Bibliografia

venerdì 11 marzo 2011

Due Punti di Vista sull'Europa

Sulla linea dell'articolo pubblicato l'altro ieri che analizzava i trucchi e gli inganni con cui il socialismo si insinua nelle menti sprovvedute di chi gli lascia libero accesso, vediamo ora chi sta bussando alla "nostra porta". Se notate, una socializzazione dell'Europa è in corso già da un bel pò (salvataggi, nazionalizzazioni, interventismo politico e monetario, tassazione selvaggia, regolamentazioni oppressive, ecc.) e la cosa fa il paio con la "libera" formazione degli Stati d'Europa. Non mi pare che si sia "votato" per decidere se andare o meno in Europa, se si volesse un parlamento europeo, se si volesse il trattato di Lisbona e via discorrendo. Ecco, ora con l'attuale dissesto economico assistiamo sempre di più alla presa di controllo di quei quattro ladroni che da "lassù" ci vegliano e tirano le redini della carrozza, con il popolo, volente o nolente, stipato e "trasportato" nella stessa.
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di Philipp Bagus

[Estratto da Tragedy of the Euro (2010)]


C'è stato un combattimento tra gli invocatori di due differenti ideali sin dalla nascita dell'Unione Europea. Quale posizione dovrebbe essere adottata per l'Europa: il punto di vista classico liberale, o il punto di vista socialista? L'introduzione dell'euro ha giocato un ruolo chiave nelle strategie di queste due visioni.[1] In modo da capire la tragedia dell'euro e la sua storia, è importante acquisire familiarità con questi due punti di vista sottostanti e divergenti e le tensioni che ne sono emerse dall'introduzione di una valuta singola.


Il Punto di Vista Classico Liberale

I padri fondatori dell'Unione Europea, Maurice Schuman (Francia [nato in Lussemburgo]), Konrad Adenauer (Germania), ed Alcide De Gasperi (Italia), tutti cattolici che parlavano tedesco, erano seguaci del punto di vista classico liberale dell'Europa.[2] Erano anche democratici cristiani. Il punto di vista classico liberale riguarda la libertà individuale come il più importante valore culturale degli europei e della cristianità. Secondo questo punto di vista, gli Stati sovrani europei difendevano i diritti della proprietà privata e un'economia di libero mercato in un'Europa di confini aperti, in modo da garantire il libero scambio di beni, servizi ed idee.

Il Trattato di Roma del 1957 fu il principale successo verso il punto di vista classico liberale dell'Europa. Il trattato consegnava quattro libertà basilari: libera circolazione di beni, libera offerta di servizi, libero movimento di capitali finanziari e libera migrazione. Il trattato ripristinava diritti che furono essenziali per l'Europa durante il periodo classico liberale del diciannovesimo secolo, ma fu abbandonato nel periodo nazionalista e socilista. Il trattato fu una cacciata del periodo socialista che aveva portato i conflitti tra le nazioni europee, culminanti in due guerre mondiali.

Il punto di vista classico liberale mirava al ripristino delle libertà del diciannovesimo secolo. In un mercato comune europeo dovrebbe prevalere la libera competizione senza barriere d'entrata. In questo punto di vista nessuno poteva proibire ad un barbiere tedesco di tagliare i capelli in Spagna e nessuno poteva tassare un inglese mentre trasferiva denaro da una banca tedesca ad una francese, o mentre lo investiva nella borsa italiana. Nessuno poteva impedire, attraverso regolamentazioni, ad un birraio francese di vendere birra in Germania. Nessun governo poteva dare sussidi che distorcessero la competizione. Nessuno poteva impedire ad un danese di scappare dal suo welfare state e dall'alto tasso tributario e migrare in uno Stato con un carico tributario minore, come l'Irlanda.

Per raggiungere questo ideale di pacifica cooperazione e di scambi fiorenti, sarebbe necessaria nient'altro che la libertà. Secondo questo punto di vista non sarebbe necessario creare un superstato europeo. Infatti il punto di vista classico liberale è altamente scettico di uno Stato centrale europeo; è considerato pericoloso per la libertà individuale. Filosoficamente parlando, molti difensori di questa visione sono ispirati dal cattolicesimo e la maggior parte della comunità europea è definita dalla cristianità.

