Bibliografia

martedì 6 dicembre 2011

Scardinare la "Teoria" Protezionista (Ancora)

Ci risiamo. Ieri, nel delirio liberticida ed espropriatore della manovra economica Italiana c'era un aspetto che ha fatto esultare non poche persone. Ad un certo punto Monti spingeva gli Italiani a consumare prodotti prettamente Italiani per rilanciare l'economia del paese. Con quali soldi? Gli Italiani saranno tartassati fiscalmente, come potranno permettersi di pagare per oggetti che aumenteranno di prezzo? Se vengono depressi i consumatori con maggiori tasse e poi vengono depressi i produttori con maggiori tasse, come si pretende che i consumi possano aumentare se la domanda non può che calare in relazione ad un aumento dei prezzi dal lato dell'offerta? Ma anche volendo essere masochisti e seguire la follia protezionista di Monti, ciò porterebbe ad un calo nella produzione di aziende estere che offrivano a prezzi competitivi e si basavano sulla soddisfazione del consumatore; non solo, ma anche a tagli di capitale e personale. Che significa? Maggiore interventismo anche nei mercati esteri e continue distorsioni della struttura economica, per quelle aziende che si andranno a lagnare da papà-stato. Ma analizziamo nel dettaglio i paradossi del protezionismo.
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di Murray N. Rothbard


[Making Economic Sense (1995)]


Il protezionismo, spesso smentito e apparentemente abbandonato, è tornato, e con una vendetta. I Giapponesi, che dopo le pesanti perdite della Seconda Guerra Mondiale sono tornati alla ribalta per stupire il mondo con una produzione innovativa e di alta qualità a prezzi bassi, vengono utilizzati come bersagli dalla propaganda protezionista. I ricordi dei miti del tempo di guerra vacillano, mentre i protezionisti mettono in guardia contro questo nuovo "imperialismo Giapponese", anche "peggiore di Pearl Harbor."

Questo "imperialismo" risulta composto dalla vendita agli Americani di meravigliose televisioni, automobili, microchip, ecc., a prezzi più competitivi delle aziende Americane.

Questa "inondazione" di prodotti Giapponesi è davvero una minaccia, che deve essere respinta dal governo degli Stati Uniti? Oppure il nuovo Giappone è una manna dal cielo per i consumatori Americani?

Per prendere una posizione su questo tema, dovremmo riconoscere che tutte le azioni del governo vogliono dire coercizione, così appellarsi al governo degli Stati Uniti affinché intervenga significa spingerlo ad usare la forza e la violenza per limitare gli scambi pacifici. Si spera che i protezionisti non siano disposti a perseguire la loro logica della forza fino al limite massimo sottoforma di un'altra Hiroshima e Nagasaki.



Mantenete i Vostri Occhi sul Consumatore

Per districare la ragnatela delle argomentazioni protezioniste, dovremmo tenere gli occhi aperti su due punti essenziali:
  1. il protezionismo significa forza nel limitare il commercio; e
  2. la chiave è ciò che accade al consumatore.

Invariabilmente, troveremo che i protezionisti finiscono per danneggiare, sfruttare, ed imporre gravi perdite non solo ai consumatori stranieri, ma soprattutto a quelli Americani. E poiché ognuno di noi è un consumatore, ciò significa che il protezionismo estorce denaro da tutti noi per il beneficio di pochi privilegiati e sovvenzionati — pochi ed inefficienti: persone che non possono farlo in un mercato libero e senza ostacoli.

Prendiamo, per esempio, la presunta minaccia Giapponese. Ogni scambio è vantaggioso per entrambe le parti — in questo caso i produttori Giapponesi ed i consumatori Americani — altrimenti non si impegnerebbero nello scambio. Nel tentativo di fermare questo commercio, i protezionisti stanno cercando di fermare i consumatori Americani dal godere di un elevato tenore di vita con l'acquisto di prodotti Giapponesi a buon mercato e di alta qualità. Invece, dobbiamo essere costretti dal governo a ripiegare verso prodotti inefficienti e più costosi che abbiamo già respinto. In breve, i produttori inefficienti stanno cercando di privare tutti noi di prodotti che desideriamo in modo che ci dovremmo rivolgere a ditte inefficienti. I consumatori Americani devono essere saccheggiati.



Come Considerare Tariffe e Quote

Il modo migliore per considerare le tariffe o le quote di importazione o altri vincoli protezionisti è di dimenticare i confini politici. I confini politici delle nazioni possono essere importanti per altri motivi, ma non hanno alcun significato economico. Supponiamo, per esempio, che tutti gli Stati Uniti fossero una nazione separata. Allora sentiremmo un turbinio di lagne protezioniste che fortunatamente ci vengono risparmiate. Pensate alle urla dei produttori del costoso settore tessile di New York o del Rhode Island, che si lamenterebbero poi della concorrenza "ingiusta" e "a buon mercato" dei vari "lavori stranieri" del Tennessee e della Carolina del Nord, o viceversa.

Fortunatamente, l'assurdità di preoccuparsi della bilancia dei pagamenti è resa evidente dall'osservazione acuta del commercio interstatale. Nessuno si preoccupa della bilancia dei pagamenti tra New York e il New Jersey, o, se è per questo, tra Manhattan e Brooklyn, perché non ci sono funzionari della dogana che registrano tale commercio e tali bilanci.

Se ci pensiamo, è chiaro che un appello di un'azienda di New York per una tariffa contro la North Carolina è una pura rapina nei confronti dei consumatori di New York (così come per quelli della North Carolina), una chiara ricerca di privilegi speciali per imprese commerciali meno efficienti. Se i 50 stati fossero nazioni separate, i protezionisti sarebbero quindi in grado di usare la trappola del patriottismo, e la diffidenza degli stranieri, per camuffarsi e saccheggiare i consumatori della propria regione.

Fortunatamente, le tariffe interstatali sono incostituzionali. Ma nonostante questa chiara barriera, e anche senza essere in grado di avvolgersi nel mantello del nazionalismo, i protezionisti sono stati in grado di imporre tariffe interstatali sotto un'altra veste. Una parte delle sollecitazioni per i continui aumenti del salario minimo federale si basa sull'imposizione di un meccanismo protezionista contro i salari bassi e il basso costo del lavoro della concorrenza del North Carolina e degli altri stati del sud rispetto ai loro concorrenti New England e New York.

Durante la battaglia al Congresso del 1966 per un salario minimo federale più elevato, per esempio, il compianto Senatore Jacob Javits (R-NY) ammise liberamente che una delle sue principali ragioni di sostegno del disegno di legge era quella di frenare la concorrenza meridionale nei confronti delle aziende tessili di New York. Dal momento che i salari del sud erano generalmente inferiori rispetto a quelli del nord, le società più duramente colpite da un salario minimo aumentato (ed i lavoratori colpiti dalla disoccupazione) si trovavano al sud.

Un altro modo in cui sono state imposte le restrizioni al commercio interstatale è stato in nome della moda della "sicurezza". A New York i cartelli del latte organizzati dal governo, per esempio, hanno impedito l'importazione di latte dal vicino New Jersey sotto il pretesto che il viaggio oltre l'Hudson avrebbe reso "insicuro" il latte del New Jersey.

