Bibliografia

lunedì 31 ottobre 2011

Keynes e la Classe Dirigente

Dopo l'articolo di ieri sono emerse delle "lamentele" sul presunto legame spesa a deficit e Keynes."In ogni periodo lo Stato deve regolare il livello della spesa pubblica in modo da portare la domanda globale al livello che assicura la piena utilizzazione delle risorse disponibili". Questa è la giustificazione esatta di tale politica. La quantità di denaro assorbita dai burocrati che amministrano programmi di spesa è sempre enorme. L'amministrazione di tali programmi risucchia quantità sempre più ingenti di risorse. Nessuno vuole che smettano di esistere: sono un flusso di voti e di denaro. Potere da un lato, briciole dall'altro. Nessuno si azzarderebbe a terminarli: ad esempio, il welfare. La politica deve favorire i gruppi con interessi speciali, ma ha bisogno della "foglia di fico" davanti le persone comuni: il consenso.
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di Garet Garrett


[American Affairs, 1947]


Il lavoro inefficientemente intitolato, The General Theory of Employment, Interest and Money, ora comunemente abbreviato a The General Theory, è stato pubblicato nel 1936. Aveva dunque solo dieci anni quando l'autore, John Maynard Keynes, morì lo scorso Aprile. Probabilmente nessun altro libro ha mai prodotto in così poco tempo un effetto analogo. Ha tinto, modificato e condizionato il pensiero economico in tutto il mondo. Su di esso è stata fondata una nuova chiesa economica, completamente arredata con tutte le caratteristiche proprie di una chiesa, come una rivelazione di sé, una dottrina rigida, un linguaggio simbolico, una propaganda, un clericalismo, e una demonologia. La rivelazione, anche se brillantemente scritta, era tuttavia oscura e difficile da leggere, ma sebbene ci si sarebbe aspettato che questo fatto avesse ostacolato la diffusione della dottrina, ebbe un risultato contrario e servì ai fini della pubblicità, dando origine a scuole di esegesi ed a controversie che erano interminabili perché niente poteva essere risolto. Non c'era alcuno stato della società esistente in cui la teoria potesse essere dimostrata o smentita dalla dimostrazione — né ce n'è ancora una.

Il momento del libro è stato molto fortunato. Per una società pianificata di cui stavano parlando, i Socialisti erano in disperato bisogno di una formula scientifica. Allo stesso tempo il governo aveva bisogno di una razionalizzazione della spesa a deficit. L'idea del welfare del governo che era in crescita sia qui che in Gran Bretagna — qui sotto il segno del New Deal — si trovava in cattive acque. Non aveva risposta per coloro che continuavano a chiedere: "Da dove arriveranno i soldi?" Era vero che il governo aveva preso il controllo della moneta come strumento sociale e che la tirannia restrittiva dell'oro era stata rovesciata, ma il feticcio della solvibilità è sopravvissuto e ha minacciato di frustrare le grandi intenzioni sociali.

Proprio in questa crisi storica della politica sperimentale, con i Socialisti persi in un deserto da qualche parte tra l'Utopia ed il totalitarismo, e con i governi alla deriva in un mare di denaro gestito centralmente, impaurito ad andare avanti ed incapace di tornare indietro, l'aspetto della teoria di Keynes era come una risposta ad una preghiera. La sua impresa è stata duplice. Per i pianificatori Socialisti ha offerto una serie di strumenti algebrici, che, se utilizzati secondo il manuale di istruzioni, avrebbero garantito una piena occupazione, un equilibrio economico, ed una giusta redistribuzione della ricchezza, tutti e tre in una volta e con una sorta di regolo di precisione — alla sola condizione che la società doveva davvero volere la salvezza. E la stessa teoria in virtù delle sue implicazioni logiche salvò il welfare del governo dalla minaccia dell'insolvenza. Quella parola — insolvenza — non avrebbe più avuto alcun significato per un governo sovrano. Il pareggio di bilancio era uno spauracchio capitalista. La spesa a deficit non era quello che sembrava. Era infatti un investimento; ed il suo uso era quello di riempire un vuoto degli investimenti — un vuoto creato dalla tendenza cronica ed incorreggibile della gente di risparmiare troppo. "C'è stata", disse, "una tendenza cronica nel corso della storia per la propensione al risparmio piuttosto che un forte incentivo ad investire. La debolezza dell'incentivo ad investire è stata in ogni momento la chiave del problema economico." Con investimento intendeva l'uso del capitale in uno spirito di avventura.

