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di Robert P. Murphy
La settimana scorsa ho parlato davanti una sottocommissione del Congresso sul ruolo della FED nei prezzi in crescita della benzina. Tutti gli economisti della commissione erano concordi che i prezzi del petrolio stavano aumentando (parzialmente) a causa della caduta del dollaro rispetto alle altre valute. Tuttavia Dean Baker — famoso sapientone Keynesiano e co-direttore del Center for Economic and Policy Research — ha detto che la caduta del dollaro era inevitabile e perfino una cosa buona alla luce del deficit nella bilancia commerciale degli Stati Uniti.
In quel momento sapevo di non essere d'accordo con Baker, ma non ho avuto la possibilità di spiegare perché. Pochi giorni dopo, mentre lavoravo a del materiale di studio per il Mises Institute su The Theory of Money and Credit, fui sorpreso di scoprire che Mises dedicò un'intera sezione a questa questione.
Come l'analisi di Mises rende chiaro, una "bilancia commerciale sfavorevole" non è un buon argomento per indebolire la valuta. Questa cosa è importante perché Mises raccomandava che la valuta fosse legata ad un metallo prezioso come l'oro, che a sua volta implica tassi di cambio fissi rispetto a tutte le altre valute che sono anch'esse legate all'oro. Il punto cruciale è che i flussi commerciali in un sistema simile si auto-regolano. Il gold standard "funziona" ancora, anche se un paese ha un grande deficit nella bilancia commerciale.
Mises va oltre e sottolinea che anche se un paese è a denaro fiat, le bilance commerciali non sono fatti di natura per cui il tasso di cambio si deve adattare. Le politiche di una banca centrale influenzano i prezzi interni, che a loro volta influenzano i flussi commerciali. Diversamente dalle affermazioni di Dean Baker, l'analisi di Mises mostra che i dirigenti oggi non devono scegliere tra un alto deficit nella bilancia commerciale ed alti prezzi del petrolio. Un ritorno al denaro sonante ridurrebbe entrambe le cose.
La Mancanza di Immaginazione di Baker
Per stabilire il contesto, il lettore dovrebbe guardare un paio di minuti della conferenza iniziando dal minuto 50:00. Il presidente della sottocommissione, il repubblicano Jim Jordan, prova a mettere all'angolo Baker vista la sua prima dichiarazione sul dollaro. Ecco lo scambio degno di nota:
«BAKER: In effetti con un ampio deficit della bilancia commerciale, che è associato ad un dollaro sopravvalutato, stiamo finanziando il nostro consumo di petrolio e tutte le importazioni con denaro che abbiamo preso in prestito dall'estero.
JORDAN: Il che solleva la domanda, pensa che alzare i costi del carburante sia una cosa buona?
BAKER: Penso che sia una cosa inevitabile.
JORDAN: Non le ho chiesto questo. Le ho chiesto se sia una cosa buona. Pensa che siano una cosa positiva?»
In seguito Baker ha detto: "Quando si prova a ribilanciare l'economia, l'unico modo che secondo me può essere usato nel lungo termine coinvolge le esportazioni nette, il che coinvolge un dollaro in caduta. Non conosco altro modo per fare ciò."
L'analisi di Baker è convenzionale; non intendo selezionarlo per una critica. In un mondo di tassi di cambio oscillanti, dove il prezzo del dollaro rispetto all'euro, lo yen, ecc. si muove costantemente, molti economisti direbbero istintivamente che la "soluzione" ad un insostenibile deficit della bilancia commerciale sia un dollaro più debole.
Dopo tutto, un deficit della bilancia commerciale avviene quando gli americani spendono di più in beni importati dall'estero rispetto a quello che gli stranieri spendono per i beni esportati dai produttori americani. Se il dollaro cade rispetto alle altre valute, restando il resto uguale, i beni prodotti in America appariranno immediatamente più a buon mercato, mentre i prodotti stranieri diventeranno più costosi. Così i consumatori americani cambieranno alcuni dei loro acquisti di prodotti stranieri e compreranno "cose americane", mentre i consumaotri esteri importeranno più beni fatti negli USA. Il risultato sarà un deficit della bilancia commerciale in restrizione.
Non c'è niente di sbagliato in questa analisi, nei suoi limiti. Ciò che sorprende è la frase di Dean Baker: "Non conosco altro modo per fare ciò [ovvero, ridurre il deficit della bilancia commerciale]." Come Mises spiega, l'altra opzione è quella di far mantenere alla valuta la propria forza mentre i perzzi interni diminuiscono direttamente. Non è semplicemente una possibilità teorica; è difatti il percorso che io raccomanderei nell'ambiente attuale, diversamente dalla compiacenza di Dean Baker verso un dollaro regolarmente eroso (e gli alti prezzi nelle merci che ciò implica).