Se le tariffe e le restrizioni sul commercio vanno bene per un paese, allora perché non vanno bene anche per uno stato o una regione? Il principio è esattamente lo stesso. Nella prima grande depressione Americana, il Panico del 1819, Detroit era una minuscola cittadina di frontiera con solo poche centinaia di persone. Eppure nacquero grida protezioniste — per fortuna non ascoltate — per proibire tutte le "importazioni" da fuori Detroit, e i cittadini furno incoraggiati ad acquistare solo a Detroit. Se questa follia fosse stata messa in vigore, la fame e la morte avrebbero terminato tutti i problemi economici di Detroit.

Allora perché non limitare e addirittura vietare il commercio, vale a dire, le "importazioni", in una città o in un quartiere, o anche in un blocco, o, farlo restringere fino alla sua logica conclusione, ad una famiglia? Perché la famiglia Jones non dovrebbe emettere un decreto che da ora in poi, nessun membro della famiglia potrà acquistare beni o servizi prodotti all'esterno della casa di famiglia? La fame farebbe sparire rapidamente questa ridicola ricerca dell'autosufficienza.

E tuttavia dobbiamo renderci conto che questa assurdità è insita nella logica del protezionismo. Il protezionismo standard è altrettanto assurdo, ma la retorica del nazionalismo e dei confini nazionali è stata in grado di oscurare questo fatto vitale.

Il risultato è che il protezionismo non è solo una sciocchezza, ma una sciocchezza pericolosa, distruttiva di ogni prosperità economica. Noi non siamo, se lo fossimo mai stati, un mondo di agricoltori autosufficienti. L'economia di mercato è un'ampia rete che avvolge il mondo, in cui ogni individuo, ogni regione, ogni paese, produce quello che sa fare meglio ed in modo relativamente più efficiente, e lo scambia per beni e servizi di altri. Senza la divisione del lavoro e gli scambi basati su tale divisione, il mondo intero morirebbe di fame. I vincoli coercitivi sul commercio — come il protezionismo — danneggiano, feriscono, e distruggono il commercio, fonte di vita e di prosperità. Il protezionismo è semplicemente un appello affinché i consumatori, così come la prosperità in generale, siano danneggiati in modo da conferire privilegi speciali e permanenti a gruppi di produttori meno efficienti, a scapito di concorrenti più agguerriti e dei consumatori. Ma è una specie di salvataggio particolarmente distruttivo, perché incatena permanentemente il commercio sotto il mantello di patriottismo.



Il Binario Negativo

Il protezionismo è anche particolarmente distruttivo perché agisce come un aumento forzoso ed artificiale del costo del trasporto tra le regioni. Una delle grandi caratteristiche della rivoluzione industriale, uno dei modi in cui fu portata la prosperità alle masse affamate, fu quello di ridurre drasticamente il costo del trasporto. Lo sviluppo delle ferrovie nel 19° secolo, per esempio, fece sì che per la prima volta nella storia della razza umana, i beni sarebbero potuti essere trasportati via terra a buon mercato. Prima di allora, l'acqua — i fiumi e gli oceani — erano l'unico mezzo di trasporto economicamente sostenibile. Rendendo i trasporti terrestri accessibili ed economici, le ferrovie permisero al trasporto terrestre interregionale di rompere i monopoli locali inefficienti e costosi. Il risultato fu un enorme miglioramento del tenore di vita di tutti i consumatori. E quello che i protezionisti vogliono fare è martoriare questo meraviglioso principio di progresso.

Non c'è da meravigliarsi che Frederic Bastiat, il grande economista francese del laissez-faire della metà del 19° secolo, definì le tariffe un "binario negativo". I protezionisti sono economicamente distruttivi come se stessero facendo fisicamente a pezzi le ferrovie, o gli aerei, o le navi, e ci costringessero a tornare ai trasporti costosi del passato — sentieri di montagna, gommoni o barche a vela.



Commercio "Leale"

Passiamo ora ad alcune delle argomentazioni dei protezionisti. Prendiamo, per esempio, la lamentela standard secondo cui il protezionista "è favorevole alla concorrenza", ma questa competizione deve essere "equa". Ogni volta che qualcuno comincia a parlare di "concorrenza leale" o addirittura, di "equità" in generale, è il momento di tenere d'occhio il portafoglio, perché è in procinto di essere violato. Poiché la genuina "equità" è semplicemente rappresentata dai termini volontari di scambio, il comune accordo tra acquirente e venditore. Poiché la maggior parte degli Scolastici medievali furono in grado di capirlo, non esiste un prezzo "giusto" (o "equo") al di fuori del prezzo di mercato.

Quindi cosa ci potrebbe essere di "sleale" nel prezzo di libero mercato? Un'affermazione protezionista comune è quella secondo cui è "ingiusto" per un'azienda Americana competere con, diciamo, una ditta Taiwanese che paga solo la metà dei salari del concorrente Americano. Il governo degli Stati Uniti è chiamato ad intervenire ed a "pareggiare" i salari imponendo una tariffa equivalente sui Taiwanesi. Ma ciò significa che i consumatori non possono mai sostenere aziende con bassi costi, perché è "sleale" per loro avere costi inferiori rispetto ai concorrenti inefficienti? Questo è lo stesso argomento che sarebbe stato utilizzato da una ditta di New York che avrebbe cercato di azzoppare la concorrente in North Carolina.

Quello che i protezionisti non si preoccupano di spiegare è perché i salari Americani sono molto superiori a quelli in Taiwan. Non sono imposti dalla Provvidenza. I salari sono alti negli Stati Uniti perché i datori di lavoro Americani hanno offerto un prezzo superiore per questi salari. Come tutti gli altri prezzi sul mercato, i salari sono determinati dalla domanda e dall'offerta, e l'aumento della domanda da parte dei datori di lavoro degli Stati Uniti ha spinto in alto i salari. Cosa determina questa domanda? La "produttività marginale" del lavoro.

La domanda per ogni fattore di produzione, compresa la manodopera, è costituita dalla produttività di quel fattore, l'importo delle entrate che il lavoratore, o la libbra di cemento o l'acro di terra, si prevede che porti fino al limite massimo. Più è produttiva la fabbrica, maggiore sarà la domanda da parte dei datori di lavoro, e più alto sarà il suo prezzo o salario. La manodopera Americana è più costosa di quella in Taiwan, perché è molto più produttiva. Che cosa la rende produttiva? In una certa misura, le qualità comparative del lavoro, l'abilità, e l'istruzione. Ma la maggior parte delle differenze non sono dovute alle qualità personali degli stessi lavoratori, ma al fatto che l'operaio Americano, nel complesso, è dotato di maggiori e migliori beni strumentali rispetto ai suoi colleghi Taiwanesi. Maggiore e migliore risulta l'investimento di capitale per lavoratore, maggiore sarà la produttività del lavoratore, e quindi più alto sarà il salario.

