venerdì 25 febbraio 2011

America, pronta per un evento iperinflattivo?

La concatenazione di eventi economici presi in considerazione nei post precedenti, oggi riflette su un probabile evento iperinflattivo nel futuro prossimo venturo. Aleggia nell'aria, come ricorda anche il commento nell'articolo precedente (di cui ringrazio l'autore), un senso di giusto pessimismo per le strategie della FED. Infatti, nonostante ci siano rialzi nei prezzi ovunque, la monetizzazzione del debito va avanti ed i rendimenti dei bond sono in crescita, ancora vediamo che la barca dello zio Sam resta a galla, malgrado faccia acqua da tutte le parti. Chi è che la sta sostenendo a galla? Come mai il dollaro ancora regge i colpi?
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di Michael Pollaro


E' stata un'asserzione di lunga data, sostenuta sia da una base teorica che storica, che una delle strade più sicure per l'iperinflazione è quella basata su un governo la cui risposta ad ogni problema economico e sociale è di prendere in prestito e spendere, sostenuto da una banca centrale capace, disposta e pronta a finanziarne lo sforzo. Tale sostegno si basa ovviamente sulla stampa di denaro attraverso il quale acquistare il debito emesso dal governo – ciò che è eufemisticamente chiamato monetizzare il debito – facendo pertanto esplodere l'offerta di denaro ed infine collassare il suo valore.

Qui al THE CONTRARIAN TAKE concordiamo con impegno totale con questa asserzione.

Così dati gli straordinari bisogni del governo degli Stati Uniti di prestiti, attualmente sostenuto dalla Federal Reserve il cui programma di acquisto di asset (QE2) è ampio abbastanza da finanziare il 100% delle richieste di finanziamento del governo almeno da giugno, pensavamo che dovremmo dare uno sguardo alle prospettive di un evento iperinflazionistico in America. E mentre pensiamo che l'iperinflazione – definita come la totale distruzione del valore del dollaro degli Stati Uniti – sia un evento di bassa probabilità, una grande, e quando diciamo grande intendiamo molto grande, inflazione monetaria certamente non lo è. Vedete, quando si ha un governo che pare riluttante a cambiare le sue politiche legate alla spesa ed ai prestiti in modo significativo – un argomento preso in considerazione qui – associato ad una banca centrale il cui presidente è un uomo che pensa che politiche monetarie e fiscali accomodanti siano un trampolino di lancio per un'economia oppressa, si ha la ricetta per una catasta di inflazione monetaria. Infatti, secondo il THE CONTRARIAN TAKE, mai una banca centrale ha avuto come presidente un uomo che è molto certo che politiche fiscali e monetarie accomodanti siano esattamente quello che un'economia con una capacità produttiva impantanata e con un'alta disoccupazione richieda per far andare le cose nel modo giusto.

Prima di parlare delle possibilità di una iperinflazione, alcuni preliminari...


Preliminari

In primo luogo il debito del governo sarà definito come il debito del Tesoro degli Stati Uniti più il debito delle agenzie sponsorizzate dal governo Fannie Mae e Freddie Mac (popolarmente chiamate agenzie). L'inclusione del secondo potrebbe essere un pò tirato per la manica, ma come abbiamo discusso qui, per noi la sua inclusione nel debito del governo degli Stati Uniti è ovvia. Creazioni del governo degli Stati Uniti, queste imprese sponsorizzate dal governo ed il loro debito sono sempre state implicitamente sostenute in varie forme dalla piena fiducia e dal credito del Tesoro degli Stati Uniti, un sostegno reso chiaramente esplicito a tutti ed agli scettici quando il 24 dicembre 2009, in piena crisi, il governo degli Stati Uniti ha dato a quelle imprese accesso sostanzialmente illimitato al Tesoro fino a nuovo ordine. Ci chiediamo perchè qualcuno avrebbe pensato qualcosa di diverso, poichè nella peggiore delle ipotesi il governo degli Stati Uniti avrebbe protetto sé stesso, reso esplicita questa implicita garanzia e reso il debito di Fannie Mae e Freddie Mac il debito de facto degli Stati Uniti.

In secondo luogo è pratica comune misurare il peso del governo sull'economia paragonando il debito del governo alla produttività della nazione o al PIL. E mentre concordiamo che a lungo andare è la capacità produttiva della nazione che fornisce i mezzi necessari a pagare i debiti del governo, pensiamo che sia più istruttivo paragonare quei debiti ai risparmi della nazione. Vedete, sono i risparmi della nazione e la disponibilità a rimandare il conusmo che rendono possibili i programmi di prestito e spesa del governo. Restando tutte le altre cose uguali, un'economia che consuma di più e risparmia poco è un'economia che non può permettersi prestiti e spese. La domanda cruciale in ogni esame appropriato del peso del governo sull'economia è questa...il bacino dei risparmi di una nazione è abbastanza grande da finanziare le richieste di prestito del governo, quanto a lungo ed a che tasso di interesse?

In terzo luogo la Federal Reserve non è la sola istituzione degli Stati Uniti che ha il potere di monetizzare il debito del governo degli Stati Uniti. A causa del nostro sistema bancario a riserva frazionaria protetto dal governo, hanno un partner – il sistema bancario privato – che può e compra titoli del Tesoro e delle agenzie, pagando per essi semplicemente rimborsando i conti bancari dei venditori. Giusto, stampando denaro proprio come la Federal Reserve.

Distribuiti questi preliminari, affrontiamo la questione a portata di mano...


Sta arrivando l'Iperinflazione in America?

Iniziamo con una veduta a lungo termine del prestito del governo degli Stati Uniti ed i trend del debito fino al terzo quadrimestre del 2010, l'ultimo dato disponibile:




Ed ora il trend dell'incasso da parte del governo degli Stati Uniti dei risparmi privati netti (NPS):




Nel 1960, il primo anno di questo studio, il governo degli Stati Uniti stava prendendo solo il 5% dai risparmi privati netti della nazione. Sta ora prendendo l'intera torta e molto di più, fissando nel 2009 un picco dal dopoguerra di 3,4 volte i risparmi della nazione. Continuando ad un ritmo di incasso di 1,5 volte i risparmi della nazione, il peso del debito del governo degli Stati Uniti sta andando nella direzione sbagliata e velocemente. Parlando in modo semplice, il governo degli Stati Uniti sta travolgendo la capacità dei risparmiatori americani di finanziare i programmi di prestito e spesa del governo.

Travolgendo i risparmi della nazione? Allora come si spiega questo:




Bella domanda. Se il governo degli Stati Uniti stesse veramente travolgendo i risparmi della nazione allora perchè il tasso d'interesse sul prezzo di riferimento nel commercio dei titoli del Tesoro a 10 anni è vicino ai minimi storici? Mentre la risposta a questa domanda è un pò complicata, pensiamo che abbia molto a che fare con l'appetito dei creditori esteri per il debito del governo degli Stati Uniti:




All'inizio del 1984 quando il tasso dei titoli del Tesoro a 10 anni stava ancora segnando picchi storici, i creditori esteri iniziarono ad aumentare i loro acquisti di debito del governo degli Stati Uniti. Agendo così sono stati una fonte in incremento di fondi per gli Stati Uniti ed una grande ragione per questi, storicamente, bassi tassi d'interesse. Da un minimo circa del 10% nel 1984, i creditori esteri hanno preso la loro quota nel notevole debito del governo degli Stati Uniti al 33%. Infatti sin dal 1984 hanno finanziato il 35% dei prestiti di cui il governo degli Stati Uniti necessitava, e sin dal 1995 di uno straordinario 50%. Senza dubbio hanno dato al governo degli Stati Uniti una mano d'aiuto formidabile.

Ora, visto che i creditori esteri avevano aumentato il finanziamento in un modo così incredibile, la Federal Reserve non avrebbe dovuto agire allo stesso modo. Infatti, dato il loro aiuto, la Federal Reserve è stata in grado di prendere parti sempre minori del debito del governo. Ed anche le banche private si sono tirate indietro insieme alla Federal Reserve. Con il loro saldo sostegno di prestatrici di ultima istanza, sostenute ovviamente dalla stampante della Federal Reserve, hanno avuto sempre meno bisogno di possedere debito del governo degli Stati Uniti a basso rendimento come riserve liquide. Date un'occhiata:




I numeri dicono tutto. La quota della Federal Reserve e delle banche private del debito del governo degli Stati Uniti ha seguito una via regolarmente in declino sin dalla fine degli anni settanta, da un massimo del 45% nel 1977 ad un minimo del 15% nel 2008, quando infine la crisi finanziaria ed i successivi salvataggi del governo hanno forzato la Federal Reserve a finanziare lo spike risultante nel debito del governo degli Stati Uniti. Non una perfetta immagine di cosa i creditori esteri hanno fatto, ma ci andiamo maledettamente vicino:







Quindi, se la Federal Reserve ed i suoi partner del sistema bancario privato non stanno monetizzando il debito del governo degli Stati Uniti, difficilmente si potrbbe dire che abbiamo il germe di una esplosione nell'offerta di denaro, senza scomodare un evento di iperinflazione. E come ci si aspetterebbe, i numeri lo confermano:







Questo non per dire che l'America non ha avuto ritmi abbastanza impressionanti nella crescita dell'offerta di denaro in questi ultimi 30 anni. Ha mostrato in tutto lo studio, come misurato dal nostro sistema metrico preferito la vera offerta di denaro "Austriaca" (TSM2), una tendenza al rialzo nel trend di crescita. Ma pensiamo che il tasso di crescita è qualcosa di diverso da quello che sarebbe potuto essere se i creditori esteri non stessero inghiottendo il debito del governo degli Stati Uniti a ritmi voraci. Infatti un rapido sguardo ai ritmi di monetizzazione visti durante gli anni sessanta e settanta, quando i creditori esteri erano una parte molto meno importante dei vari finanziamenti del governo, suggerisce che avremmo visto tassi di inflazione monetaria molto ma molto alti questi ultimi 30 anni, e specialmente gli ultimi 15 anni, se non fosse stato per i creditori esteri.