Il grafico qui sopra mostra che su un indice legato ad altri grandi valute, il dollaro statunitense è ora al minimo livello sin dall'inizio di questo trend nel 1973 (indici differenti mostrano ripidi declini negli ultimi dieci anni, ma non mettono il dollaro a minimi storici). La domanda per i dirigenti diviene, ciò sta erodendo inevitabilmente il dollaro come Dean Baker suggerisce? Mises rispose no un secolo fa.
Mises sul Deficit della Bilancia Commerciale e sulla Forza della Valuta
Come ho fatto notare nell'apertura di questo articolo, dopo che sono ritornato a casa dal mio viaggio da Washington ho ripreso a studiare sul materiale di studio riguardante la dissertazione di Mises, The Theory of Money and Credit, originariamente scritto nel 1912. Con le osservazioni di Dean Baker ancora fresche nella mia mente, fui piacevolmente sorpreso di vedere che Mises dedicò un'intera sezione del suo libro (pp. 249-252) sull'argomento. Inizia così:
«Secondo l'attuale punto di vista, il mantenimento di una condizione di moneta sonante è solo possibile con una "bilancia dei pagamenti in credito". Un paese con una "bilancia dei pagamenti in debito"[1] si presume che sia permanentemente incapace di stabilizzare il valore del denaro; il deprezzamento della valuta si presume che abbia una base organica e che sia insanabile eccezion fatta se si rimuovono i difetti organici. (p 249)»
Per dimostrare che la cosiddetta bilancia commerciale in negativo possa essere risanata senza il deprezzamento della valuta della nazione, Mises spezza il problema in due parti. Primo, egli esamina l'ovvio scenario dove una nazione sta usando un metallo, come le monete d'oro, come denaro. In questo caso, l'eccesso di importazioni rispetto alle esportazioni (e qui si includono anche i flussi d'investimento, non solo il commercio della mercanzia) significherebbe una netta uscita di monete d'oro dal paese. Quindi "la ristrettezza nel mercato interno, chiamata in causa dall'efflusso di parte della riserva di denaro, riduce i prezzi delle merci e quindi restringe le importazioni ed incoraggia le esportazioni."
Visto che il cambio della valuta può essere un argomento particolarmente ostico, l'idea di Mises è più facilmente inquadrabile in un mondo in cui non ci sono valute interne. Piuttosto, supponiamo che le persone degli Stati Uniti, dell'Inghilterra, dell'Europa e così via tutte usino monete d'oro come denaro, e che i prezzi in tutti i paesi siano quotati non in dollari o sterline bensì in grammi o oncie d'oro.
In un mondo simile se gli americani spendessero di più (contando beni ed asset) in oggetti esteri piuttosto che viceversa, allora l'ammontare d'oro fisico in possesso degli americani diminuirebbe, eccetto la produzione d'oro dalle miniere. In altre parole, l'oro lascerebbe il paese. Ma con una riserva d'oro più basa in patria, la domanda per beni e servizi americani diminuirebbe, in modo che anche i loro prezzi (quotati in grammi o oncie d'oro) diminuirebbero.
L'opposto avverrebbe nei paesi in cui l'oro starebbe fluendo. I residenti di quei paesi vederebbero le loro riserve di denaro (che sarebbe l'oro in questo scenario) crescere e sarebbero in grado di offrire di più per beni e servizi dei loro paesi. Vederebbero i loro prezzi aumentare.
Infine i beni americani sarebbero così a basso costo rispetto ai beni esteri che il flusso commerciale si invertirebbe. Gli stranieri inizierebbero a spendere di più in esportazioni americane rispetto a quanto gli americani spenderebbero ora per le importazioni estere. L'emorragia delle riserve d'oro degli Stati Uniti si arresterebbe e forse invertirebbe. A questo intero processo si riferisce il meccanismo price-specie-flow di David Hume.
Questo semplice esempio, sebbene basato su un presupposto irreale in cui tutti i paesi usano oro come denaro, mostra cosa ci sia di sbagliato nel modo di pensare di Dean Baker. Un deficit della bilancia commerciale non si deve invertire attraverso il deprezzamento della valuta di un paese in relazione alle altre. Nel nostro esempio tutti i paesi usavano l'oro, quindi non c'era dubbio che una valuta sarebbe caduta. Infatti dal momento che i prezzi (quotati in oro) diminuivano negli Stati Uniti nel nostro esempio, avremmo potuto dire che gli americani avrebbero visto il potere d'acquisto del loro denaro andare su a causa del'originale deficit della bilancia dei pagamenti.
