Bibliografia

lunedì 29 agosto 2011

Sul Fare Qualcosa a Riguardo

"E' incredibile come non appena una popolazione diventi una cittadinanza, cada immediatamente in una completa noncuranza della propria libertà che difficilmente può essere incitata al punto da riguadagnarla, obbedendo così facilmente e così volenterosamente che uno potrebbe concludere, vedendo una situazione simile, che questa popolazione non ha tanto perso la propria libertà piuttosto ha vinto la propria schiavitù. [...] Gli siocchi non hanno compreso che stavano solamente recuperando una porzione della propria proprietà, ed il loro governante non avrebbe potuto dare loro quello che stavano ricevendo senza averlo dapprima preso da loro." ~ Étienne de La Boétie, Discourse of Voluntary Servitude
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di Frank Chodorov


[Estratto dal capitolo 10 di Out of Step (1962). Un file audio MP3 di questo articolo, narrato da Colin Hussey, è disponibile per il download.]


Un tizio giovane deve avere una "causa". L'utopia è una malattia naturale per il ragazzo universitario come lo era il morbillo durante la sua infanzia. La mia malattia è l'anarchismo. Non so chi scegliere tra Kropotkin e Proudhon o perché mi hanno fornito argomenti con cui confutare i socialisti al campus oppure perché hanno scritto molto sull'individualismo, la quale cosa sembra essere radicata nel mio carattere.

In ogni caso, ho sperimentato un amore burrascoso per l'anarchismo, che terminò solo quando mi interessai alle dottrine economiche delle varie scuole di anarchismo allora ancora esistenti. Tutte loro vedevano di cattivo occhio l'istituzione della proprietà privata, senza la quale, mi sembrava già da allora, l'individualismo non avrebbe avuto senso.

Se un uomo non può godere dei frutti del suo lavoro, senza intralci o impedimenti, è schiavo di colui che si appropria della sua proprietà; uno schiavo non ha diritti di proprietà.

Inoltre, ho ragionato, l'abolizione della proprietà privata potrebbe essere ottenuta solo con l'intervento di uno Stato onnipotente, che gli anarchisti erano così inclini a distruggere. Questa incongruenza frenò la mia breve passione per l'anarchismo.

Bakunin in special modo mi disturbava. La sua urgenza di "fare qualcosa" con le bombe non mi garbava molto, non perché fossi particolarmente pacifico ma perché compresi che non poteva derivare alcun bene dalla violenza. Il bombarolo potrebbe ottenere qualche cambiamento nel governo con le sue tattiche, ma potrebbe contenere la tentazione di lanciare bombe? Potrebbe non usarle per acquisire ed esercitare il potere per conto suo? Ad un'età precoce sviluppai una certa distanza verso il "fare qualcosa" — cioé, verso l'organizzazione ed il riorientamento forzato della società secondo la mia stessa immagine. Non sono mai stato un socio sostenitore (addirittura con tessera) di alcuna organizzazione, sono disgustato da qualsiasi tentativo di canalizzare il mio pensiero e sono costituzionalmente contrario all'azione politica.

Mi piacerebbe, ovviamente, vedere la società organizzata in modo che l'individuo sarebbe libero di perseguire la sua "ricerca della felicità" come ritiene più opportuno e secondo le sue stesse capacità. Ecco perché io suppongo che l'individuo sia dotato fin dalla nascita del diritto di farlo. Non posso negare questo diritto ai miei concittadini senza implicare che io non ho questo diritto per me stesso, e non lo ammetterò. Rivendico per me stesso la prerogativa di ubriacarmi e di smaltire le mie condizioni lungo i marciapiedi, purché, ovviamente, io non interferisca con il diritto del mio vicino di andare all'opera; questo è il mio, ed il suo, modo ricercare la felicità. Come può una terza persona sapere che ubriacarsi o andare all'opera non è un "bene" per noi? Egli, o la società, o una maggioranza potrebbero sostenere che noi, io ed il mio vicino, abbiamo valori "sbagliati" e potrebbero provare a dircelo, ma l'imposizione della forza per farci cambiare i nostri valori è ingiustificata; tale uso della coercizione si origina dall'assunto di onniscenza, che non è una qualità umana. La cosa migliore che una società possa fare in queste circostanze è di vedere che un modo di ricercare la felicità non interferisca con quello di un altro — e quindi di lasciarci in pace.

