Bibliografia

sabato 6 agosto 2011

La Nazionalizzazione del Credito? #1

Ecco, da adesso in poi ci divertiremo davvero un sacco. Come sempre, tra un pò si incomincerà di nuovo a latrare a favore delle varie "nazionalizzazioni" ed altre cazzate a corredo, fino ad arrivare a quella del credito. E' questa la strada tracciata dalla pianificazione centrale, se vuole continuare ad essere al potere e continuare ad opprimere la popolazione. La pianificazione centrale è come un coyote, infine divorerà se stessa. La nazionalizzazione degli istituti di credito è solo l'ultimo passo, poi c'è il burrone. Ciò che disturba alquanto, è che per questa opzione c'è sempre un coro di decerebrati-zombizzati pronti da sfoderare in caso le persone storcano il naso. Ma data l'esperienza, la maggior parte della gente appena ascolta "nazionalizzazione" urla di gioia e spara in aria con le pistole. Oh bè, avranno la "giusta" punizione per non aver letto regolarmente Mises dopo ore pasti. [Prima parte di Due.]
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di Ludwig von Mises


Arthur Travers-Borgstroem, uno scrittore finlandese, ha pubblicato un libro intitolato Mutualism che affronta le idee dietro le riforme sociali e culmina con un appello alla nazionalizzazione del credito. Un'edizione tedesca è apparsa nel 1923. Nel 1917, l'autore ha fondato una fondazione sotto il suo nome a Berna, Svizzera, il cui obiettivo principale era il conferimento di premi per coloro che scrivevano sulla nazionalizzazione del credito. La commissione di giudici consisteva nel professor Diehl, Weyermann, Milhaud e Reichesberg, i banchieri Milliet, Somary, Kurz ed altri. I giudici diedero un premio ad uno scritto del dr. Robert Duemer, direttore della Reichsbank di Berlino. Questo scritto fu pubblicato sottoforma di libro dalla Mutualist Association of Finland.[1]

Dal contesto del libro possiamo capire perché l'autore non sia preoccupato per la logica dietro la nazionalizzazione del credito, ma solamente dei dettagli della sua realizzazione. Il dr. Deumer sta presentando una proposta, elaborata con i suoi insignificanti dettagli, sulla nazionalizzazione di tutte le istituzioni di credito e bancarie tedesche, e la creazione di un monopolio nazionale di credito. Ma il suo piano non ci potrebbe interessare, poiché nessuno sta contemplandone la sua introduzione nel futuro prossimo. E semmai ci dovesse essere un movimento, le condizioni potrebbero essere abbastanza differenti in modo che la proposta di Deumer non possa essere applicabile. Pertanto, non avrebbe alcun senso discutere dei suoi dettagli, come l'articolo I, sezione 10, del "Draft of a Bill Nationalizing Banking and Credit", dove si legge:

«Colui che prende parte in qualsiasi transazione bancaria e di credito dopo la nazionalizzazione sarà soggetto ad una multa che non andrà oltre i dieci milioni di marchi d'oro, o l'imprigionamento fino a cinque anni, oppure entrabe le cose.»[2]


Il lavoro di Deumer ci interessa a causa delle sue motivazioni per la nazionalizzazione del credito, e le sue dichiarazioni per una riforma che conservi la superiorità della gestione del "profitto" sulla gestione "burocratica". Queste dichiarazioni rivelano un'opinione che è condivisa dalla larga maggiornaza dei nostri contemporanei — si, è anche accettata senza contraddizioni. Se dovessimo condividere questa posizione mutualista di Deumer-Travers-Borgstroem dovremmo accogliere una nazionalizzazione del credito e ogni altra misura con conduce al socialismo. Infatti, dovremmo concordare alla sua realizzazione ed anche alla sua necessaria urgenza.

Il popolo accoglie tutte le proposte progettate a limitare la sfera della proprietà privata e dell'imprenditoria perché accetta prontamente le critiche alla proprietà privata dei Socialisti della Germania, dei solidaristi della Francia, dei Fabiani della Gran Bretagna e degli Istituzionalisti degli Stati Uniti. Se le proposte della nazionalizzazione non sono state ancora pienamente realizzate non dobbiamo cercarne la causa in una qualunque opposizione alla letteratura socialista ed ai partiti politici. Dobbiamo guardare al fatto che il popolo comprende che qualora le imprese vengano nazionalizzate e municipalizzate oppure il governo interferisce con la vita economica, ne segue il fallimento finanziario ed il grave sconvolgimento della produzione e del trasporto invece delle conseguenze desiderate. L'ideologia non ha ancora fatto memoria di questo fallimento nella realtà. Continua a rimanere ferma sulla desiderabilità di imprese pubbliche e sull'inferiorità di imprese private. E continua a trovare malizia, egoismo ed ignoranza a chiunque si opponga alle sue proposte, che invece un osservatore obiettivo approverebbe.

