Bibliografia

martedì 1 febbraio 2011

Una Rivolta del Popolo Contro L'Impero

La storia si ripete. Lo Stato è condannato a fallire, l'interventismo è condannato a fallire, il socialismo è condannato a fallire. L'economia ha emesso la sua sentenza, il popolo egiziano l'ha sottoscritta; l'impero americano sta cadendo a pezzi. Come per il blocco sovietico lo zio Sam vede che la sua capanna gli sta crollando sulla testa a causa delle sue decisioni scellerate. Bernanke pare aver scelto la strada inflazionistica. L'Egitto potrebbe essere semplicemente la prima tessera del domino.
_______________________________________________


di Llewellyn H. Rockwell, Jr.


Quelli della giovane generazione, persone troppo giovani per ricordare il collasso del blocco sovietico e degli altri Stati socialisti nel 1989 e nel 1990, sono fortunati a vivere tramite un altro emozionante esempio la sorte di uno Stato, apparentemente impenetrabile, ridotto all'impotenza quando affronta persone che chiedono libertà, pace e giustizia.

Sicuramente non c'è niente di meglio. Vederlo instilla in noi un senso di speranza, una brama di libertà che batte in ogni cuore di ogni essere umano ed in questo periodo può essere compresa.

Questo è il perchè tutti i giovani dovrebbero prestare attenzione a cosa sta accadendo in Egitto, alle proteste contro il regime di Hosni Mubarak come anche alla patetica risposta proveniente dal suo partner imperiale, gli Stati Uniti, che gli hanno dato 60$ miliardi in aiuti militari e in polizia segreta per mantenerlo al potere.

Gli Stati Uniti sono oggi nella stessa situazione in cui era l'Unione Sovieta nel 1989, mentre una serie di domino socialisti cadevano. Polonia, Romania, Ungheria, Germania dell'est, Bulgaria e Cecoslovacchia tutti sperimentarono un tracollo drammatico, mentre il regime sovietico, sostenitore di questi sistemi sin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, sedeva e guardava impotente. I leader facevano vaghi discorsi sul bisogno di elezioni e transizioni pacifiche, mentre le persone li ignoravano completamente.

Cosa ha scatenato le rivolte? Ci sono considerazioni economiche, ovviamente. Un buon tasso d'inflazione in Egitto è considerato essere il 10% ed il deprezzamento della valuta va avanti come una massiccia punizione contro i risparmi e l'accumulo di capitale. La disoccupazione è alta, all'incirca come quella degli Stati Uniti, ma è ancora più alta per i giovani che sono preoccupati per il futuro.

La crescita economica è stata molto migliore negli ultimi decenni grazie a riforme economiche, ma questa tendenza (come nel blocco sovietico) ha solo continuato a creare aspettative in crescita e più richieste di libertà. Rimane il fatto che quasi metà della popolazione vive in terrificante povertà.

Il cuore del problema sembra far riferimento alle libertà civili ed alla vecchia convinzione che il paese è governato da un tiranno che deve andarsene. Mubarak non tollera alcun cambiamento al suo governo di legge marziale. Ci sono diecimila prigionieri politici nel paese ed è facile essere arrestati e torturati semplicemente riferendosi al dittatore col suo appellativo. La stampa è censurata, i gruppi d'opposizione sono soppressi e la corruzione corre libera. L'affinità di Mubarak per il potere non ha conosciuto vincoli: sceglie tutte le élite del paese basandosi solamente sulla loro fedeltà verso di lui.

Mubarak ha governato per 30 anni, e si, ci sono state elezioni ogni sei anni ma queste sono state viste solo come una farsa. I candidati dell'opposizione sono finiti perseguitati per una varietà di crimini inventati. La democrazia in Egitto è solamente uno slogan per il governo di un partito. Ed è questo che fa colpo: la scusa principale per la sua legge marziale è quella che è fin troppo familiare agli americani: la guerra al terrore (e non si preoccupa del terrore distribuito dai soldati stessi).