Ritornando alla domanda a portata di mano, data la tendenza del governo americano ad attaccare ogni problema economico e sociale con programmi di prestito e spesa, l'America è pronta per un evento iperinflazionistico o, se non di iperinflazione, ad un'ondata di inflazione monetaria da portare il dollaro degli Stati Uniti sul baratro? Bè, come potreste presupporre, pensiamo che molto avrà a che fare con cosa faranno dopo i creditori esteri, poichè senza l'aiuto di creditori esteri può venire a crearsi una situazione drammatica; per esempio, se si fermassero dal comprare debito del governo degli Stati Uniti, o peggio iniziassero a vendere, l'America si troverebbe a guardare la canna di una pistola carica.

Per inquadrare meglio questa domanda postuliamo lo stato dell'America senza l'aiuto dei creditori esteri. Quello che avremo...
  1. Un governo degli Stati Uniti con un debito profondo ed in crescita, un governo che anche se attualmente ostenta un debito totale più passività non sovvenzionate di circa 130$ trilioni non mostra pausa nelle sue politiche di spesa e prestiti; un governo che prende in prestito quasi 40 centesimi di ogni dollaro che spende ed ancora peggio sta attualmente perdendo circa 20 centesimi su ogni dollaro di tasse per pagare l'interesse sul suo debito (perfino a questi, storicamente, minimi tassi d'interesse); ed un governo che a causa di un'America che ha sfidato i risparmi sarà dipendente dai poteri della stampante della Federal Reserve e dai suoi partner del sistema bancario privato, non solo per finanziare i suoi programmi di spesa e prestito ma per stampare abbastanza denaro da impedire ai tassi d'interesse di salire ed al suo intero budget di esplodere.


  2. Un presidente della Federal Reserve detesta vedere aumentare i tassi d'interesse – un evento che pensiamo sia un fatto compiuto se i creditori esteri se ne vanno – e probabilmente comprare altrettanto debito del governo, stampando qualsiasi cifra in denaro necessaria a mantenere i tassi d'interesse sotto controllo. E se quella monetizzazione aiuta anche a finanziare un pò dei programmi di spesa del governo mirati a sostenere quella che sicuramente sarà un'economia in difficoltà poichè i finanziatori esteri se ne vanno, scommetteremmo che direbbe: tanto meglio!


  3. A fronte di questa economia in difficoltà e la risultante scarsità di opportunità di investimento proficuo e le accentuate preoccupazioni per la liquidità, il sistema bancario privato cercherà di comprare in sicurezza, sebbene gli investimenti abbiano più bassi rendimenti come il debito degli Stati Uniti. Con costi essenzialmente a zero per il denaro a breve termine fornito al sistema bancario dai programmi di QE della Federal Reserve, anche bassi rendimenti dei titoli del governo degli Stati Uniti possono fornire grossi profitti al sistema bancario quando sono comprati in blocco.


  4. Di nuovo, a fronte di questa economia in difficoltà ed in opposizione all'attuale coro di critiche anti-Federal Reserve, pensiamo ad un governo degli Stati Uniti, sostenuto da elettori insofferenti ed in molti casi indebitati allo stesso modo, che inciterà il presidente della Federal Reserve. Almeno finchè il valore del dollaro non diventerà un problema nazionale.

L'impatto che ciò avrà nell'offerta di denaro, pensiamo, sia analogo a qualcosa di pronto a scattare. Iperinflazione? E' possibile, ma non siamo così sicuri che le cose possano spingersi così lontano, solo per salvare loro stessi. Ma se i creditori esteri escono di scena, un cumulo di inflazione monetaria è praticamente assicurata.

E che dire dei creditori esteri e la probabilità che escano di scena? Per diverse ragioni, ragioni che sembrano sempre più venire a galla, pensiamo che ciò potrebbe accadere. Non oggi, non domani, ma crediamo che accadrà. Infatti alla recente moderazione in questi due anni nell'appetito verso il debito del governo degli Stati Uniti si sono connesse le crescenti attività di monetizzazione della Federal Reserve, e ciò suggerisce che il processo potrebbe essere iniziato.

Ma ciò sarà oggetto di un altro articolo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 22 febbraio 2011

L'Ansia da Palcoscenico di Bernanke



di Johnny Cloaca


Un altro punto da evidenziare, e questa volta voglio farlo io di persona, è il fatto che poche persone stanno puntando il dito verso colui che ha innescato questa spirale di rivoluzione nei paesi più esposti all'inflazione nei prezzi. Eh si, sto parlando proprio dell'amico che sorvola i cieli col suo elicottero e ci benedice con la sua carta magica. Chi era quindi che "non" stava stampando denaro? Eh, Bernanke?

Non abbiamo bisogno di beni, abbiamo la carta! Si, giusto. Ma quando i beni sono finiti, che ci facciamo con la carta in eccedenza? Gli ultimi a cui arriva questa carta che ci fanno se non hanno nulla da comprare? Come cresce un'economia senza beni? O ancora siamo ancorati alla speranza che una volta sommersi di carta possiamo nuotarci dentro?

Domande esistenziali troppo complicate, me ne rendo conto. Ma sono complicate se si vuole pensare che lo siano, perchè finora, oltre a numeri snocciolati un pò di qua ed un pò di là si sta piantando un forcone nel culo dei risparmiatori per gettarli nel baratro della spesa sconsiderata (...tornerà di moda il mito "americano"?) che farà crescere le cifre del PIL (perchè infatti la ricchezza la si misura da quanto si spende...una corda di canapa, per favore!) ma affosserà i singoli cittadini. E il mito dei risparimatori? Che ci frega, intanto il sabato sera andiamo a cenare fuori.

Breve parentesi italiana. Per la serie, "tu vo' fa l'ammmericano"

Ma il problema rimane sempre lì, perchè non è possibile che "solo" questo inverno abbia fatto freddo in Russia, o che in Australia baracche e canguri "solo" questa stagione sono stati sbalzati per aria da qualche tempesta. Leggiamo:
«La causa però non è dovuta ad un deficit della produzione o ad eventi climatici: la siccità che ha colpito le colture di grano in Russia ed in Kazakistan o le inondazioni in Canada e nell’Europa del Nord, in Australia (quella umanamente devastante del Pakistan ha avuto un impatto minore in termini di incidenza sulla produzione agricola mondiale). Lo stesso se ne deve dire delle gelate in Argentina che hanno colpito il mais, la soia, il grano o la perdita del raccolto delle patate sempre in Russia e di altri casi. Le sommosse popolari non si possono imputare alla carestia e di certo non nelle forme in cui l’umanità l’ha conosciuta per migliaia di anni. La produzione di cereali è diminuita lo scorso anno circa del 2 % e questa diminuzione proprio non spiega gli incrementi di prezzo registratisi. In primo luogo è evidente la sproporzione tra gli incrementi di prezzo ed il decremento della produzione mondiale. In secondo luogo è facile verificare come si è potuto facilmente ovviare al calo produttivo contingente facendo ricorso alle scorte, cioè utilizzando le eccedenze rispetto ai consumi accumulatesi negli stoccaggi grazie ai raccolti record ottenuti nei precedenti anni. Dei dati Fao è anche interessante notare la forte progressione dei prezzi negli ultimi sei-sette anni: in certi casi rispetto al 2002-2004 l’incremento dei prezzi è stato quasi del 400 %, nonostante gli incrementi della produzione. L’inflazione dei prezzi all’origine non ha dunque cause tecniche o climatiche, ma finanziarie. Nasce cioè dall’enorme liquidità immessa sul mercato dalle banche centrali, ed in particolare dalla Federal Reserve americana, come da anni ormai AsiaNews è andata documentando.»[1]


Infatti se si nota che la maggior parte delle entrate dei paesi in cui sono scappiate le rivolte sono destinate a merci alimentari, si comprende in un lampo che questa marea di carta ha penalizzato in primo luogo queste persone. Ma non solo le merci alimentari stanno aumentando il loro prezzo.

Ma forse a qualcuno è passato di mente che il dollaro è una valuta internazionale, una valuta di scambio internazionale, e stampandola allegramente, va da sé, che si possono condividere con altri disgraziati gli effetti inflattivi di questa sconsideratata strategia.