Ecco come mi piacerebbe vedere organizzata la società, di cui io faccio parte; ma non è così e trove le sue regole abbastanza ripugnanti. In primo luogo, ha istituito un sistema di tassazione in base a cui un terzo delle nostre entrate viene confiscata; nell'intensità di questa confisca la ricerca della felicità è delimitata e cricoscritta, poiché non si può spendere (per il whiskey o per ll'opera) e comprare quello che non si possiede. E poi, la spesa di questa enorme quantità di denaro richiede una burocrazia di relative proprozioni, e questa mostruosa burocrazia in modo da giustificare la sua esistenza paga elargizioni a gruppi di favore, che devono conformarsi a certe regole e controlli in modo da ottenerle. La nostra ricerca della delicità è pertanto ostacolata — per il nostro stesso "bene", ovviamente.

Ciò lo considero malvagio, perfido e vile. Così, mi impegno a "fare qualcosa a riguardo". Ma, come? Ovviamente non posso fare nulla da solo per cambiare il sistema tributario, sebbene io possa, se fossi intenzionato, rifiutarmi di pagare le tasse e soffrirne le conseguenze; le conseguenze sono un'ulteriore interferenza con la mia ricerca della felicità. Il mio unico rifugio è di associarmi a persone che la pensano come me e sperare che noi in qualche modo possiamo rimuovere dalla nostra vita le leggi tributarie. Per fare ciò dobbiamo avere un numero considerevole di teste molto determinate. Dobbiamo passare al setaccio ogni luogo per trovare persone disposte a convertirsi alla nostra causa, poiché la maggior parte delle persone sono più preoccupate a condurre una vita buona qui ed ora piuttosto che riscrivere le regole dell'ordine sociale. Solo pochi sono interessati alla riforma. Ma, scavando a fondo e con l'educazione possiamo mettere insieme un buon numero di persone, in modo che venga percepita la loro influenza, che siano convinte che la nostra idea sia pura e che siano disposte a realizzarla o morire per essa.

Nel frattempo, deve essere considerata la strategia. Il modello storico per "fare qualcosa" è confrontare il potere politico con l'opposizione organizzata, che, a sua volta, è potere politico. Mentre la vendetta è a volte servita da questo scontro frontale di forze, le testimonianze mostrano che i principi rimangono esattamente come erano prima dello scontro. Ed è così sia se il conflitto prende la forma di una rivoluzione violenta o di una battaglia elettorale. La ragione di questo risultato invariabile si deve ricercare nella tecnica necessaria all'azione politica; ci deve essere un leader, poiché senza un esercito è solo una folla, facilmente disperdibile. Mi nomino per questo lavoro non per una qualsiasi particolare qualificazione di cui io possa essere in possesso, ma perché la mia devozione all'idea mi permette di fare la differenza. Bene, quindi, sotto la mia guida tiriamo su una quantità di voti abbastanza grande — per me e presumibilmente per la mia idea.

Ma, mentre fino ad ora ero un insegnate, un uomo della propaganda ed un organizzatore, ora sono come un legislatore che si confronta col problema pratico di fare leggi. Sulla mia strada ci sono i blocchi parlamentari. Ed incontro le condizioni e gli interessi che rendono il cambiamento della legge difficile. Trovo, per esempio, che potenti gruppi hanno poteri forti sulla tassazione; i veterani sono a favore ed anche gli agricoltori che vivono di sussidi, come anche gli industriali le cui operazioni sono equipaggiate dalle entrate del governo, mentre i proprietari dei bond del governo fanno molto rumore in opposizione alla mia idea. Imparo presto che la politica è l'arte del possibile ed è semplicemente impossibile cambiare la struttura tributaria del paese. Così, penso al compromesso, consolando la mia coscienza con il pensiero che il compromesso è solamente temporaneo e poi quando le condizioni saranno mature, la tassazione nel suo insieme sarà abolita. Inoltre, sono umano e soccombo alla tentazione di perpetuare la mia posizione di importanza; gli onori della carica sono molto allettanti e concordo sul compromesso in cambio della promessa di sostegno da parte dell'opposizione.

