mercoledì 20 novembre 2024

Una risposta ai critici dell'economia Austriaca

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Eduard Bucher

Richard Duncan è stato di recente ospite sul podcast Wealth Formula per discutere della Scuola Austriaca. Nonostante duri solo 42 minuti, l'episodio è pieno di errori e fallacie.

Ciò che rende la discussione rilevante per gli Austro-libertari non è il fatto che questi due non sappiano nulla di economia Austriaca, ma che le loro critiche sono tipiche di chi la semplifica eccessivamente e la sposta all'estrema destra dello spettro politico.

Duncan sostiene quanto segue:

  1. Gli Austriaci partono dal presupposto che l'oro è denaro e che l'espansione del credito non può quindi continuare indefinitamente.

  2. Gli Austriaci credono che la crescita del credito porti a bolle economiche che alla fine scoppiano sempre: più credito significa più spesa al consumo e più investimenti, portando a una crescita della prosperità, ma quando la crescita del credito si ferma, come deve accadere con un gold standard, la bolla scoppia e il processo si inverte poiché la spesa al consumo, gli investimenti, l'occupazione e la prosperità si riducono.

  3. L’oro ha smesso di essere denaro nel 1968 e, da allora, il capitalismo si è trasformato in “creditismo”, cambiando il modo in cui funziona il nostro sistema economico: l’esplosione del credito che ha avuto luogo ha reso le economie degli Stati Uniti e del resto del mondo molto più grandi di quanto avrebbero potuto altrimenti crescere.

  4. Gli Austriaci raccomandano di lasciare che questa bolla scoppi: “[Gli Austriaci ci dicono] che abbiamo peccato non sostenendo più il denaro legato all'oro e che, pertanto, dobbiamo subire la dannazione a causa di tutti i nostri peccati atroci”.

  5. Gli Austriaci non riescono a rendersi conto che la bolla attuale è così enorme che se scoppiasse, la civiltà collasserebbe. Se gli Stati Uniti adottassero un gold standard, o un Bitcoin standard, e non fossero in grado di stampare dollari, presto si troverebbero senza denaro a causa del loro deficit commerciale. Di conseguenza anche le economie di tutti i Paesi che prosperano grazie ai loro grandi surplus commerciali con gli Stati Uniti (principalmente la Cina) crollerebbero e acquisterebbero molti meno beni dagli Stati Uniti, causando il crollo anche dell'economia statunitense. Ciò porterebbe all'implosione dell'intera economia mondiale.

  6. Fortunatamente non c'è motivo per cui dovremmo permettere che la bolla scoppi perché abbiamo i mezzi per mantenerla gonfia indefinitamente, poiché l'oro non è più denaro.

  7. Per questo motivo gli Austriaci sono ingiustamente critici nei confronti del sistema di credito globale basato sul dollaro, il quale fornisce la liquidità responsabile della crescita degli ultimi 60 anni e che ha fatto uscire miliardi di persone dalla povertà.

Ciò che è significativo per gli Austriaci non è che questi punti assurdi nascondano una totale mancanza di familiarità con il corretto pensiero economico, ma piuttosto che una corretta confutazione di essi dovrebbe avere cognizione di ciò che dice l'oggetto confutato.

  1. Il credito non può espandersi indefinitamente perché alla fine porta all'iperinflazione e alla cessazione dell'uso del denaro in quanto tale: un aumento del credito non aumenta i beni e i servizi reali disponibili, ma solo la quantità di denaro che può essere scambiata per essi. Con l'aumento dei prezzi, l'unità monetaria perde potere d'acquisto, incentivando gli individui a ridurre i loro saldi di cassa e ad accelerare il loro comportamento di acquisto. Nessuno vuole più scambiare nulla per denaro e quest'ultimo diventa sempre più privo di valore, rischiando di far tornare la società al baratto.

  2. I crediti che derivano dal risparmio volontario non hanno questo effetto, perché le maggiori richieste sulla produzione avanzate dai debitori sono controbilanciate dalle minori richieste su di essa avanzate dai creditori. Indipendentemente dal fatto che il denaro assuma la forma di oro, moneta fiat, o qualsiasi altra cosa, l'espansione del credito non coperta dal risparmio reale induce un boom artificiale seguito da una crisi correttiva, come descritto nella teoria Austriaca del ciclo economico. Tuttavia senza espansione artificiale del credito, la crescita economica è organica, endogena e sostenibile.

  3. L'esplosione del credito che ha avuto luogo dal 1968 non ha reso le economie degli Stati Uniti e del mondo molto più grandi di quanto avrebbero potuto essere altrimenti. Da un lato le economie sono cresciute grazie all'aumento del commercio, alla disponibilità di nuove tecnologie/tecniche di produzione e all'assenza di guerre su larga scala; tale crescita è indipendente dall'espansione inflazionistica del credito. Dall'altro lato, invece, l'espansione del credito è responsabile dell'offshoring industriale e prezzi più alti, allontanando le risorse produttive da quei processi in cui avrebbero servito meglio gli scopi più desiderati dei consumatori; tale crescita è semplicemente un trucco contabile, senza alcun riguardo nei confronti del cambiamento del potere d'acquisto, e ciò rappresenta in realtà una distruzione di valore che si concluderà con una recessione economica correttiva.

  4. L'attribuzione di un tono morale alle raccomandazioni Austriache è del tutto fuori luogo. Il compito della scienza è di chiarire connessioni causali e relazioni funzionali, non di raggiungere giudizi di valore normativi e verdetti morali. Gli economisti Austriaci, in quanto economisti, si limitano a sottolineare le differenze relative negli incentivi e nei panorami di possibilità associati a una moneta sana/onesta o a una moneta fiat.

  5. L'errore centrale in questo punto è il mito del sottoconsumo. Duncan ritiene che se gli americani smettessero di acquistare i prodotti delle fabbriche cinesi, queste ultime andrebbero in bancarotta. In realtà venderebbero ai successivi migliori offerenti a prezzi più bassi. I cinesi probabilmente consumerebbero di più a livello nazionale in aggregato, aumentando gli standard di vita locali e abbassando quelli degli americani. In risposta i prezzi scenderebbero, le tecniche di produzione cambierebbero e gli americani dovrebbero iniziare a produrre di più anche a livello nazionale. Man mano che l'economia americana crescerebbe in termini di capacità produttive, il valore del dollaro aumenterebbe di nuovo e consentirebbe agli americani di competere sul mercato mondiale per beni e servizi prodotti in altri Paesi e per i quali pagherebbero dollari che gli altri desidererebbero avere per acquistare i beni e servizi prodotti negli Stati Uniti. Il fatto che gli USA abbiano attualmente un deficit commerciale significa che gli americani stanno importando più di quanto esportino, il che non può durare in condizioni naturali.

  6. Le bolle non scoppiano perché finiscono i soldi, ma a causa dell'esaurimento di beni e risorse reali necessari a sostenerle. Man mano che il capitale viene consumato, i processi di produzione diventano relativamente meno indiretti, riducendo l'efficienza e le economie di scala. Non possiamo sapere come far crescere una bolla indefinitamente perché non abbiamo ancora scoperto come far scomparire la scarsità.

  7. Il sistema del dollaro non ha emancipato le persone dalla povertà. Immaginare che siano stati stampati e distribuiti milgiaia di miliardi di dollari ai poveri, sollevandoli così al di sopra della soglia di povertà, significa mettere il carro davanti ai buoi. Gli individui diventano più ricchi man mano che aumenta il loro accesso a beni e servizi, e quindi il problema centrale è quello della produzione e dell'accumulo di capitale. Ciò che ha emancipato miliardi di persone dalla povertà è un'espansione della divisione del lavoro, cosa che non è influenzata dalla quantità di denaro in circolazione. Qualsiasi quantità (fisiologica) di denaro andrà bene, e quindi un aumento dei crediti in dollari non può essere ritenuto responsabile di una riduzione della povertà.

