo problema sfocio nel '29 con la crisi piu grossa che la storia ricordi, quindi meglio evitare di rifare simili errori.
RispondiEliminaAttenzione, questa affermazione è stata già confutata a suo tempo. L'oro è esistito anche prima della Grande Depressione, eppure non si era mai visto nulla di simile e di così prolungato prima. Inoltre il gold standard venne abbandonato nel 1933, ma la depressione continuò per altri 13 anni.
Mi chiarirai dopo il tuo discorso sul baratto dei Joule e su come questo 'computo' possa essere fatto, partendo dal fatto che se il giardiniere A impiega 40 joule, il giardiniere B potrebbe spenderne 60 e questo per svolgere lo stesso lavoro, misurare i joule umani non è agevole, devi ricorrere ad un'astrazione 'matematica' a meno che tu non voglia piantare un contatore sul giardiniere, il tuo scambio non può essere equo, sarà a limite equalizzato da un qualche metro di misura, ma la rispondenza di tale uguaglianza è possibile solo in un contesto economico stazionario, una ERE.
RispondiEliminaQuesta teoria non funziona in un mondo dove ci sono solo baratti in un contesto dinamico e ancora peggio in un universo dove la divisione del lavoro è diventata una realtà consolidata e i processi produttivi si snodano per centinaia se non migliaia di passaggi e servizi di diversa natura. Per altro stiamo sempre parlando di attività materiali ma come la mettiamo con i servizi immateriali? A meno di non considerarli lavoro improduttivo, una commedia, il lavoro di un venditore o quello di un avvocato o di un oratore dobbiamo dare un valore anche a questi, che richiedono però molti meno joule rispetto a quelli di un fabbro, di uno spacca pietre o di un manovale, eppure sono molto più remunerati. Forse dovremmo aggiungere le energie 'mentali' ma che mi risulti non esiste nemmeno un modo per approssimare tale calcolo, ne un unità di misura del SI.
Mi dispiace dirlo, ma stai continuando a girare in circolo vizioso, supporre che il lavoro sia il motore di tutto, ti fa cadere nella logica della teoria quantitativa del lavoro-valore che agganci ad un supporto 'moneta' usando il ragionamento di David Ricardo (e Marx), che 'il capitale è lavoro congelato'. Come ho spiegato prima questo non ha nessuna attinenza con la teoria Austriaca del valore soggettivo.
La catena: Lavoro X, quantità Y di energia utilizzata, energia Y = valore, valore= prezzo, è un chimerismo;
Non spiega il perché il lavoro di un programmatore o di un venditore sia più redditizio di quello di un contadino, di un muratore o di un cameriere. E in relazione a questo, non spiega nemmeno quanto vale il lavoro di una macchina e come sarebbe calcolabile.
Equità dello scambio è un punto ambiguo; lo scambio è equo quando le parti intravedono un vantaggio, non quando lo scambio comporta uguale sacrificio di energia o uguale utilità. Per scambiare 33 € con una Silver Eagle, devo essere convinto che quei 33 € siano meno importanti di quella Silver Eagle, dall'altro lato qualcuno deve pensare che quella Silver Eagle è meno importanti di 33€. Se ciò avviene io gli cedo i miei soldi e lui la Silver Eagle, entrambi stiamo ottenendo, secondo i nostri punti di vista, un beneficio maggiore dalla cessione rispetto a quanto avremmo avuto trattenendo i nostri beni.
Cosa comporta invece lo scambio 'equo' a priori? Comporta che ci sia una terza cosa che funga da arbitro che dica 'cosa vale che cosa', ad esempio una legge che dica che 1 ora di lavoro in un determinato settore, in virtù dell'energia impiegata, dunque lavoro dall'operaio 'medio', equivalga ad un salario minimo di 7 €.
Ma questo è solo il punto di vista della legge, misurato su un soggetto aggregato (lavoratore medio) che non tiene conto di tempo e spazio, il legislatore a modo suo cerca di trovare un equo compenso per l'utilità che il lavoro apporta alla produzione, ma questo principio per quanto apprezzabile, non è perseguibile in realtà, infatti se l'operaio che lavora con il salario minimo 7 €/h, producesse realmente 7€/h di guadagni lordi, la sua assunzione sarebbe dal punto di vista dell'azienda del tutto inutile se producesse meno ad esempio 6 €/h addirittura dannosa; Realisticamente il salario minimo verrà accettato quando il lavoro produrrà più di quanto la legge stabilisce ad esempio 8 €/h.