Mi viene in mente il caso di Robespierre. Egli era, come come sanno tutti, uno studente ed un discepolo di Rousseau, che era inflessibilmente contrario alla pena capitale. Tuttavia quando venne il tempo di votare sulla questione del regicidio, Robespierre diede il proprio voto a favore, accompagnando il suo voto con un lungo discorso esplicativo in cui usò un'altra aberrazione di Rousseau — la Volontà Generale — per giustificarsi. La convenienza lo obbligò a capovolgere Rousseau. Le convenienze della politica più le fragilità dei leader politici escludono la possibilità di usare il metodo politico per rendere leggi i principi. L'ordine sociale deve accudire se stesso; la politica e la legge seguiranno i dettami della società, una volta che la società sa quello che vuole ed agisce come se lo volesse. Pertanto, per "fare qualcosa" ci si dovrebbe concentrare sulla società e lasciare la politica sgarbatamente da parte; il che vuol dire educazione e maggiore educazione, ed ignorare in blocco i politici. Come un simile corso possa generare una riforma pura diviene evidente quando consideriamo la composizione della macchina politica conosciuta come Stato.

La debolezza dello Stato risiede nel fatto che è solo un aggregato di umani; la sua forza deriva dall'ignoranza generale di questa verità. Fin dai tempi antichi la coperura di questa vulnerabilità ha attirato l'ingegnosità dei politici; tutti i tipi di discorsi sono stati addotti per dare allo Stato una personificazione superumana, ed i rituali senza fine sono stati inventati per dare a questa finzione la verosimiglianza della realtà. Quell'alone di divinità con cui il re riteneva necessario forgiarsi è stato traslato al leggendario 51% dell'elettorato, che a sua volta decreta coloro che lo devono governare. Per aiutare questo processo di canonizzazione, le personalità in cui risiede il potere si sono discostate da artifici come titoli altisonanti, vestiario distintivo ed autorità gerarchiche. La peculiarità del linguaggio e del comportanmento — chiamato protocollo — sottolineano il loro discostamento. Malgrado ciò, la moralità non può essere negata e la continuità del potere politico è prodotta tramite simboli che incutono timore reverenziale, come le bandiere, i troni, i monumenti, i sigilli ed i nastri; queste cose non muoiono. Tramite delle litanie viene infusa un'anima in questo vitello d'oro e la filosofia politica lo consacra come "persona metafisica".

Ma Luigi XIV era abbastanza serio quando diceva: "L'état c'est moi". Lo Stato è una persona o un numero di persone, che utilizzano la forza o minacciano di usarla, per far fare agli altri quello che altrimenti non farebbero o si tratterrebbero dal fare. La sostanza dello Stato è potere politico ed il potere politico è la coercizione esercitata dalle persone sulle persone; il carattere sovrumano assunto dallo Stato è inteso a nascondere questo fatto e ad indurre al servilismo. La forza dello Stato è Sansoniana e può essere tagliata via dalla comprensione popolare del fatto che esso è solo un Tom, un Dick ed un Harry.

Gli anarchici dicono che lo Stato è il male. Si sbagliano. Lo Stato sono il male. Non è un sistema che crea privilegi, è un numero di persone moralmente responsabili che agisce in questo modo. Un robot non può dichiarare guerra ed uno stato maggiore non ne può condure una; lo strumento motivante è un uomo chiamato re o presidente, un uomo chiamato legislatore, un uomo chiamato generale. In tale modello politico in cui si identificano le persone, impediamo il trasferimento delle colpe ad una illusione amorale; possiamo porre la responsabilità dove giustamente risiede.