In breve, se il salario Americano è il doppio di quelli in Taiwan, è perché l'operaio Americano è molto più capitalizzato, è dotato di maggiori e migliori strumenti, ed è quindi, in media due volte più produttivo. In un certo senso, suppongo, che non è "giusto" che il lavoratore Americano guadagni più di quello Taiwanese, non per le sue qualità personali, ma perché i risparmiatori e gli investitori gli hanno fornito più mezzi. Ma un salario è determinato non solo dalle qualità personali ma anche dalla scarsità relativa, e negli Stati Uniti, il lavoratore è molto più scarso in rapporto al capitale rispetto a quello che si trova a Taiwan.

Mettendola in un un altro modo, il fatto che i salari Americani siano in media il doppio di quelli di Taiwan, non rende il costo della manodopera negli Stati Uniti il doppio di quella in Taiwan. Dato che la manodopera Statunitense è due volte più produttiva, questo significa che il salario doppio negli Stati Uniti è compensato dalla doppia produttività, in modo che il costo della manodopera per unità di prodotto negli Stati Uniti e Taiwan tende, in media, ad essere lo stesso. Uno dei più gravi errori protezionisti è quello di confondere il prezzo della manodopera (salario) col suo costo, che dipende anche dalla sua produttività relativa.

Quindi, il problema affrontato dai datori di lavoro Americani non è davvero la "manodopera a basso costo" a Taiwan, perché la "manodopera cara" negli Stati Uniti è proprio il risultato della gara per la scarsa manodopera da parte dei datori di lavoro degli Stati Uniti. Il problema affrontato dalle aziende tessili degli Stati Uniti o da quelle automobilistiche meno efficienti non è tanto il lavoro a buon mercato a Taiwan o in Giappone, ma il fatto che altre industrie Statunitensi sono abbastanza efficienti da permetterseli, perché offrono salari alti in primo luogo.

Quindi, imponendo tariffe protettive e quote per salvare, soccorrere e salvaguardare aziende tessili degli Stati Uniti o automobilistiche o informatiche meno efficienti, i protezionisti non solo stanno danneggiando il consumatore Americano. Stanno anche danneggiando le aziende Americane efficienti e le industrie, a cui viene impedito di impiegare risorse attualmente bloccate da aziende incompetenti, e che potrebbero altrimenti essere in grado di espandersi e vendere i loro prodotti efficienti in patria e all'estero.



"Dumping"

Un'altra linea contraddittoria dell'assalto protezionista al mercato libero afferma che il problema non è tanto il basso costo di cui godono le imprese straniere, quanto la "slealtà" di vendere i loro prodotti "sottocosto" ai consumatori Americani, e dunque sfruttare la perniciosa e peccaminosa pratica del "dumping". Con tale dumping sono in grado di esercitare un vantaggio sleale nei confronti delle aziende Americane che presumibilmente non hanno mai fatto ricorso a tale pratica e si assicurano che i loro prezzi siano sempre abbastanza alti per coprire i costi. Ma se la vendita sottocosto è un'arma così potente, perché non è mai perseguita dalle aziende commerciali all'interno di un paese?

La nostra prima risposta a questa accusa è, ancora una volta, di mantenere il nostro sguardo sui consumatori in generale e sui consumatori Americani in particolare. Perché dovrebbe essere una questione di reclamo quando i consumatori ne benficiano in modo così chiaro? Supponiamo, per esempio, che la Sony sia pronta a danneggiare i concorrenti Americani vendendo televisori agli Americani ad un penny a testa. Non dovremmo gioire per una strategia assurda che sarebbe quella di subire gravi perdite mentre noi, consumatori Americani, veniamo sovvenzionati? E la nostra risposta dovrebbe essere: "Dai, Sony, aiutaci ancora di più!" Per quanto riguarda i consumatori, più c'è "dumping", meglio è.

Ma che dire dei poveri produttori Americani di TV, le cui vendite ne soffriranno fintanto che la Sony è disposta praticamente a dare via i propri apparecchi? Beh, sicuramente, la politica sensata per la RCA, la Zenith, ecc. potrebbe essere quella di sospendere la produzione e le vendite fino a quando la Sony stessa non andrà in bancarotta. Ma supponiamo che accada il peggio, e RCA, Zenith, ecc. siano a loro volta mandate in bancarotta dalla guerra dei prezzi della Sony? Beh, in questo caso, i consumatori staranno ancora meglio, in quanto gli stabilimenti delle aziende in fallimento, che rimarrebbero ancora in vita, sarebbero venduti all'asta, e gli acquirenti Americani sarebbero in grado di entrare nel business delle TV e competere con la Sony perché ora godrebbero di costi di capitale molto più bassi.

Per decenni, infatti, gli oppositori del libero mercato hanno sostenuto che molte aziende hanno guadagnato il loro potente status sul mercato con quello che si chiama "taglio predatorio del prezzo", cioè, mandando i loro concorrenti più piccoli alla bancarotta con la vendita di prodotti sottocosto, raccogliendo poi la ricompensa dei loro metodi sleali alzando i prezzi e adottando pertanto "prezzi da monopolio" per i consumatori. L'affermazione è che mentre nel breve periodo i consumatori ci possono guadagnare dalle guerre dei prezzi, il "dumping", e la vendita sottocosto, ci perdono nel lungo periodo col presunto monopolio. Ma, come abbiamo visto, la teoria economica mostra che questa sarebbe una perdita di tempo, con perdita di denaro per le imprese che operano il "dumping", senza raggiungere mai un monopolio di prezzi. E infatti, le indagini storiche non hanno mai trovato un solo caso in cui i prezzi predatori, se provati, hanno avuto successo, e ci sono in realtà pochissimi casi in cui è stato anche provato.

Un'altra accusa sostiene che le imprese Giapponesi o altre imprese estere possono permettersi di praticare il dumping perché i loro governi sono disposti a sovvenzionare le loro perdite. Ma ancora una volta, dovremmo accogliere con favore una tale assurda politica. Se il governo Giapponese è davvero disposto a sprecare risorse scarse per sovvenzionare gli acquisti Americana della Sony, tanto meglio! La loro politica sarebbe altrettanto controproducente come se le perdite fossero private.

C'è ancora un altro problema con l'accusa di "dumping", anche quando è insinuata da economisti o altri presunti "esperti" seduti in commissioni doganali e uffici governativi. Non c'è modo che qualunque osservatore esterno, sia esso un economista, imprenditore, o un altro esperto, possa decidere quali possano essere i "costi" di certe altre aziende. I "costi" non sono entità oggettive che si possono valutare o misurare. Per gli imprenditori i costi sono soggettivi , e variano continuamente, a seconda dell'orizzonte temporale dell'imprenditore o della fase di produzione o del processo di vendita con cui si trova ad avere a che fare in un qualsiasi dato momento.

Supponiamo, per esempio, che un commerciante di frutta abbia acquistato una cassa di pere per $20, pari a $1 a libbra. Egli spera e si aspetta di vendere quelle pere a $1.50 a libbra. Ma è successo qualcosa al mercato delle pere, e si trova nell'impossibilità di vendere la maggior parte delle pere a quel prezzo. Infatti, scopre che deve vendere le pere a qualsiasi prezzo che può ottenere prima che marciscano. Supponiamo che scopra che può vendere la sua scorta di pere solo a 70 centesimi a libbra. L'osservatore esterno potrebbe dire che il banco di frutta ha, forse "ingiustamente", venduto le sue pere "sottocosto", immaginando che i costi del commerciante fossero di $1 a libbra.