In conclusione, quando si discute in pubblico è importante non impantanarsi in tecnicismi, ma concentrarsi sui principali difetti del ragionamento e, in modo rapido ed efficiente, evidenziare la fallacia in questione.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 19 novembre 2024

I 7 motivi per cui oggi è necessario un secondo passaporto

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di Nick Giambruno

Prima della prima guerra mondiale per viaggiare all'estero non era necessario il passaporto.

Era una verità evidente che un individuo sovrano poteva viaggiare ovunque volesse senza chiedere il permesso a nessuno.

Purtroppo oggi viaggiare non funziona più così.

La vostra cosiddetta libertà di movimento dipende dal consenso di più stati.

È necessario ottenere un passaporto dal governo del proprio Paese di origine, possibilmente uno che contenga i propri dati biometrici immutabili, un visto dal governo del Paese di destinazione e ulteriori visti dai governi di qualsiasi Paese di transito per arrivarci.

Oltre ai passaporti e ai visti, gli stati possono imporre condizioni mediche assurde e invasive per entrare nei loro territori, come ha dimostrato la psicosi di massa del Covid.

Invece di considerare il viaggio un diritto inalienabile, gli stati lo considerano un privilegio speciale concesso alla plebe, che può essere revocato se ci si comporta male, proprio come un adulto tratta la richiesta di un bambino di andare a casa di un amico.

In realtà i passaporti non facilitano i viaggi: sono strumenti per controllarvi e costringervi. Il mondo starebbe meglio senza di essi.

Purtroppo i passaporti non scompariranno.

Continuerete ad averne bisogno per viaggiare, quindi potreste anche averne più di uno affinché il ​​governo del vostro Paese avrà meno potere di controllarvi.

In breve, ottenere un secondo passaporto è fondamentale per liberarsi dalla dipendenza assoluta da qualsiasi Paese. Una volta ottenuta questa libertà, è molto più difficile per qualsiasi governo costringervi o controllare il vostro destino.

Tra le altre cose, avere un secondo passaporto vi consente di investire, gestire banche, viaggiare, vivere e fare affari in luoghi in cui altrimenti non potreste.

Indipendentemente da dove vivete, potete trarre beneficio dei vantaggi di diversificazione politica offerti da un secondo passaporto.

Ecco i sette principali motivi per cui tutti ne hanno bisogno.


Motivo n°1: neutralizzare le restrizioni ai viaggi

Un secondo passaporto impedisce allo stato di chiudervi dentro.

In caso contrario può sottoporvi agli arresti domiciliari e annullare il passaporto, anche se ne possedete solo uno.

Ad esempio, dopo che Castro salì al potere a Cuba, il suo governo fece sì che i cittadini facessero domanda per un visto di uscita per lasciare l'isola. Non veniva concesso facilmente.

Impedire alle persone di andarsene è sempre stato il segno distintivo di un regime autoritario.

Purtroppo questa pratica è in crescita nelle cosiddette democrazie liberali.

Si pensi alle restrizioni totalitarie di viaggio imposte da Canada, Australia e altri Paesi durante l'isteria di massa dovuta al Covid, cosa che hanno impedito ai relativi cittadini di partire a meno che non si sottoponessero a una procedura medica sperimentale.

Negli USA il governo può annullare il vostro passaporto se avete un modesto debito fiscale o se vi accusano di un reato. Non c'è bisogno di una condanna, basta un'accusa.

Molte persone pensano che i reati gravi consistano solo in atti come rapine e omicidi, ma non è così.

La montagna di leggi e regolamenti in continua espansione ha criminalizzato anche le attività più banali. Non è così difficile commettere un crimine come si potrebbe pensare, infatti molti “crimini” senza vittime.

L'avvocato per le libertà civili, Harvey Silverglate, ha scoperto che in media un americano commette inavvertitamente tre reati gravi al giorno.

Quindi se il governo degli Stati Uniti volesse annullare il vostro passaporto, potrebbe trovare qualche cavillo per farlo... a chiunque.

È come un vecchio detto dell'Unione Sovietica: “Mostrami la persona e ti mostrerò il crimine”.

Se avete idee politiche che non piacciono al vostro stato, non sorprendetevi se in qualche modo limita la vostra libertà di movimento.

Naturalmente questo non è un problema esclusivo del governo degli Stati Uniti.

Qualsiasi stato può revocare o annullare il passaporto dei propri cittadini per qualsiasi motivo ritenga opportuno.

Questo perché “il vostro” passaporto non è una vostra proprietà: è di proprietà del governo che lo ha rilasciato.

Avere un secondo passaporto aiuta ad attenuare questo rischio.


Motivo n°2: maggiori opzioni finanziarie

Un secondo passaporto apre le porte a maggiori servizi finanziari internazionali altrimenti non disponibili.

A causa delle gravose e invasive normative americane, molti, ma non ancora tutti, gli istituti finanziari stranieri ora respingono chiunque presenti un passaporto statunitense. Quindi, per essere un cliente gradito, potreste aver bisogno di un passaporto di un altro Paese.

Lo stesso vale per le persone in possesso di passaporti di altri Paesi con un bagaglio politico.

Buona fortuna nell'aprire un conto in una giurisdizione affidabile con un passaporto proveniente dall'Africa, dal Medio Oriente o da un Paese presente nella lista dei “cattivi” di Washington.

Un secondo passaporto potrebbe risolvere questo problema.


Motivo n°3: più viaggi senza visto

Richiedere un visto prima di un viaggio è una vera seccatura. Può essere frustrante, richiede molto tempo ed è costoso. Potrebbe anche essere negato.

Un secondo passaporto vi consente di accedere senza visto a più Paesi.

Nel mondo ci sono 227 Paesi ed entità politiche.

Il passaporto giapponese è il migliore al mondo per quanto riguarda i viaggi senza visto: vi consente di entrare in 193 destinazioni senza ottenere un visto in anticipo.


Motivo n°4: evitare contraccolpi della politica estera

Supponiamo che il vostro stato abbia la cattiva abitudine di ficcare il naso negli affari interni degli altri Paesi. Questo potrebbe rendervi un bersaglio se vi trovaste nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Esistono passaporti con un rischio minimo di contraccolpi in politica estera.

Quando è stata l'ultima volta che avete sentito parlare di qualcuno che prendeva di mira i titolari di passaporto svizzero o uruguaiano?


Motivo n°5: non dovete vivere come un rifugiato

Un secondo passaporto è un'assicurazione sulla mobilità per voi e la vostra famiglia.

Supponiamo che il vostro Paese d’origine “crolli”, come accadde in Russia negli anni ’20 o in Germania negli anni ’30.

I cittadini di Venezuela, Siria, Iraq, Yemen, Libia, Afghanistan, Ucraina e molti altri Paesi si trovano oggi ad affrontare lo stesso problema.

Dove andrete? Sarete accettati?

La verità è che qualsiasi Paese può trasformarsi in un Venezuela, o in qualcosa di peggio, più velocemente di quanto la maggior parte delle persone possa immaginare o prepararsi.

Indipendentemente da quanto grave possa essere la situazione nel vostro paese d'origine, un secondo passaporto vi dà il diritto legale di vivere e lavorare altrove.

Vi garantisce che non dovrete vivere come un profugo altrove.


Motivo n°6: Rinuncia

Se decidete di rinunciare alla cittadinanza, avrete bisogno di un secondo passaporto.