Dunque non c'è modo di considerare beni e servizi come involucri di quantità di lavoro più o meno omogenee.
Jhonny so benissimo che il problema non è estrarre l'oro il punto è che io non posso pagare un lavoro in oro perchè l'oro è un bene materiale cioè lo posso barattare con una mela o una casa, ma il lavoro del giardiniere non mi da nessun bene in cambio, lui a speso solamente le sue energie e queste le spendo pure io nel momento che estraggo l'oro da una miniera ma poi l'oro che trovo è mio lo posso scambiare solo con un altro bene materiale altrimenti io mi ritrovo ad aver speso le mie energie in miniera e resto pure senza oro, il giardiniere a speso le sue energie nel giardino ma si ritrova con le tasche piene di oro, insomma lui mangia e io no :)
RispondiEliminaGiuseppe scusa ma mi pare che non hai compreso nulla di quello che ho detto sopra, quando dico che la quantità di moneta in circolazione altera il prezzo dei beni e dei salari comprendi cosa voglio dire?
Quando dico che il libero mercato è manovrabile con l'azione di stampa e sui tassi di interesse da parte delle banche centrali comprendi cosa dico?
Il concetto di prezzo l'ho già spiegato il punto non è come pagare una mela, sarebbe semplicissimo risolverlo la mela è un bene materiale quindi la posso benissimo barattare con un grammo di oro poi le quantità le decide il mercato e il libero arbitrio delle persone, il problema è COME PAGARE IL LAVORO DEL GIARDINIERE si perchè in qualche modo dovrò pure pagarlo non credi?
Uhm...vediamo di trovare un punto d'incontro e di fare chiarezza.
RispondiEliminaGli attori economici immersi nella grande asta giornaliera che rappresenta il mercato effettuano degli scambi. In questo modo tentano di ovviare al "limite" imposto dalla natura: risorse scarse. Ovviamente, non agiremmo in questo senso se vivessimo nel paese di Cuccagna.
Lo scambio è un'azione che viene effettuata tra due parti parti che si accordano stipulando un contratto. Se ciò non accadesse vivremmo da anacoreti a sollazzarci col nostro whiskey. Lo stilamento del contratto deve tener conto di due cose:
1.Le valutazioni soggettive dei due partercipanti che tentano di incrociarsi;
2. Il rispetto del contratto.
In questo modo la transazione risultante offre benefici maggiori ad entrambe le parti. Altrimenti non avverrebbe nessuno scambio, perché essendo le risorse scarse, dobbiamo per forza di cose avere dei giudizi che comprendono questo aspetto altrimenti finiremmo in rovina sprecando tempo e risorse stesse. Inoltre, l'accordo delle parti avviene secondo la loro volontà; non esiste nessuno che spinge le parti ad incontrarsi, tranne il desiderio e l'istinto di sopravvivenza delle parti in causa.
Una volta stilato il contratto e portato a termine, la transazione si può dire terminata. Etrambe le parti se ne vanno soddisfatte (se tutto segue questa linea di ragionamento, altrimenti si apre un contenzioso ma questo non è l'argomento di questa mia discussione) e soprattutto con un valore nelle loro mani superiore a quello che avevano prima. Perché? Perché la transazione effettuata prevede questo esito (in virtù della scarsità delle risorse), altrimenti non ci sarebbe stata alcuna transazione perché gli oggetti ottenuti si rivelerebbero inutili compromettendo la vita stessa degli individui. (Il tutto supponendo la volontarietà degli scambi.)
Ora, la transazione effettuata deve per forza di cose presentare degli oggetti da scambiare e, soprattutto, questi oggetti devono fare in modo da soddisfare le parti in gioco. Essendo volatili i desideri, l'accordo potrebbe presentare dei problemi; soprattutto se le parti stilano il contratto con oggetti che una delle parti non vuole.
Allora bisogna ricorre ad una serie di scambi prima di ottenere l'oggetto del primo contratto. Ciò accade in una situazione di divisione del lavoro contratta. Ma la specializzazione della divisione del lavoro ed i lsu orelativo aumento rende possibile l'offerta di una quantità di beni sempre maggiore i quali possono essere utilizzati dagli attori economici per velocizzare gli scambi. Giuseppe prima ha fatto un buon lavoro nel riassumere il concetto di "denaro", poiché è a questo punto del discorso che si inserisce questo ingranaggio.