Sotto tali condizioni un analisi del ragionamento di Deumer pare sensata.



1. Interesse Privato E Interesse Pubblico

Secondo Deumer, le banche attualmente servono gli interessi privati. Servono gli interessi pubblici solo nella misura in cui questi non vanno in conflitto con i precedenti. Le banche non finanziano quelle imprese che sono essenziali dal punto di vista nazionale, ma solo quelle che promettono di far guadagnare alti ricavi. Per esempio, finanziano "una distilleria di whiskey o qualsiasi altra impresa che è superflua per l'economia."

"Dal punto di vista nazionale, la loro attività non solo è inutile, ma anche dannosa."

«Le banche permettono di far crescere quelle imprese i cui prodotti non sono nella domanda; stimolano il consumo non necessario, che a sua volta riduce il potere d'acquisto delle persone per beni che sono più importanti culturalmente e razionalmente. Inoltre, i loro prestiti rovinano il capitale sociale necessario, che causa il declino della produzione essenziale, o come minimo i suoi costi di credito, e quindi l'aumento dei suoi costi di produzione.»[3]


Ovviamente, Deumer non comprende che in un ordine di mercato il capitale e la manodopera sono distribuiti nell'economia in un modo che, eccetto per il premio al rischio, il capitale renda ricavi simili, e la manodopera guadagni salari simili ovunque. La produzione di beni "non necessari" paga né più né meno quella di "beni essenziali". In ultima istanza, sono i consumatori che determinano nel mercato l'impieago del capitale e dei lavori nelle varie industrie. Quando la domanda per un oggetto aumenta, i suoi prezzi saliranno e così i profitti, il che causa la costruzione di nuove imprese e l'espansione di quelle esistenti. I consumatori decidono se questa o quell'industria riceverà più capitale. Se essi domandano più birra, più birra sarà preparata. Se vogliono più opere classiche, i teatri aggiungeranno opere classiche ai loro repertori e offriranno poche opere comiche, commedie ed operette. Il gusto del popolo, non del produttore, decide che The Merry Widow e The Garden of Eden saranno eseguiti di più rispetto al Tasso di Goethe.

Per essere sicuri, il gusto di Deumer differisce da quello del popolo. Egli è convinto che le persone dovrebbero spendere il loro denaro in modo differente. Molti concorderebbero con lui. Ma da questa differenza nel gusto Deumer arriva alla conclusione che un sistema di comando socialista dovrebbe essere stabilito attraverso la nazionalizzazione del credito, in modo che il consumo del popolo possa essere re-indirizzato. Su questo non dobbiamo concordare con Deumer.

Guidata da una autorità centrale secondo una pianificazione centrale, un'economia socialista può essere democratica o dittatoriale. Una democrazia in cui l'autorità centrale dipende dal supporto del popolo mediante elezioni e votazioni non può procedere differentemente dall'economia capitalista. Produrrà e distribuirà quello che piace al popolo, cioè, alcol, tabacco, pattume letterario, pattume teatrale, pattume cinematografico e fronzoli alla moda. L'economia capitalista, tuttavia, soddisfa il gusto di pochi consumatori. I beni prodotti sono domandati da alcuni consumatori, e non da tutti. Il comando democratico dell'economia, con la sua dipendenza dalla maggioranza popolare, non ha bisogno di considerare i desideri specifici della minoranza. Soddisferà esclusivamente le masse.

Ma anche se è gestita da un dittatore che, senza considerazione per i desideri del popolo, impone quello che lui ritiene che sia il meglio — veste, nutre e da dimora alle persone secondo il suo capriccio — non c'è alcuna assicurazione che egli farà ciò che pare appropriato a "noi". I critici dell'ordine capitalista sembrano sempre credere che il sistema socialista dei loro sogni farà esattamente quello che loro pensano che sia corretto. Mentre non possono sempre contare di diventare essi stessi dittatori, sperano che il dittatore non agirà senza prima cercare il loro consiglio. Così arrivano al famoso contrasto della produttività e della redditività. Chiamano "produttive" quelle azioni economiche che loro ritengono corrette. E visto che le cose possono essere diverse nel tempo, rigettano l'ordine capitalista, che è guidato dalla redditività e dai desideri dei consumatori, i veri signori dei mercati e della produzione. Dimenticano che anche un dittatore può agire differentemente dai loro desideri, e che non c'è alcuna assicurazione che egli in realtà agirà "per il meglio" e, anche se dovesse perseguirlo, non è detto che troverà la strada per questo "meglio".

