Bibliografia

sabato 12 febbraio 2011

La Crisi del Debito Europea e la Teoria Economica

Finalmente il fine settimana, posso dedicare un pò di tempo in surplus a quello che succede nella nostra tanto "cara" e tanto "unita" Europa. La spada di Damocle che pendeva sulla testa dell'Unione Europea fino a qualche mese fa, sembra non incutere più timore ed una ventata di "ottimismo" ha pervaso i mercati. Ottimismo? Per la "ripresa"? Dov'è? Forse qualcuno è solo felice che l'Irlanda stia mettendo mano alla stampante o si ripaghino esclusivamente gli interessi (!!!) sugli enormi debiti. Vediamo in quali acque naviga l'Europa e come c'è finita.
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di Kel Kelly

Per tutto l'anno scorso, i problemi del debito europeo sono stati considerati come una minaccia sia per l'euro sia per l'economia americana, tra le altre cose. Mentre molte affermazioni corrette sono state fatte riguardo l'impatto potenziale di un'implosione del debito europeo, ce ne sono state anche altre pensate male. E' spesso la teoria dell'economia fallace che porta a conclusioni fallaci. Questo articolo rivisita la teoria economica — da una prospettiva di libero mercato — così come si rapporta alle attuali sfide monetarie europee.


Il Declino dell'Euro?

La causa della crisi del debito europea, nella sua più semplice forma, è stata la massiccia spesa da parte dei governi europei (principalmente quelli meridionali) durante l'ultimo decennio e specialmente dopo la crisi finanziaria del 2008. La BCE (Banca Centrale Europea) ha permesso artificialmente bassi rischi al premio sui tassi d'interesse del debito dei governi facenti parte dei cosidetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). E questi tassi artificialmente bassi hanno facilitato ed incoraggiato la spesa massiccia.

La consapevolezza delle conseguenze della spesa massiccia fu causata dalla crescita economica ridotta e dalle successive entrate tributarie ridotte, che erano meno della quantità necessaria per le spese ed il pagamento dei debiti. Per maggiori dettagli dello sviluppo della crisi, vedi gli articoli di Philipp Bagus "Il Salvataggio della Grecia e la Fine dell'Euro" e "L'Assoggettamento Irlandese".

Una delle prime preoccupazioni ventilate all'inizio della crisi del debito — una preoccupazione che fu veicolata dagli operatori di cambio estero — fu che se i governi dei PIIGS fossero crollati per i loro debiti, il valore dell'euro sarebbe crollato. Ma questa è un'affermazione illogica: di per sé l'euro sarebbe salito, non sceso, di fronte ad un default di governo.

Come prima cosa, deve essere compreso che, nel caso di un default, ci sono due possibili scenari monetari:
  1. deflazione monetaria dovuta ad una diminuzione nell'offerta di denaro, nel caso in cui nessun intervento del governo avesse luogo; e
  2. inflazione monetaria dell'offerta di denaro nel caso in cui l'intervento avesse avuto luogo.
Entrambe le ipotesi saranno spiegate qui sotto.


Deflazione Monetaria

Se uno o più governi fossero falliti le banche dell'Europa settentrionale, che erano investitori su larga scala nei debiti dei governi, avrebbero avuto perdite massicce di prestiti e capitale. Il risultato per queste perdite sarebbe stato il fallimento delle banche, il ritiro dei notevoli prestiti o entrambe le cose, invertendo di conseguenza il processo di moltiplicazione del denaro e causando un declino nell'offerta di denaro. L'offerta di denaro in caduta — deflazione — renderebbe l'euro più, non meno, di valore.

Tuttavia una minaccia più realistica all'euro è che alcuni governi se ne potrebbero sbarazzare e ritornare alla loro valuta interna. Alimentati da una (prudente) ristretta creazione di denaro imposta su di loro dalla BCE, i governi indebitati potrebbero volere essere capaci di stampare la loro via di fuga dai loro problemi. Ma anche se uno o più paesi uscissero dall'euro a favore delle loro stesse valute, l'euro potrebbe ancora essere protetto dalla BCE.