La migliore e più sofisticata divisione del lavoro ha portato sul mercato una maggiore offerta di merci che hanno avuto la funzione di velocizzare gli scambi facendo risparmiare agli attori economici la risorsa più scarsa di tutte: il tempo.
Arrivati a questo punto, credo di capire la tua "obiezione" (almeno mi pare che si a questa): perché colui che etrae l'oro deve aver un guadagno superiore al mio che utilizzo tale merce?
RispondiEliminaL'estrattore d'oro ha semplicemente fornito la sua merce, ha impiegato tempo e risorse nella sua campagna imprenditoriale per mettere sul mercato tale bene. La sua era una "scommessa", valutando le necessità che emergevano dal mercato (lo "snellimento" delle transazioni) ha fornito il suo "servizio". Non sapeva in anticipo se avesse avuto successo, ha tentato. Ha osservato le azioni degli attori economici ed ha agito di conseguenza.
Semmai i gusti degli attori economici cambiassero in futuro, la sua attività verrebbe punita e lui andrebbe fallito. E' per questo motivo che lui ha "diritto" ad un profitto; in virtù del fatto che sta soddisfacendo un bisogno emerso dal mercato ed ha vinto la sua "scommessa" imprenditoriale.
Jhonny il problema è come pagare il lavoro del giardiniere, la soluzione è la carta moneta a patto però che sia determinabile quanta ce ne sta in circolo, altrimenti il mezzo che utilizzo per pagare altera il compenso da pagare, l'inflazione e la deflazione derivano da questo problema.
RispondiEliminaI grafici che spesso metti nei tuoi articoli dove viene indicata la crescita esponenziale avuta in questi anni sugli aggregati monetari M1 M2 ecc. sono preoccupanti perchè se venisse riversata sul mercato una simile quantità di moneta avremmo un inflazione a 2 cifre e i banchieri lo sanno, ma se tengono fermi quei soldi nelle cassaforti abbiamo l'effetto contrario cioè aumentando l'offerta di beni sul mercato diminuiscono i prezzi a causa della scarsità di moneta in circolo e non perchè ci sia una minore domanda di beni o di forza lavoro, e questo è un danno maggiore dell'inflazione stessa cioè la deflazione.
Quindi sistemi monetari come l'euro e il dollaro che basano la stampa di denaro non sulla ricchezza prodotta ma su altre questioni come abbiamo visto negli ultimi decenni sono destinati a scoppiare per il semplice fatto che la quantità di moneta in circolo altera le reali necessità del mercato e quindi dei cittadini.
Infatti quando tu dici sarebbe meglio un gold standard hai ragione perchè la quantità di moneta stampata è ancorata a quanto oro c'è in cassa, però con l'oro ai il problema di come pagare i lavori utili ma che non producono nessun bene materiale come il giardiniere o perlomeno dovresti estrarre altro oro per pagarlo e a questo punto i conti non tornano di nuovo, perchè abbiamo piu oro in circolo e meno beni prodotti in quanto si è perso tempo a estrarre piu oro invece che a produrre beni di consumo.
Giuseppe scusa ma mi pare che non hai compreso nulla di quello che ho detto sopra, quando dico che la quantità di moneta in circolazione altera il prezzo dei beni e dei salari comprendi cosa voglio dire?
RispondiEliminaInflazione monetaria.
Quando dico che il libero mercato è manovrabile con l'azione di stampa e sui tassi di interesse da parte delle banche centrali comprendi cosa dico?
Come sopra più, manipolazione dei tassi.
Faccio notare che essendo un umano 'CAPISCO' le concatenazioni logiche di un altro umano, non capisco il perchè tu ne dubiti alla luce dei miei discorsi, su moneta, credito e attività bancaria.
A meno che questo non sia un modo 'poco cortese' per dire che non sono capace di comprendere la teoria Austriaca del ciclo economico. Ed allora...
Il concetto di prezzo l'ho già spiegato il punto non è come pagare una mela, sarebbe semplicissimo risolverlo la mela è un bene materiale quindi la posso benissimo barattare con un grammo di oro poi le quantità le decide il mercato e il libero arbitrio delle persone
Dunque nello scambio, 'materia contro materia', il mercato è OK; si stabilisce qual'è il prezzo e il collaterale, oro vs frutta, e tutto fila liscio.
