Bibliografia

venerdì 30 luglio 2010

Il libertarianismo è una parte della destra o della sinistra? Nessuna delle due. Noi siamo UNICI #1



Saggio profondo ed articolato in cui vengono revisionate alcune posizioni di "noti" libertari, per evidenziare le caratteristiche di un buon libertario senza influenza alcuna da parte di contaminazioni esterne al movimento stesso.

Prima parte di cinque.


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di Walter Block

Recentemento ho pubblicato questo articolo: Block, Walter. 2010. "Il libertarianismo è unico; non appartiene nè alla destra nè alla sinistra: una critica sulle visioni di Long, Holcombe e Baden per la sinistra, Hoppe, Faser e Paul per la destra". Giornale degli Studi Libertari; Vol. 22: 27-70. E' lungo 44 pagine, pieno di note a piè pagina, riferimenti e tanto altro materiale scolastico di simile natura. Il saggio qui presente è una versione per non esperti dell'intero scritto. Molte persone sono troppo occupate e leggerebbero a fatica il brano saltando anche l'analisi dell'intera faccenda, oppure molte altre questioni. Ma questo argomento è fondamentale per i libertari, quindi ho pensato che avrei offerto il presente saggio come una versione più accessibile di quel lungo documento. Se avete domande, obiezioni, critiche su qualsiasi cosa che sto per dire qui, per favore date prima uno sguardo al documento completo pubblicato sul GSL, per le elaborazioni, le qualifiche, le restrizioni, che appaiono nelle note a piè pagina, nei riferimenti o all'appendice.

La politica economica libertaria è una filosofia unica. Non appartiene nè alla destra nè alla sinistra. Questa tesi è in chiaro contrasto con le visioni dei libertari di sinistra come Long, Holcombe e Baden i quali sostengono che il libertarianismo è una parte reale della sinistra, oppure del movimento femminista di sinistra, stesso dicasi con la prospettiva opposta dei libertari conservatori come Hoppe, Feser e Paul, nelle quali visioni il libertarianismo è un elemento costituente il movimento conservatore di destra.

Il presente documento difende la posizione del libertarianismo di centro, o la purità libertaria o la linea di piombo del libertarianismo, faccia a faccia contro gli altri due competitori per il mantello libertario: libertarianismo di sinitra e di destra. Scrivendo su LewRockwell.com non c'è nessun bisogno di definire accuratamente termini come "libertario", diversamente se fosse stato altrove. Incredibilmente tutti i partiti in questo dibattito sono dei fidati libertari. Non ci sono differenze tra di noi sull'assioma principale della non-aggressione, associato con i diritti sulla proprietà privata basati sull'homesteading. Tutte le parti cardinali di questa discussione si accordano a queste tre premesse di base. Le differenze sono nei termini e le relative implicazioni logiche di questi assiomi fondamentali. Nella seconda sezione prendiamo in analisi Long, Holcombe, Baden ed altri libertari New Age, femministi ed hippie. La terza sezione è dedicata allo svisceramento, simile al gruppo precedente, della destra conservatrice e tradizionalista di libertari come Hoppe, Feser e Paul. Concluderemo con la sezione quattro, tentando di corteggiare entrambi gli schieramenti a tornare nella corrente principale libertaria.


II. Contro il libertarianismo di sinistra


A. Roderick Long

a. violenza

Ecco una visione indicativa di Long:
«"Quando femministe radicali dicono che la supremazia maschile risieda in larga parte nei fatti di stupro – come quando Susan Brownmiller caratterizza lo stupro come "un conscio processo di intimidazione col quale tutti gli uomini mantengono in uno stato di paura tutte le donne" – i libertari di solito scartano questa opzione sulla base che non tutti gli uomini sono letteralmente stupratori e non tutte le donne sono letteralmente stuprate. Ma quando il loro stesso Ludwig von Mises dice che "l'interferenza del governo significa sempre azione violenta o la minaccia della stessa", il che consiste "come ultima risorsa" nell' "impiego di uomini armati, poliziotti, gendarmi, soldati, secondini e carnefici", e questa sua "caratteristica portante" porta "al rafforzamento dei suoi decreti di poter picchiare, uccidere ed imprigionare", i libertari applaudono ciò come una benvenuta demistificazione dello Stato. I libertari giustamente riconoscono che la violenza emanata con una legge è il significato che tutti i membri della classe dirigente mantengono tutti i cittadini in uno stato di paura, anche se non utti i funzionari di governo personalmente picchino, uccidano o imprigionino qualcuno, ed anche se non tutti i cittadini siano picchiati, uccisi o imprigionati; la stessa interpretazione solidale all'analisi del movimento femminista sullo stupro, non che ci sia tanta differenza".»