Probabilmente un argomento più importante riguarda la rivoluzione digitale e l'apertura dell'intero mondo verso internet – una specie di cosa che gli Stati Uniti citarono esattamente come la ragione delle rivolte anti-sovietiche alla fine degli anni ottanta ed all'inizio dei novanta. Molti giovani in Egitto sono tanto connessi al mondo tramite i social network quanto gli adolescenti americani, e sfruttano l'accesso al suono ed alla vista della modernità a cui il regime si oppone.

Per capire cosa sta guidando le proteste, considerate la data in cui sono iniziate: la Festa delle Forze Armate, 25 gennaio. Questa festa è stata creata da Mubarak solo nel 2009. Per la serie: calcolare male la situazione! Cosa molto scontata poi, la risposta del governo di bloccare quasi tutte le comunicazioni internet e smorzare tutti i servizi telefonici nel giorno in cui era pianificata la protesta. Ma non ha funzionato: grazie alla cosa che ora è chiamata "hacktivism" la rivoluzione è trasmessa in tutto il mondo da Twitter, Facebook, Youtube, anche Wikipedia viene aggiornata minuto dopo minuto. E la versione inglese di Al Jazeera dal vivo ha, come al solito, gettato vergogna sui media statunitensi.

Nel frattempo le voci ufficiali del governo degli Stati Uniti sono rimaste pateticamente nelle retrovie. Joe Biden e Hillary Clinton hanno rifiutato di descrivere Mubarak come un dittatore, mentre fiaccamente chiedevano con urgenza una transizione verso un'elezione – gestita e diretta dal regime di Mubarak. La leadership della protesta ha immediatamente visto questa dichiarazione per quello che era e l'ha rigettata in assoluto. E' insopportabilmente ovvio che gli Stati Uniti siano quasi i soli a sostenere più o meno Mubarak, ma ciò è esattamente cosa ci si aspetterebbe da un sostenitore imperiale di un despota.

Quali sono le richieste dei manifestanti? Non è complicato. Come nel 1989, l'unica richiesta è che il dittatore se ne vada. Ciò ha senso ed è la sola soluzione che si accorda con ciò che è giusto ed equo. Questo e solo questo stabilirà le basi per una transizione verso qualsiasi cosa. Cosa seguirà dopo ciò è qualcosa che deve essere deciso dagli egizi, i quali hanno avuto le loro bocche cucite per troppo tempo e non dalla CIA.

Quello che le rivolte evidenziano è una realtà fondamentale che il mondo troppo spesso dimentica. E' la connessione tra qualsiasi governo e qualasiasi popolo, in qualsiasi momento e luogo. Le persone superano di gran lunga il governo nei numeri e per questa ragione, e perfino quando il governo è pesantemente armato, ogni governo deve dipendere da un qualsiasi livello di consenso per continuare il suo dominio. Se un popolo intero si solleva e dice no, i burocrati e persino la polizia è senza poteri. Questo è il grande segreto del governo che è essenzialmente ignorato finchè il giorno della rivoluzione arriva.

Di più delle proteste anti-sovietiche della fine degli anni ottanta, le rivolte egizie rivelano cosa potrebbe infine accadere nella patria dell'impero stesso. Sotto le giuste condizioni, ed al momento giusto, potrebbe arrivare un giorno in cui la consapevolezza sarà compresa proprio qui in patria. Potrebbe accadere qui per la stessa ragione per cui potrebbe accadere dovunque.

Il governo lo sa e da qui il suo accumulo di armamenti e di implacabile propaganda. Le difficoltà per lo Stato arrivano quando la sua fame di potere genera ciò che Thomas Jefferson chiamava "un lungo treno di abusi" che crea un acceso desiderio dentro le persone di sollevarsi e chiedere libertà, dal momento che, dopotutto, è diritto delle persone, o no?, modificare ed abolire la forma di governo sotto la quale sono forzati a vivere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


Nessun commento:

Posta un commento