[...]ma il lavoro del giardiniere non mi da nessun bene in cambio, lui a speso solamente le sue energie e queste le spendo pure io nel momento che estraggo l'oro da una miniera ma poi l'oro che trovo è mio lo posso scambiare solo con un altro bene materiale altrimenti io mi ritrovo ad aver speso le mie energie in miniera e resto pure senza oro, il giardiniere a speso le sue energie nel giardino ma si ritrova con le tasche piene di oro, insomma lui mangia e io no :)
[...]il problema è COME PAGARE IL LAVORO DEL GIARDINIERE si perchè in qualche modo dovrò pure pagarlo non credi?
A questo punto il panico, fino ai beni sei Austriaco, arrivato ai servizi diventi 'laburista' anche se tu lo rinneghi con forza sulla base di una non meglio precisata differenza. Quello che io ho inteso dal tuo discorso è;
" Si può scambiare una cosa con un altra cosa e ottenerne mutuo beneficio non si può scambiare una cosa immateriale con una cosa materiale perchè altrimenti chi ha dato la cosa materiale rimarrebbe con un palmo di naso dato che non riceve niente"
Da qui l'esigenza di misurare le energie e di relazionarle ad un medium di scambio. E qui mi fermo.
Ora questo, per me, è un incidente di logica circolare e un errore semantico;
-immateriale : senza sostanza, senza materia
-inesistente : che non esiste, che non c'è.
Sono sinonimi? Assolutamente no.
Secondo te il giardiniere ti offre una prestazione inesistente o immateriale? Il giardiniere non ti sta dando una prugna o un paio di stivali, ti sta dando una prestazione che ti reca un'utilità e soddisfa un tuo bisogno (curare le siepi, potare il giardino) che tu non puoi o non vuoi direttamente soddisfare. Come valutare questo servizio? Di certo non in Joule, Calorie, Watt o Pascal ma semplicemente in base all'utilità:
Quanto vale il tempo di asmy e la sua voglia di 'non occuparsi del giardino'? 1 euro l'ora o 10 euro l'ora? Forse 7 € l'ora? Tu proponi al giardiniere la paga e lui ti dirà se accetta, se rilancia o se rifiuta.
E se fosse oro? Sarebbe la stessa identica cosa. Il medium dello scambio è irrilevante da questo punto di vista, le qualità dell'oro non hanno nulla a che fare con questo caso.
Beni o servizi, il processo competitivo è lo stesso, non c'è nessun calcolo delle energie e svantaggio del conferitore di beni materiali. Il punto è che l'azione umana si concetra sulle utilità non sui beni, sono gli uomini che fanno scambi in relazioni alle esigenze e alle prospettive, non sono i beni che si scambiano fra loro in base alle determinanti fisiche.
Questo secondo me. Tu puoi anche non essere d'accordo, ma abbi la compiacenza di farmi capire dove erro.
Giuseppe se paghi in oro generi inflazione cmq meglio che sia lo stesso Mises a spiegartelo.
RispondiElimina"Un altro fattore che contribuisce a prolungare l'attuale periodo di depressione è la rigidità dei salari. I salari aumentano in periodi di espansione. Nei periodi di contrazione dovrebbero diminuire, non solo in termini monetari, ma anche in termini reali. Impedendo con successo l'abbassamento dei salari durante un periodo di depressione, la politica dei sindacati rende la disoccupazione un fenomeno di massa e persistente. Inoltre, questa politica posticipa a tempo indeterminato la ripresa.
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Non può tornare la normalità fino a quando i prezzi ed i salari si adeguano alla quantità di moneta in circolazione.
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L'opinione pubblica ha perfettamente ragione nel vedere la fine del boom e la crisi come una conseguenza della politica delle banche. Le banche potrebbero senza dubbio ritardare gli sviluppi sfavorevoli per un pò. Potrebbero continuare la loro politica di espansione del credito per un pò. Ma -- come abbiamo già visto -- non potrebbero continuare a tempo indeterminato senza rischiare il completo collasso del sistema monetario. Il boom causato dalla politica di espansione del credito delle banche deve necessariamente finire prima o poi. A meno che non siano disposte a lasciare che la loro politica distrugga completamente il sistema monetario e creditizio, le banche stesse devono smetterla prima che si verifichi una catastrofe. Più è lungo il periodo di espansione del credito delle banche e più è lungo il loro ritardo a cambiare questa politica, peggiori saranno le conseguenze degli investimenti improduttivi e della speculazione eccessiva che caratterizza il boom; e di conseguenza, più sarà lungo il periodo di depressione e più sarà incerta la data della ripresa e del ritorno alla normale attività economica.