Ciò potrebbe comportare enormi vantaggi fiscali e normativi se il vostro Paese d'origine grava sui suoi cittadini con tasse soffocanti e inevitabili... come accade negli Stati Uniti.

Ma non riguarda solo questi ultimi.

Diversi altri Paesi stanno valutando l'ipotesi di imporre un modello di tassazione simile basato sulla cittadinanza, in cui la rinuncia alla stessa è l'unica via d'uscita.

Un secondo passaporto vi garantisce di avere sempre la possibilità di emanciparvi.


Motivo n°7: Benefici generazionali

Una volta ottenuto un secondo passaporto, i vantaggi della diversificazione politica dureranno per generazioni.

Potete trasmettere più cittadinanze ai vostri futuri figli e nipoti.


Non è facile, ma necessario

Man mano che la disperazione aumenta, gli stati attuano politiche sempre più distruttive.

Lo stesso schema si è ripetuto più volte in tutto il mondo e nel corso della storia. È prevedibile come il cambio delle stagioni.

Quanto più peggiora la salute finanziaria di uno stato, tanto più distruttive diventano le sue linee di politica.

Questa è la radice del rischio politico: il rischio che lo stato metta a repentaglio il vostro benessere personale e finanziario.

Non è un segreto che il rischio politico stia aumentando in molte parti del mondo. Ciò è particolarmente vero negli Stati Uniti, in Canada e in Europa dove la spesa sociale e militare ha portato alla bancarotta la maggior parte degli stati.

Non importa quale partito sia al potere. Vanno tutti nella stessa direzione, anche se a velocità diverse.

Mi aspetto che gli stati imporranno presto ulteriori restrizioni ai viaggi.

Ottenere i vantaggi della diversificazione politica offerti da un secondo passaporto è fondamentale per garantire la propria libertà in un mondo in continuo cambiamento.

Sfortunatamente non esiste un modo per ottenere un secondo passaporto che sia allo stesso tempo veloce, facile ed economico.

Tuttavia ciò non rende meno urgente o cruciale l'ottenimento di uno.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 18 novembre 2024

Il consenso al neoliberismo sta crollando

Il pezzo di oggi è uno di quelli che vi invito caldamente a leggere e rileggere perché rappresenta un'evoluzione di fatti di cui ho parlato spesso su queste pagine e che adesso iniziano a concretizzarsi. Molti di voi, cari lettori, ricorderanno il tanto citato saggio di Martin Van Creveld sul declino dello stato, ebbene l'articolo di oggi inserisce il tassello mancante in quell'analisi: cosa sostituirà lo stato-nazione? Van Creveld ci lasciava con questo quesito. Ovviamente non poteva far altro per i suoi tempi. Addirittura c'è stato l'autore Frank Chodorov che, prima di lui, aveva ipotizzato uno scenario simile. Avevano la sfera di cristallo? No, come ci ricorda Tucker il sistema dello stato-nazione trasportava sin dalla sua nascita i semi della sua stessa distruzione. L'istruzione pubblica ha lavorato alacremente per nascondere e ritardare la loro germogliazione. L'inevitabilità di questo evento, però, è sempre stata presente e, come ricordo anche nel mio ultimo libro, porterà a delle scelte economiche drastiche che richiederanno alla popolazione generale di essere preparata in anticipo. Almeno per sopravvivervi avendo un vantaggio su coloro che invece resteranno passivi sino alla fine. Il pezzo di oggi, invece, analizza i fattori sociali e istituzionali configurando un'evoluzione degli eventi che, molto probabilmente, ci faranno addirittura rimpiangere l'architettura dello stato-nazione. Anche perché, come affermo anche nel mio libro, senza un'accelerazione ulteriore della centralizzazione dei poteri, l'Europa è destinata a una dissoluzione caotica e precoce.

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di Jeffrey Tucker

La risposta mondiale al Covid è stata il punto di svolta nella fiducia pubblica, nella vitalità economica, nella salute dei cittadini, nella libertà di parola, nell'alfabetizzazione, nella libertà religiosa e di viaggio, nella credibilità dell'élite, nella longevità demografica e molto altro ancora. Cinque anni dopo la diffusione iniziale del virus che ha provocato dispotismi su larga scala, qualcos'altro sembra stia cadendo: il consenso del dopoguerra al cosiddetto neoliberismo. (Filosofia economico/politica, questa, in netto contrasto con quella Austriaca e libertaria, ndt.)

Il mondo come lo conoscevamo solo un decennio fa è in fiamme, esattamente come Henry Kissinger aveva avvertito in uno dei suoi ultimi articoli. Le nazioni stanno erigendo nuove barriere commerciali e affrontando rivolte cittadine come mai viste prima, alcune pacifiche, altre violente. Dall'altra parte di questo sconvolgimento c'è la risposta alla grande domanda: che aspetto ha la rivoluzione politica nelle economie industriali avanzate con istituzioni democratiche? Stiamo cercando di scoprirlo.

Facciamo un rapido excursus nella storia moderna per capire meglio le relazioni tra Stati Uniti e Cina. Dall'apertura della Cina negli anni '80 all'elezione di Donald Trump nel 2016, il volume delle importazioni commerciali dalla Cina non ha fatto altro che crescere, decennio dopo decennio. È stato il segno evidente di una traiettoria generale verso la globalizzazione iniziata dopo la seconda guerra mondiale e accelerata con la fine della guerra fredda. Dazi e barriere commerciali sono diminuiti sempre di più, mentre i dollari come valuta di riserva mondiale hanno riempito le casse delle banche centrali mondiali. Gli Stati Uniti sono stati la fonte globale di liquidità che ha reso possibile tutto ciò.

Non senza pagare un costo enorme, però, poiché gli Stati Uniti nel corso dei decenni hanno perso i loro vantaggi manifatturieri in decine di settori industriali. Orologi, pianoforti, mobili, tessuti, abbigliamento, acciaio, utensili, costruzioni navali, giocattoli, elettrodomestici, elettronica di consumo e semiconduttori hanno tutti lasciato le coste degli Stati Uniti, mentre altri settori hanno iniziato ad avere difficoltà, in particolar modo le automobili. Oggi anche le tanto celebrate industrie “dell'energia verde” sono destinate a essere surclassate dalla concorrenza.

Questi settori sono stati in gran parte sostituiti da prodotti finanziari alimentati tramite il debito, dal settore medico pubblico, dai sistemi informatici, dall'intrattenimento e dall'istruzione finanziata dallo stato, mentre le principali esportazioni degli Stati Uniti sono diventate debito e prodotti petroliferi.

Molte forze si sono unite per far salire Donald Trump in cima alla catena di comando nel 2016, ma il risentimento contro l'internazionalizzazione della produzione era alto. Mentre la finanziarizzazione sostituiva la produzione nazionale e la mobilità di classe ristagnava, negli Stati Uniti ha preso forma un allineamento politico che ha lasciato sbalordite le élite. Trump si è impegnato sul suo problema preferito, ovvero erigere barriere commerciali contro i Paesi con cui gli Stati Uniti stavano registrando deficit commerciali, principalmente la Cina.

Nel 2018, e in risposta ai nuovi dazi, il volume degli scambi commerciali con la Cina ha subito il suo primo duro colpo, invertendo non solo una traiettoria di crescita di 40 anni, ma anche assestando il primo e più grande colpo al consenso neoliberista.

Poi è successo qualcosa che ha invertito l'inversione. Quel qualcosa è stata la risposta al Covid. Nel racconto di Jared Kushner (Breaking History) egli si recò dal suocero dopo il lockdown e gli disse:

Stiamo cercando di trovare rifornimenti in tutto il mondo. Al momento ne abbiamo abbastanza per arrivare alla prossima settimana, forse due, ma dopo potrebbe diventare davvero brutta la situazione, molto in fretta. L'unico modo per risolvere il problema immediato è ottenere i rifornimenti dalla Cina. Saresti disposto a parlare con il presidente Xi per disinnescare la situazione?