Questo perchè la BCE potrebbe scambiare una precedente vecchia valuta di un paese per l'euro, aggiustando di conseguenza l'offerta monetaria dell'euro cosicché il volume di euro nei restanti paesi possa rimanere lo stesso. Questa operazione non altererebbe la quantità di denaro nell'economia; scambierebbe semplicemente un tipo di moneta per un'altra, mantenendo in generale il potere d'acquisto costante (non conosco l'esatto processo con cui ciò sarebbe fatto, ma uno scambio da una valuta originaria all'euro ha avuto luogo nel 2002, così uno scambio dall'euro alla vecchia valuta potrebbe sicuramente avere luogo di nuovo).

Anche se l'offerta di denaro fosse influenzata, la banca centrale potrebbe impegnarsi in varie misure di "sterilizzazione" per controllare il supplemento nell'offerta di denaro, incluso un ristretto accesso delle banche alla discount window (lo strumento di politica monetaria che permette a determinate istituzioni di prendere a prestito dalla banca centrale, ndt), aggiustare i requisiti di riserva o il collocamento dei depositi del governo, partecipare ad operazioni di mercato aperto ed usare un modello di variazioni dei tassi di cambio. Ognuno di questi strumenti, tuttavia, può avere conseguenze indesiderate.


Inflazione Monetaria

Ma invece dell'opzione secondo cui i singoli governi possano ritornare a stampare la loro via d'uscita dai problemi, la BCE stessa ha deciso di compiere questo lavoro e continuerà a farlo (questo è il secondo caso oltre quello di sopra). Perchè? Perchè i governi europei non permetteranno che si affrontino le conseguenze politiche di un collasso bancario ed i successivi problemi economici che una deflazione del debito causerebbe. Invece ritarderanno, come tutti i politici fanno, il giorno della comprensione e lasceranno che i futuri politici si occupino di una crisi economica ancora più ampia come il risultato del mettere solamente un cerotto agli attuali problemi. I politici salvano i loro attuali posti lasciando che i contribuenti ed i futuri politici soffrano di più grandi problemi lungo la strada.

Forse è stata proprio la visione della futura inflazione e della valuta in declino che avevano in mente gli operatori di cambio estero mentre abbattevano il valore dell'euro la scorsa primavera.

I difensori della stampa di denaro e dell'aumento di tasse e debito — per la bellezza di più di un trilione di dollari — sul contribuente europeo (settentrionale) in modo da prevenire le predite delle banche, chiamano queste mosse "salvataggio dell'euro". Ma poche persone chiedono, Perchè l'euro vale un simile prezzo da pagare?

Con più alti prezzi e più bassi standard di vita che comporta il "salvataggio dell'euro", tutti gli europei — eccetto i banchieri ed i politici — starebbero meglio se si sbarazzassero dell'euro e se tornassero ad una valuta "meno costosa". Come minimo i singoli paesi dovrebbero decidere se volessero forzare i propri cittadini a soffrire per le conseguenze della stampa di denaro e degli eccessivi prestiti. Sotto l'attuale scenario, i cittadini tedeschi ed i francesi (per la maggior parte) devono pagare per conto dei dissoluti portoghesi, irlandesi, italiani, greci e spagnoli.

La classica speranza dei funzionari del governo, se riescono ad eludere il default, è di allontanarsi dai loro debiti nazionali. Ma anche questa idea è fraintesa. Parlare di allontanarsi è basato sul fatto che:
  1. il debito nazionale di solito è visto come una percentuale del PIL; e
  2. più basso è il rapporto debito-PIL (ed il corrispondente livello di entrate tributarie del PIL), più facile sarà per il governo finanziare il debito.
Basandosi su questi fatti, i governi sanno che se il PIL sale mentre il debito rimane lo stesso o cresce più lentamente: più basso sarà il rapporto debito-PIL, meglio il governo tornerà in forma.

Ma come può essere che una economia in crescita — definita come la produzione di maggiori beni e servizi — aiuti a ridurre il debito del governo? Come fa l'esistenza di maggiori beni fisici ad aiutare il governo a ripagare i suoi creditori? Sostanzialmente non può.

Un aumento nel PIL (anche "reale") non rappresenta la quantità con cui i beni fisici sono aumentati: il PIL è primariamente una funzione dell'inflazione e sale solo con l'espansione monetaria. La produzione fisica non può essere misurata in termini di denaro, perchè il valore del denaro non è statico, anche dopo gli aggiustamenti per gli aumenti del CPI (indice dei prezzi al consumo, ndt).