In linea con l'insegnamento cattolico sociale, dovrebbe prevalere un principio di sussidiarietà: i problemi dovrebbero essere risolti al più basso ed al meno concentrato livello possibile. La sola istituzione europea centralizzata accettabile sarebbe una Corte di Giustizia Europea, le sue attività ristrette a supervisionare i conflitti tra Stati membri ed a garanzia delle quattro libertà basilari.

Secondo il punto di vista classico liberale ci dovrebbero essere molti sistemi politici in competizione, come l'Europa è stata per secoli. Nel Medioevo e fino al diciannovesimo secolo esistettero sistemi politici molto differenti, come le città indipendenti delle Fiandre, della Germania e dell'Italia settentrionale. Ci furono regni come quello di Baviera o di Sassonia, e ci furono repubbliche come quella di Venezia. La diversità politica fu dimostrata molto chiaramente nella Germania fortemente decentralizzata. Prosperò sotto una cultura di diversità e pluralismo, di scienza ed industria.[3]

La competizione a tutti i livelli è essenziale per il punto di vista classico liberale. Conduce alla coerenza, poichè i prodotti standard, i fattori dei prezzi, e specialmente i saggi salariali tendono a convergere. I movimenti di capitale dove gli stipendi sono bassi, li rilanciano; i lavoratori, dall'altra parte, si muovono dove i saggi salariali sono alti, rinegoziandoli al ribasso. I mercati offrono soluzioni decentralizzate per problemi ambientali basati sulla proprietà privata. La competizione politica assicura il valore più importante dell'Europa: la libertà.

La competizione tributaria incoraggia l'abbassamento delle tasse e la responsabilità fiscale. Le persone votano coi piedi, evadendo dagli eccessi tributari, come fanno le compagnie. Differenti sovranità tributarie nazionali sono viste come la migliore protezione contro la tirannia. La competizione prevale anche nel campo del denaro. Differenti autorità monetarie competono nell'offerta di valute di alta qualità. Le autorità che offrono valute più stabili esercitano pressioni sulle altre autorità che fanno lo stesso.


Il Punto di Vista Socialista

In diretta opposizione al punto di vista classico liberale c'è quello socialista o il punto di vista imperialista dell'Europa, difeso da politici come Jacques Delors o François Mitterand. Una coalizione di interessi statalisti delle cerchia nazionalista, socialista e conservatrice fa quello che può per far avanzare il proprio programma. Vuole trasformare l'Unione Europea in un impero o in una fortezza: protezionista sul fronte estero ed interventista su quello interno. Questo sognano gli statalisti, uno Stato centralizzato con efficienti tecnocrati — come gli statalisti si immaginano al potere — che lo gestiscono.

In questo ideale il centro dell'Impero governerebbe sulla periferia. Ci sarebbero legislazioni comuni e centralizzate. I difensori del punto di vista socialista dell'Europa vogliono erigere un mega-Stato europeo, riproducendo gli Stati-nazione a livello europeo. Vogliono un welfare state europeo che fornirebbe redistribuzione, regolamentazione ed armonizzazione della legislazione all'interno dell'Europa. L'armonizzazione delle tasse e delle regolamentazioni sociali sarebbero portati ai massimi livelli. Se l'imposta sul valore aggiunto è tra il 25 ed il 15% nell'Unione Europea, i socialisti la armonizzerebbero al 25% in tutti i paesi. Tale armonizzazione delle regolamentazioni sociali è nell'interesse dei più protetti, più ricchi e più produttivi lavoratori, che possono "affrontare" simili regolamentazioni — mentre i loro colleghi non possono. Se le regolamentazioni sociali tedesche sarebbero applicate ai polacchi, per esempio, questi ultimi avrebbero problemi a competere con i primi.

Il programma del punto di vista socialista è di garantire sempre più potere allo Stato centrale, ovvero, a Bruxelles. Il punto di vista socialista dell'Europa è l'ideale per la classe politica, per i burocrati, per i gruppi di interesse, per i privilegiati e per i settori sovvenzionati che vogliono creare un potente Stato centrale per il loro proprio arricchimento. Coloro che aderiscono a questa visione presentano lo Stato europeo come una necessità e la considerano solo una questione di tempo.

Lungo la via socialista, un giorno lo Stato centrale europeo sarà talmente potente che gli Stati sovrani diventeranno suoi subordinati (possiamo già vedere le prime indicazioni di tale sottomissione nel caso della Grecia; la Grecia si comporta come un protettorato di Bruxelles, il quale dice al governo greco come gestire il deficit).