“Ora non è il momento di essere orgogliosi”, disse Trump, “odio che siamo in questa posizione, ma cerchiamo di trovare una soluzione”.

È impossibile immaginare il dolore che questa decisione deve aver causato a Trump, poiché ha significato il ripudio di tutto ciò in cui credeva profondamente e di tutto ciò che si era prefissato di realizzare come presidente.

Kushner continua:

Contattai l'ambasciatore cinese Cui Tiankai e proposi che i due leader parlassero. Cui era entusiasta dell'idea. Quando parlarono, Xi fu veloce a descrivere le misure adottate dalla Cina per mitigare il virus. Poi espresse preoccupazione per il fatto che Trump si riferisse al COVID-19 come “virus cinese”. Trump accettò di astenersi dal chiamarlo così se Xi avesse dato agli Stati Uniti la priorità rispetto ad altri nella spedizione di forniture. Xi promise di collaborare. Da quel momento in poi, ogni volta che chiamavo l'ambasciatore Cui per un problema, lui lo risolveva immediatamente.

Quale fu il risultato? Il commercio con la Cina salì alle stelle. Nel giro di poche settimane, gli americani indossavano mascherine sintetiche cinesi sul viso, avevano il naso tappato con tamponi cinesi e venivano curati da infermieri e dottori che indossavano camici cinesi.

Il grafico sul volume degli scambi commerciali con la Cina si presentava così. Si può osservare la lunga ascesa, la caduta dal 2018 e l'inversione del volume degli acquisti in seguito ai lockdown e agli interventi di Kushner. Non è durata a lungo, poiché le relazioni commerciali si sono interrotte e sono nati nuovi blocchi commerciali.

L'ironia, quindi, è evidente: il tentativo fallito di riavviare l'ordine neoliberista, se di questo si trattava, si è verificato nel mezzo di un'ondata globale di controlli e restrizioni totalitari. In che misura i lockdown sono stati impiegati per resistere all'agenda di disaccoppiamento di Trump? Non abbiamo risposte a questa domanda, ma osservare lo schema lascia spazio a speculazioni.

In ogni caso, le tendenze degli ultimi 70 anni si sono invertite, facendo approdare gli Stati Uniti in tempi nuovi, descritti dal Wall Street Journal:

Se si scoprisse che i dazi sulla Cina sono al 60% e quelli del resto del mondo sono al 10%, il dazio medio degli Stati Uniti, ponderato in base al valore delle importazioni, balzerebbe al 17% dal 2.3% nel 2023 e dall'1.5% nel 2016, secondo Evercore ISI, una banca d'investimento. Sarebbe la media più alta sin dalla Grande Depressione, dopo che il Congresso approvò lo Smoot-Hawley Tariff Act (1932), il quale innescò un'ondata globale di barriere commerciali. I dazi statunitensi passerebbero da quelli più bassi a quelli più alti tra le principali economie mondiali. Se altri Paesi reagissero, l'aumento delle barriere commerciali globali non avrebbe precedenti moderni.

Parlare dello Smoot-Hawley Act ci fa davvero sprofondare nella storia. A quei tempi la politica commerciale negli Stati Uniti seguiva la Costituzione degli Stati Uniti (Articolo I, Sezione 8). Il sistema originale garantiva al Congresso il potere di regolamentare il commercio con le nazioni straniere, tra gli altri poteri. Ciò aveva lo scopo di mantenere la politica commerciale all'interno del ramo legislativo per garantire una responsabilità sempre presente. Di conseguenza il Congresso rispose alla crisi economica/finanziaria imponendo enormi barriere contro le importazioni; la depressione peggiorò.

Era una convinzione diffusa nei circoli d'élite che i dazi del 1932 avessero avuto un ruolo principale nell'aggravamento della crisi economica. Due anni dopo iniziarono i lavori per trasferire l'autorità commerciale al ramo esecutivo in modo che quello legislativo non facesse mai più qualcosa di così stupido. La teoria era che il presidente avrebbe avuto più probabilità di perseguire una linea di politica di libero scambio e dazi bassi. Quella generazione non avrebbe mai immaginato che gli Stati Uniti avrebbero eletto un presidente che avrebbe usato il suo potere per fare l'opposto.

Negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale, un gruppo di diplomatici, statisti e intellettuali lavorò per garantire la pace. Tutti concordarono sul fatto che una priorità nel mondo del dopoguerra fosse quella di istituzionalizzare la cooperazione economica il più ampiamente possibile, sulla base della teoria secondo cui nazioni che dipendono l'una dall'altra per il loro benessere materiale avrebbero avuto meno probabilità di andare in guerra l'una contro l'altra.

Nacque così quello che venne chiamato l'ordine neoliberista. Consisteva in nazioni democratiche con stati sociali limitati che cooperavano dal punto di vista commerciale: barriere sempre più basse. In particolare i dazi vennero criticati come mezzi di sostegno fiscale e protezione industriale. Furono fondati nuovi accordi e istituzioni per essere gli amministratori del nuovo sistema: GATT, FMI, Banca Mondiale e ONU.

L'ordine neoliberista non è mai stato liberale nel senso tradizionale, è stato gestito fin dall'inizio da stati sotto il dominio degli Stati Uniti. L'architettura è sempre stata più fragile di quanto sembrasse. L'accordo di Bretton Woods del 1944, rafforzato nel corso dei decenni, ha coinvolto istituzioni come banche globali e un sistema monetario gestito dagli Stati Uniti che poi è crollato nel 1971. Il difetto in entrambi i sistemi aveva una radice comune: una moneta globale ma sistemi fiscali e normativi nazionali, cosa che ha quindi disabilitato i meccanismi di flow-to-specie che invece avevano bilanciato il commercio nel XIX secolo.

Una delle conseguenze è stata la perdita di produzione sopra menzionata, cosa che è coincisa con una crescente percezione pubblica che le istituzioni pubbliche stessero operando senza trasparenza e partecipazione dei cittadini. L'espansione dello stato militare dopo l'11 settembre e gli sbalorditivi salvataggi di Wall Street dopo il 2008 hanno rafforzato tale punto e preparato il terreno per una rivolta populista. I lockdown, che hanno avvantaggiato le élite, insieme alle rivolte dell'estate 2020, l'obbligo di vaccinazione e l'insorgere di una crisi migratoria, hanno rafforzato ancora di più suddetto punto.

Panico e frenesia, però, non spiegano il motivo per cui quasi tutti i Paesi occidentali stanno affrontando la stessa dinamica. Oggi la lotta politica nel mondo riguarda gli stati e i movimenti populisti contro il tipo di globalismo che ha portato una risposta mondiale al virus e alla crisi migratoria. Entrambe le risposte si sono rivelate sbagliate, in particolar modo il tentativo di vaccinare l'intera popolazione con un'iniezione che oggi è difesa solo dai relativi produttori e da coloro che sono al loro soldo.

Il problema della migrazione più la pianificazione pandemica sono solo due degli ultimi dati, ma entrambi suggeriscono una realtà minacciosa di cui molte persone nel mondo sono appena consapevoli. Gli stati che hanno dominato il panorama politico sin dal Rinascimento, e persino in alcuni casi nel mondo antico, hanno lasciato il posto a una forma di governo che possiamo chiamare globalismo. Badate bene, però, questo termine non si riferisce al commercio transfrontaliero. Riguarda il controllo politico: lontano dai cittadini e verso qualcos'altro che questi ultimi non possono controllare o influenzare.