Inoltre quello che accade realmente quando il governo ha un'economia "che si allontana dal debito", è che il governo sta stampando più denaro e sta spingendo su i prezzi dei beni finali (ovvero, il PIL) facendo in modo che la banca centrale compri il debito del governo ed espanda il credito bancario — ed a volte permette che l'offerta monetaria aumenti e la valuta cali. Il PIL sale; il debito come una percentuale del PIL cala.

Questa stampa di denaro permette al governo di:
  1. fare in modo che la banca centrale monetizzi il suo debito;
  2. redistribuire il potere d'acquisto dai risparmiatori al governo; e
  3. ridurre il valore del debito, che è ampiamente calcolato in dollari.
In altre parole riduce il proprio carico di debito facendo in modo che paghino i cittadini.


L'Effetto sugli Stati Uniti

Gli europei non sono i soli preoccupati su come la crisi del debito influenzerà le loro economie; lo sono anche gli americani. Alcune discussioni su come i problemi dell'Europa influenzeranno gli Stati Uniti sono corrette, altre invece no. Questa sezione valuterà alcune delle più comuni previsioni degli effetti di queste cause economiche.

Dennis P. Lockhart, presidente ed amministratore delegato della Federal Reserve di Atlanta, in un discorso lo scorso anno ha esposto molto sulla questione relativa alla crisi dell'euro e su come potrebbe influenzare la crescita americana. Ha citato tre fattori primari.

Il primo è che, a causa della debole crescita, la domanda europea per le esportazioni americane potrebbe crollare. Questa è un'affermazione vera, ma l'effetto in generale di uno "shock commerciale" sarebbe minimo, se non del tutto positivo. Questo perchè se gli americani manderanno meno beni all'Europa, ne avranno di più per loro rendendo i prezzi interni più bassi. In più se la domanda si indebolisce in Europa e specialmente se è diminuita attraverso un'offera di denaro in calo e prezzi in calo, restando tutto il resto uguale, le cose costeranno meno in Europa. Ciò permetterebbe agli americani di comprare più beni a prezzi più bassi, aiutando così lo stato della loro economia.[1]

Il secondo effetto della crisi dell'euro citato da Lockhart è connesso al primo: che l'avvicendamento di valuta rifugio dall'euro al dollaro possa aumentare il valore del dollaro e danneggiare la competitività nelle esportazioni. Anche qui gli esportatori potrebbero essere danneggiati, ma gli importatori, inclusi tutti i comsumatori, guadagnerebbero. Oltretutto la crescita economica non viene dallo spedire più beni fuori dal paese; deriva dall'avere più beni all'interno del paese. Una quantità crescente di beni fisici, non un PIL in crescita, è l'essenza della crescita economica.

In più gli scambi di capitale verso gli Stati Uniti che si originerebbero dal risk aversion in Europa sarebbero temporanei. Ed i cambiamenti nei prezzi dei beni tra i due paesi indotti dalla valuta e risultanti dagli scambi di capitale, metterebbero probabilmente in moto un meccanismo di auto-correzione in base a cui coloro impegnati nel commercio internazionale riaggiusterebbero i valori della valuta affinchè possano essere in linea con la relativa parità in potere d'acquisto tra le due regioni.

La terza spiegazione di Lockhart di come il debito dell'Europa possa influenzare l'economia degli Stati Uniti è quella di uno shock del sistema finanziario trasmesso attraverso il sistema bancario o attraverso il ritiro dal debito sovrano. Ciò è possibile solo in certi scenari.

Finchè sono coinvolte le emissioni bancarie, poichè il sistema bancario dell'Europa e l'offerta di denaro è separata dalla nostra, i problemi finanziari in Europa sarebbero per la maggior parte contenuti. I rischi possibili, tuttavia, dipendono dall'entità del debito europeo o delle quote nelle banche europee posseduti dalle società finanziarie americane, le quali potrebbero fallire. Ampie perdite su questi investimenti potrebbero di fatto causare perdite di capitale e bancarotte negli Stati Uniti, indebolendo così il sistema finanziario.

Fortunatamente per noi le banche statunitensi sono poco esposte. Per esempio, la scorsa primavera, all'inizio della crisi, la Banca d'America aveva 1,3$ miliardi di investimenti in Grecia e 731$ milioni in Portogallo. JPMorgan Chase aveva 2,1$ miliardi nei due paesi. Queste sono piccole quantità in relazione al totale degli investimenti nei loro portafogli. Piccole e medie banche non sono probabilmente esposte affatto.