Il punto di vista socialista non conferisce alcun limite geografico per lo Stato europeo — al contrario della visione classica liberale. La concorrenza politica è vista come un ostacolo allo Stato centrale, che lo rimuove dal controllo pubblico. In questo senso lo Stato centrale nel punto di vista socialista diviene sempre meno democratico mentre il potere è trasferito ai burocrati ed ai tecnocrati (un esempio è fornito dalla Commissione Europea, il corpo esecutivo dell'Unione Europea; i membri della commissione non sono eletti ma nominati dai governi degli Stati membri).

Storicamente, i precedenti di questo vecchio piano socialista di fondare uno Stao centrale furono perseguiti da Carlo Magno, Napoleone, Stalin e Hitler. La differenza è, tuttavia, che questa volta non sarà necessario alcun mezzo militare diretto. Ma la coercizione dello Stato è usata per spingere a formare uno Stato centrale europeo.

Da una prospettiva tattica, le situazioni di crisi in particolare sarebbero usate dagli aderenti al punto di vista socialista per creare nuove istituzioni (come la Banca Centrale Europea o possibilmente, in futuro, un Ministero delle Finanze Europeo) come anche per estendere i poteri delle istituzioni esistenti come la Commissione Europea o la BCE.[4]


Conclusione

Il punto di vista classico liberale e quello socialista dell'Europa sono, di conseguenza, inconciliabili. Infatti l'incremento del potere di uno Stato centrale come proposto dalla visione socialista implica una riduzione delle quattro libertà basilari ed abbastanza certamente meno libertà individuale.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Vedi Jesús Huerta de Soto, "Por una Europa libre," in Nuevos Estudios de Economía Política (2005), pp. 214-216. Vedi Hans Albin Larsson, "National Policy in Disguise: A Historical Interpretation of the EMU," in The Price of the Euro, ed. Jonas Ljundberg (New York: Palgrace MacMillan, 2004), pp. 143–70, sulle due alternative per l'Europa.


[2] Il fondamento teorico di questo punto di vista è spiegato da Hans Sennholz, How can Europe Survive (New York: D. Van Nostrand Company, 1955). Sennholz critica i piani cooperativi del governo portati avanti da diversi politici e mostra che solo la libertà elimina la causa dei conflitti in Europa.


[3] Roland Vaubel, "The Role of Competition in the Rise of Baroque and Renaissance Music," Journal of Cultural Economics 25 (2005): pp. 277–97, dice che l'ascesa della musica Barocca e Rinascimentale in Germania ed in Italia è risultata dalla decentralizzazione di questi paesi e la consecutiva concorrenza.


[4] Su questa linea il presidente francese Nicolas Sarkozy ha provato ad introdurre un fondo europeo di salvataggio durante la crisi del 2008 (vedi Patrick Hosking, "France Seeks €300 bn. Rescue Fund for Europe." Timesonline. 2 ottobre 2008, http://business.timesonline.co.uk). La cancelliera tedesca Angela Merkel ha resistito, tuttavia, e da allora è conosciuta come "Madame No". La recente crisi è stata anche usata per stabilire lo European Financial Stability Facility (EFSF), con cui la BCE ha esteso le sue operazioni ed il suo bilancio. Sono state fondate durante la crisi istituzioni addizionali, come il Comitato Europeo per il Rischio Sistemico o lo European Financial Stability Facility. Sulla tendenza degli Stati ad espandere il loro potere in situazioni d'emergenza vedi Robert Higgs, Crisis and Leviathan: Critical Episodes in the Growth of American Government
(Oxford: Oxford University Press, 1987).

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3 commenti:

  1. Bellissimo questo articolo: l'Europa dei nostri sogni, che è scomparsa ancora prima di nascere e l'Europa dei nostri incubi, dove frau Merkel ci vuole tutti al lavoro in fila per tre (che il lavoro rende liberi) a farci dare le razioni di pane e acqua e la bacchettate sulle mani...

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  2. Ciao niki. Sempre un piacere leggere i tuoi commenti. A me, sinceramente, fanno più paura le persone comuni disposte a sostenere (e votare) tale piano socialista. E credimi, là fuori ce ne sono molte.

    Come al solito temo che la legge del branco farà a brandelli quel poco di libertà che ci rimane. Il piano socialista a lungo andare si auto-sabota, ma credo che i giorni bui tocchino a noi.

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