Viene spesso suggerito di "stimolare" l'attività economica ed attivare "la pompa primaria" mediante il ricorso ad una nuova espansione di credito che permetterebbe di terminare la depressione e renderebbe possibile una ripresa o almeno un ritorno a condizioni normali; i sostenitori di questo metodo dimenticano, tuttavia, che anche se si potrebbero superare le difficoltà del momento, verrà certamente prodotta una situazione peggiore in un futuro non troppo lontano.
Infine, sarà necessario capire che i tentativi di abbassare artificialmente il tasso di interesse che si presenta sul mercato, attraverso l'espansione del credito, possono solo produrre risultati temporanei e la ripresa iniziale sarà seguita da un declino più profondo che si manifesterà come una completa stagnazione delle attività commerciali ed industriali. L'economia non sarà in grado di svilupparsi armonicamente e senza intoppi a meno non si rinunci una volta per tutte a tutte le misure artificiali che interferiscono con il livello dei prezzi, i salari ed i tassi di interesse, determinati secondo le forze economiche non ostacolate.
Non è il compito delle banche porre rimedio alle conseguenze della scarsità di capitale o degli effetti di una politica economica sbagliata di espansione del credito. E' certamente un peccato che oggi il ritorno ad una situazione economica normale venga ritardato dalla politica perniciosa di incatenamento del commercio, dagli armamenti e dalla paura fin troppo giustificata della guerra, per non parlare della rigidità dei salari. Ma la situazione non sarà corretta da misure bancarie e dall'espansione del credito."
Asmy wrote : Giuseppe se paghi in oro generi inflazione [...]
RispondiEliminaE questa da dove l'hai tirata fuori? Dal Vangelo secondo Friedman? E in quale parte del tuo copia e incolla sta scritta questa assodata verità?
Mi sorge il dubbio che tu non abbia afferrato nulla della definizione di 'INFLAZIONE MONETARIA'. Senza l'aumento della quantità di aggregati monetari, dei sostituti monetari o dell'espansione del credito non c'è inflazione monetaria.
I metalli sono stati scelti proprio per questo, la loro quantità non è influenzabile facilmente da interventi esterni il loro aumento è regolato dalle leggi di domanda/offerta e dalla profittabilità dell'industria estrattiva, la loro scarsità relativa genera un sistema monetario stabile che dovrebbe interrompere le fasi cicliche di espansione e regressione e permettere un corretto calcolo economico.
Ripeto ancora, dove tu abbia letto che utilizzando oro si generi 'inflazione' lo ignoro e sicuramente non lo hai letto da un economista austriaco. Se questa è una tua deduzione abbi la compiacenza di spiegare da cosa trai questo assunto, perchè fino ad ora non c'è un solo rigo che attesti questa tua 'assodata' conclusione nel digesto che hai riportato.
Se poi non sei interessato a spiegare e a renderci partecipi ma ti piace 'pensarla come vuoi' e buttare la la tua teoria senza alcuna spiegazione, riportando pezzi della moneta e del credito, allora sei libero di farlo ma non dire che sono gli altri che non capiscono quello che tu non sai spiegare con chiarezza. Scrivilo bello chiaro; è un'idea mia e rimango della mia idea per motivi 'sentimentali'.
Amici come prima e avanti alla prossima questione.
Giuseppe se paghi in oro generi inflazione cmq meglio che sia lo stesso Mises a spiegartelo.
RispondiEliminaPrendiamo questa frase e traslamiola al 1819, in cui in America vigeva un gold standard ed ancora non esisteva la Federal Reserve.
In quegli anni ci fu un Panico che gettò nel terrore l'intera nazione: pignoramenti, banche che non potevano restituire oro andarono fallite, i prezzi di salari e beni al consumo calarono drasticamente, tassi d'interesse alle stelle e persone che si lamentavano per la "scarsità di denaro". Perché? Colpa dell'oro? Ne fu "emesso troppo"?
Non proprio. L'oro ha i costi di estrazione che mantengono "equa" l'offerta di tale bene. Cosa è cambiato?
Rothbard ce lo racconta nel suo libro: The Panic of 1819. Tale panico fu il risultato di un'enorme inflazione monetaria. Dopo la guerra del 1812 l'economia entrò in un boom direzionato dall'emissione di titoli di deposito bancari che eccedevano la quantità di metallo giallo. Nel 1815 le banconote aumentarono da $46 milioni a $68 milioni.