Industrie "Neonate"

Un altro errore protezionista sostiene che il governo dovrebbe fornire una tariffa temporanea per aiutare, o per porre in essere, una "industria nascente". Poi, quando l'industria sarà ormai consolidata, il governo potrebbe e dovrebbe togliere la tariffa e spingere l'industria ormai "matura" nell'arena della competizione.

La teoria è fallace, e la politica si è dimostrata disastrosa nella pratica. Perché non c'è più bisogno del governo per proteggere un'industria nuova e giovane dalla concorrenza straniera di quanto non ce ne sia per proteggerla dalla competizione interna.

Negli ultimi decenni, le "neonate" industrie della plastica, della televisione, e del computer hanno fatto molto bene senza tale protezione. Qualsiasi governo che sovvenziona un settore nuovo canalizzerà troppe risorse in quel settore rispetto alle vecchie imprese, ed inaugurerà anche distorsioni che possono persistere e rendere l'azienda o industria permanentemente inefficiente e vulnerabile alla concorrenza. Come risultato, le tariffe per le "industrie neonate" tendono a diventare permanenti, a prescindere dalla "maturità" del settore. I proponenti sono stati fuorviati da un'analogia biologica con i "neonati" che hanno bisogno delle cure degli adulti. Ma un'impresa non è una persona, giovane o vecchia che sia.



Industrie Più Vecchie

Infatti, negli ultimi anni, i vecchi settori che sono notoriamente inefficienti hanno usato quello che potrebbe essere definito una scusa di "senilità industriale" per il protezionismo. Le industrie dell'acciaio, quelle automobilistiche, ed altre si sono lamentate di "avere bisogno di un attimo di respiro" per ammodernarsi e diventare competitive con i rivali stranieri, e che questo sfiato potrebbe essere fornito da diversi anni di tariffe o quote d'importazione. Questo argomento è altrettanto pieno di buchi come l'approccio alle industrie neonate, tranne che sarà anche più difficile capire quando l'industria "senile" ringiovanirà magicamente. In realtà, l'industria siderurgica è stata inefficiente fin dalla sua nascita, e la sua età anagrafica non sembra fare alcuna differenza. Il primo movimento protezionista negli Stati Uniti fu lanciato nel 1820, guidato dall'industria del ferro della Pennsylvania (poi ferro e acciaio), alimentata artificialmente e forzatamente dalla guerra del 1812 e già in grave pericolo per i concorrenti stranieri molto più efficienti.



Il Falso Problema della Bilancia dei Pagamenti

Un insieme finale di argomenti, o meglio di allarmi, si focalizzano sui misteri della bilancia dei pagamenti. I protezionisti si concentrano solo sugli orrori delle importazioni che sono più delle esportazioni, il che implica che se le forze di mercato continuano incontrollate, gli Americani potrebbero finire per acquistare tutto dall'estero, mentre non vendono nulla agli stranieri, in modo che i consumatori Americani scavino la fossa alle aziende Americane. Ma se davvero le esportazioni cadrebbero quasi a zero, dove diavolo gli Americani troverebbero i soldi per acquistare i prodotti stranieri? La bilancia dei pagamenti, come abbiamo già detto, è uno pseudo-problema creato dall'esistenza delle statistiche doganali.

Durante i giorni del gold standard, un deficit nella bilancia dei pagamenti nazionale era un problema, ma solo a causa della natura della riserva frazionaria del sistema bancario. Se le banche Americane, spinte dalla FED o da precedenti forme di banche centrali, inflazionavano il denaro e il credito, l'inflazione Americana portava prezzi più elevati negli Stati Uniti, e questo avrebbe scoraggiato le esportazioni ed avrebbe incoraggiato le importazioni. Il deficit risultante avrebbe dovuto essere pagato in qualche modo, e durante l'era gold standard questo significava pagamenti in oro, la moneta internazionale. Così mentre il credito bancario si ampliava, l'oro iniziava ad uscire dal paese, il che rendeva le banche a riserva frazionaria ancora più instabili. Per affrontare la minaccia della loro solvibilità causata dal deflusso d'oro, le banche alla fine erano costrette a contrarre il credito, precipitando in una recessione ed invertendo il deficit della bilancia dei pagamenti, in modo da riportare l'oro nel paese.

Ma ora, nell'era della moneta fiat, i deficit della bilancia dei pagamenti sono veramente senza senso. Poiché l'oro non è più una "voce del bilancio". In effetti, non esiste alcun deficit nella bilancia dei pagamenti. E' vero che negli ultimi anni, le importazioni hanno superato le esportazioni di circa $150 miliardi l'anno. Ma l'oro non è uscito fuori dal paese. Né i dollari sono "volati" via. Il presunto "deficit" è stato pagato dagli stranieri che investono la quantità equivalente di denaro in dollari Americani: nel settore immobiliare, nei beni capitali, in titoli Americani, e in conti bancari.

In effetti, negli ultimi due anni, gli stranieri hanno investito abbastanza fondi propri in dollari per mantenere il dollaro in alto, permettendoci di acquistare le importazioni a basso costo. Invece di preoccuparci e lamentarci di questo sviluppo, dovremmo rallegrarci del fatto che gli investitori stranieri sono disposti a finanziare le nostre importazioni a basso costo. L'unico problema è che questa pacchia sta già volgendo al termine, con il dollaro sempre più economico e le esportazioni più costose.

Concludiamo che il fascio di argomenti protezionisti, molto plausibili a prima vista, sono davvero un tessuto di grandi errori. Essi tradiscono una completa ignoranza della maggior parte delle analisi economiche di base. In effetti, alcuni degli argomenti sono repliche quasi imbarazzanti delle affermazioni più ridicole del mercantilismo del 17° secolo: per esempio, che è quasi una calamità che gli Stati Uniti abbiano un deficit nella bilancia dei pagamenti, non in generale, ma solo con un paese specifico, ovvero, il Giappone.

Dobbiamo rileggere le confutazioni più sofisticate dei mercantilisti del 18° secolo — cioè, le bilance con i singoli paesi si annulleranno a vicenda, e quindi dobbiamo solo preoccuparci della bilancia generale? (Per non parlare del fatto che la bilancia generale non è un problema.) Ma non abbiamo bisogno di rileggere la letteratura economica per renderci conto che la spinta verso il protezionismo non deriva da teorie assurde, ma dalla ricerca di privilegi speciali e limitazioni al commercio a spese dei concorrenti efficienti e dei consumatori.