Bernanke probabilmente pensava che stampando denaro i tassi di mutui ed i rendimenti dei bond sarebbero calati. Ops! Forse no:
«Un salto nei tassi dei mutui al loro più alto livello in 10 mesi ha illuminato la fragilità del mercato immobiliare che renderà difficile la sua protezione per Washington. Dati di mercoledì hanno mostrato che i tassi dei mutui fissi a 30 anni hanno raggiunto il 5,31% nella settimana finita il 4 febbraio, da un 4,81% della settima precedente. E' stato il più alto tasso sin dal fine settimana del 9 aprile 2010, ha detto il Mortgage Bankers Association.»[2]






Sono aumentati con i vari record dei settori. Secondo lui sono i primi raggi di sole dopo una tempesta. Forse. O non sarà forse che i prestatori se la stanno facendo sotto, preoccupati per l'inflazione, e stanno aumentando i tassi proprio per segnalare la perdita di fiducia nel dollaro? Infatti i prezzi stanno aumentando per tutto.

Solo il settore immobiliare ed il dollaro stanno calando. Ma le intenzioni erano "buone":
«I prezzi più alti delle azioni sproneranno la ricchezza nei consumatori ed aiuteranno ad aumentare la fiducia, il che spronerà anche la spesa. L'incremento della spesa condurrà a maggiori guadagni.»[3]


Questo succede quando si legge troppo assiduamente Krugman. Infatti ricordiamo qui il commento più cretino mai visto nella storia dell'uomo:
«Non c'è niente qui che scuoterà il mio punto di vista secondo cui la deflazione, e non l'inflazione, è la minaccia.»[4]


Forti di questa giustificazione del cazzo, il FOMC ha deciso di comprare 600$ miliardi in bond, ovvero, 600$ miliardi sono stati depositati nel sistema bancario dalla FED e 600$ miliardi di bond del Tesoro sono stati prelevati. Inoltre la FED ha reinvestito più di 400$ miliardi di titoli di mutui in maturazione che già aveva per comprare ulteriori bond. Il tutto per finanziare il deficit del Tesoro, circa un trilione di dollari infine.[5] Non solo, ma il programma andrà avanti nei prossimi mesi ad oltranza. Il risultato finora? I guadagni sono calati ed il lavoro è difficile da trovare. Ma Bernanke ha giustificato questo scempio per "promuovere il livello di occupazione" (stessa stronzata per il QE1). Sta di fatto che nel marzo 2009 la disoccupazione era al 8,1%. Ora è al 9,6%.

Il piano era infatti abbassare i tassi di mutui e bond, e ciò avrebbe spronato l'economia. Anzi, avrebbe spronato i consumi: ovvero, spendere di più di quello che si guadagna ficcandosi nel buco nero dei debiti. Perchè è bello sguazzare nei debiti, no? Leggiamo un pò di pareri sul QE2:
«Non è un enorme incentivo per fare qualcosa di diverso con la tua impresa perchè i tassi sono già bassi a pochi punti base”, ha detto Schwarzman in un'intervista a Margaret Brennan della Bloomberg Television all'UBS Wealth Management Roundtable di New York. "Il denaro ha già un valore abbastanza basso."»[6]

«Con commenti come al solito energici, Mr. Gross ha detto che la FED ha esaurito le opzioni ma ha avvertito che ulteirori QE nel lungo termine significherebbero "mettere le mani nelle tasche dei creditori attraverso l'inflazione e tassi d'interesse negativi".
"[L'assegno] scritto in trilioni non è un amico dei possesori di bond; è di fatto inflazionistico, e, se bisogna dire la verità, è qualcosa che ricorda molto lo schema di Ponzi", ha scritto secondo il suo punto di vista, dicendo che i creditori si sono sempre aspettati di essere pagati dalla crescita futura.»[7]


«"Stampare denaro per comprare i propri bond, non penso che possa andare avanti per molto", dice Cliff Asness»[8]


«"La Federal Reserve rischierebbe la sua credibilità con un secondo giro di acquisti di asset poichè tale misura potrebbe avere uno scarso impatto sulla crescita economica", ha detto Colm O’Shea, hedge fund manager a Londra che non ha avuto un anno in perdita sin dal 2004.»[9]


«"Penso che ci sia un rischio d'inflazione: la politica monetaria della Fed è molto espansiva - aggiunge - e il quantitative easing ha reso i tassi ancora più bassi per un tempo più lungo e questo crea preoccupazione. Abbiamo già visto alcuni segnali di rialzo dei prezzi, per esempio nelle commodities. Penso allora che le banche centrali dovrebbero fare una correzione, al più presto, prima che i rischi aumentino. Attualmente i tassi a zero sono vicini al livello che io stesso suggerirei, ma se dovesse prendere slancio la ripresa bisognerebbe alzarli e non penso che questo strozzerebbe la crescita. Anzi. È quindi l'ora di uscire dalle politiche anticrisi". Taylor chiede allora di "smontare, in modo ordinato, senza allarmare i mercati, il quantitative easing", che sta ottenendo risultati contrari al voluto: i rendimenti a lunga scadenza stanno salendo, invece di calare. "Non sta aiutando l'economia Usa", dice.»[10]


La pressione al ribasso sul settore immobiliare, sul dollaro e sui salari continuerà e le future generazione avranno il loro bel carico di debiti. Ora la prossima volta che vi parleranno di elezioni subito o elezioni domani, pensate solo che questi pagliacci non faranno nulla per il lungo termine e guarderanno solo alla prossima tornata elettorale. Da entrambe le parti (destra e sinistra) non ci sarà alcuna voglia di rifondare l'economia per costruire un ripagamento dei debiti (e non solo dei fantomatici interessi). Il solito e classico approccio del "stiamo facendo del nostro meglio, ma dobbiamo combattere con le lacune dell'amministrazione precedente".

Vediamo inoltre una possibile via d'uscita da questo caos:
«Taylor ritiene che questi sconfinamenti della Fed e della Bce in settori non convenzionali inquinino la divisione classica di ciò che spetta alla politica monetaria e di ciò che spetta alla politica fiscale. "La Fed oggi ha un mandato multiplo:

1. tenere bassi i tassi a lungo termine,
2. stabiltà dei prezzi;
3. ottenere il tasso migliore di occupazione.

Occorre puntare sulla stabilità dei prezzi come priorità", dice Taylor. Altrimenti si finisce come Alan Greenspan, che parte bene ma finisce male il mandato.
Le Banche centrali devono "guardare all'inflazione che è il rischio maggiore, che a causa della globalizzazione si riflette immediatamente nel resto del mondo", causando disequilibri mondiali. Se la politica monetaria deve tornare all'antico anche la politica fiscale deve ridurre il debito: "Gli Usa devono pensare a mettere i conti in ordine: molti oggi (il segretario al Tesoro, Tim Geithner, in primis) credono che un consolidamento fiscale troppo rapido potrebbe frenare la ripresa in atto", spiega. "In realtà il rischio viene dal fatto che negli ultimi tre anni le spese federali sono incrementate del 21 e poi del 25% rispetto agli anni precedenti», commenta Taylor.
Per questo i tassi devono cessare di essere troppo bassi ("la liquidità è la causa delle bolle immobiliari"), e i pacchetti di stimolo devono coinvolgere di più il business, perché "i posti di lavoro vengono creati dagli investimenti privati".»[11]


Ma non credo che qualcuno si dannerà per il settore privato (Obama in primis), và contro la politica della redistribuzione a cazzo di cane. In più l'oro ha ripreso ad andare al galoppo, quindi:
«I suoi commenti derivano dallo scenario posto dall'enorme stimolo (quantitative easing) della Federal Reserve, secondo cui molti pareri esso infine condurrà all'inflazione e ad una caduta del valore dollaro.
"La tendenza al ribasso del dollaro è terribilmente potente" ha detto Mr. Griffiths. "E' vitale capire che non avverrà alcuna ripresa significativa a lungo termine del dollaro. Continuare a possedere una valuta che sarà stampata facendola praticamente finire nell'oblio – questa è la politica ufficiale – è folle". Ha aggiunto: "Il denaro cartaceo sarà stampato fino a farlo finire nell'oblio, quindi è meglio che possediate oro e che possediate altri investimenti ancora connessi alle merci."»[12]


Negli USA, infatti, si stanno prendendo "provvedimenti" a questo riguardo: Preparatevi a fornire tutti i dati personali per ogni acquisto d'oro al di sopra i 100$.


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Note

[1] Fonte: Rivolte per il caro prezzi, il frutto della politica della FED.


[2] Fonte: US mortgage rates at 10-month high, proposals loom.


[3] Ben Bernanke presidente della Federal Reserve, Washington Post, 4 novembre 2010.


[4] Fonte: Are Rising Commodity Prices An Inflationary Signal?


[5] Questo pacchetto è conosciuto come QE2: il secondo giro di quantitative easing. Il primo giro fu nel marzo 2009. La FED annunciò che avrebbe comrpato 750$ miliardi di bond garantiti da un insieme di prestiti, 100$ miliardi di titoli di Fannie Mae e Freddie Mac e 300$ miliardi di titoli a lungo termine del Tesoro.


[6] Fonte: Schwarzman Says Fed Easing Won't Make Much Difference.

[7]
Pimco likens US to 'Ponzi' scheme, The Telegraph, 27 ottobre 2010.

[8] Intervista con Bloomberg News al Buttonwood Gathering, una conferenza organizzata dalla rivista The Economist a New York.[link]

[9] Fonte: Hedge-Fund Manager O'Shea Says Fed Risks Credibility With Asset Purchases.