Sebbene Feser non abbia scritto come questa specifica citazione, avrebbe benissimo potuto dire:

«"...è l'essenza della moderna vita intellettuale che alcuni proclami, e molti altri che sono ancora più bizzarri – per esempio, che il matrimonio sia paragonabile allo stupro e ai rapporti sessuali è un'espressione di disprezzo per le donne (Andrea Dworkin), che il comunismo sovietico abbia funzionato avendo ucciso un'ammontare di 20 milioni di persone (Eric Hobswan), che la civiltà greca fosse rubata dall'Africa (Martin Bernal) – siano considerati come privi di interesse in una discussione. Ai più fetidi sproloqui è data la maggiore importanza, mentre il buon senso e la tradizione sono accantonati senza riserve".»

Ovviamente sono troppo erudito di carattere per qualificare i punti di vista di Long e Johnson a questo riguardo come "i più fetidi sproloqui". Invece, mi accontento di far notare che c'è una forte disanalogia tra uomini e donne da un lato ed il rispetto che lo Stato ci dovrebbe da un altro.

Si sa, ogni governo senza eccezioni è un violatore di diritti ma non tutti gli uomini sono stupratori o picchiatori di donne. E' interamente giustificato che tutti i membri della classe politica spargano la paura del governo. Lo Stato è il più grande violatore di diritti conosciuto all'uomo. La questione è totalmente differente quando si ritiene sensato che tutte le donne sono mantenute in un continuo stato di terrore da parte di tutti gli uomini. Brownmiller e Dworkin stesse forniscono un contro-esempio: durante la loro vita di tutti i giorni in cui lavorano, fanno compere, insegnano, scrivono, tengono conferenze; sarebbe complicato per loro fare tutte queste cose in un continuo stato di paura. La loro "paura" è più che altro teorica, politica e poetica. Ovviamente anche i comuni cittadini vanno incontro ai loro affari quotidiani senza mostrare la paura del governo, addirittura senza nessuna paura; sono stati educati fin dalla tenera età che "il poliziotto (di Stato) è nostro amico". La differenza è che i tirapiedi dello Stato comandano su di loro senza che le loro vittime se ne accorgano o meno. Questo semplicemente non è il caso riguardante tutti gli uomini e tutte le donne per ciò che concerne lo stupro. Questa non è tanto una differenza nella sostanza ma ultimamente si è dimostrata una differenza nella forma; una differenza nella forma sin dall'inizio. Come prova tutto ciò che dobbiamo fare è riflettere sul fatto che non c'è mai stato un governo che non abbia violato i diritti. Sicuramente la maggior parte degli uomini non ha mai stuprato nessuno, o nemmeno si è avvicinato a farlo.


b. La differenza del salario


Long e Johnson sono preparati circa "la realtà e la diffusione della...discriminazione verso le donne..."

Secondo Long:

«Le donne nel mercato del lavoro, di norma, guadagnano 75 centesimi per ogni dollaro che un uomo guadagna in un equivalente lavoro».


«Come si spiega questa differenza di salario? Sono state suggerite varie spiegazioni. Ma alcuni austriaci hanno dichiarato che esiste un'unica possibile spiegazione: le donne sono meno produttive degli uomini».
«Così è stato impostato l'argomento: se i datori di lavoro pagano un dipendente più del valore marginale della produzione in entrata di quel lavoratore, la compagnia perderà denaro e così sarà penalizzata (sic) dal mercato. Se i datori di lavoro pagano un dipendente meno del valore marginale della produzione in entrata di quel lavoratore, allora altre compagnie possono approfittarne offrendo salari più competitivi ed attirando il dipendente verso altri posti. Da qui i valori dei salari che sono impostati sia al di sopra che al di sotto della produzione in entrata marginale del dipendente, tendono a diminuire la competizione (vedi Mises e Rothbard su tale argomento). Il risultato è che ogni persistene disparità tra i salari di uomini e donne deve essere riportata ad una corrispondente disparità tra la loro produttività marginale».

«Come Walter Block dice: si consideri un uomo ed una donna con una produttività di 10$ l'ora e si supponga, a causa della discriminazione o per qualsiasi altra ragione, che l'uomo venga pagato 10$ l'ora e la donna 8$ l'ora. E' come se la donna avesse un piccolo cartello sulla fronte che dice "Assumimi e guadagnerai un extra di 2$ l'ora". Ciò la renderebbe una dipendente desiderabile anche per un capo sessista».

