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mercoledì 28 luglio 2010
Libertà di Associazione
Un articolo che arriva puntuale in un momento in cui lo Stato tenta di fare maggiori pressioni sulla popolozaione, propagandando l'aggregazione forzata degli individui in nome della cosidetta "coesione sociale".
Privati da quel diritto fondamentale che rappresenta la libertà di associazione, ci si vede spinti l'uno contro l'altro in una lotta contro la promiscuità coatta; senza però additare il vero nemico dietro a tale spregevole azione.
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di Llewellyn H. Rockwell, Jr.
Sembra incredibile che negli ultimi giorni, un fondamentale diritto di tutta l'umanità, la libertà di associazione, è stata biasimata dal New York Times e da tutte le maggiori fonti di opinione, come anche da una figura politica nazionale che era riluttante a difendere le proprie dichiarazioni in favore di quell'idea e prendendo poi le distanze dalla nozione stessa. Tale principio fondamentale di libertà è divenuto praticamente impronunciabile?
O forse non è così incredibile. Un governo presuntuoso, in un'età dispotica come la nostra, deve screditare un tale diritto fondamentale semplicemente perchè è una di quelle questioni cardinali che parla a chi è al comando: lo Stato o gli individui.
Viviamo in tempi anti-liberali, dove la scelta individuale è vista con enorme sospetto. L'etica legislativa imperante è orientata verso azioni necessarie o vietate, con meno e meno spazi per la volontà umana. Mettendola semplicemente, noi non ci fidiamo più dell'idea stessa di libertà. Non potremmo nemmeno immaginare come possa funzionare. Quanto tempo abbiamo percorso dall'Età della Ragione fino ai giorni nostri.
Facendo riferimento alla grande controversia sul'Atto dei Diritti Civili del 1964, Karen De Coster mise la questione a tacere ritorcendo contro Rachel Maddow la sua stessa domanda. Quest'ultima chiese di conoscere se un uomo d'affari bianco avesse il diritto di rifiutare i servizi di un uomo nero. Karen domandò: un'uomo d'affari nero ha il diritto di rifiutare i servizi di un membro del Ku Klux Klan?
Non penso che qualcuno volesse discutere quel diritto. Come una persona usi il diritto di associazione (che necessariamentre implica anche il diritto di non associarsi) è una questione di scelta personale profondamente influenzata dal contesto culturale. Che una persona abbia il diritto di fare queste scelte da se stesso non può essere negato da chicchessia che crede nella libertà.
Il diritto di esclusione non è qualcosa di fortutio. E' il nucleo del funzionamento della civiltà. Se io volessi usare un softaware riservato, non potrei scaricarlo senza firmare un accordo contrattuale. Se rifiutassi di firmare l'accordo, la compagnia non dovrebbe vendermelo. E perchè? Perchè è il loro software e loro dispongono dei termini d'uso. Punto e basta. Non c'è nient'altro da dire.
Se si possiede un blog che accetta commenti, si conosce quanto importante sia questo diritto. Si deve essere in grado di escludere spammatori o bannare indirizzi IP di troll o altrimenti adottare criteri di esclusione ed inclusione basati sul valore dei commenti che una persona condivide. Ogni luogo su internet che richiama la partecipazione pubblica deve conoscere ciò. Senza questo diritto, qualsiasi forum potrebbe collassare, essendo soverchiato da cattivi elementi.
Ci esercitiamo nel diritto di esclusione ogni giorno. Se si va a pranzo, alcune persone vengono ed altre no. Quando si organizza una cena, si è attenti ad includere alcune persone e necessariamente ad escluderne altre. Alcuni ristoranti richiedono ed esigono determinate scarpe e maglie e perfino giacche e cravatte. Il New York Times include alcuni articoli e ne esclude altri, include alcune persone nei suoi incontri editoriali e ne esclude altre.
Quando il mondo del business ingaggia, alcune persone fanno tagli ed altre no. E' lo stesso per le ammissioni nelle università, appartenenza alla chiesa, confraternite, club e qualsiasi altra associazione. Tutte queste esercitano il diritto di esclusione. E' un fatto centrale all'organizzazione di ogni aspetto della vita. Se questo diritto fosse negato, cosa avremo al suo posto? Coercizione ed obbligatorietà. Le persone sono forzate assieme dallo Stato, con un gruppo sottoposto a servirne un altro puntandogli la pistola in faccia. Questi sono lavori forzati non volontari, espressamente proibiti dal tredicesimo emendamento. Uno presume che le persone amanti della libertà saranno per sempre contro ciò.