[10]
John Taylor spiega i rischi della politica monetaria espansiva della Fed, Il Sole24ore, 8 febbraio 2011.

[11]
Ricette anti-crisi di John Taylor, Il Sole24ore, 7 febbraio 2011.

[12]
You're insane if you don't own gold, investors told, The Telegraph, 11 gennaio 2011.

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domenica 20 febbraio 2011

La Politica della Deflazione

Ora, dal precedente articolo è importante sottolineare ed analizzare un paio di questioni che verranno snocciolate nelle prossime pubblicazioni. Infatti ci possono aiutare a comprendere come "certe" decisioni sono state prese, perchè sono state compiute verso "quella" direzione e cosa potrebbero scatenare in un futuro prossimo. In particolare oggi vorrei ripuntare gli occhi sulla "sempreverde" questione della deflazione, antico "spettro" della corrente mainstream in nome del quale si è iniziata una assillante e paranoica campagna di allerta pubblica secondo la quale se non si fosse iniziato ad "intervenire" ci sarebbero state conseguenze disastrose come una spirale al ribasso dei prezzi ed una tremenda doppia-recessione.

Ho la sensazione che la "Grande Deflazione" sarà invece la Grande Depressione 2.

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di Vijay Boyapati

[Libertarian Papers 2010]


La ragione per cui gli establishment politici sono sempre stati prevenuti nei confronti della deflazione monetaria[1] può essere ritrovata nel modo in cui il trasferimento della ricchezza avviene in ambienti inflazionistici e deflazionistici.

Durante un'espansione del credito inflazionistica, la ricchezza è in generale trasferita dalle persone ai primi riceventi del denaro da poco creato. In pratica i primi riceventi sono gruppi d'interesse con forti connessioni politiche nello Stato ed, in particolare, nelle istituzioni statali che controllano la politica monetaria (per esempio, la Federal Reserve negli Stati Uniti). Il trasferimento della ricchezza che ha luogo durante l'inflazione è nascosto ed ampiamente non riconosciuto dalla maggior parte della popolazione. La popolazione è ignara che l'offerta di denaro sta aumentando ed il relativo aumento dei prezzi, apparentemente benefico all'economia, inizialmente:
«produce [un] generale stato di euforia, un falso senso di benessere, in cui ognuno pare prosperare. Coloro che senza inflazione avrebbero riscosso alti profitti ne riscuotono di più alti. Coloro che avrebbero riscosso profitti normali ne riscuotono inaspettatamente di alti. E non solo imprese che erano quasi in bancarotta ma perfino alcune che avrebbero dovuto fallire sono mantenute a galla dal boom inaspettato. C'è un eccesso generale della domanda sull'offerta — tutto è vendibile e tutti possono continuare a fare ciò che stavano facendo.»[2]


In un ambiente inflazionistico, il trasferimento della ricchezza procede insidiosamente ed è mascherato da una prosperità percepita. Lo smascheramento avviene alla fine del boom del credito quando prende piede la tendenza del mercato a ripulire le precedenti perdite. Le imprese fallite sono liquidate ed il loro capitale è trasferito, di solito attraverso la bancarotta, ai creditori che devono riconoscere le perdite per questi investimenti incauti. Emerge la disoccupazione e l'agitazione sociale rimpiazza il precedente senso di euforia che scortava il boom del credito. Il professor Hülsmann riassume le differenze tra i trasferimenti della ricchezza che avvengono sotto l'inflazione e sotto la deflazione come:
«In breve, il vero punto cruciale della deflazione è che non nasconde la redistribuzione che va di pari passo con i cambiamenti nella quantità di denaro. Comporta miseria visibile per molte persone, a beneficio di altrettanti vincitori visibili. Ciò contrasta apertamente con l'inflazione, che crea vincitori anonimi a spese di perdenti anonimi. [...]
[L'inflazione] è un imbroglio segreto e quindi il veicolo perfetto per lo sfruttamento di una popolazione attraverso la sua (falsa) élite, mentre la deflazione vuol dire redistribuzione aperta tramite la bancarotta secondo la legge.»[3]


E qui c'è la risposta al perchè lo Stato preferisce una politica di inflazione controllata. Solo in un ambiente inflazionistico la generosità dello Stato può essere conferita a coloro ben introdotti politicamente senza scatenare l'ira pubblica. Gli ampi e visibili trasferimenti di proprietà tramite la bancarotta che devono avere luogo durante una deflazione sono spesso politicamente destabilizzanti e quindi altamente sgradevoli a qualsiasi governo. Un senso di ingiustizia cresce dentro la popolazione mentre le banche sono salvate dalla follia dei loro incauti investimenti con salvataggi finanziati dai contribuenti, mentre i debitori senza alcun aggancio politico vedono le loro proprietà confiscate nella bancarotta.


Deflazione ed Agitazione Sociale

Il senso di indiganzione pubblica a volte divampa in atti di violenza e rivolte contro l'establishment — un fatto citato frequentemente nella storia come una giustificazione per impedire alla deflazione di completare il suo corso. Nel 1931 Lord Keynes prese parte alla relazione Macmillan per il governo inglese, che avvertiva che una riduzione nei salari risultante da una deflazione non ostacolata "avrebbe potuto produrre caos sociale".[4]

Il 7 gennaio 1811 l'economista Mathew Carey pubblicò una serie di lettere che aveva inviato al membro del Congresso Adam Seybert che avvertivano che il mancato rinnovo dell'atto istitutivo della Banca degli Stati Uniti, e la risultante distruzione del credito, avrebbe prodotto "un terribile scenario di distruzione, le conseguenze o la conclusione del quale sfuggono al potere del calcolo".[5]

L'allarmismo e l'agitazione del passato trova eco negli avvertimenti che sono seguiti al bust immobiliare ed alla recessione globale del 2008. Per esempio, l'amministratore delegato del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, ha avvertito che l'aumento della disoccupazione in seguito al bust immobiliare statunitense avrebbe potuto causare "un'esplosione di agitazione sociale".[6]


Dovremmo Aspettarci che un Elicottero Sganci Denaro?

Le spaventose conseguenze socio-politiche attribuite ad una deflazione incondizionata suggeriscono superficialmente che la Federal Reserve farebbe tutto ciò in suo potere per forzare la ripresa con una espansione del credito. Per esempio, fu una analisi politica che portò l'economista Austriaco Peter Schiff a concludere che una iperinflazione potrebbe essere all'orizzonte:
«Se la FED sgancia abbastanza denaro dall'elicottero invertirà infine la diminuzione nominale nei prezzi degli asset. Sfortunatamente questa strada conduce all'iperinflazione ed al disastro. [...] Il grande problema politico è che l'iperinflazione potrebbe superficialmente apparire come il minore dei mali. Se ai prezzi degli asset è permesso di collassare, la proprietà di quegli asset sarà passata ai nostri creditori. Se invece noi ripaghiamo i nostri debiti con una valuta svalutata, tratteniamo la proprietà dei nostri asset e trasferiamo le perdite ai nostri creditori. Dal momento che i debitori americani possono votare nelle elezioni degli Stati Uniti ed i creditori stranieri non possono, la scelta sembra ovvia.»


Schiff erra nella sua analisi quando indica che la politica monetaria degli Stati Uniti è diretta dal meccanismo democratico di voto; non lo è. La Federal Reserve è un'istituzione indipendente e quasi privata dentro lo Stato, ed è teoricamente supervisionata dal Congresso. In pratica, comunque, la FED dirige l'introduzione delle leggi riguardanti la politica monetaria piuttosto che essere diretta.[7]


L'Importanza del Chi Controlla la Politica Monetaria

Per chiarire l'importanza del chi controlla la politica monetaria, sarà utile definire due classi che operano dentro l'istituzione statale: c'è la classe di persone il cui potere deriva dal mandato popolare, che chiameremo classe politica. Negli Stati Uniti la classe politica include membri del Congresso, il presidente e le persone assegnate alla branca esecutiva del governo degli Stati Uniti. C'è anche una classe di persone i cui interessi sono allineati con questi e il cui elettorato è l'industria bancaria, che chiameremo classe bancaria. Negli Stati Uniti questa è la Federal Reserve.

E' stato affermato che non importa quale classe controlli la politica monetaria. Nel suo libro di teso ampiamente usato, Economics, Paul Samuelson dichiara quasi con una ingenuità bambinesca che "qualora un qualsiasi conflitto si sollevi [nella Federal Reserve] tra conseguire un profitto e promuovere il pubblico interesse, essa agisce risolutamente nell'interesse pubblico".[8] Il ridicolo concetto che un'istituzione a cui è concesso un monopolio per la contraffazione del denaro possa mai agire nell'interesse pubblico non assicura sorveglianza secondo un'analisi Austriaca.

Tuttavia una domanda più specifica, se la politica monetaria controllata dalla classe bancaria è indistinguibile da una politica monetaria controllata dalla classe politica, è di cruciale importanza per l'imbastimento di un discorso inflazione contro deflazione. In What Has Government Done to Our Money, Murray Rothbard sostiene:
«I Continental americani, i Greenback, le banconote confederate del periodo della Guerra Civile e gli assignat francesi, erano tutte valute create dal nulla emesse dal Tesoro. Ma che sia il Tesoro o la Banca Centrale, l'effetto dell'emissione dal nulla è lo stesso: lo standard monetario è ora alla mercee del governo.»[9]


In altre parole Rothbard sostiene che non ha importanza se la classe politica o la classe bancaria controlla la politica moentaria. Tuttavia Rothbard indebolisce il suo stesso discorso riconoscendo che in tutti gli esempi citati di iperinflazione la politica monetaria era controllata dal Tesoro — per esempio, dalla classe politica.