«Il fatto che la differenza del salario non sia stata ridotta dalla competizione in questo modo mostra che il divario si debba basare, quindi l'argomentazione scema via, su una reale differenza di produttività tra i sessi. Ciò non necessariamente deve essere preso come una relativa differenza nelle capacità, ma potrebbe invece essere ricondotto al carico sproporzionato dei lavori domestici che gravano sulle spalle delle donne – il che spiegherebbe anche il perchè il divario del salario è più grande per le donne sposate rispetto alle nubili (Walter Block riprende anche questo argomento). Da qui le preoccupazioni femministe circa la differenza del salario sono infondate».

«Non sono sicuro sul perchè questo argomento, se avesse successo, debba mostrare che il turbamento sul divario del salario sia sbagliato, piuttosto che mostrare gli sforzi per riequilibrare tale divario si dovrebbe prestare meno attenzione all'influenzamento dei datori di lavoro e più attenzione all'influenzamento delle norme meritocratiche (forse la risposta sarebbe che dal momento che le mogli possano liberamente scegliere se attenersi a tali norme, gli estranei non avrebbero le basi per condannare le norme. Ma dal momento che non possono scegliere liberamente le dipsosizioni saranno criticate (sic) – su basi morali, su basi giudiziose, o entrambe?)».

«Comunque non sono persuaso da questo argomento, che mi colpisce [pausa ad effetto] più da neoclassico...che da austriaco, poichè si ignora informazione imperfetta, il passaggio del tempo, etc. Certamente sono d'accordo con Mises e Rothbard che c'è una tendenza per i lavoratori ad essere pagati in accordo con la loro produzione marginale in entrata, ma la tendenza non riconosce (sic) se stessa istantaneamente o senza affrontare tendenze controbilancianti, e così, per come la vedo io, non permette l'inferenza che i salari dei lavoratori siano verosimilmente approssimati al valore della loro produzione marginale in entrata – proprio come l'esistenza di tendenze equilibrative non significa che l'economia stia per o sia vicina ad un equilibrio. Vorrei applicare a questo concetto l'osservazione che Mises fa sullo stato finale di quiete – benchè "il mercato si muova in ogni istante verso uno stato finale di quiete", questo stato "non sarà mai raggiunto" perchè "nuovi fattori disturbanti emergeranno prima che tale stato si realizzi».

«Prima di tutto molti datori di lavoro non sanno con massima precisione la produttività marginale in entrata dei loro dipendenti. Le aziende, dopo tutto, sono isole di pianificazione centrale – su scala ridotta in modo che i guadagni dalla coordinazione centrale generalmente superino le perdite, ma loro ancora sono epistemicamente (sic) impacciati dall'assenza di mercati interni...Un'azienda affronta il test sulla profittabilità su un'unità, non dipendente per dipendente, e quindi c'è un giusto spazio per un'ipotesi che coinvolge il pagamento dei lavoratori in accordo al loro profitto. Precisamente questo punto, in un altro contesto, è affrontato da Block stesso: "fare una stima della produzione marginale in entrata in atto e potenza degli impiegati...è difficile: ci sono prodotti combinati; la produttività dipende da come il lavoratore "si concilia" con gli altri; è impossibile mantenere un'occhio su una determinata persona per tutto il giorno; etc." Ma Block pensa che questo poco importi, perchè "ci sono quegli imprenditori che possono eseguire tali compiti e prosperare; e quelli che non possono raggiungerli affatto". Bè abbastanza vero, ma un imprenditore non deve risolvere quei problemi perfettamente per prosperare – come chiunque abbia speso tempo nell'attuale folle mondo industriale, un pò alla Dilbert, può testimoniare...».

«Anche se le donne generalmente non sono meno produttive degli uomini, poi, potrebbe ancora esserci un'assai diffusa supposizione nella parte dei datori di lavoro che esse lo siano ed alla luce della difficile determinazione della produttività di specifici soggetti questa supposizione potrebbe non essere facilmente nascosta, così qualsiasi distinzione nel salario basata su tale supposizione sarebbe resa più difficile per le forze di mercato da diminuire (simili supposizioni potrebbero altrettanto spiegare la differenza di salario tra le donne sposate e le nubili)».