Dal tempo del Trattato di Westfalia, firmato nel 1648, l'idea della sovranità statale ha prevalso nel mondo della politica. Non tutte le nazioni avevano bisogno delle stesse linee di politica, ciononostante avrebbero rispettato le differenze per raggiungere l'obiettivo della pace. Ciò implicava il permesso di diversità religiosa tra gli stati, una concessione che portò a uno sviluppo della libertà in altri modi. Tutta la governance finì per essere organizzata attorno a zone di controllo geograficamente limitate.

I confini giuridici limitavano il potere e l'idea del consenso avrebbe gradualmente dominato gli affari politici dal XVIII al XIX secolo fino a dopo la Grande Guerra, la quale avrebbe l'ultimo degli imperi multinazionali. Sarebbe rimasto in piedi un solo modello: lo stato-nazione in cui i cittadini avrebbero esercitato la sovranità ultima. Il sistema ha funzionato, ma non tutti ne sono stati contenti.

Per secoli alcuni degli intellettuali di più alto rango hanno sognato un governo mondiale come soluzione alla diversità delle linee di politica degli stati. È stata l'idea di riferimento per scienziati ed eticisti convinti della correttezza delle loro idee: un'imposizione mondiale come soluzione ottimale. L'umanità è stata abbastanza saggia da non tentare una cosa del genere, al di là delle alleanze militari e dei meccanismi per migliorare i flussi commerciali.

Nonostante il fallimento della gestione globale nel secolo scorso, nel XXI secolo abbiamo assistito all'intensificazione del potere delle istituzioni globaliste. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha scelto la risposta alla pandemia per il mondo intero. Le fondazioni e le ONG globaliste sono pesantemente coinvolte nella crisi dei migranti. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale, creati come istituzioni per un sistema globale per denaro e finanza, stanno esercitando un'influenza sproporzionata sulla politica monetaria e finanziaria. L'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) lavora per ridurre il potere dello stato-nazione sulle politiche commerciali.

Poi ci sono le Nazioni Unite. Mi è capitato di essere a New York City qualche settimana fa quando si sono riunite le Nazioni Unite. Non c'è dubbio che sia stato il più grande spettacolo sul pianeta Terra: vaste zone della città sono state chiuse al traffico, con diplomatici e gente nel mondo della finanza arrivati ​​in elicottero sui tetti di hotel di lusso. I prezzi di tutto sono stati aumentati in risposta.

I partecipanti non erano solo statisti da tutto il mondo, ma anche le più grandi società finanziarie e mediatiche, insieme a rappresentanti delle più grandi università e organizzazioni no-profit. Tutte queste forze si riuniscono sovente come se volessero tutte far parte del futuro. E quel futuro è un governo globale in cui lo stato-nazione alla fine viene ridotto a puro orpello senza alcun potere operativo.

L'impressione che ho avuto lì è stata una di profonda separazione del loro mondo da quello del resto di noi. Sono “persone che vivono in una bolla”. I loro amici, coloro che li finanziano, i raggruppamenti sociali, aspiranti carrieristi in un tale mondo e grandi influencer sono distaccati non solo dalle persone normali, ma anche dallo stato-nazione stesso. L'atteggiamento di moda tra tutti loro è quello di considerare lo stato-nazione e la sua storia come sorpassati, fittizi e piuttosto imbarazzanti.

Un globalismo come quello che opera nel XXI secolo rappresenta uno spostamento e un ripudio del modo in cui la governance ha funzionato per mezzo millennio nella pratica. Gli Stati Uniti sono stati inizialmente istituiti come un Paese di democrazie localizzate che si sono poi unite sotto una confederazione libera. Gli Articoli della Confederazione non hanno creato alcun governo centrale, ma hanno piuttosto demandato alle ex-colonie il compito di istituire (o continuare) le proprie strutture di governance. Quando è arrivata la Costituzione, ha creato un attento equilibrio di controlli ed equilibri per limitare lo stato federale preservando al contempo i diritti di singoli stati. L'idea non era di rovesciare il controllo dei cittadini sullo stato-nazione, ma di istituzionalizzarlo.

Dopo tutti questi anni la maggior parte delle persone nella maggior parte delle nazioni, in particolare negli Stati Uniti, ritiene di dover avere l'ultima parola sulla struttura del sistema. Questa è l'essenza dell'ideale democratico, e non come fine a sé stesso, ma come garante della libertà, il principio che guida tutto il resto. La libertà è inseparabile dal controllo del governo da parte dei cittadini. Quando questo legame viene infranto, la libertà stessa viene gravemente danneggiata.

Il mondo odierno è pieno di istituzioni e individui ricchi che si ribellano alle idee di libertà e democrazia. Non amano l'idea di stati geograficamente limitati con zone di potere giuridico. Credono di avere una missione globale e vogliono rafforzare le istituzioni globaliste contro la sovranità delle persone che vivono negli stati-nazione.

Secondo questa gente ci sono problemi esistenziali che richiedono il rovesciamento del modello dello stato-nazione: malattie infettive, minacce pandemiche, cambiamenti climatici, mantenimento della pace, criminalità informatica, stabilità finanziaria, instabilità varie ed eventuali; sono sicuro che ce ne sono altre nella lista che dobbiamo ancora vedere. L'idea alla base è che questi problemi sono mondiali e sfuggono alla capacità dello stato-nazione di affrontarli.

Siamo tutti indotti a credere che lo stato-nazione non sia altro che un anacronismo che debba essere soppiantato. Tenete presente che questo significa necessariamente trattare la democrazia e la libertà come anacronismi. In pratica l'unico mezzo con cui le persone comuni possono frenare la tirannia e il dispotismo è attraverso il voto. Nessuno di noi ha alcuna influenza sulle politiche dell'OMS, della Banca Mondiale, o dell'FMI, tanto meno sulle fondazioni Gates o Soros. Nel modo in cui la politica è strutturata nel mondo oggi, siamo tutti necessariamente privati ​​dei diritti in un mondo governato da istituzioni globali.

Ed è proprio questo il punto: ottenere la privazione universale dei diritti della gente comune in modo che le élite possano avere mano libera nel regolare il pianeta come ritengono opportuno. Ecco perché diventa estremamente urgente per ogni persona che aspira a vivere in pace riconquistare la sovranità nazionale e dire no al trasferimento di autorità a istituzioni su cui i cittadini non hanno alcun controllo.

La devoluzione del potere dal centro è l'unica via attraverso cui possiamo ripristinare gli ideali dei grandi visionari del passato come Thomas Jefferson, Thomas Paine e l'intera generazione di pensatori illuministi. Alla fine le istituzioni di governo devono essere sotto il controllo dei cittadini e riguardare i confini di singoli stati, altrimenti nel tempo diventano tiranniche. Come affermò Murray Rothbard, abbiamo bisogno di un mondo in cui le nazioni esistano per consenso.

Ci sono molte ragioni per rimpiangere il crollo del cosiddetto consenso neoliberista e una forte motivazione per preoccuparsi dell'ascesa del protezionismo e dei dazi. Tuttavia ciò che hanno chiamato “libero scambio” (non la semplice libertà di comprare e vendere oltre confine, ma piuttosto un piano industriale gestito dallo stato) ha avuto anch'esso un costo: il trasferimento della sovranità dalle persone nelle loro comunità e nazioni a istituzioni sovranazionali su cui i cittadini non hanno alcun controllo. Non doveva andare così, ma è così che è andata alla fine.