Nel perseguimento di interessi particolari usando il processo politico per reprimere e saccheggiare il resto di noi, i protezionisti sono tra i più venerabili. E' ora che ce li scrolliamo, una volta per tutte, dalle nostre spalle, e li trattiamo con la giusta indignazione che così riccamente meritano.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


13 commenti:

  1. Ciao Johnny sono Vincenzo.
    Una frase del post di oggi mi dà lo spunto per riprendere il discorso di ieri.
    Giusto, per chiudere da parte mia quanto dicevo sulla quantità di moneta. Nelle'esempio di Alberto. Bruno e via discorrendo, volevo dire che se tutte e sei le transazioni si basano sull'esistenza di una sola moneta che passa via via di mano, basta che si blocchi un solo passaggio - Bruno che inizia a fare "ciofeca" invece di caffè - perché istantaneamente si blocchino anche TUTTI gli altri passaggi. Viceversa, se tutti iniziano la giornata con una moneta in mano, vi sarà un intervallo di tempo prima che l'effetto negativo dovuto alla "ciofeca" di Bruno si inizi a sentire sugli altri operatori del mercato che nulla hanno a che fare con la "ciofeca" di Bruno. Questo intervallo di tempo permetterà a qualcun altro di aprire un bar al posto di Bruno. Non abitiamo in un mondo perfetto, per cui, anche all'interno del meccanismo stesso del mercato e senza volere andare al caso di catastrofi naturali, è necessario disporre di margini di sicurezza - i famosi ammortizzatori - che permettano al mercato di continuare ad operare anche in condizioni anomale.
    Io sono ingegnere. Quando un ingegnere progetta tiene conto non solo delle situazioni "catastrofiche" - il terremoto - ma anche del fatto che si possa verificare un "allineamento" di condizioni ognuna, di suo, normale, ma cche sommate possono portare al disastro. D'altra parte se ti guardi i rapporti sugli incidenti aerei ti renderai conto che essi non avvengono quasi mai per una singola causa ma per il sommarsi di una serie di piccoli eventi, ognuno dei quali capita centinaia di volte durante i voli normali, che da soli non avrebbero causato problemi. Ecco spiegata la ragione per cui si "sovrabbonda". E l'economia, come tutte le attività umane, non può essere da meno. Se una moneta in teoria basta, allora è bene che ce ne siano due.
    Vengo ora alla frase del post di oggi:
    "Ma ora, nell'era della moneta fiat, i deficit della bilancia dei pagamenti sono veramente senza senso. Poiché l'oro non è più una "voce del bilancio". In effetti, non esiste alcun deficit nella bilancia dei pagamenti. E' vero che negli ultimi anni, le importazioni hanno superato le esportazioni di circa $150 miliardi l'anno. Ma l'oro non è uscito fuori dal paese. Né i dollari sono "volati" via. Il presunto "deficit" è stato pagato dagli stranieri che investono la quantità equivalente di denaro in dollari Americani: nel settore immobiliare, nei beni capitali, in titoli Americani, e in conti bancari."
    Bene, se nell'epoca della moneta fiat il deficit commerciale, tra nazione e nazione, non è un problema, perché mai allora dovrebbe esserlo il debito pubblico, tra i cittadini e lo Stato, ovvero tra i cittadini e sè stessi?
    Con l'euro è comunque un problema, e su questo non ci piove. A difendere l'euro ormai in Italia penso che siano rimasti solo i Super Mario Brothers (anzi uno solo, visto che l'altro sta a Francoforte).
    A più tardi per un mio commento sui capitalisti e lo Stato

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  2. "[...] Viceversa, se tutti iniziano la giornata con una moneta in mano, vi sarà un intervallo di tempo prima che l'effetto negativo dovuto alla "ciofeca" di Bruno si inizi a sentire sugli altri operatori del mercato che nulla hanno a che fare con la "ciofeca" di Bruno."

    Credo che una buona introduzione alla teoria Austriaca non possa farti altro che bene. :)

    Una cosa fondamentale da capire è che qualunque sia la moneta in circolo, essa è sufficiente a svolgere perfettamente il suo compito di merce di scambio. Consulta questo articolo.


    "Non abitiamo in un mondo perfetto, per cui, anche all'interno del meccanismo stesso del mercato e senza volere andare al caso di catastrofi naturali, è necessario disporre di margini di sicurezza - i famosi ammortizzatori - che permettano al mercato di continuare ad operare anche in condizioni anomale."

    Ecco perché esistono le assicurazioni.


    "[...] perché mai allora dovrebbe esserlo il debito pubblico, tra i cittadini e lo Stato, ovvero tra [b]i cittadini e sè stessi[/b]?"

    Mi dispiace contraddirti, Vincenzo, ma questa è la classica propaganda statalista che "assolve" la dissolutezza di lorsignori del governo, in modo che ci autoconvinciamo che ripagare i ldebito pubblico è qualcosa che "dobbiamo a noi stessi." Io non ho mai preso in prestito nulla da nessuno; anzi, ho sempre pagato fior di quattrini quindi questo debito non mi riguarda.

    Devo, ancora una volta, rimandarti ad un precedente articolo.

    Sono argomenti che ho già trattato, ma per i "nuovi" arrivati come te che vogliono approfondire le meccaniche con cui questi pazzi ci vogliono fregare ogni giorno, è sempre un buon momento per studiare. ;)

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  3. CCiao Johnny, qui Vincenzo.
    Vedo che sulla questione della storia della moneta e di Alberto, Bruno e via discorrendo mi devo essere spiegato male, per cui provo a ripetere.
    Io intendevo dire che se a inizio giornata solo Alberto ha in tasca la sua monetina, dischetto di metallo prezioso o ferraccio coniato dal governo che sia, e che con quella va da Bruno il quale poi va da Carlo che vada da ecc. ecc. ecc., basta che Alberto non vada a prendere il caffè da Bruno, perché Bruno ha iniziato a fare ciofeca o anche perché Alberto ha il raffreddore, che tutta la seguente catena si blocchi daal momento che Bruno non avrà il suo dischetto di metallo per andare da Carlo e così via.
    Se tutti quanti iniziano la giornata con il loro dischetto di metallo in tasca, un singolo intoppo non fermerà tutta la catena.
    Giustamente tu dici che non ha importanza quale sia la moneta in circolo. Ma appunto deve essere in circolo. Un singolo dischetto metallico che la mattina sta in tasca ad Alberto e che viene utilizzato per fare muovere tutto il sistema, espone il sistema ai capricci del raffreddore di Alberto. Certo, sarebbe stato sufficiente a muovere il sistema, ma solo in teoria, la pratica è differente. Tu poi citi le assicurazioni; mettere in giro più dischetti di metallo altro non è che una forma di assicurazione contro i capricci del raffreddore di Alberto.
    E' assolutamente vero che gli altri potrebbero accordarsi, nel frattempo, per usare qualche altra cosa come moneta di scambio. Ma se può essere facile farlo per 4/4 persone, prova già a farlo con 1000 persone e vedi che casino succede. prima che si mettano d'accordo sono tutti morti di fame.
    Poi, chi ha mai detto che il debito pubblico debba essere ripagato? Ho detto che non è un problema, proprio perché non c'è bisogno che venga ripagato (fatto sempre salvo il caso dell'euro, ma lì entriamo in un altro campo).
    Il debito pubblico, così come il deficit, dovrebbe essere lo strumento attraverso cui l'emittente la moneta introduce nel sistema la quantità di "dischetti di metallo" o impulsi di computer che sono necessari a mantenere una corretta circolazione di dischetti tenendo conto dell'aumento della popolazione e della produzione.
    Una delle poche formule economiche che ho capito è:
    M*V=P*p quantità di moneta moltiplicato la velocità di circolazione uguale prezzo per quantità di produzione.
    posto che tutti effettivamente desideriamo prezzi stabili e un aumento della produzione per godere di più benessere, delle due l'una: o aumenta la velocità di circolazione, ma essa può incontrare limiti fisici (mica passo tutto il giorno ad entrare ed uscire dai negozi, ogni tanto faccio anche altro) oppure aumenta la quantità di moneta.
    Ergo, un aumento di moneta non è sinonimo di inflazione.
    Che poi il governo possa esagerare è sempre, di nuovo, un altro discorso.
    Ma, parliamoci chiari, anche tra gli imprenditori si tovano molti poco di buono. E se è vero che la moneta cattiva scaccia la buona, anche l'industria cattiva scaccia la buona.
    Il libero mercato, che anche io guardo come obiettivo da raggiungere, funziona solo se le informazioni sono perfette