Ti lascio immaginare cosa accadde quando iniziarono ad essere richiesti indietro i metalli al posto della cartaccia svolazzante.
Il governo per arginare la depressione tentò di emettere moneta non coperta da metalli, o leggi che tentavano di stimolare l'economia attraverso una "pompa primaria" affinché venissero ridotti gli interessi. La depressione durò fino al 1821, quando la contrazione di moneta fece il suo lavoro e la moneta era di nuovo riscattabile in metalli (oro/argento).
Non a caso dalle ceneri di questa depressione si formarono le idee di Jackson, Jefferson ed altri antagoniste al credito bancarie e favorevoli ad uno standard coperto da metalli al 100%.
Allora forse non è chiaro il concetto di inflazione se non fosse come dico io allora aveva ragione Marx o lo stesso Keynes, il problema è il pagamento del giardiniere perchè pagando in oro è come se stampassi moneta cioè aumenta sul mercato il mezzo di pagamento (oro o moneta cartacea) senza aver prodotto nessun bene.
RispondiEliminaEsempio sul ciclo ci sono 10 mele e 10 grammi di oro io vado a estrarre l'oro per pagare il giardiniere quindi impiego il mio tempo a produrre piu oro e non una mela in piu alla fine sul mercato ci saranno 10 mele e 11 grammi di oro, è questo il motivo per cui sia Marx che Keynes nei loro ragionamenti hanno preso la tangente della stupidità, Mises lo dice chiaramente dove sta il punto perchè per far tornare le cose alla normalità
"Non può tornare la normalità fino a quando i prezzi ed i salari si adeguano alla quantità di moneta in circolazione."
Se vogliamo continuare a tifare per l'oro o per la moneta di carta ma non comprendiamo questo concetto CONTINUEREMO A GIRARE A VUOTO SENZA RISOLVERE IL PROBLEMA.
Lo ripeto di nuovo "Non può tornare la normalità fino a quando i prezzi ed i salari si adeguano alla quantità di moneta in circolazione."
Allora se ritenete giusto questo principio è possibile proseguire con il ragionamento da cui sono partito altrimenti è inutile perchè si continua a girare attorno al problema senza risolvere nulla.
Giuseppe un'ultima cosa, se il mio ragionamento è sbagliato e può esserlo benissimo devi sempre dirmi come paghi il giardiniere senza creare nuova moneta o piu oro ...... ricordati che non tutti accettano l'acqua calda!
RispondiEliminaMa il giardiniere svolge un lavoro che dà i suoi frutti più avanti nel tempo. Ovvero, dal suo lavoro sarà possibile offrire sul mercato maggiori prodotti (o mele).
RispondiEliminaAd ogni modo una cosa fondamentale da capire è che qualunque sia la moneta in circolo, essa è sufficiente a svolgere perfettamente il suo compito di merce di scambio. (A meno che, ovviamente, non venga aumentato arbitrariamente lo stock di moneta in quel caso vale la citazione di Mises da te proposta.)
Per esempio:
-> supponiamo che ci sia Tizio che ha 1000 monete e Caio con 0 monete;
-> Tizio presta 100 monete a Caio con il 10% di interesse dopo un anno per comprarsi il bene X
-> Le monete totali in circolazione sono 1000 e quindi sembrerebbe impossibile ripagare il debito, perchè il numero totale di monete dovrebbe essere 1000 + gli interessi, ovvero, 1010;
-> Tizio ha però bisogno di un giardiniere e siccome guarda caso questo è il lavoro di Caio, viene assunto da Tizio che lo paga 50 monete al mese;
-> Ogni mese Caio riesce a risparmiare 10 monete ed usare le altre per campare;
-> Alla fine dell'anno Caio si ritrova da parte 120 monete, di cui ne restituisce 110 a Tizio, saldando quindi il suo debito.
Ogni servizio offerto sul mercato è indissolubilmente legato al fattore tempo, che porta all'aumento dei beni offerti grazie anche ad una diviosne del lavoro più "specializzata".
Si jhonny la soluzione sta nel prestito e su una serie di scambi da compiere come hai detto prima, più tardi ( se mi va di scrivere hehe ) spiego come.
RispondiEliminaCmq l'esempio del giardiniere che ho fatto non è una invenzione mia ma la stessa domanda fu fatta a Marx dopo che aveva scritto i libri sul capitale, la sua risposta fu che a lui non interessava il singolo ma la comunità, bella testa di beep...