Questa idea era la base stessa della teoria. Dall'eccessivo risparmio e dallo scarso investimento scaturisce la disoccupazione. E quando da questa causa appare la disoccupazione, come era normale che accadesse, in primo luogo periodicamente e poi come un male permanente, l'unica cura per il governo è quella di spendere denaro. Tra gli strumenti algebrici c'era il famoso moltiplicatore con l'uso del quale gli esperti sarebbero in grado di determinare con precisione quanto il governo avrebbe dovuto spendere per creare la piena occupazione.

In breve, quindi, la teoria diceva che quando le persone non stavano investendo abbastanza nel loro futuro per mantenersi tutti al lavoro il governo avrebbe dovuto farlo al posto loro. Dove e come il governo avrebbe preso il denaro? Beh, in parte tassando i ricchi, che notoriamente risparmiano troppo; in parte prendendo in prestito dai ricchi, e, se necessario, come ultima risorsa, stampandolo — e tutto sarebbe andato per il meglio, perché con la piena occupazione la società in generale sarebbe diventata sempre più ricca. In ultima analisi le soddisfazioni della vita economica sarebbero diventate sporcizia a buon mercato, il tasso di interesse sarebbe sceso a zero, e la conseguenza sarebbe stata l'estinzione indolore della classe redditiera, cioè coloro che vivono di interessi e non producono nulla.

Se ho ragione [disse] nel supporre che sia relativamente facile rendere i beni capitali così abbondanti in modo che l'efficienza marginale del capitale sia pari a zero, questo potrebbe essere il modo più sensato di sbarazzarsi gradualmente di molte delle caratteristiche discutibili del capitalismo. Una breve riflessione mostrerà quali enormi cambiamenti sociali deriverebbero dalla progressiva scomparsa di un tasso di rendimento sulla ricchezza accumulata. Un uomo sarebbe ancora libero di accumulare il suo reddito al fine di spenderlo in un secondo momento. Ma la sua accumulazione non crescerebbe. Egli sarebbe semplicemente nella posizione del padre del Papa, il quale, quando si ritirò dagli affari, portò con sé una cassa di ghinee nella sua villa a Twickenham e soddisfò le sue spese domestiche con queste.

E in cosa il governo dovrebbe spendere il denaro? Preferibilmente, come ovvio che sia, per la creazione di opere produttive, cioè, ulteriore produzione delle cose che soddisfano i bisogni umani; ma tale era l'importanza di mantenere tutti nella piena occupazione che sarebbe stato meglio investire il denaro in monumenti e piramidi piuttosto che non spenderlo affatto.

L'antico Egitto [disse] era doppiamente fortunato, e senza dubbio doveva a ciò la sua ricchezza favolosa, in quanto possedeva due attività, cioè, la costruzione di piramidi come anche la ricerca di metalli preziosi, i cui frutti, dal momento che non potevano servire i bisogni dell'uomo attraverso la loro consumazione, non diventavano stantii tramite l'abbondanza. Nel Medioevo si costruirono cattedrali e venivano cantati canti funebri. Due piramidi, due mausolei per i defunti, sono sempre meglio di una; ma non è così per due ferrovie da Londra a New York. Siamo così sensibili, abbiamo insegnato a noi stessi a raggiungere una tale parvenza di finanzieri prudenti, esigendo un'attenta riflessione prima di aggiungere oneri finanziari ai posteri con la costruzione di case in cui possono viverci, che non abbiamo una via di fuga facile dalle sofferenze della disoccupazione. Dobbiamo accettarle come il risultato inevitabile dell'applicazione alla condotta dello Stato di massimi che sono ben calcolati per arricchire un individuo permettendogli di accumulare diritti di cui godere che non intende esercitare in un momento preciso.

Raramente i Keynesiani fanno riferimento a questo passaggio, forse perché non sono mai stati sicuri che lo intendesse con un accento di serietà. Potrebbe benissimo essere un Keynes in uno dei suoi stati d'animo maliziosi.

E' significativo ricordare che la prima applicazione precisa e consapevole della teoria è stata fatta dal New Deal; e quando nel terzo anno Roosevelt cominciò a dire che la spesa a deficit del governo doveva essere considerata come un investimento per il futuro del paese, stava prendendo le parole direttamente dalla teoria di Keynes. I risultati promessi non scaturirono; la disoccupazione non fu curata. Questa delusione, dicono i credenti, non fu colpa della teoria, ma semplicemente e solo per il fatto che la spesa a deficit non andò abbastanza lontano. I deficit avrebbe dovuto essere coraggiosamente maggiori.