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  4. Buona sera Johnny,
    spero tutto bene. Ho trovato molto interessanti sia i post sull'Anatomia dello Stato che quello sul ruolo del risparmio e dei beni capitali.
    E, come è nella mia natura di cercatore di pelo nell'uovo, ecco puntuali le mie osservazioni.
    Le faccio perché, trovando che quanto esposto risuana nelle mie corde, vado a cercare quanto possa non essere di immediata comprensione da parte dei non addetti ai lavori o comunque in qulache maniera agli stessi risultare un po' forzato.
    Nessun essere umano possiede la Verità. Cerchiamo sempre strade migliori attraverso la sperimentazione e prendendo il meglio di quanto ci viene proposto dalle varie parti, purché chi ce lo offre sia intellettualmente onesto.
    E' vero, tutti gli Stati sono nati da atti di forza; qualcuno si è proclamato re e ha imposto e poi comprato il suo potere. Ma ciò che nei secoli abbiamo fatto è stato contestare questo potere e avvicinarlo ai cittadini. E non è che non funzioni, almeno dal punto di vista economica. Non c'è stata nessuna popolazione organizzata in forma non statuale ma, ad esempio, tribale che sia riuscita a sviluppare sistemi economici avanzati. Noi tartassati italiani abbiamo comunque un sistema economico più avanzato degli indigeni del Borneo.
    Vengo ora al ruolo del risparmio e dell'investimento. Il punto che mi convince poco è questo: è vero che si risparmia per investire attendendosi un profitto futuro. Ma il singolo essere umano, il capitalista, quanto sposta in avanti il punto di ritorno sull'investimento effettuato?
    Per dirla con un esempio, quanto ha reso l'investimento che qualcuno, 2000 anni fa, fece costruendo Ponte Milvio a Roma. Considerando che continuiamo a godercelo (sono di Roma) nella sua funzione primaria ancora oggi quello è stato uno dei migliori investimenti della storia umana. Riesce oggi un privato pensare non dico a così lungo termine, ma a qualche cosa che vada un po' più in là dell'anno?
    Mi dirai che è colpa dello Stato che ha corrotto anche gli imprenditori. Ma i Romani lo Stato ce l'avevano eccome.
    Diciamo piuttosto che ci siamo corrotti di soli con l'avidità e l'ingordigia - e un pizzico di pigrizia.
    Saluti da Vincenzo

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  5. "[...] Se tutti quanti iniziano la giornata con il loro dischetto di metallo in tasca, un singolo intoppo non fermerà tutta la catena.

    Stai presupponendo però che il commercio sia fondato su una base lineare. Non è così, le azioni dei singoli attori determinano il premio o la punizione delle varie attività presenti sul mercato. Se Bruno inizia a non soddisfare i suoi clienti, verrà isolato e andrà fallito; tale isolamento segnalerà a Bruno che qualcosa non va con la sua attività e dovrà ingegnarsi a soddisfare meglio i clienti se vuole rimanere in attività. Il mercato non si fermerà perché Bruno non può spendere il suo denaro.

    Stiamo parlando di un mercato non ostacolato.

    Fornire monete "gratis" a tutti distorce semplicemente la struttura economica.

    Il succo è che questi soldi vengono spesi (in questo senso sono "in circolazione") aumentando la domanda di alcuni beni (es. le case x la crisi dei mutui) e facendone aumentare quindi il prezzo (ed in una certa misura l'offerta). Inoltre questo denaro viene poi speso in altri beni a cascata (borsa valori, beni secondari e primari) facendo aumentare il prezzo anche di questi ultimi.

    Le due conseguenze sono quindi

    A) inflazione (che si traduce in un consumo del capitale risparmiato ed in un trasferimento di ricchezza da tutti verso alcuni)

    B) investimenti in settori "sbagliati" a causa di una domanda sostenuta artificialmente


    "Tu poi citi le assicurazioni; mettere in giro più dischetti di metallo altro non è che una forma di assicurazione contro i capricci del raffreddore di Alberto."

    Assolutamente no. Parlavo di assicurazioni in caso di eventi imprevisti (terremoti, incendi, ecc.)

    E ti ho spiegato sopra perché moltiplicare le monete è un male per l'economia.


    "Il debito pubblico, così come il deficit, dovrebbe essere lo strumento attraverso cui l'emittente la moneta introduce nel sistema la quantità di "dischetti di metallo" o impulsi di computer che sono necessari a mantenere una corretta circolazione di dischetti tenendo conto dell'aumento della popolazione e della produzione.

    Il debito pubblico è utilizzato dalla politica per prendere in prestito il denaro necessario per il loro tornaconto personale. Adesso tutti stanno belando affinché zio Mario alla BCE tagli ancora il tasso di interesse sul denaro. Perché? Affinché attraverso la redistribuzione dell'inflazione possano soffiare i risparmi e la ricchezza dal popolo verso di loro.

    Inoltre, finanziare il debito attraverso le tasse è politicamente sconveniente e l'emissioni di ulteriori bond affinché attori privati li acquistino farà solamente aumentare i loro tassi di interesse.


    "Una delle poche formule economiche che ho capito è:
    M*V=P*p quantità di moneta moltiplicato la velocità di circolazione uguale prezzo per quantità di produzione.
    "

    Per gentile concessione di Milton Friedman.

    peccato che tale equazione ponga sullo stesso piano investimenti improduttivi e produttivi. "L'importante è la spesa." Ricorda vagamente qualcosa...


    "Ergo, un aumento di moneta non è sinonimo di inflazione."

    Anche Mugabe la pensava allo stesso modo. :)

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  6. "E se è vero che la moneta cattiva scaccia la buona, anche l'industria cattiva scaccia la buona."

    Seguendo la Legge di Gresham ciò si verifica, infatti, qualora una moneta fosse imposta artificialmente. Ti lascio immaginare chi sia in grado di fare una simile "azione".


    "Non c'è stata nessuna popolazione organizzata in forma non statuale ma, ad esempio, tribale che sia riuscita a sviluppare sistemi economici avanzati."

    La Free Banking Era degli Stati Uniti (unita al gold standard) ha posto le basi per una crescita senza precedenti dell'economia Americana. Ovvero, quando la perturbazione nell'economia da parte di qualche entità superiore faceva sentire la sua assenza, il mercato era in grado di curare qualsiasi difetto potesse affiorare.


    "Riesce oggi un privato pensare non dico a così lungo termine, ma a qualche cosa che vada un po' più in là dell'anno?"