Inoltre tracciando le origini della Federal Reserve Rothbard rivela la differenza tra le ideologie monetarie della classe bancaria, che spingeva per la creazione di una banca centrale, ed i populisti dell'epoca:
«I Morgan erano fermamente opposti al Bryanismo, che non solo era populista ed inflazionista, ma anche contrario alla banca di Wall Street; i Bryaniti, molto simili ai populisti di oggi, preferivano l'inflazionismo del Congresso al più subdolo, e più privilegiato, assortimento controllato dalle grandi banche.»[10]


La differenza chiave tra la motivazione della classe bancaria e la classe politica, che è accennata da Rothbard, è che la prima preferisce una politica monetaria che permetta a loro di trarre profitto dall'attività economica della popolazione in un modo subdolo ed insidioso. Una politica di aperta inflazione condotta dalla classe politica è la via per l'iperinflazione, lo sfacelo della divisione del lavoro e la distruzione del sistema monetario stesso.

Diversamente dalla classe politica, la classe bancaria è abbastanza astuta da riconoscere le politiche che porteranno all'inflazione di massa ed alla morte del sistema monetario da cui trae profitto come un parassita. Una chiara illustrazione delle differenti motivazioni delle due classi può essere trovata nella storia dell'iperinflazione della Repubblica di Weimar.


L'Iperinflazione di Weimar: La Classe Bancaria contro la Classe Politica

La Reichsbank della Germania fu costituita nel 1876 e dal suo avvio fu direttamente controllata dal cancelliere della nazione.[11] L'importanza del controllo da parte della classe politica sulla politica monetaria divenne chiara nel 1914, "quando la Germania mollò il gold standard allo scoppio della Prima Guerra Mondiale", al che il "governo chiese di essere finanziato dalla Reichsbank, praticamente un prestatore di ultima istanza illimitato, prima per le spese belliche e poi per le spese post-belliche".[12]

Il drenaggio di capitale per finanziare le riparazioni richieste dagli Alleati nel trattato di pace punitivo di Versailles resero politicamente irrealizzabile per lo Stato tedesco finanziare se stesso attraverso la tassazione. Invece lo Stato si rivolse alla stampante per coprire la diminuzione delle entrate,[13] portando ad un massiccio aumento dei prezzi e la famosa iperinflazione della Repubblica di Weimar.

Il 16 maggio 1922 alla Reichsbank fu garantita teoricamente l'autonomia a condizione che gli Alleati garantissero una moratoria sulle riparazioni. Tuttavia la Reichsbank rimase sotto la direzione del suo presidente, Rudolph Havenstein, che fu nominato quando la banca centrale era ancora controllata dal cancelliere. Una lettera dal Reichsbankdirektorium al ministero delle finanze mostra che fino alla fine del 23 agosto 1923, negli ultimi mesi dell'iperinflazione, la Reichsbank ancora era legata alla classe politica dello Stato tedesco. La lettera diceva che nonostante l'imminente distruzione della valuta tedesca la banca non poteva "essere sorda alla convinzione che fossero implicate le necessità dello Stato e dovevano essere soddisfatte".[14]

Fu solo la nomina di Hjalmar Schacht, "il quale godeva del pieno sostegno del mondo finanziario internazionale", che arrestò l'iperinflazione di Weimar. Schacht, che era un prodotto della classe bancaria, fu infine in grado di affermare l'indipendenza della Reichsbank dalla classe politica. Secondo lo storico d'economia tedesco Carl-Ludwig Holtfrerich, la "Reichsbank sotto Schacht è stata anche chiamata un Nebenregierung, un governo supplementare, a causa del suo successo nell'imporre la propria volontà sul governo regolare e sui suoi legislatori, creando perciò una situazione di Stato dentro lo Stato".[15]


La Deflazione del Giappone

In luce dell'esempio storico dell'iperinflazione di Weimar e di come le azioni delle due classi hanno modellato il suo inizio ed epilogo, possiamo rivolgerci con un nuovo bagaglio di sapere al caso del Giappone durante gli anni novanta.

Per almeno due decenni dopo il collasso della sua bolla sugli asset nel 1991, il Giappone ha sofferto di una crescita stagnante ed ha sperimentato una crescita bassa o negativa nell'aggregato di prezzi. Mentre la Banca del Giappone teoricamente aveva potere per creare abbastanza denaro per forzare la ripresa con una espansione del credito inflazionistica, come ogni banca centrale fà, non seguì questo sentiero. Osservando che la Banca del Giappone aveva gli stessi strumenti a sua disposizione come la Federal Reserve, Ben Bernanke, allora un professore di Princeton, suggerì che "il problema della deflazione in Giappone è reale e serio; ma, secondo il mio punto di vista, la coercizione politica, piuttosto che una mancanza di strumenti politici, spiega il perchè la sua deflazione è persistita per tutto questo tempo".[16]

Infatti l'avversione a monetizzare abbastanza debito per stimolare una ripresa con una espanzione del credito, può essere spiegata dalla classe bancaria che manteneva un controllo sulle politiche monetarie in Giappone. La differenza nelle motivazioni della classe bancaria e della classe politica, ed il fatto che la classe bancaria mantiene il controllo sulle politiche monetarie, è illustrata dal rifiuto del capo della Banca del Giappone di aderire alla richiesta del primo ministro giapponese di impiegare un massiccio stimolo monetario per svalutare lo Yen:
«A Mr. Kan [il primo ministro] piacerebbe vedere una ripetizione di una azione da "colpisci e terrorizza" ma ha fallito nel convincere Mr. Shirakawa [il direttore della banca] che ne valga la pena. I funzionari della Banca temono che un'esplosione monetaria potrebbe disturbare un equilibrio fragile, portando un'attenzione indesiderata sui debiti del Giappone. Terrorizzata dalle memorie dell'iperinflazione del Giappone, la banca si sta muovendo cautamente.»[17]



Bernanke, il Guerriero della Deflazione

Molto è stato fatto col criticismo del presidente Ben Bernanke sulla risposta del Giappone alla deflazione di cui ha sofferto dopo la propria bolla immobiliare. L'ampia relazione accademica di Bernanke sui pericoli della deflazione è stata presa come prova che egli "non permetterà [all'economia degli Stati Uniti] di finire in deflazione".[18]

Inoltre molti economisti Austriaci hanno preso le riflessioni di Bernnake su un teorico elicottero che sgancia soldi per stimolare l'inflazione come un inquietante avvertimento che l'inflazione di massa sarà probabilmente la via strategica scelta dalla Federal Reserve. Tuttavia sarebbe fuorviante fondere le credenze e le motivazioni di Ben Bernanke come accademico con le azioni di Ben Bernanke come presidente della Federal Reserve.

Per esempio il presidente precedente a Bernanke, Alan Greenspan, scrisse incisivamente sul bisogno di un gold standard, spiegando che "[in] assenza del gold standard, è impossibile proteggere i risparmi dalla confisca attraverso l'inflazione".[19] Si potrebbe concludere che da questo suo desiderio personale per un gold standard Greenspan avrebbe usato la sua influenza come presidente della Federal Reserve per spingere verso questo fine. Tuttavia niente del genere è accaduto. In una deposizione davanti il Congresso ha confessato:
«Sono una di quelle rare persone che ha ancora qualche visione nostalgica del vecchio gold standard, come sapete, ma vi devo dire che sono in una piccola minoranza tra i miei colleghi su questo argomento.»[20]


L'ammissione di Greenspan suggerisce che la struttura istituzionale della Federal Reserve è probabilmente molto più significativa nella determinazione della politica monetaria rispetto alla dottrina economica esposta dal suo presidente. Detto ciò la Federal Reserve fu creata da e a beneficio della classe bancaria,[21] è improbabile perseguire una politica che sarebbe dannosa a quella classe. E' inoltre improbabile che la Federal Reserve monetizzerà abbastanza debito per insabbiare completamente le perdite causate durante il boom immobiliare. Poichè, come Ludwig von Mises spiegò:
«Non c'è alcun mezzo per evitare il collasso finanziario di un boom causato dall'espansione del credito. L'alternativa è solo se la crisi debba arrivare più presto come risultato di un abbandono volontario dell'ulteriore espansione del credito, o più tardi come una catastrofe totale e finale del sistema valutario coinvolto.»



Conclusione

Mentre la Federal Reserve ha in teoria il potere di forzare una ripresa con l'espansione del credito monetizzando abbastanza debito pubblico affinchè le perdite dal bust immobiliare siano spazzate via, è improbabile che agisca così. La FED è stata creata a beneficio della classe bancaria e mentre rimane sotto il controllo della suddetta classe non perseguirà una politica che porterebbe ad un crollo del sistema monetario da cui la classe bancaria trae profitto.