E' forse ancor più significativo che nel suo paese era considerato come un luminare pericoloso e che il governo Britannico non potè avvalersi del suo genio fino a quando non venne il tempo in cui esso stesso si trovò in una posizione pecuniariamente difficile. Aveva già divorziato dal gold standard, fingendo di averlo fatto secondo una morale; e poi, non appena la mentalità Britannica cambiò da creditore a paese debitore, quello di cui il Tesoro aveva bisogno era qualcuno che potesse coprire le nudità dell'eresia finanziaria con un vestiario plausibilmente non trasparente e allo stesso tempo dare alla sterlina gestita centralmente uno scintillio per sostituire il lustro perduto della sterlina d'oro. E così accadde che il signor Keynes fu preso nel Tesoro Britannico come il suo principale consigliere, seduto nel consiglio della Banca d'Inghilterra, ed elevato alla nobiltà come Barone Keynes di Tilton.

Tutti i pianificatori prendono Keynes come il loro profeta. Ma nel grande test dei suoi poteri profetici fallì storicamente. Rappresentava il Tesoro Britannico alla realizzazione del Trattato di Versailles. Poco dopo, si dimise dal suo posto al fine di attaccare il trattato e scrisse un libro intitolato The Economic Consequences of the Peace, il cui effetto politico, a posteriori, risultò disastroso. La sua tesi era che la Germania non avrebbe mai potuto ripagare le riparazioni che le erano state richieste, e che anche se avesse potuto permettersi di pagarle i suoi creditori non sarebbero riusciti a riceverle. In considerazione di quello che la Germania fu in grado di fare in preparazione alla Seconda Guerra Mondiale, era una sciocchezza dire che non poteva pagare le riparazioni della Prima Guerra Mondiale, e se non fosse stata scaricata, non ci sarebbe stata una Seconda Guerra Mondiale, o almeno non ancora.

La letteratura fondata su Keynes è dogmatica. Keynes stesso non lo era. Alla fine del suo libro, improvvisamente si chiedeva se avesse funzionato. Le sue idee erano "una speranza visionaria?" Erano correttamente radicate "nei motivi che governano l'evoluzione della società politica?" "Saranno in contrasto con interessi più forti e più evidenti rispetto a quelli che serviranno?" Non fece alcun tentativo per rispondere alle sue domande. Ci sarebbe voluto un altro libro, disse, per indicare le risposte anche a grandi linee.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


6 commenti:

  1. Penso che Keynes fu per i poteri politici l'equivalente di Lutero per i principi tedeschi:

    Una buona scusa.

    Entrambi i soggetti con le loro teorie permettono ad altri di superare dei limiti impositivi che proibivano l'espansione "ad libitum" di un potere su un altro. Per infrangere questi equilibri serve un pretesto che sia validato da una voce sufficientemente autorevole e abbastanza super-partes.

    Lutero libera i Principi Tedeschi dal controllo della Chiesa, Keynes libera gli Stati dal principio di non intromissione nell'economia.Entrambi vengono usati per fini pratici, la teoria è irrilevante.

    Sembra ovvio che il livello di correttezza o di sensatezza di tali motivazioni non interessi più di tanto, quello che conta è che ci siano delle spiegazioni sufficientemente coerenti che forniscono motivazioni sufficienti a vantaggio di qualcuno a scapito di qualcun'altro. Le teorie poi vengono scartate e modificate dal potere a piacimento per superare anche i nuovi limiti che queste ponevano in essere.

    Non è un caso che Lutero fosse molto turbato dall'ondata di disinterpretazione della riforma quando probabilmente capì di essere stato manipolato. Così come penso sarebbe rimasto turbato Lord Keynes vedendo come la sua General Theory sia caduta nel dimenticatoio e come i suoi moniti contro l'indebitamento siano stati sorpassati.

    Insomma, ripiombiamo a piè pari nella favola del lupo e dell'agnello di Esopo, solo che in questa versione il lupo non parla direttamente, si serve del pensiero e della parola della volpe, dopo aver ammazzato l'agnello, sbrana anche la volpe.

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  2. Questa riflessione si intreccia egregiamente con il pensiero di Garrett, quando egli stesso parla di Chiesa di Keynes. :)

    Ormai Giuseppe, dato che non possiamo evitare il tracollo, spero almeno che le cause vengano comprese. Per il momento prendiamola a ridere: http://lh4.ggpht.com/_lSiZbZh1vNg/S_qAshv3ypI/AAAAAAAAC9U/51rYphjJHIw/s800/Maynard-ita-2.jpg

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  3. Curioso veder citare Lutero proprio il giorno della ricorrenza della pubblicazione delle sue 95 tesi, il giorno l'inizio della Riforma Protestante.
    Paragonare Lutero a Keynes in questo modo mi fa venire le vertigini.
    La "teoria" di Lutero, ovvero la sua teologia, è tutt'altro che irrilevante, visto che ha gettato le fondamenta per l'avvento della nostra cossiddetta "civilizzazione occidentale", con le sue libertà, partendo da quella religiosa e per finire con quella economica (giusto per rimanere in tema).
    Il fatto che la libertà economica oggi sia in pericolo, per non dire quasi inesistente, è la dimostrazione che quella "irrilevante" teoria è stata dimenticata in occidente, e lo si vede dal fatto che il 31 ottobre invece di festeggiare quell'importante ricorrenza, si celebra una stupida e supersitiziosa pagliacciata.