E' una questione anche più seria se una dittatura del "meglio" oppure una commissione del "meglio" possano prevalere sulla volontà della maggioranza. Le persone, nel lungo termine, tollereranno una dittura economica che rifiuta di dare loro cosa vogliono consumare e dà loro solo cosa i leader ritengono utile? Le masse infine non avranno successo a forzare i leader a prestare attenzione ai desideri e al gusto del popolo, ed a quello che i riformatori cercano di impedire?

Potremmo concordare con il giudizio soggettivo di Deumer secondo cui il consumo da parte dei nostri concittadini è spesso indesiderabile. Se crediamo in ciò, potremmo tentare di convincerli dei loro errori. Potremmo informarli sul pericolo dell'uso eccessivo di alcol e tabacco, della mancanza di valore di certi film e di molte altre cose. Colui che vuole promuovere buone letture può imitare l'esempio della Bible Society che fa sacrifici finanziari per vendere le Bibbie a prezzi ridotti e renderle disponibili in hotel ed in altri luoghi pubblici. Se questo è ancora insufficiente, non ci può essere alcun dubbio che la volontà dei nostri concittadini sarà sottomessa. La produzione economica in accordo con la redditività vuol dire produzione in accordo con i desideri dei consumatori, la cui domanda determina i prezzi dei beni e così la rendita del capitale ed il profitto imprenditoriale. Qualora la produzione economica in accordo alla "produzione nazionale" devia dalla prima, vuol dire che la produzione disprezza i desideri dei consumatori, ma favorisce il dittatore o la commissione di dittatori.

Sicuramente, in un ordine capitalista una frazione delle entrate nazionali è spesa dal ricco su oggetti di lusso. Ma a prescindere dal fatto che questa frazione sia molto piccola e non influenzi sostanzialmente la produzione, il lusso del ricco ha effetti dinamici che sembra siano una delle forze più importanti del progresso economico. Ogni innovazione fa la sua apparizione come un "lusso" per pochi ricchi. Dopo che l'industria ne diventa consapevole, l'oggetto lussuoso diviene una "necessità" per tutti. Prendete, per esempio, il nostro vestiario, l'illuminazione ed i bagni, l'automobile e le agenzie di viaggio. La storia economica mostra come il lusso di ieri è diventato una necessità di oggi. Una grande quantità di quello che le persone nei paesi meno capitalisti considerano un lusso è un bene comune nei paesi più capitalisticamente sviluppati. A Vienna, il possesso di una macchina è un lusso (non solo agli occhi dell'esattore delle tasse); negli Stati Uniti, uno su quattro o cinque individui ne possiede una.

La critica dell'ordine capitalista, che cerca di migliorare le condizioni delle masse, non dovrebbe essere puntata a questo consumo del lusso fintanto che egli non ha confutato l'affermazione di teorici e dell'esperienza della realtà secondo cui solo la produzione capitalista assicura la produzione più alta possibile. Se un sistema di comando produce meno di un ordine a proprietà privata, ovviamente non sarà possibile rifornire le masse con più di quello che hanno oggi.

La prestazione scarsa delle imprese pubbliche viene fatta di solito ricadere sulla gestione burocratica. In modo da rendere lo stato, il comune ed altre entità pubbliche di successo come le imprese private, dovrebbero essere organizzati e diretti lungo linee commerciali. Ecco perché per decenni è stato provato di tutto per rendere tali entità più produttive attraverso la "commercializzazione". Il problema diventa crucialmente importante non appena lo stato e le entità municipali si espandono. Ma nessuno si è avvicinato nemmeno di un passo alla soluzione.


Link alla Seconda Parte.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Die Verstaatlichung des Kredits: Mutualisierung des Kredits (Nationalization of Credit: Mutualization of Credit), Prize Essay of the Travers-Borgstroem Foundation at Berne, Munich, and Leipzig, 1926.

[2] Ibid., p. 335.

[3] Ibid., p. 86.

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