Tuttavia la FED è improbabile che permetterà ad una deflazione incondizionata di esprimere tutto il suo corso, dato il rischio di agitazione politica che potrebbe sorgere. Perciò il corso delle azioni che la FED molto probabilmente seguirà è quello di mantenere il mercato dei mutui, in cui la maggior parte delle perdite è concentrata, in una sorta di stasi dove le perdite sono raggiunte lentemente nel tempo. Tale strategia, che potrebbe essere benissimo chiamata "deflazione controllata", porterebbe ad un periodo prolungato di alta disoccupazione e lenta crescita, poichè il capitale è riallocato solo lentamente per soddisfare le preferenze del consumatore.

Inoltre l'insufficiente o la quasi sufficiente creazione di nuovo credito per compensare il debito da restituire — o non restituire — causerebbe una bassa crescita nell'aggregato dei prezzi; infatti questi prezzi potrebbero occasionalmente divenire negativi. Finchè le perdite del boom immobiliare non saranno pienamente ripulite — per cui potrebbero volerci anni sotto una politica di deflazione controllata — dovremmo aspettarci una espansione inflazionistica del credito ed un significativo aumento dei prezzi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Mises, L. Human Action. p. 573: "L'opinione pubblica è sempre stata prevenuta nei confronti dei creditori. Identifica i creditori con il ricco ozioso ed i debitori con il povero laborioso. Aborre i primi come crudeli sfruttatori e prova pietà per i secondi come innocenti vittime dell'oppressione. Considera l'azione del governo progettata a ridurre le pretese dei creditori come misura estremamente benefica alla stragrande maggioranza a spese di una piccola minoranza di cinici usurai".


[2] Hayek, F.A. "Can We Still Avoid Inflation?" Lettura alla Foundation for Economic Education a Tarrytown, New York, il 18 maggio 1970.


[3] Hülsmann, J.G. Deflation and Liberty. p. 27.


[4] Keynes, J.M. et al. Macmillan Report. 1931. p. 195.


[5] Carey, M. Letters to Dr Adam Seybert, Representative in Congress for the City of Philadelphia, on the Subject of the Renewal of the Charter of the Bank of the United States. Seconda Edizione, 7 gennaio 1811.


[6] Pritchard. A.E. "IMF Fears 'Social Explosion' From World Jobs Crisis". 13 settembre 2010.


[7] Come Liaquat Ahmed ha acutamente osservato "senatori e membri del Congresso raramente sono abbastanza informati per ricoprire il ruolo di sollecitatori persuasivi per cambiamenti nelle politiche monetarie". Lords of Finance, Penguin Press, 2009, p. 278.


[8] Economics, p. 495.


[9] Rothbard, M. What Has Government Done To Our Money? P. 77.


[10] Rothbard, M. "Origins of the Federal Reserve." Quarterly Journal of Austrian Economics, Vol. 2, No. 3 (autunno 1999), pp. 3–51.[Scarica il PDF]


[11] La Commissione Monetaria degli Stati Uniti. The Reichsbank 1876–1900. Government Printing Office, Washington, 1910. p. 42.


[12] Holtfrerich, C.-L. "Monetary Policy in Germany Since 1948: National Tradition, International Best Practice or Ideology?" In Central Banks as Economic Institutions, pubblicato da Jean-Philippe Touffut, 2008. p. 24.


[13] Holtfrerich spiega la preferenza della classe politica di finanziare l'operazione dello Stato usando la stampante piuttosto che la tassazione; da una citazione del 1919 di un direttore della banca di Amburgo, Friedrich Bendixen:
«Lo stesso cittadino che reagirebbe all'estorsione tributaria su questa scala con lamentele di vittimismo nelle mani di autorità ostili alla proprietà accetterà il raddoppiamento dei prezzi con riluttanza se gli fosse risparmiata una tassa, anche se la politica monetaria del governo sia palesemente da biasimare. Solo nella tassazione le persone percepiscono le incursioni arbitrarie dello Stato; il movimento dei prezzi, dall'altra parte, a volte sembra loro che sia il risultato delle sordide macchinazioni dei commercianti, più spesso una distribuzione che, come il gelo e la grandine, l'umanità deve semplicemente accettare. L'opportunità dello statalista giace nell'apprezzare questa disposizione mentale.»

[14] Holtfrerich, C.-L. The German Hyperinflation 1914–1923: Causes and Effects. 1986. pp. 168-169.

[15] "Monetary Policy in Germany Since 1948: National Tradition, International Best Practice or Ideology?" p. 24.


[16] Bernanke, B. "Deflation: Making Sure 'It' Doesn't Happen Here". Discorso davanti il National Economists Club, Washington DC, 21 novembre 2002.


[17] Pritchard. A.E. "Japan Renews QE as Recovery Falters". 30 agosto 2010.


[18] Lynch, D.J. "Bernanke May Discuss New Techniques to Revive Economy". USA Today, 26 agosto 2010.


[19] Greenspan, A. "Gold and Economic Freedom." In Capitalism: The Unknown Ideal. Signet, 15 luglio 1986. p. 107.

[20]
Udienza davanti la Commissione della Camera degli Stati Uniti sui Servizi Finanziari, 22 luglio 1998.

[21] Rothbard, M. "Origins of the Federal Reserve." Quarterly Journal of Austrian Economics 2, no. 3 (autunno 1999), pp. 3–51:
«Le élite finanziarie di questo paese, notoriamente i Morgan, i Rockefeller, i Kuhn ed i Loeb, furono responsabili del completamento della Federal Reserve come un meccanismo di cartello creato ed omologato dal governo in grado di permettere alle banche della nazione di gonfiare l'offerta di denaro in un modo coordinato, senza affrontare la lesta punizione dei depositanti o dei correntisti.»[scarica il PDF]
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venerdì 18 febbraio 2011

Gli Investitori Finalmente Temono il Baratro dell'Inflazione

Infine qualcuno si sta accorgendo che, nella frenetica corsa a chi stampa e svaluta la propria moneta, guardarsi indietro è davvero terribile perchè ci si accorge di essere inseguiti da qualcosa di "molto grosso" che non conosce fatica e potrebbe raggiungere nel prossimo periodo chi fugge, ma che infine rimarrà a corto di fiato. Questo breve articolo, infatti, sottolinea come qualcuno togliendosi i paraocchi del mainstream sta avendo i brividi freddi di fronte a quello che Bernanke è riuscito a creare. L'inflazione nei prezzi ha finora fomentato le rivolte in Africa e Medio-Oriente, che succederà quando si presenterà alla nostra porta?
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di Robert P. Murphy

Bè era ora. Il titolo di lunedì di un articolo della CNBC annuncia: "Gli Investitori Iniziano a Credere che la Minaccia dell'Inflazione sia Reale".

Per un pò di tempo, sono stato un fiero membro di quegli antiquati che hanno predetto il ritorno di una seria stagnazione. Finora i nostri pronostici sono stati chiaramente per metà esatti — l'"economia reale" è di fatto caduta in una terribile routine, di gran lunga peggiore rispetto a quella riconosciuta alla fine del 2008 dalla maggior parte degli economisti Keynesiani.

Tuttavia sul fronte dell'inflazione (nei prezzi) le cose non sono chiare. Sebbene i prezzi degli asset ed i prezzi alla produzione sono incrementati in risposta al pompaggio monetario di Bernanke, i prezzi del consumo al dettaglio (almeno come ufficialmente riportato dal Bureau of Labor Statistics) non sono aumentati a ritmi allarmanti.

Non sono il primo economista a spiegare questa apparente anomalia rifrendomi a Wile E. Coyote: l'inflazione seria non colpirà finchè tutti non pensano che sta per colpire. E sebbene i "fondamentalisti" della seria inflazione nei prezzi sono stati al proprio posto sin dalla fine del 2008, stiamo vedendo sempre più segni che la diga di inganni di Bernanke sta iniziando a rompersi.


Una Semplice Immagine

Semplicistico come potrebbe sembrare, non riesco a scrollarmi di dosso il sentimento che il grafico qui sotto è tutto quello che dobbiamo realmente vedere per capire che infine sperimenteremo enormi picchi nei prezzi:




Si, si, è il classico caso del ragionamento forbito per cui non c'è niente da vedere, è meglio circolare ed il dollaro sarà a posto. In particolare ci sono discussioni sulla domanda di mantenere la "base" monetaria completamente bilanciata alle iniezioni di Bernanke e l'enorme aumento delle riserve in eccesso vuol dire che il nuovo denaro non sta "trapelando" nella più ampia economia.

Tuttavia quando la seria inflazione nei prezzi arriva — come ancora credo che arriverà — penso che tutti guarderemo indietro al grafico di cui sopra e saremmo scioccati che le persone fossero preoccupate per la deflazione nel 2008-2010. E c'è un precedente per questo tipo di cose; ricorderete che nel 2005 e nel 2006 parecchie persone veramente furbe (incluso Ben Bernanke) hanno negato che ci fosse una bolla immobiliare[1]:





Di Bernanke Non Mi Fido

E' vero che Bernanke potrebbe invertire il corso prima che sia troppo tardi, essendo coinvolto il potere d'acquisto del dollaro. Ma ciò implicherebbe un dolore devastante per il settore bancario, dal momento che la FED dovrebbe in primo luogo invertire le politiche che hanno salvato i titani sovraindebitati. Se Bernanke dovesse scegliere tra salvare i ricchi banchieri o il dollaro, sono fiducioso che sceglierebbe i primi.