Per questo motivo il consenso neoliberista costruito nel periodo postbellico conteneva i semi della sua stessa distruzione. Era troppo dipendente dalla creazione di istituzioni al di fuori del controllo delle persone e troppo dipendente dal dominio dell'élite sugli eventi. Stava già crollando prima della risposta alla pandemia, ma sono stati i lockdown, imposti quasi simultaneamente in tutto il mondo per sottolineare l'egemonia dell'élite, a esporre il pugno sotto il guanto di velluto.

La rivolta populista di oggi potrebbe un giorno apparire come l'inevitabile svolgimento degli eventi quando le persone diventano (nuovamente) consapevoli della privazione dei loro diritti. Gli esseri umani non si accontentano di vivere in gabbia.

Molti hanno previsto da tempo una reazione negativa ai lockdown e a tutto ciò che vi era associato. Nessuno, però, avrebbe potuto immaginarla nei fatti. Il dramma dei nostri tempi è tanto profondo quanto quello di qualsiasi altra grande epoca della storia: la caduta di Roma, il Grande Scisma, la Riforma protestante, l'Illuminismo e la caduta degli imperi multinazionali. L'unica domanda ora è se a questo giro finirà come l'America del 1776 o la Francia del 1790.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 15 novembre 2024

Anamnesi della vittoria di Trump: cosa e chi ha dato vita alla cosiddetta “onda rossa”

 

 

di Francesco Simoncelli

Ci sono schemi per ogni cosa. Ciò che si osserva di questi tempi è la sovrapposizione tra gli schemi dei mercati, in particolare il cosiddetto Trend primario, e gli schemi delle politiche pubbliche.Queste ultime oggi sono sempre più del genere “win-lose” (somma zero), rafforzando il Trend primario e aprendo la strada una discesa ripida. Vilfredo Pareto ci ricorda che ci sono sempre delle persone che formano l'élite di un Paese. Per lo più sono benigne e disponibili: tracciano strade, si assicurano che gli impianti idraulici funzionino, risolvono controversie e stabiliscono standard civili. Ma col tempo i loro cuori piccoli e vili si oscurano: invece di agire come giudici imparziali, assicurandosi che le regole siano rispettate, ne inventano di nuove a loro piacimento. Sanzioni, dazi, regolamenti, leggi, limiti alla libertà di parola, deficit, bombardamenti, uccisioni, sussidi e tangenti: sono tutti parti del programma.

Il potere, come si suol dire, corrompe.

La Repubblica Popolare Cinese è piuttosto nuova: è stata fondata solo nel 1949. Allora l'economia americana era 600 volte più grande di quella cinese. L'America ha continuato a crescere, ma dopo il 1978 la Cina ha intrapreso la strada del capitalismo e ora il 18% del PIL mondiale è suo. In termini di parità del potere d'acquisto, la sua economia è già più grande di quella statunitense.


UNA SCALATA OSTILE MASCHERATA DA INCOMPETENZA

Una delle date chiave per capire come siamo arrivati ​​dove siamo è il 1992. Quello fu l'anno in cui Francis Fukuyama scrisse il suo famoso saggio e si chiese se fosse arrivata la “fine della storia”. L'Occidente era trionfante e non c'era bisogno di ulteriore “storia”. Nessun altro esperimento, non c'era più bisogno di imparare, di evolversi, o di mettere in discussione. Guerre? Rivoluzioni? Nuovi sistemi di governo o economie? Tutto questo era il passato, avevamo trovato la formula vincente. Guardandosi allo specchio, allora, sembrava ovvio cosa sarebbe successo dopo: tutti volevano essere come noi. Erano diventati tutti “occidentali”. La Cina stava già imparando velocemente: seguendo il modello stabilito dal Giappone, stava costruendo un'economia guidata dalle esportazioni vendendo prodotti a basso costo, acquisendo competenze e capitale, e costruendo i suoi settori manifatturieri. Tutte quelle esportazioni contribuirono a mantenere bassi i prezzi al consumo negli Stati Uniti e diedero alla Cina i soldi per acquistare obbligazioni statunitensi. E perché non avrebbero dovuto? Tutti sapevano che erano l'asset più grande, più liquido e più sicuro del mondo.

La Russia, a quel tempo, era appena tornata Russia. L'Unione Sovietica, con la sua pianificazione centralizzata e i soffocanti controlli economici, non riusciva a competere. I suoi addetti ai lavori guardavano oltre confine alla Germania Ovest e volevano ciò che vedevano: si resero conto che possedere i mezzi di produzione, come capitalisti, sarebbe stato meglio che continuare a controllarli come burocrati. Smisero di essere burocrati nel sistema sovietico e divennero oligarchi nel nuovo sistema “occidentale”. Vladimir Putin pensò persino che la Russia avrebbe potuto unirsi alla NATO. Il problema per gli oligarchi era che l'Unione Sovietica produceva pochissimi beni/servizi che gli occidentali avrebbero acquistato. Tutto ciò che avevano veramente erano materie prime ed energia, ma con la carota del profitto davanti a loro, piuttosto che il bastone comunista sulle loro spalle, gli oligarchi si gettarono a capofitto nelle miniere e i pozzi e presto iniziarono a far scendere i prezzi delle risorse energetiche.

Con la minaccia sovietica fuori dai piedi, gli Stati Uniti avrebbero potuto godere di un “dividendo grazie alla pace”, avrebbero potuto tagliare la spesa militare di centinaia di miliardi e, con gli oligarchi che inondavano il mondo di materie prime a basso costo e i cinesi che sfornavano prodotti finiti a basso costo, “l'Occidente” se la passava bene. I suoi costi al consumo stavano scendendo mentre i prezzi dei suoi asset stavano salendo. Il Trend primario era in ascesa per gli asset finanziari e i policymaker in Cina, Russia e Stati Uniti contribuirono a mantenere il boom, ma gettarono anche le basi per il successivo Trend primario: gli Stati Uniti avrebbero potuto usare questo periodo di “vacche grasse” per aumentare i propri risparmi, aggiornare le proprie istituzioni e migliorare la propria infrastruttura, invece, dopo il 1999, hanno commesso alcuni degli errori di politica più disastrosi nella loro storia.

La spesa militare è aumentata; non c'è stato alcun “dividendo grazie alla pace”. Invece ci sono state richieste di capitale per pagare un'invasione dell'Iraq e una farsesca guerra al terrorismo. Poi, nel 2009, i burocrati hanno salvato Wall Street e hanno portato i tassi d'interesse sotto lo zero (aggiustati all'inflazione) e li hanno lasciati lì per più di 10 anni. Come se non bastasse, sono state istituite barriere commerciali per rallentare le importazioni cinesi; sono state imposte sanzioni sconsiderate, indebolendo il sistema di pagamenti internazionali basato sul dollaro; migliaia di miliardi di dollari sono stati sperperati per finanziare guerre all'estero e assegni dello stato sociale in patria.

Nel 1992 gli Stati Uniti ebbero un'opportunità straordinaria: erano già in cima al mondo e, grazie alle nuove linee di politica in Cina e Russia, avrebbero potuto rafforzare la loro posizione, liberarsi dai debiti, liberarsi dai grovigli burocratici... in pace e più prosperi che mai. Invece si sono lanciati in una serie di guerre e spese in deficit aggiungendo $30.000 miliardi al loro debito e ora la sua politica interna è uno zimbello, la sua politica estera è una vergogna, e lotta contro un nuovo e spietato Trend primario.


ESASPERARE IL NUOVO TREND PRIMARIO

I tassi d'interesse ultra bassi hanno esasperato i massimi, ora, come se fossero guidati da una “mano invisibile”, esaspereranno i minimi. Le amministrazioni americane precedenti a quella Trump, ad esempio, hanno speso troppi soldi a livello statale, hanno tenuto in piedi troppe guerre, hanno limitato il commercio, hanno premiato gli “ammanicati”, hanno punito i loro oppositori e hanno promulgato regolamenti che limitavano la produzione, aumentando così i prezzi reali al consumo e aumentando la povertà.