Estendendo il Discorso al Denaro Creato dal Nulla
Mises stesso va avanti nell'estendere il suo discorso per trattare dei paesi con valute che non sono legate a metalli preziosi:
«Quando un paese ha sostituito il denaro metallico per denaro a credito o denaro creato dal nulla [...] è spesso affermato che la bilancia dei pagamenti determina il tasso di cambio. Ma questa è anche una spiegazione abbastanza inadeguata. Il tasso di cambio è determinato dal potere d'acquisto posseduto da una unità di ogni tipo di denaro; deve essere determinato ad un livello dove non c'è differenza se le merci sono acquistate direttamente con un tipo di moneta o indirettamente tramite denaro di altro tipo. [...] La teoria della bilancia dei pagamenti dimentica che il volume del commercio estero è completamente dipendente dai prezzi; né l'esportazione né l'importazione possono avvenire se non ci sono differenze nei prezzi per rendere il commercio redditizio. (p. 250)»
Questo è un punto quintessenzialmente "Austriaco" sui prezzi individuali, opposto al punto Keynesiano di Baker sulle cifre del commercio aggregato. Nella misura in cui si concorda che i deficit della bilancia commerciale degli Stati Uniti sono insostenibili,[2] non è semplicemente vero che un dollaro più debole è la sola soluzione. Al contrario, prezzi in diminuzione negli Stati Uniti potrebbero funzionare allo stesso modo, perché anche ciò renderebbe i beni degli Stati Uniti più attraenti per i compratori esteri.
L'Impatto Distorcente dell'Inflazione della FED
Se pressato immagino che Dean Baker concorderebbe con l'analisi di Mises, nei suoi limiti. Ma probabilmente obietterebbe che ora la cosa peggiore per la nostra economia depressa sia prezzi in discesa. Dopo tutto, questa era la ragione per cui Ben Bernanke ha iniettato più di un trilione di dollari nel settore finanziario sin dall'inizio della crisi — stava provando ad evitare la temuta deflazione (dei prezzi).
E così vediamo che i moderni Keynesiani — sia di "sinistra" come Dean Baker o anche di destra come Greg Mankiw — sono intrappolati nelle loro stesse raccomandazioni politiche. La mia testimonianza a quella conferenza (versione scritta qui) ha riassunto i modi in cui le politiche inflazionistiche di Bernanke abbiano alimentato i prezzi alle stelle nelle merci, e di conseguenza (ironicamente) un deficit crescente della bilancia commerciale poiché gli americani hanno speso più nelle importazioni del petrolio.
Più in generale, la posizione speciale dell'America come emittente della valuta cartacea di riserva mondiale è parzialmente da incolpare per i suoi decenni di deficit della bilancia commerciale. Se gli Stati Uniti ritornassero ad una valuta sonante — o con il dollaro legato all'oro, oppure, ancora meglio, togliendo il governo del tutto dalle questioni monetarie e bancarie — allora tutti questi presunti "sbilanci" si risolverebbero da soli.
Conclusione
In chiusura non posso fare altro che citare ancora una volta Mises:
«Nessun paese [...] ha bisogno di abbandonare la speranza di una valuta sonante. Non è la povertà degli individui e della comunità, non l'indebitamento verso le nazioni estere, non le condizioni della produzione sfavorevoli, che forzano in su il tasso di cambio, bensì l'inflazione. (pp. 251-252)»
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[1] Una nota tecnica: in questo articolo userò il termine di Mises "bilancia dei pagamenti in debito" per spiegare il mio punto sul "deficit della bilancia commerciale". Tuttavia i termini non sono equivalenti. Mises scriveva nel contesto del gold standard classico, quando le persone di un paese potevano spendere più denaro (non solo in beni importati, ma anche in acquisti di asset esteri e bond) rispetto a quello che avrebbero speso gli stranieri in beni ed asset finanziari del paese in questione. La differenza sarebbe stata stabilita da un efflusso d'oro, il denaro internazionale. Nei tempi moderni, con sistemi monetari fiat, gli economisti spesso dicono che: "La bilancia dei pagamenti deve essere equilibrata". Bilance commerciali negative (o più accuratamente, deficit nell'attuale conto) devono tradursi in afflussi positivi di capitale tramite pura contabilità, in modo da mantenere la "bilancia commerciale" equilibrata. In altre parole, gli economisti odierni definiscono "bilancia dei pagamenti" per includere i movimenti netti delle valute di riserva ed anche dell'oro, in modo che sia semplicemente impossibile per un paese avere una "bilancia dei pagamenti in debito". Possiamo trattenere l'essenza importante degli argomenti di Mises sostituendo semplicemente "deficit della bilancia commerciale" (o "attuale conto in deficit") per il suo "bilancia dei pagamenti in debito".
[2] Sebbene molti degli scritti sui deficit della bilancia commerciale siano insensati, nel nostro attuale ambiente concordo con coloro che puntano agli "sbilanci globali". Tuttavia incolperei i sistemi monetari fiat. In nessun caso tariffe o altre restrizioni sul commercio hanno senso economicamente.
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