Quando Bernnake ha concesso la sua infame intervista a 60 Minutes, la maggior parte degli analisti si è concentrata comprensibilmente sulla sua assurda affermazione secondo cui non stava stampando denaro. Ma la cosa che mi allarmò di più fu lo scambio di battute (che inizia a circa 7:20 di questo video):

«BERNANKE: Non c'è assolutamente alcun problema con i tassi in crescita, con le strategie di restringimento monetario, con il rallentamento dell'economia e la riduzione dell'inflazione al momento giusto. [...]
Q: A che livello ha fiducia di poter controllare tutto ciò?

BERNANKE: Al cento percento.
»


Ora, ciò dovrebbe essere terrificante. In realtà, Bernanke non dovrebbe avere il 100% di fiducia che egli possa controllare il suo tostapane. Voglio dire, potrebbe alzare troppo la temperatura, o qualcuno potrebbe farci cadere dell'acqua sopra. Potrebbe accadere.

Allo stesso modo, c'è ogni sorta di scenario dove la naturale "distensione" delle straordinarie politiche della FED non potrebbe funzionare come pianificato. In particolare se anche il CPI ufficiale dell'inflazione inizia a crescere al di sopra del 4 e 5% su base annuale, mentre la disoccupazione rimarrebbe al di sopra (diciamo) dell'8%, diverrà chiaro che la "exit strategy" di Bernanke conduce ad un muro di mattoni.


"Bene, Se la FED Iniziasse a Monetizzare il Debito, Allora Mi Preoccuperei dell'Inflazione..."

Una delle posizioni più assurde che rigettano gli avvertimenti inflazionisti viene da persone che pensano che la politica della Federal Reserve sia completamente separata dalla posizione fiscale del Tesoro. Tali analisti ingenui pensano che la decisione di Bernanke di assorbire più di un trilione in debito del governo non avesse niente a che fare con i deficit massicci che il governo ha accumulato e continuerà ad accumulare.

Coloro che snobbano la nostra attuale situazione ammetteranno che la Germania tra le due guerre o il moderno Zimbabwe si sono ficcati nei casini per bene, ma quelle erano situazioni dove la banca centrale "monetizzava il debito". Ciò è presumibilmente in aperto contrasto con le politiche monetarie scientifiche della "indipendente" Federal Reserve.

Per mettere queste affermazioni nel proprio contesto, è da notare che nel secondo quadrimestre del 2009 l'assorbimento da parte della FED del debito del Tesoro è ammontato al 48% del nuovo debito emesso in quel periodo. E ZeroHedge ha pubblicato il seguente grafico che mostra che la FED è attualmente la singola proprietaria più grande del mondo dei titoli del Tesoro USA, sorpassando la Cina:




Conclusione

Nessuno conosce il futuro per certo. Ma date le realtà politiche ed economiche, rimango ancora fiducioso che i prezzi quotati in dollari statunitensi continueranno a salire, non solo nelle merci ed in certe classi di asset, ma infine nella maggior parte dei beni di consumo. Ad un certo punto sarà ovvio che nemmeno Ben Bernanke sarà in grado di negarlo.

Quando avverrà il crollo? Di nuovo, nessuno può sapere simili cose di sicuro ma ci sono segni crescenti che "il mercato" presto comprenderà che Bernanke & Co. ci hanno messi in una situazione senza via d'uscita.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Per mia eterna vergogna, ero uno di quei (per fortuna) furbi economisti che hanno guardato dall'alto i pericoli per fin troppo tempo. Quindi quando dico che le persone possono attaccarsi a discussioni per ignorare gli avvertimenti ed in seguito chiedersi cosa stessero pensando del mondo, parlo per esperienza personale.


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martedì 15 febbraio 2011

Creazione del Lavoro ed Altri Miti Economici

Una risposta chiara e semplice a tutti coloro che si stanno chiedendo come mai il mercato del lavoro sia così lacunoso nonostante le trombe dei governi annunciano la"famosa" ripresa. La disoccupazione è ancora alta ed i posti di lavoro che vengono "creati" non soddisfano le leggi del mercato e devono essere soppressi poco dopo poichè improduttivi. Ovviamente, a parte quelli che fanno comodo al governo perchè sfornano voti, quindi mantenuti a suon di "incentivi". Ma rimangono quello che sono: produttivamente morti. Quali sono le frottole che consentono a questo circo improduttivo di rimanere in piedi ed al governo "l'obbligo" di intervenire? Vediamo.
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di Fred Buzzeo

La creazione del lavoro è diventata il tema centrale dell'attuale recessione. L'attenzione sulla crescita del lavoro è scoppiata sia tra i conservatori (se posso usare questo termine liberamente) sia tra gli economisti di sinistra. Inoltre se si chiede all'uomo della strada quale sia il problema economico pressante del momento, sicuramente egli risponderà "il lavoro".

In un sondaggio del Gallup nel marzo del 2010, la disoccupazione era ritenuta come il problema più importante che affrontava il paese. Questa scoperta fu rinforzata in un sondaggio condotto dal Washington Post nell'ottobre del 2010. Infatti la mancanza di creazioni di posti di lavoro era una delle maggiori ragioni per cui il GOP ha raggiunto ampie vincite elettorali nelle elezioni di medio termine del 2010.

E' chiaro che la creazione del lavoro è essenziale. Ma da dove devono venir fuori questi lavori? L'enorme piano di stimolo dell'amministrazione Obama ed il quantitative easing della Federal Reserve hanno fallito nel risolvere il problema. Infatti, col tempo, queste azioni creeranno maggiori malattie rispetto al problema che avrebbero dovuto curare.

La realtà dell'alta disoccupazione continua ad appestare l'economia. Inoltre dobbiamo guardare altrove per le soluzioni al problema della disoccupazione. Dobbiamo chiederci, qual'è la via corretta per una crescita sostenuta e non inflazionistica?

Per rispondere a questa domanda suggerisco di fare un passo indietro nel tempo ed esaminare gli scritti dei primi pensatori economici. Nel fare ciò scopriamo che la preoccupazione principale di questi economisti era la produzione di beni e servizi.

Jean-Baptiste Say ha succintamente descritto i fatti; egli scrive:
«In una comunità, città, provincia o nazione che produce abbondantemente ed aggiunge ogni momento alla somma del suo prodotto quasi tutte le branche del commercio, della fabbricazione ed in generale dell'industria, essa rende profitti considerevoli, perchè la domanda è grande e perchè c'è sempre una grande quantità di prodotti nel mercato pronti ad offrire nuovi servizi produttivi. E viceversa, in ogni momento, per errori di una nazione o del suo governo, la produzione è stazionaria o non mantiene il ritmo del consumo, la domanda in genrale cala ed il valore del prodotto è inferiore rispetto alle spese della sua produzione; nessuno sforzo produttivo è ricompensato; profitti e salari diminuiscono; l'impiego del capitale diventa meno vantaggioso e pià azzardato; è consumato poco alla volta, non attraverso lo spreco ma tramite la necessità e perchè le fonti di capitale si sono prosciugate.»[1]


Il periodo citato sopra si riferisce comunemente alla cosidetta legge di Say. L'essenza dell'argomento è che un'aumento nella capacità produttiva creerà occpuazione ed incrementerà naturalmente la domanda in generale per i prodotti. Inoltre la capcità produttiva è vista come la base per la creazione di lavoro ed il benessere economico che ne segue. La legge di Say è stata alla base della crescita economica per decenni.

Tuttavia, per gli ultimi 50 bizzarri anni, è stata un punto di discussione e di scherno tra la maggior parte degli economisti mainstream. La legge di Say è stata rimpiazzata con miti economici come la curva di Philip, lo stimolo della "domanda aggregata" e lo spettro della deflazione. Cosa ha causato questo cambiamento dannoso nella percezione?


Tutte le Strade Conducono a Keynes

Con la maggior parte dei tranelli del pensiero economico, John Maynard Keynes è la persona responsabile di aver deviato in generale la maggior parte del senso logico della professione. E' sorprendente vedere che, con tutte le prove empiriche del contrario, gli economisti mainstream e la politica del governo ancora si aggrappino ai logori postulati della General Theory.

Sebbene i suoi principi siano stati dimostrati come errati molte volte nel tempo, Keynes è costantemente ringiovanito dalla fontana della giovinezza intellettuale che occupa le nostre istituzioni di "alto insegnamento". A conferma di questa frase, Paul Krugman la reincarnazione moderna di Keynes, è stato perfino premiato col Nobel!

Il punto fondamentale che mantiene insieme le illusioni dell'economia Keynesiana è la cosidetta confutazione della legge di Say. Henry Hazlitt ha eloquentemente smentito questo mito Keynesiano. Le sue argomentazioni non hanno bisogno di essere ripetute qui.[2]

Perciò impieghiamo semplicemente un pò di logica per imbastire il discorso. Un uomo d'affari non spende il giorno a considerare come un lavoro deve essere creato. Al contrario, se è un uomo d'affari di successo spende il suo tempo a pensare a quelle attività in cui egli si può lanciare per ricavare un profitto. Una volta che ha determinato l'attività redditizia, può in seguito incanalare le risorse per raggiungere il risultato desiderato: fare denaro.