Potere e sfere di influenza mutevoli tendono a far degenerare un impero che ha raggiunto la sua grandezza massima. Non è una semplice supposizione, è la realtà. È vandalismo, è l'apertura dei cancelli ai “barbari”. E finora le amministrazioni democratiche, in particolare, hanno fatto esattamente questo: il loro vero obiettivo è stato quello di abbassare di livello gli Stati Uniti e peggiorare le cose per la maggior parte degli americani. Questo punto di vista è il migliore per comprendere l'ennesimo invio di aiuti esteri approvati dalla Casa Bianca di Biden.

E che dire delle generazioni che ci hanno preceduto e che ora dormono sottoterra? Erano chiari al riguardo: per gli Stati Uniti era opportuno evitare “coinvolgimenti esteri”; ora invece sono dappertutto. E per 180 anni hanno fatto del loro meglio per controllare i deficit. Perfino ai tempi dell'amministrazione Reagan il debito totale accumulato dagli Stati Uniti era inferiore a $1.000 miliardi. Erano stupidi anche loro per aver cercato di vivere secondo le proprie possibilità?


L'ELEZIONE DI TRUMP

La vittoria di Trump in queste elezioni epocali ha indirizzato in definitiva il Paese verso quel cambiamento di paradigma di cui ho scritto nel dettaglio nel Capitolo 6 del mio ultimo libro, Il Grande Default. Questo cambiamento di percorso è iniziato nel 2017 e, per quanto sia stato rallentato negli ultimi 4 anni, adesso è pienamente operativo: spostare l'epicentro del Grande Default e piazzarlo lì dove merita di essere, ovvero in Europa. L'emancipazione monetaria di cui parlo in quel capitolo è una strategia di sopravvivenza che gli USA possono permettersi, Bruxelles no. Ecco perché da questo lato dell'oceano si sperava in una vittoria della Harris. Ecco perché la cricca di Davos ha riscoperto un vecchio adagio: le bugie sono costose da mantenere a lungo andare, la verità si vende da sola. La pubblicazione del sopraccitato libro, infatti, ha l'intenzione di fornire un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato “fuori controllo” negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto con i membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

La cosiddetta “onda rossa” che vedete nell'immagine qui sotto non equivale a una “rivolta popolare” contro il malgoverno democratico, rappresenta invece una presa di posizione del sistema bancario commerciale statunitense contro la “soluzione” proposta dalla cricca di Davos al problema del debito pubblico: scalata ostile del dollaro e riduzione degli USA a mera succursale dell'Europa e, soprattutto, della City di Londra. Chi riceve le chiamate qui non è Trump, ma personaggi del calibro di Jamie Dimon. Senza la benedizione di Wall Street la FED non avrebbe mai potuto rialzare i tassi d'interesse. Se non si ha chiaro il vero obiettivo dell'Agenda 2030 del WEF, ovvero il sistema bancario commerciale statunitense, allora non si è in grado di unire coerentemente i puntini. Una volta compreso questo punto, va da sé che diventa chiaro come deve essere un meccanismo di difesa: chiudere i rubinetti dell'eurodollaro e indicizzare i debiti interni a un indice nazionale (SOFR) piuttosto che internazionale (LIBOR).

Come avevo avuto modo di dire in precedenza, la FED avrebbe agevolato il compito di Trump una volta eletto tagliando i tassi (senza mai tornare, però, allo zero percento). Non l'avrebbe fatto con la Harris, invece, dato che una sua amministrazione avrebbe portato “serpi in seno” così come le hanno portate le amministrazioni Biden e Obama. Fino a quando ci sarà Powell alla FED, quest'ultima rimarrà indipendente e apporrà quanta più pressione politica possibile affinché vengano risanati le deformità fiscali alimentate dalle amministrazioni precedenti. In questi ultimi anni la FED ha resistito a diversi assalti alla sua indipendenza tramite il proxy del budget fiscale: giganteschi deficit, curva dei rendimenti “impazzita”, senatori come Elizabeth Warren che avrebbero voluto rifonderla con il Ministero del Tesoro, ecc. Tutte le linee di politica adottate dalla FED negli ultimi 4 anni in particolar modo sono state tutte indirizzate per arrivare al momento di oggi, “all'onda rossa”. Con una maggioranza sia alla Camera che al Senato, la FED potrà tagliare i tassi e permettere al sistema bancario commerciale americano di affrontare la tormenta finanziaria. Questo è solo l'inizio di un cammino lungo, non avverrà in 4 anni, le deformazioni economiche del passato sono state talmente profonde che richiederanno anni per essere risanate.

La reazione dei mercati post-elezioni era prevedibile: euro in calo, sterlina in calo, mercato obbligazionario europeo in calo... mercato azionario statunitense in ascesa. Liquidità drenata dal mercato dell'eurodollaro e che vola nei mercati finanziari statunitensi. Niente di più, niente di meno di quanto scrivo nel mio libro per spiegare con dovizia di dettagli il momento a cui siamo arrivati partendo dal suo incipit. Alla luce di tutto ciò, ecco perché Dimon è uno di coloro che guida il processo decisionale dietro Trump. “L'onda rossa” equivale a dire a chi lavora per la fazione avversa, o cricca di Daovs, e che ha remato contro gli USA: “Ora voi lavorate per me”. Sto parlando di gente come Mitt Romney, Mitch McConnell, Susan Collins, Lisa Murkowski, Elizabeth Warren, ecc.

Come ho sempre detto, vedetela come una cupola mafiosa al cui interno le famiglie a volte stringono accordi e a volte si accoltellano alle spalle. Il messaggio di Dimon è chiaro: “Se non volete perdere quel poco che vi resta ancora, farete come diciamo e approverete le leggi che vi diremo di approvare. Potrete tenervi le vostre ricchezze, potrete ricevere contratti di ricostruzione in Ucraina o altrove, verrete pagati. Però voterete a favore di qualsiasi cosa vi diremo di votare quando l'amministrazione Trump proporrà leggi in materia fiscale, commerciale, tagli agli sprechi, ecc. Adesso lavorate per noi. Siete asset americani adesso. Non volete? Bene, ci sarà qualcuno che vi rimpiazzerà... ma voi verrete distrutti così come le vostre famiglie”. È così che funziona questo gioco. Questa gente, quindi, verrà richiamata “all'ordine” fino a quando la cricca di Davos si ritroverà che nessuno dagli USA risponderà più alle sue chiamate. Sono queste le vere conseguenze dell'elezione di Trump.

Da questo punto di vista la carta vincente è stata senza dubbio la scelta di Musk di comprare Twitter. Per quanto si sia rivelato, nel breve termine, una scelta economicamente negativa (visto che ci sta perdendo soldi), si sta invece rivelando una scelta economicamente vantaggiosa per il lungo periodo. Twitter, ormai X, ha rappresentato una breccia nelle vie di comunicazioni della cricca di Davos, la quale ha visto aumentare il costo delle menzogne. In particolar modo dopo la questione Twitter files. Vogliamo poi parlare di come Starlink abbia funzionato come un mezzo attraverso il quale le persone nelle zone di guerra hanno potuto inviare video e quindi scavalcare quelle notizie fuorvianti date dai media generalisti?

Questo è un tipo di mentalità che è stata venduta egregiamente da Trump e amplificata da Musk. Inutile dire che il mio intero libro è permeato dalla necessità di spiegare questa filosofia, perché sarà cruciale nel futuro prossimo, soprattutto per gli USA. I “troppo grandi per fallire”, la cricca di Davos e le sue sfere d'influenza, adesso sono “troppo grandi da tenere in piedi”.