Avendo fissato nella vostra testa il fatto che lo Stato consiste in un numero di persone che non sono in grado di fare alcun bene, dovremmo procedere a trattarli di conseguenza. Non vi genoflettete davanti ad un fannullone; perché dovreste porgere omaggio ad un burocrate? Se un politico eminente prenota un salone per tenere un discorso, state lontani; il pubblico assente lo porterà alla comprensione della sua nullità. I discorsi scritti o a voce di una figura politica sono progettati per impressionarvi con la sua importanza, e se non li ascoltate o non li leggete non sarete influenzati ed egli getterà la spugna. Sono gli applausi e l'adulazione che vengono accordati alle figure politiche che sottoscrivono la nostra considerazione al potere che brandiscono; lo sgonfiamento di questo potere è proporzionato alla nostra indifferenza verso questi personaggi. Senza una folla compiacente non c'è alcuna parata.

L'ostracismo sociale da solo può abbattere lo strato più alto dei loschi traffici politici. Coloro il cui rispetto di sé non li ha ancora abbandonati usciranno da questa situazione e si impegneranno in lavori onesti, mentre i degenerati che rimangono dovranno accontentarsi di quello che possono prendere da un popolo riluttante. Al di sotto dello strato più alto ci sono milioni di servi che sono più da compatire che da disprezzare; è difficile disprezzare l'uomo la cui incompetenza lo forza nel settore pubblico. Tuttavia, se si rinfaccia al "povero John" il suo atteggiamento gli viene ricordato che esiste uno standard di vita migliore, e lo si potrebbe salvare dalla sua degenerazione.

Un edificio del governo potreste considerarlo come un ossario; ci entri solo sotto costrizione, e non ti abbassi ad ammirare le sue statue vive o morte. Le stelle sopra le spalle del generale stanno a significare che l'uomo potrebbe essere stato un utile membro della società; provate compassione per il ragazzo la cui uniforme identifica il suo servilismo. Il pulpito su cui il giudice siede eleva il corpo ma abbassa l'uomo, ed il box della giuria è un posto dove gli schiavi da tre dollari al giorno impongono le leggi della schiavitù. Onorate l'evasore fiscale e portate rispetto all'uomo abbastanza onorevole che disobbedisce alla legge.

Il potere sociale risiede in ogni individuo. Proprio come considerereste responsabilità personale il comportamento politico, così dovreste presupporre responsabilità personale il comportamento sociale. Pensate male del legislatore Brown non perché ha violato un principio della Tax Reform Society, a cui appartenete, ma perché secondo il vostro giudizio il suo voto per una nuova tassa è una rapina. Il guerrafondaio non è giudicato da una società pacifista, ma dall'individuo pacifista. Tutti i valori sono personali. La società buona che vi raffigurate col declino dello Stato è una società di cui siete parte integrante; la vostra campagna è pertanto un obbligo personale.

Si è inefficaci da soli? Si ha bisogno di un'organizzazione per essere aiutati? Solo gli individui pensano, provano sentimenti ed agiscono; l'organizzazione serve solo come una maschera per coloro incapaci a pensare o riluttanti ad agire secondo le proprie convinzioni. Infine, ogni organizzazione corrompe l'ideale che all'inizio ha attratto i membri, e più è numerosa la sua adesione più sicuramente avverrà questo risultato; ciò è così perché l'ideale organizzativo è un compromesso di valori privati, e in uno sforzo di trovare un compromesso funzionante i più bassi comuni denominatori, in calo mentre incrementano le adesioni, forgiano l'ideale. Quando si parla per se stessi si è forti. La potenza del potere sociale è proporzionata al numero di persone che la pensano allo stesso modo, ma questa è una questione di educazione, non di organizzazione.

Quindi, proviamo l'ostracismo sociale nei confronti della politica e dei politici. Dovrebbe funzionare. Le riforme attraverso la politica rafforzano solamente lo Stato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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