    Uno dei primi collabatoratori di Ron Paul (assieme a Gary North) ha scritto qualcosa di interessante a proposito.

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  4. Caro Johnny,

    Dopo aver sentito spezzoni di trasmissioni politiche ed economiche, capisco la nostra classe dirigente e intellettuale non vuole capire le cause e si ritrova impantanata nel fenomeno della negazione; non si vuole credere a quello che si vede, significherebbe perdere un intero sistema di decodifica della realtà spacciato, sino a qualche anno fa per infallibile.

    L'orgoglio li spinge a rifiutare sdegnosamente la verità tangibile e li costringe a sintetizzare nuove verità supposte, che possano spiegare perché l'intera casa va a pezzi mentre chi l'ha progettata (economisti) e chi l'ha costruita e manutentata (politici) non ha visto nemmeno i segni del cedimento.

    Forse l'orgoglio li tradirà, stavolta. Forse questo è il famoso "passo più lungo della gamba". Creare verità supposte, rischia di essere una condanna più che una benedizione sopratutto quando chi ha creduto a quelle verità ti chiede di operare coerentemente con gli standard che tu stesso hai fissato:

    -Crescita Continua
    -Stabilità "BulletProof"
    -Lavoro garantito
    -Prezzi bassi
    -Salari alti.

    Solo in quel momento capisci di aver violato il primo principio del bugiardo "Menti spudoratamente ma sempre con intelligenza". Inventare balle troppo grandi è facile e nel breve termine anche vantaggioso, ma ti conduce alla rovina nel lungo periodo. L'onestà intellettuale e morale dovrebbe spingere i teorici ad ammettere i propri errori e a rimendiare il più possibile al danno fatto. Ammettere i propri "peccati" e fare ammenda non è cosa da tutti. Questo è il decadimento morale che contagia tutta la nostra società.

    Bellina la striscia sul vecchio Zio John. :-)


    Cambiando discorso;

    Penso che Anonimo vada "fuori tema", io dico

    Entrambi [ndr Macroeconomia Keynesiana e Luteranesimo] vengono usati per fini pratici, la teoria è irrilevante.

    In questa fase si intende dire che le teorie sono utilizzate dagli organi politici del tempo per perseguire dei fini pratici ed acquisire un potere più ampio, non per un motivo filosofico o di ordine morale.


    La teoria Luterana poi è rilevantissima, così come lo sono tutte le grandi teorie religiose e filosofiche, con i loro pregi e difetti. Che il luteranesimo sia la chiave della "civilizzazione occidentale", mi sembra francamente opinabile.

    Ribadisco che il paragone non è fra Keynes e Lutero e che la parola "irrilevante" non è diretta alla valutazione soggettiva della teoria.

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  5. Sull'irrilevante hai ragione, mi sono reso conto dopo della tua intenzione.
    E anche sulla rilevanza del "luteranesimo" in un certo senso.
    Ma che le sue "idee" stiano alla base della nostra cosiddetta "civilizzazione", si può considerarlo opinabile quanto si vuole, ma non cambia le cose.
    Beninteso, non cerco di convincere nessuno, ho colto solo l'occasione della citazione di Lutero nel giorno della Riforma, ops, di Halloween per ripetere queste cose. Ho colto l'occasione proprio in questo blog dove Johnny traduce i grandi scritti di Gary North che, è bene ricordarlo è un calvinista, che sarebbe ben d'accordo con quel che ho scritto. Ma chi lo dimostra con efficacia è il suo collega ai tempi di primi mandati di Ron Paul al congresso.
    Non dico chi è per non esser accusato di propaganda. Non è difficile scoprirlo, e chi vuole approfondire, potrà farlo.

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  6. Non dico chi è per non esser accusato di propaganda. Non è difficile scoprirlo, e chi vuole approfondire, potrà farlo.

    Bè, per quanto riguarda la religione mi astengo dall'emettere giudizi. Risposi già in un altro luogo che sinceramente non mi interessano le posizioni religiose di Gary North, personalmente traggo un grande piacere nel leggere le sue dissertazioni economiche e politiche; ha quel guizzo in più che lo porta ad essere una spanna sopra tutti gli altri. Per il resto non dò eccessivo peso alle sue teorie religiose. Anche perché ho imparato che ogni volta che si parla di tale argomento si finisce sempre e comunque in un campo minato.

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