E' da questo scopo di profitto, questo potenziale incremento dell'attività produttiva, che i lavori sono creati. Come promotore (immobiliare), non assumo un'impiegato prima di aver concepito un'attività costruttiva che mi farà guadagnare un ricavo decente. Assumo un'impiegato quando ho un bisogno produttivo per i suoi servizi. Come Say chiaramente capì, è l'attività produttiva che crea l'occupazione la quale mette i soldi nelle tasche delle persone i quali possono essere in seguito usati per acquistare altri prodotti.


La Curva di Phillips

La curva di Phillips è un altro mito economico; porta all'illusione che i lavori possono essere magicamente creati incrementando semplicemente il livello dei prezzi. E' il concetto economico che portò al presunto compromesso tra l'inflazione ed i lavori che quasi distrusse l'economia statunitense negli anni settanta.

Infatti l'economia degli anni settanta fornisce la prova empirica necessaria per provare infine che la curva di Phillips non funziona. Sottolineo l'uso della prova empirica perchè è la linea di comunicazione dell'economista mainstream. E sono gli economisti mainstream che ci indottrinano con questi miti economici non appena passiamo nelle loro aule.

L'applicazione della curva di Phillips da parte delle amministrazioni Johnson e Nixon hanno talmente devastato l'economia che fu coniato un nuovo termine per identificare le condizioni fino ad allora sconosciute dell'alta inflazione e dell'economia stagnante: la stagflazione. Hazlitt ha dimostrato la storica mancanza della prova empirica per sostenere il mito della curva di Phillips. Ancora una volta non c'è alcuna ragione per ripetere queste scoperte.[3]

Perciò ci rivolgeremo semplicemente alla logica. E un'azione che è progettata per causare un panorama inflazionistico sfida la logica se si pone come scopo il creare lavoro. Non appena i prezzi aumentano e sono calcolate le aspettative della gente, scopriamo l'economia in un panorama inflazionistico con una crescita del lavoro stagnante.

La capacità produttiva è diminuita perchè gli imprenditori — quegli individui le cui azioni creano praticamente i lavori — sono incerti sul futuro. E l'incertezza è il più grande deterrente per l'investimento produttivo. Senza quest'ultimo non c'è alcuna espansione economica e crescita del lavoro.

I lavori, nel lungo termine, non possono essere creati portando l'economia ad un livello di prezzi più alto, il che scoraggia l'investimento produttivo e mantiene le relative entrate e le attività allo stesso livello. Ancora una volta tale attività sfida la logica. Non sfida, tuttavia, gli imperativi ideologici di coloro che espongono tale azione come "stimolante".


Lo Spettro della Deflazione

La paura illogica della deflazione è una delle principali cause della crisi finanziaria — con il suo alto tasso di perdita del lavoro — che ancora stiamo sperimentando oggigiorno. Sin dal 1998, con il collasso del Long Term Capital Management (LTCM) — un hedge fund gestito da economisti vincitori di premi Nobel — l'allora presidente della Federal Reserve Alan Greenspan combattè lo spettro della deflazione come un drogato che prova a perdere il vizio. Era ossessionato da essa. La sua risposta alla crisi del LTCM fu di abbassare il tasso dei fondi federali aumentando l'offerta di denaro.

Poi nel 2000 un'altra crisi ha colpito il mercato finanziario. La bolla tecnologica è scoppiata ed il NASDAQ è andato molto male dal suo picco di 5132,52 del 10 marzo 2000. Quale fu la risposta del presidente Greenspan? Ha ancora una volta aumentato l'offerta di denaro ed abbassato il tasso dei fondi federali. E' interessante notare che egli non ha mai apparentemente messo in relazione la sua politica espansionistica monetaria con "l'esuberanza irrazionale" a cui si è veementemente opposto.

Nel dicembre 2001 il tasso dei fondi federali fu portato giù all'1,87%. Alla fine del 2002 restava all'1,25%, il più basso livello in 41 anni e stava rapidamente dirigendosi verso lo zero.[4]

Infatti il presidente Greenspan era così preoccupato per la deflazione che dichiarò l'inflazione battuta e non più una minaccia. In una dichiarazione alla Joint Economic Committee of Congress, Greenspan disse: "L'inflazione è ora sufficientemente bassa che non pare essere più di un fattore nei calcoli economici delle famiglie e delle imprese".[5] Il presidente Greenspan stava segnalando la sua nuova battaglia sul fronte deflazionistico.

Ancora una volta dobbiamo impiegare la logica per spiegare il mito deflazionistico. Prima di tutto la maggior parte dei prezzi negli ultimi 15 anni non è collassato ma è continuato a crescere. Come promotore immobiliare durante questo periodo, fui scioccato dall'aumento dei prezzi di determinate merci come il rame e l'acciaio che usavo nei progetti di costruzioni. Potevo solo desiderare che quei prezzi diminuissero.

In secondo luogo, la deflazione è buona in un'economia inflazionistica se a tutti i prezzi è permesso di diminuire. Se i profitti rimangono gli stessi in relazione ai beni ed ai servizi che ho bisogno di comprare, non sono preoccupato del prezzo finale a cui vendo un'unità immobiliare. Sono solo preoccupato dei profitti in ribasso in relazione a più alti prezzi che devo pagare per le cose di cui ho bisogno.

Come Rothbard ha dimostrato, se ai salari fosse stato permesso di calare durante la Grande Depressione non avremmo visto tassi di disoccupazione al 25%.[6] E' solo quando ai prezzi non è permesso di aggiustarsi che la deflazione diventa un problema. Tale scenario scaturisce quando il governo interferisce mantenendo il prezzo delle merci ed il lavoro alti, come avvenne nella Grande Depressione.

La ragione per cui i politici falliscono nel permettere la diminuzione dei prezzi è per calmare i gruppi di pressione — come i sindacati — che sono utili per i voti e per i contributi politici. Un'altra ragione è una mancanza di comprensione riguardo la quantità di denaro in una società.


Conclusione

Abbiamo visto come i miti economici che devastano l'attività produttiva sono perpetuati dagli economisti mainstream ed applicati dai legislatori del governo. Ora dobbiamo rispondere alla domanda originale di sopra: Qual'è la via verso una crescita economica sostenuta e non inflazionistica — e di conseguenza per una creazione sostenuta del lavoro?

Primo, dobbiamo capire che la creazione artificiale del lavoro da parte del governo non è la risposta. Come hanno dimostrato i programmi della "Grande Società", i governi non possono produrre lavori non inflazionistici. La ragione di ciò è semplice: i governi non possono produrre beni. Non si aggiungono alla capacità produttiva della nazione. Il governo, attraverso la tassazione e la redistribuzione, distrugge la ricchezza. Non la crea.

Per creare occupazione sostenuta e non inflazionistica dobbiamo, come Jean-Baptiste Say ci disse 200 anni fà, incoraggiare la produzione, e non semplicemente il consumo dei beni. Il concetto Keynesiano dello stimolo della domanda aggregata è semplicemente un altro mito economico. Corre contro tutte le politiche economiche sensate. E' inflazionistico e non conduce ad una crescita sostenuta.

Nelle parole di John Stuart Mill: "Ciò di cui un paese ha bisogno per diventare ricco non è mai il consumo, ma la produzione. Quando c'è quest'ultima, possiamo essere sicuri che non c'è alcun bisogno del primo".

Per espandere l'attività produttiva e così creare lavoro, dobbiamo ripristinare la fiducia nel sistema. Come si è detto prima, gli imprenditori non investono liberamente in tempi di incertezza o quando percepiscono che i loro profitti duramente guadagnati saranno confiscati in qualche schema di redistribuzione delle entrate.

La fiducia nel sistema può essere ristorata da semplici azioni. Il modo principale è di lasciare le decisioni nelle mani del sovrano — l'individuo. Le azioni dell'individuo esprimendo la sua utilità nel mercato determineranno il corretto livello d'investimento, di produzione e di consumo. Questo è l'unico modo infallibile per raggiungere un'espansione economica non inflazionistica con una crescita del lavoro.

Lo scenaro di sopra nega il ruolo del pianificatore centrale e del banchiere del governo. Questa è la ragione principale per cui tale scenario è considerato oltraggioso dall'economista mainstream. Poichè senza un pianificatore centrale, non c'è alcun bisogno di economisti che forniscono la giustificazione della sua esistenza.

I miti economici esplorati sopra devono essere aggrediti nei libri di testo che indottrineranno le legioni dei futuri economisti che passeranno nel tritacarne dell'istruzione. Tuttavia poichè questi miti forniscono una giustificazione per le azioni di così tanti figuri, sfortunatamente rimarranno una realtà che continuerà ad appestare l'economia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] John Baptiste Say, "Of the Demand and Market for Goods," in The Critics of Keynesian Economics, Henry Hazlitt, ed. (Foundation for Economic Education: 1993) pp. 21–23.


[2] Vedi Henry Hazlitt, The Failure of the New Economics, (Auburn, Alabama: Ludwig von Mises Institute, 2007) pp. 32–42.


[3] Vedi Henry Hazlitt, The Inflation Crisis and How to Resolve It, (Foundation for Economic Education, 1978).


[4] Consiglio Direttivo della Federal Reserve.


[5] Peter Gosselin, Greenspan Paints Deflation Scenario, (Los Angeles Times, 22 maggio 2003).


[6] Murray Rothbard, America's Great Depression, (Auburn: Ludwig von Mises Institute, 2006) pp. 267–270.


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