«Da qui una differenza del salario potrebbe persistere anche se i datori di lavoro si concentrerebbero solamente sulla profittabilità, non avendo interesse alcuno nella discriminazione, e facciano del loro meglio per pagare salari esclusivamente sulla produttività marginale. Ma non c'è nessuna ragione di escludere anche la possibilità di discriminazione intenzionale ed indifferenza nel profitto. La discriminazione potrebbe essere un bene di consumo per i manager e questo bene potrebbe essere offerto nel pacchetto salari e benefeci dei manager; qualsiasi costo derivante dalle pratiche discriminatorie dei manager potrebbe così essere visto come un vero e proprio costo del libro paga. Forse alcuni manager ordinano rivestimenti di legno estrosi per i loro uffici ed altri manager pagano meno le donne per ragioni legate al sessismo; se la precedente categoria di comportamento può sopravvivere al test di mercato, perchè non la seconda?».

«Dovrei aggiungere che non penso che il mio scetticismo sulla teoria della produttività dei salari sia un qualsiasi tipo di critica al mercato. La tendenza per cui il punto di vista degli Austriaci è vero, vuol dire che i mercati sono verosimilmente più vicini a trovare accordi tra produttività/salari rispetto a cosa possa fare un sistema rivale (dal momento che la neoclassica competizione perfetta è incoerente ed impossibile, di conseguenza non conta come un rivale rilevante). Se i datori di lavoro si trovano in difficoltà a stimare la produttività dei loro lavoratori (il problema della conoscenza), o qualche volta non possono affidarsi alla prova (il problema dell'incentivo), non c'è nessuna ragione per sostenere che il governo possa fare meglio. I datori di lavoro sono certamente in una posizione (seppur imperfetta) migliore per valutare la produttività dei loro dipendenti piuttosto che alcuni remoti legislatori o burocrati, ed allo stesso modo loro hanno molte più ragioni di preoccuparsi del profitto della loro compagnia (anche se non è tutto ciò di cui si preoccupano) rispetto al governo. Quindi non c'è nessuna ragione per pensare che trasferendo l'autorità della facoltà di decidere dai datori di lavoro allo Stato, ciò possa portare i salari ad un qualunque migliore allineamento con la produttività. Le persone nel governo sono anch'esse degli alberi storti, e (data l'efficenza superiore della democrazia economica in paragone con la democrazia politica) sono anche meno costretti da qualsiasi sorta di attendibilità rispetto alle aziende private».

«Niente di ciò che ho detto mostra che uomini e donne sono egualmente produttivi; si voleva solo mostrare che, data la prevalenza delle norme culturali ed il potere delle connessioni, potremmo aspettarci di vedere una differenza tra i guadagni di uomini e donne anche se ci fosse uguaglianza nella produttività (il che è almeno una ragione per lo scetticismo sui vari proclami che loro non sarebbero ugualmente produttivi)».

«Vorrei aggiungere che anche se ci sono persistenti problemi – non da parte del governo, ma nondimeno connessioni potenzialmente dannose e simili – che i processi di mercato non eliminano automaticamente, non vuol dire che non si possa fare nulla per questi problemi senza un ricorso alla costrizione del governo. Questa è una ragione per cui simpatizzo di più per i movimenti del lavoro e i movimenti femministi rispetto a molti altri libertari di oggi. Nel diciannovesimo secolo i libertari videro un'oppressione politica come componente di fattori interconnessi al sistema politico, economico e culturale; non fecero ne l'errore di pensare che il potere politico fosse stato l'unico problema, ne l'errore di pensare che il potere politico potesse essere usato efficacemente e in sicurezza per combattere gli altri problemi...».
«Sappiamo – indipendentemente dall'esistenza della differenza del salario – che il mondo del lavoro è saturo di sessismo (quelli che ignorano ciò possono verificarlo da loro stessi spendendo del tempo in quel mondo o parlando con quelli che hanno fatto ciò). Una volta che abbiamo visto il perchè della teoria della produttività legata ai salari, sebbene corretta da come esposta, fa meno strada rispetto ai suoi sostenitori che di solito la supportano, non sembra quindi non plausibile sostenere che quel sessismo gioca un qualche ruolo nella spiegazione della differenza del salario e tale sessismo deve essere combattuto (ed anche se i divari nei salari fossero fondati su un divario genuino della produttività derivante dalla maggiore responsabilità delle donne per i lavori di casa, le aspettative culturali che portano le donne ad assumersi tali responsabilità dovrebbero focalizzarsi sul combattimento del sessismo). Ma non c'è nessuna ragione per lamentarsi di un "fallimento del mercato". Tale fallimento è tristemente un nostro fallimento. Invece dobbiamo combattere il potere – pacificamente, ma non sommessamente».


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


(1). Link alla Seconda Parte

(2). Link alla Terza Parte

(3). Link alla Quarta Parte

(4). Link alla Quinta Parte



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