Come Larry Elder dice: "Questa è libertà 101".
E che dire del proclama secondo cui il governo dovrebbe regolare i motivi dell'esclusione? Diciamo, per esempio, che non neghiamo il diritto generale alla libera associazione, ma in particolare al possibile indirizzamento verso una serie di specifiche ingiustizie. E' plausibile ciò? Bè, la libertà è un pò come la vita, a volte lo è ed a volte non lo è. Troncarla e giocarsela a dadi in accordo con le priorità politiche è estremamente pericoloso. Perpetra divisione sociale, porta al potere dispotico, autorizza una forma di schiavitù e ribalta le cose di chi precisamente è al comando nella società.
Infatti ritenere, per il governo, di regolare i "motivi" di ogni scelta è raggelante. Si suppone il diritto e l'abilità dei burocrati di governo di leggere le menti, come se loro potessero conoscere la motivazione reale dietro ogni azione, a prescindere da cosa richieda colui che prende la decisione. Questo è come le banche nelle ultime decadi hanno potuto dare mutui ipotecari promiscuamente: stavano provando a togliersi di dosso gli enti di vigilanza in cerca di un qualsiasi segno di discriminazione razziale.
E, ovviamente, questa trucco della lettura della mente non è arbitrario. E' dettato dalla pressione politica. E' a mala pena sorprendente, poi, che dal momento che l'Atto fu promulgato nel 1964, i motivi su cui i regolatori dicono che loro possono discutere, capire e perciò proibire sono aumentati ed ora sono completamente fuori controllo. Questa strategia ha veramente incrementato il benessere sociale, o ha inasprito il conflitto tra gruppi che lo Stato ha sfruttato per i suoi fini?
Ma oseremo lasciare che i proprietari prendano simili decisioni da soli? Da un punto di vista storico, l'ingiustizia contro i neri era perpetrata per la maggiore dai governi. Attività private non seguivano politiche basate sulle razze, poichè ciò significava escludere clienti paganti.
E questo è precisamente il perchè razzisti, nazionalisti e bigotti intransigenti si sono sempre opposti al capitalismo liberale: esso include ed esclude basandosi su connessioni monetarie e senza riguardo verso caratteristiche che collettivisti di ogni sorta ritengono importanti. Nell'utopia immaginata dai nazional socialisti, i campioni del commercio sono impiccati ai lampioni come i traditori della razza ed i nemici della nazione.
Questo perchè il mercato tende verso una continua evoluzione e continuo cambiamento della tappezzeria dell'associazione, con modelli che non possono essere conosciuti in anticipo e non dovrebbero essere regolati dai padroni federali. In contrasto a ciò, i tentativi del governo di regolare l'associazione portano al disordine ed alle calamità sociali.
Come Thomas Pain spiegò: "In quelle associazioni che gli uomini promiscuamente formano per scopi legati al commercio o per altra faccenda, nelle quali il governo è totalmente estraneo, ed in cui agiscono soltanto sui principi della società, vediamo come spontaneamente le varie parti si uniscono; e ciò mostra, col confronto, che i governi, lungi dall'essere causa o via di mezzo per l'ordine, sono di solito la distruzione di questa associazione".
Questo è precisamente il perchè i libertari erano nel giusto ad opporsi a quei provvedimenti dell'Atto dei Diritti Civili nel 1964. Colpivano il cuore della libertà e con un costo sociale estremamente alto. Uno non si sorprenderebbe che organi d'opinione senza cervello ed anti-intellettuali vorrebbero negare ciò. Ma ciò che mi ha sorpreso è la velocità con cui sedicenti libertari, specialmente dalle parti di DC, hanno preso velocemente le distanze dal principio della libertà d'associazione. Non prendo ciò come una sorta di bancarotta intellettuale, ma come un segno della paura che molti hanno, in un periodo di controllo dispotico, di dire in faccia al potere la verità.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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