    Non credo proprio. Ti basti pensare che la maggior parte delle piccole/medie aziende (la spina dorsale di un'economia) sono riluttanti a prendere in prestito per espandere la propria attività, poiché conscie ormai dell'ambiente distorto in cui si trovano ad operare.

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  7. "Una delle poche formule economiche che ho capito è:
    M*V=P*p quantità di moneta moltiplicato la velocità di circolazione uguale prezzo per quantità di produzione.
    posto che tutti effettivamente desideriamo prezzi stabili e un aumento della produzione per godere di più benessere, delle due l'una: o aumenta la velocità di circolazione, ma essa può incontrare limiti fisici (mica passo tutto il giorno ad entrare ed uscire dai negozi, ogni tanto faccio anche altro) oppure aumenta la quantità di moneta."

    Vincenzo se fosse questa la formula magica il problema sarebbe gia risolto da un pezzo con la moneta deperibile, ma però i limiti di tale sistema sono noti a tutti.
    Noi oggi in europa adottiamo l'euro che è una moneta di debito, cioè in pratica non si stampa moneta cosi da non avere inflazione, questa è stata la grande invenzione dei ns banchieri e governanti perchè pensavano di risolvere tutto tenendola bassa, ma per avere un economia solida e fiorente occorrono altre cose che sono totalmente in contrasto con questo tipo di sistema dettato dall'euro, infatti solo la Germania può stare a galla grazie alla forza delle sue esportazioni, ma per gli altri stati è praticamente impossibile tenere il passo, quindi le cose stanno cosi o la Germania si fa carico dei debiti degli altri per mantenere questo tipo di sistema oppure se non oggi sarà domani gli stati piu deboli sono costretti a dare forfait, infatti il danno piu grosso è quello che accade in questi giorni con l'aumento delle tasse, ciò servirà ad indebolire ulteriormente la capacità di spesa delle famiglie con una ricaduta catastrofica sulla ns già precaria e traballante economia, non si possono mettere le tasse per far abbassare uno spread ed accomodare i banchieri questa io la chiamo dittatura economica!

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  8. Ciao Asmy,
    ho visto che hai commentato il mio post e ti rispondo.
    Che l'euro, così come congegnato sia una baggianata che funziona solo per la Germania, e fra poco manco là, ne sono convinto anche io.
    Io stavo dicendo piuttosto che la quantità di moneta in circolazione deve essere commisurata, a parità di prezzi, cosa normalmente auspicabile quanto meno in un sistema stabile (lasciamo da parte le crisi per ora), e di velocità di circolazione (di nuovo, in una situaione stabile, in cui la gente fa circolare la moneta a una certa velocità quale che essa sia).
    Quella che ho riportato è una pura eguaglianza matematica, che non appartiene a nessuna teoria economica in particolare.. E' un po' come dire che la formula dell'acqua è H2O o come la formula della teoria della relatività di Einstein E=mc2. Non hanno importanza di loro, ma la acquistano quando usate in un certo contesto.
    Per esempio, l'equazione di Einstein ti dice che se vuoi produrre energia distruggi massa (peso, in termini volgari). Questo avviene sia quando bruci un ciocco di legno (la somma dei pesi di tutti i fumi sarà inferiore sia pure in termini praticamente impercettibili alla somma dei pesi del ciocco e dell'aria usata per bruciarlo) che nello scoppio di una bomba atomica. Nel primo caso ti scaldi, o cucini bistecche, nell'altro ti incenerisci, anzi, evapori. Stessa equazione, contesto differente.
    Assunto quindi che in un sistema che si vuole stabile, nei limiti che il termine stabile ha per tutti i fenomeni naturali, possiamo eliminare il fattore prezzo e il fattore velocità dall'uguaglianza. Ne risulta che la moneta deve essere uguale alla produzione. Quando si verifica uno sbilanciamento, si va incontro al disastro. Uno dei possibili disastri, come Johnny ha sottolineato, è appunto l'inflazione che avviene quando la quantità di moneta supera la produzione. A quel punto rientrano in gioco i prezzi che non restano più stabili. Ma possono avvenire anche altri guai. Provo ora ad offrirti una mia personale spiegazione di una delle ragioni perché l'Italia si è così inguaiata con l'euro, in particolare del perché non siamo più cresciuti.
    Seguo con un altro post perché qui non c'entra.
    Vincenzo

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  9. "Io stavo dicendo piuttosto che la quantità di moneta in circolazione deve essere commisurata, a parità di prezzi, cosa normalmente auspicabile quanto meno in un sistema stabile (lasciamo da parte le crisi per ora), e di velocità di circolazione (di nuovo, in una situaione stabile, in cui la gente fa circolare la moneta a una certa velocità quale che essa sia).

    Riesumiamo un pò Hayek, allora:

    «[...] Sembrerebbe che le ragioni comunemente avanzate come prova che la quantità del mezzo di scambio in circolazione dovrebbe variare al variare della produzione (se aumenta o diminuisce) siano interamente infondate. Sembrerebbe anche che la caduta dei prezzi proporzionale all'aumento della produttività, che necessariamente accade quando la quantità di denaro rimane la stessa e la produzione aumenta, non sia interamente pericolosa, ma infatti il solo mezzo per evitare maldirezionamenti della produzione.» -- F.A. Hayek, "Prices and Production", 1931.

    Milton Friedman non ha fatto altro che riesumare un cadavere (Fisher) e fornire le scusanti alla banca centrale per inflazionare. Oltre ad averla difesa per aver causato la Grande Depressione. E questo è il risultato del controllo dell'offerta di moneta da parte delle varie banche centrali: Currency Decline.

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  10. Eccomi Asmy, continuo qui il mio post precedente.
    Percé la crescita italiana si è bruscamente arrestata con l'adozione dell'euro, anzi abbiamo iniziato una decrescita?
    Ti ricordi cosa è successo praticamente istantaneamente alla mezzanotte dell'1 Gennaio 2002?
    Che tutti i pizzettari, i negozianti, i gestori di stabilimenti balneeari etc. etc. hanno adottato un cambio tutto loro 1 € = 1000 lire, il tutto nella completa indifferenza di chi avrebbe dovuto vigilare. Una pizza e una birra, che fino allora a Roma costavano 10000 Lire, hanno iniziato a costare 10 €. Un panino veloce con bevanda al bar all'ora di pranzo è passato da 5000 Lire a 5 € (te lo dico con certezza perché all'epoca in genere pranzavo con un panino). Una spesa settimanale al supermercato è passata da 100000 Lire a 100 € (facevamo collezione dei punti sulla tessera del supermercato, me ne sono accorto cosi), e via discorrendo.
    Insomma, in altre parole, se riprendiamo l'equazione di prima
    M*V=P*p il valore di P è raddoppiato mentre il valòore di M è rimasto costante. Poiché non è successo che chi si è approfittato di questa situazione si sia messo immediatamente a fare circolare la moneta, è stato inevitabile che p scendesse per mantenere l'uguaglianza. E ci siamo impoveriti tutti.
    Della cosa dobbiamo ringraziare il governo Prodi/Ciampi, per avere aderito all'euro senza comprenderne a fondo le possibili implicazioni e senza richiedere che venissero inseriti meccanismi di protezione (sarebbe bastato mantenere la doppia circolazione, considerando la lira come una frazione di euro e non come moneta a se stante, per un anno e non per due mesi), e il governo Berlusconi per non avere vigilato assolutamente sui prezzi, anzi chiudendo tutti e due gli occhi visto che gli approfittatori erano i suoi elettori, dopo l'introduzione dell'euro.
    Di fatto, oggi, stiamo soffrendo di una carenza di liquidità, almeno in Italia e in Europa, situazione ben diversa da quella americana. Lì, l'indebitamento è stato conseguenza di una euforia collettiva da denaro facile molto ben spiegata nei vari post, qui da noi lè successo esattamente l'opposto; l'indebitamento è nato da carenza di denaro.
    Rssendo io a reddito fisso, mi sono immediatamente accorto, dopo l'introduzione dell'euro, di non riuscire più a risparmiare nulla.
    Mi ritengo fortunato perché, avendo un reddito discreto e un po' di risparmi da parte, non ho dovuto tagliare il mio tenore di vita, ma questa fortuna non è stata condivisa da molti.
    Un saluto,
    Vincenzo