C'è anche preoccupazione per le compagnie finanziarie americane — in caso di default di governi europei — essendo in una cattiva situazione dovendo sborsare di più in CDS rispetto a quanto si possano permettere. Anche ciò infatti, in dipendenza dalla grandezza, potrebbe essere una minaccia significativa al sistema finanziario ed all'offerta di denaro negli Stati Uniti.

Fintanto che una ritirata degli investitori dal debito sovrano americano è possibile, gli effetti sarebbero probabilmente benefici. Come meno capitale che va nelle casse del governo e più negli investimenti del settore privato, l'economia ne potrebbe soltanto beneficiare. Tuttavia con una diminuzione dei finanziamenti, il governo dovrebbe velocemente rendere effettive misure d'austerità.

Vero, con una domanda in declino per i bond del governo i tassi d'interesse statunitensi aumenterebbero. Ma un passo indietro verso il "tasso naturale" — in opposizione ad un tasso artificialmente basso — è probabilmente necessario per:
  1. restaurare un equilibrio nei mercati dei prestiti (per esempio, equilibrio tra investimenti in beni capitali e beni al consumo industriali); e
  2. rallentare il ritmo della creazione di denaro.
Tale incremento nel tasso d'interesse potrebbe abbassare i prezzi delle azioni, ma i prezzi delle azioni non sono connessi all'economia reale.

Illustriamo un'altra visione di come l'economia degli Stati Uniti potrebbe soffrire per i problemi del debito europeo, l'economista Ed Yardeni evidenzia che un dollaro più forte danneggerebbe i profitti aziendali.[2] Egli dice che "con i prodotti europei più economici rispetto ai prodotti statunitensi, i consumatori negli Stati Uniti ed in altre parti del mondo potrebbero comprare dall'Europa piuttosto che dagli Stati Uniti. E gli amerciani saranno più ansiosi di comprare la merce importata meno costosa".

Ciò sarebbe ovviamente vero se il tasso di cambio del dollaro salisse e rimanesse ad un livello elevato mentre i relativi prezzi al consumo tra i due paesi rimanessero uguali. Ma qualsiasi aumento sostenuto nel dollaro sarebbe basato sul fallimento dell'euro. E se l'euro dovesse fallire, non sarebbe il risultato di un default sul debito e di una deflazione monetaria (il primo dei due casi monetari menzionati all'inizio di questo articolo) come le persone sembrano credere, ma come il risultato di una espansione monetaria ed inflazione causati dalla ricerca della BCE di salvare le banche (il secondo caso monetario).

In questo scenario un dollaro in crescita rispecchierebbe principalmente il cambiamento nel potere d'acquisto tra le due regioni basato sui cambiamenti nei tassi d'inflazione. Perciò, in termini reali, i relativi prezzi al consumo — e così gli scambi commerciali ed i profitti — rimarrebbero gli stessi.

Al contrario, come menzionato precedentemente, un default europeo sul debito come risultato di perdite bancarie, contrazione monetaria e successivi prezzi in caduta — opposto all'espansione monetaria e prezzi in ascesa — porterebbe l'euro in salita, non in caduta.


Conclusione

Sebbene ci siano alcune possibili minacce all'economia degli Stati Uniti risultanti da una crisi del debito europea, le probabilità sono poche di effetti trasmissivi dannosi. Se tali effetti avversi avessero luogo, le probabilità sono ancora minori che il danno sarebbe maggiore. Ma questi eventi futuri possibili possono essere visti chiaramente solo attraverso la cristallinità della solida teoria economica del libero mercato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Qui sto solo presentando l'altro lato della stessa medaglia. Il fatto è che provare a predire quali cambiamenti nel commercio e nelle entrate del commercio avrebbero luogo può essere davvero un'impresa, perchè ci sono molte condizioni specifiche possibili sotto le quali i tassi di cambio ed i prezzi dei beni potrebbero cambiare tra i paesi ed inoltre molte possbili reazioni ed effetti che potrebbero aver luogo come risultato. Per essere precisi, dovremmo conoscere esattamente quali fossero i fattori economici che avrebbero avuto luogo (per esempio, inflazione contro deflazione; cambiamenti nei tassi di cambio indotti dai relativi prezzi o cambiamenti indotti dai temporanei scambi di capitale; specifiche politiche del governo istituite come risultato del cambiamento delle condizioni economiche, ecc.).


[2] Anche considerando che molte compagnie che hanno affari in Europa proteggono le loro vulnerabilità monetarie.


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