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di Ludwig von Mises
Se chi cerca impiego non può ottenere il posto preferito, deve cercarsi un'altra specie di lavoro. Se non può trovare un datore di lavoro disposto a pagarlo quanto verrebbe, deve ridurre le sue pretese. Se rifiuta, dovrà andarsene senza lavoro e rimanere disoccupato.
Causa della disoccupazione è il fatto che - contrariamente alla dottrina sopra menzionata della inabilità dei lavoratori ad attendere - coloro i quali desiderano guadagnare salari possono aspettare e realmente aspettano. Un cercatore di lavoro che non vuole aspettare troverà sempre un lavoro nella libera economia di mercato, dove non mancano mai capacità inutilizzate di forze naturali e spessissimo anche di fattori di produzione prodotti. Basta che riduca le sue pretese o cambi occupazione o luogo di lavoro.
C'era gente e ce n'è ancora, che lavora soltanto per qualche tempo vivendo poi per un altro periodo coi risparmi accumulati. In paesi in cui lo stato culturale delle masse è basso, è spesso difficile reclutare lavoratori disposti a continuare il lavoro. L'uomo medio è così insensibile ed inerte che non conosce uso per i suoi guadagni che l'acquisto di un pò di tempo di riposo. Lavora soltanto per rimanere qualche tempo disoccupato.
Nei paesi civili è differente. Qui il lavoratore considera la disoccupazione come un male e cerca di evitarla se il sacrificio richiesto non è troppo gravoso. Sceglie tra occupazione e disoccupazione allo stesso modo che nelle altre azioni e scelte, soppesando i pro ed i contro. Se sceglie la disoccupazione, questa è un fenomeno di mercato la cui natura non è differente dagli altri fenomeni che appaiono in una economia dinamica. Possiamo chiamare questa specie di disoccupazione di mercato o disoccupazione catallattica.
Le varie considerazioni che possono indurre un uomo a decidersi per la disoccupazione possono essere classificate in questo modo:
- L'ndividuo troverà successivamente un lavoro remunerativo nel suo luogo di residenza, in un'occupazione che preferisce e per cui si è specializzato. Cerca di evitare la spesa ed altri svantaggi connessi agli spostamenti da un'occupazione all'altra e da un punto geografico all'altro. Speciali condizioni possono aggravare questi costi. Un lavoratore che possiede una casa propria è più fermamente legato al luogo della sua residenza di chi vive in un'appartamento in affitto. Una donna sposata è meno mobile di una ragazza non sposata. Vi sono poi occupazioni che pregiudicano l'abilità del lavoratore a riprendere il lavoro di prima. L'orologiaio che lavorasse per qualche tempo come taglialegna potrebbe perdere l'abilità necessaria al suo lavoro precedente. In tutti questi casi l'individuo sceglie la disoccupazione temporanea perchè crede sia la scelta conveniente nel lungo andare.
- Vi sono occupazioni la cui domanda è soggetta a considerevoli variazioni stagionali. In taluni mesi dell'anno la domanda è intensissima. In altri mesi si riduce o scompare del tutto. La struttura dei saggi salariali sconta queste fluttuazioni stagionali. Le industrie soggette a ciò possono competere sul mercato del lavoro soltanto se i salari pagati nella buona stagione sono abbastanza alti da indennizzare i salariati dagli svantaggi inerenti l'irregolarità stagionale della domanda. Allora molti lavoratori, avendo risparmiato una parte degli abbondanti guadagni nella buona stagione, rimangono disoccupati nella stagione cattiva.
- L'individuo sceglie la disoccupazione temporanea per considerazioni che il linguaggio popolare chiama non-economiche o anche irrazionali. Non prende impieghi incompatibili con le sue convizioni religiose, morali e politiche. Rifugge dalle occupazioni che pregiudicherebbero il suo prestigio sociale. Si lascia guidare dai principi tradizionali circa ciò che è degno di un buon uomo e ciò che non lo è. Non vuole perdere la faccia o la condizione.
La disoccupazione nel libero mercato è sempre volontaria. Per il disoccupato, essa è il minore di due mali tra cui scegliere. La struttura del mercato può talvolta ridurre i saggi salariali. Ma, nel libero mercato, vi è sempre, per ogni tipo di lavoro, un saggio al quale tutti coloro che desiderano lavorare possono impiegarsi. Il saggio salariale finale è il saggio al quale tutti i cercatori d'impiego ottengono lavoro e tutti i datori di lavoro ottengono tanti lavoratori quanti vogliono assumere. La sua altezza è determinata dalla produttività marginale di ogni tipo di lavoro.
Le fluttuazioni del saggio salariale sono lo strumento con il quale si manifesta la sovranità dei consumatori nel mercato del lavoro. Sono misure adottate per l'attribuzione del lavoro alle varie branche produttive, che penalizzano la disobbedienza riducendo i saggi salariali nelle branche comparativamente sovrapopolate e ricompensano l'obbedienza con saggi salariali crescenti nelle branche comparativamente sottopopolate. Esse sottomettono pertanto l'individuo ad una forte pressione sociale. E' ovvio che indirettamente limitano la libertà individuale a scegliere l'occupazione. ma questa coercizione non è rigida. Essa lascia all'individuo un margine nei limiti in cui può scegliere tra ciò che gli va di più e ciò che gli va di meno. In quest'orbita egli è libero di agire come crede. Questo ammontare di libertà è il massimo di cui un'individuo può godere nell'ambito della divisione sociale del lavoro e questo ammontare di coercizione il minimo indispensabile per preservare il sistema di cooperazione sociale. Vi è soltanto un'alternativa alla pressione catallattica esercitata dal sistema salariale: l'assegnazione delle occupazioni e degli impieghi a ogni individuo con i decreti perentori di un'autorità, un'ufficio centrale che pianifichi tutte le attività produttive. Ma questo equivale alla soppressione di ogni libertà.
E' vero che nel sistema salariale l'individuo non è libero di scegliere una disoccupazione permanente. Ma nessun'altro sistema sociale pensabile potrebbe accordargli il diritto di un'ozio illimitato. Che l'uomo non possa fare a meno di assoggettarsi alla disutilità del lavoro, non è una conseguenza di nessuna istituzione sociale, ma condizione naturale ed inevitabile della vita e della condotta umana.
Non è opportuna chiamare la disoccupazione catallattica, con una metafora prestata dalla meccanica, disoccupazione "frizionale". Nella costruzione immaginaria dell'economia uniformemente rotante non c'è disoccupazione perchè questa costruzione è basata sulla premessa che la disoccupazione sia un fenomeno dell'economia dinamica. Il fatto che un lavoratore licenziato in seguito ai cambiamenti nella coordinazione del processo produttivo non si avvantaggi istantaneamente di ogni opportunità di trovare un altro impiego ma attenda un'opportunità più propizia non è conseguenza della lentezza dell'adattamento alle condizioni cambiate, ma uno dei fattori che rallentano il ritmo di questo aggiustamento. Non è una reazione automatica ai cambiamenti avvenuti, indipendentemente dalla volontà e dalle scelte dei cercatori di lavoro interessati, ma effetto delle loro azioni intenzionali. E' un fenomeno speculativo, non frizionale.
La disoccupazione catallattica non deve essere confusa con la disoccupazione istituzionale. Quest'ultima non è il risultato delle decisioni dei singoli cercatori di lavoro, ma l'effetto dell'interferenza nei fenomeni di mercato tendente ad imporre con la coercizione saggi salariali più elevati di quelli che il mercato libero avrebbe determinati. La trattazione della disoccupazione istituzionale appartiene all'analisi dei problemi dell'interventismo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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