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  11. "Ti ricordi cosa è successo praticamente istantaneamente alla mezzanotte dell'1 Gennaio 2002?
    Che tutti i pizzettari, i negozianti, i gestori di stabilimenti balneeari etc. etc. hanno adottato un cambio tutto loro 1 € = 1000 lire, il tutto nella completa indifferenza di chi avrebbe dovuto vigilare.
    "

    Il cambiamento dei prezzi al dettaglio parte da molto lontano. Credo che un peso può averlo avuto la coniazione di monete metalliche: 2001, 2002, 2003, 2004.

    L’Italia ha un “picco” nel 2002, ovvero con l’introduzione dell’euro, soprattutto in termini relative con le altre nazioni. Se consideriamo il fatto che le banconote da 5mila lire e da 1000 lire sono “diventate” monete da 1 e 2 euro, il sospetto che lo Stato (con l’approvazione dela BCE) ne abbia approfittato coniando uno sproposito di monete non è così campata in aria.

    Conta che €4 miliardi in monete sono davvero tanti, se pensi che nello stesso periodo la somma delle banconote in circolazione ed i depositi legali si aggirava intorno ai €72 miliardi (voci 1 & 2 pag.30).

    Infatti se leggi a pag.241:

    In Italia, la crescita degli aggregati monetari è stata più elevata che nel resto dell’area, riflettendo soprattutto la ricomposizione dei portafogli delle famiglie, particolarmente intensa nel corso dell’anno Al netto del circolante (non più misurabile a livello nazionale dopo l’introduzione delle banconote e delle monete in euro), la crescita sui dodici mesi del contributo italiano alla M3 dell’area è stata del 9,5 per cento nel 2002 (9,3 nel 2001).

    Le autorità non hanno alcuna intenzione di vigilare, perché sono le stesse che truffano. L'eccessiva burocrazia e la tassazione selvaggia finisce di azzoppare la crescita.

    RispondiElimina
  12. Insomma Johnny, finalmente ci troviamo d'accordo su qualcosa, ovvero che l'avere fatto in modo che i prezzi crescessero vertiginosamente, senza una reale ragione economica, ci ha inguaiato. Che poi ciò sia successo per poca vigilanza, coniatura di una enormità di monete (io le disperdo in continuazione così come mi succedeva con le 100 lire, con la differenza che una moneta da 1 € dovrebbe valere 20 volte tanto) è, di fondo irrilevante. Di fatto ci è stata prosciugata la liquidità effettiva, utile. E come conseguenza la produzione e gli investimenti sno caduti a picco.
    Pensavano, loro, di avere trovato l'uovo di Colombo, per ridurre il peso del debito visto che con la lira era di fondo un debito solo virtuale mentre con l'euro è diventato reale - io ero felicissimo, con le lire, di avere i BTP al 12 %, ora se sento che salgono di mezzo punto mi spavento - e invece il gioco si è ritorto contro, purtroppo soprattutto contro di noi.
    Comunque di fondo io rimango convinto che non si tratti di abolire lo Stato, ma di farlo funzionare per servire le esigenze dei cittadini.
    Vedi, io lavoro in una grande azienda. All'interno di una azienda l'amministrazione è un po' come lo Stato. Spesso l'amministrazione finisce per prendersi un potere che non le compete, non si mette più al servizio di chi produce e vende, ma pretende che chi produce e vende si metta al servizio suo e di regole piuttosto strampalate. Le aziende, normalmente, hanno la capcità di rimettere in riga l'amministrazione. Ci possiamo e dobbiamo riuscire anche noi con lo Stato/governo.
    Provo a lanciare una proposta provocatoria che forse, se venisse fatta circolare e adeguatamente fosse adeguatamente pubblicizzata, potrebbe tramutarsi in un movimento di opinione che potrebbe spingere a cambiare il vento.
    In alternativa alle super-tasse di Super Mario (o, proprio al limite, insieme ad esse affinché queste super-tasse possao essere tolte il prima possibile), togliamo dagli uffici pubblici il 30 % del personale.
    Gli lasciamo lo stipendio garantito per 5 anni, non vogliamo certo che da un giorno all'altro si trovino senza reddito e che occupino le stazioni. In questi 5 anni dovranno:
    1)dedicarsi alla pulizia di parchi, spiagge e altri luoghi pubblici
    2)aiutare gli anziani che abbiano difficoltà a muoversi ma comunque autosufficienti, ovvero quelli che non richiedono assistenza specialistica, a fare la spesa e sbrigare tutte le loro incombenze quotidiane al fine di liberare i loro parenti produttivi da tali incombenze che ne riducono la produttività
    3)accompagnare la mattina i bambini a scuola facendo sì che i loro genitori abbiano più tempo per il loro lavoro e non siano costretti ad uscire di casa tutti alla stessa ora intasando le strade delle città
    4) qualsiasi altra cosa che ci faciliti la vita e ci porti un qualche utile sia pur piccolo piuttosto che intasare gli uffici pubblici con la richiesta di pratiche non necessarie.
    Durante questi 5 anni avranno modo di imparare a vendere questi servizi, se saranno apprezzati, oppure di imparare un altro mestiere.
    Penso che, a costo zero, e senza provocare traumi sociali, ne avremmo tutti solo da guadagnare.
    E voglio vedere chi sarebbe capace di dire di no senza prendersi una solenne pernacchia.
    Saluti da Vincenzo

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  13. Vincenzo ti ha risposto piu che egregiamente jhonny, posso solo aggiungere che la stabilità in economia non esiste ma è pura utopia, questo perchè le generazioni che si susseguono cambiano modi e stili di vita e l'unico sistema a mio avviso che puo seguire certi cambiamenti è quello del libero mercato con tutti i suoi pregi e pure i suoi difetti, anzi sono il primo a dire che ci sono difetti nel libero mercato, ma di sicuro sono il danno minore rispetto ad un sistema decisionale centralista, e la teoria economica austriaca è quella che piu si adatta ad un sistema di libero mercato dunque, visto che ti piace la matematica, se 1 + 1 fa 2 è facile trarre le conclusioni e capire i mali attuali del sistema odierno.

    Ciao

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