Infatti, sulla scia della vittoria di Trump, quegli “strumenti” che la cricca di Davos ha usato per modificare usi/costumi della società e seminare il controllo capillare di cui aveva bisogno per sedimentare la propria influenza, si sono spuntati. La cultura woke sta esalando i suoi ultimi respiri, così come tutto quel perbenismo e politically correct che ha permeato negli ultimi anni il mondo LGBT, per non parlare dell'abominio rappresentato dalla sessualizzazione precoce dei bambini. Lo stesso destino attende i criteri ESG, già in dismissione da parte di Wall Street da un po' di tempo. Altrettanto “curioso”, poi, è l'implosione del governo tedesco e dell'azienda ucraina Ukrenergo legata a doppio filo all'UE tramite la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Perché è importante? Perché può rappresentare una potenziale LTCM dei giorni nostri. Se lo scorso luglio c'era ancora tempo per concedere una moratoria all'Ucraina per il rimborso dei suoi prestiti, adesso l'orologio sta ticchettando più forte. Come ho detto anche in precedenza, non mi sorprenderebbe vedere istituti finanziari che come asset hanno titoli ucraini (sia sovrani che non). L'eurodollaro è prosciugato e gli USA si apprestano a mettere ordine anche dal lato fiscale dell'equazione, quindi i pasti gratis per Bruxelles sono destinati a diminuire drasticamente.


CONCLUSIONE

Come Buffett, è opportuno essere pronti per un periodo di caos finanziario. Il Trend primario è sceso; potrebbe durare per molti anni. Con il calo dei prezzi degli asset è inevitabile che si verifichino delle crisi. Non è necessario fare alcuna previsione, basta solo vedere che le azioni sono costose. L'indice S&P ha un rapporto CAPE di 35+, il doppio del prezzo medio delle azioni, storicamente nel 97° percentile. Ciò suggerisce che i prezzi delle azioni potrebbero scendere della metà, solo per tornare a un intervallo “normale”.

Il rapporto Dow/oro ci dice che le azioni hanno ancora molta strada da fare per scendere. Il rapporto è solitamente intorno a 10; ora è 16,5. Le azioni dovranno perdere circa il 40% del loro valore per tornare alla media. Ma i mercati non si spostano semplicemente alla “media” e ci rimangono. Passano da prezzi troppo alti a prezzi troppo bassi... e viceversa. In questo momento le azioni sono destinate a una fase di ribasso di portata sconosciuta, ma poiché le banche centrali hanno spinto l'ultimo Trend primario all'estremo, e poiché ora sembra che stiano spingendo all'estremo opposto, il prossimo periodo di caos dovrebbe essere decisamente pronunciato.

Il modello Dow/oro ci dice di restare in “modalità sicurezza” finché il rapporto non scende a 5 o meno (quando si può acquistare l'intera lista di 30 azioni Dow Jones per l'equivalente di 5 once d'oro). A quel punto sarà il momento di seguire il consiglio di Buffett e “giocare all'attacco mentre gli altri si dannano per sopravvivere”. Ma per questi aspetti c'è sempre il servizio di consulenza del blog a cui potete rivolgervi.


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giovedì 14 novembre 2024

Benvenuti nella modalità “Solo su”

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Mark Jeftovic

All'inizio di quest'anno, dopo aver digerito una brusca correzione dopo le approvazioni degli ETF, Bitcoin ha raggiunto un nuovo massimo storico, il che è stato anomalo, perché l'halving doveva ancora arrivare. Nei cicli passati i nuovi massimi storici non venivano raggiunti fino a dopo l'halving, come minimo qualche mese dopo.

Questa volta ne è arrivato uno nuovo (in realtà due consecutivi) prima dell'halving, ma il prezzo si è subito ritirato e fino a poco tempo fa BTC stava oscillando lateralmente in una banda che i bitcoiner hanno chiamato “chopsolidation”.

L'oro, da parte sua, aveva mostrato un andamento simile, anche se su onde più lunghe. Quando il metallo giallo ha segnato un nuovo massimo storico a dicembre 2023, ho guardato la dinamica su DollarCollapse.

Dal massimo dell'oro nel 1980 a $800/oz, ci sono voluti 28 anni per raggiungerne un altro. Una volta entrato nell'era post-Grande crisi finanziaria, ha avuto diverse difficoltà: ogni nuovo massimo storico preannunciava un possibile ritiro e consolidamento pluriennale. Quando l'oro ha raggiunto il picco nel 2011 dopo la sua corsa post-Grande crisi finanziaria, ha segnato l'inizio di una fase di “chopsolidation” durata più di un decennio.

Ci sono voluti più di otto anni affinché l'oro superasse il massimo storico del 2011 e più di tre anni perché ci riuscisse di nuovo alla fine del 2023.

Nel 2024 l'oro ha cambiato marcia, facendo registrare una serie di nuovi massimi storici (ben oltre trenta volte ormai) e si trova in un mercato rialzista indiscusso (e comunque non supererà i massimi storici del 1980 in termini di aggiustamento all'inflazione fino a quando non raggiungerà quota $3.000 l'oncia).

L'oro è entrato in modalità “Solo su”.

E ora, catalizzato dalla storica e schiacciante vittoria delle elezioni americane, anche Bitcoin è entrato in modalità “Solo su”.

Dopo aver raggiunto un nuovo massimo storico subito dopo la conclusione della campagna elettorale, da allora ha continuato a farne registrare di nuovi, tra cui uno appena sotto gli $81.000 mentre scrivo questo articolo.

I trader più astuti, che hanno cercato di prevedere il momento giusto per investire in oro o Bitcoin, avrebbero potuto fare bene a vendere nei momenti di massimo e riacquistare nei momenti di calo, e per un po' di tempo ciò avrebbe funzionato.

Il problema è che, se l'oro e Bitcoin si trovano in mercati rialzisti, a un certo punto questi movimenti ciclici o subciclici cambiano ritmo: nuovi massimi storici iniziano ad arrivare a intervalli più brevi, per non parlare dei consolidamenti pluriennali o mensili, finiamo con nuovi massimi ogni tot. settimane o giorni, oppure, data la velocità con cui si muovono i mercati delle criptovalute, ogni tot. ore.

Una volta che ciò accade, siamo in modalità “Solo su”.

Nonostante l'animosità tra la folla “oro contro Bitcoin” (come ho sempre detto, sono un tipo da “oro e Bitcoin”, anche se da molto tempo sono più sbilanciato su Bitcoin che sull'oro) entrambi gli asset sono entrati in suddetta modalità.

Mentre in passato non c'era molta correlazione, nel 2024 quella tra Bitcoin e oro ha iniziato ad avvicinarsi; ecco un grafico che utilizza la media mobile a 10 settimane, anche se bisogna ammettere che c'è volatilità (quella dopo le elezioni ne è un buon esempio).

Ma nel complesso questi due asset ci stanno dicendo la stessa cosa: l'era della moneta fiat sta per concludersi.


È troppo tardi per prendere posizione?

Molte persone osservano la crescita senza precedenti di Bitcoin e pensano che sia troppo tardi per cogliere il lato positivo di questa operazione.

Utilizzo questa frase per un motivo: come ho sottolineato per anni, Bitcoin non è uno trade, ma un  cambiamento di paradigma monetario.

E il parametro di riferimento che utilizzo per valutare a che punto siamo nel processo (siamo in anticipo o è troppo tardi?) è la capitalizzazione del mercato obbligazionario globale rispetto a quella di Bitcoin:

Accanto a questi livelli di debito davvero sbalorditivi, abbiamo il mercato obbligazionario globale: $120.000 miliardi (di cui circa $15.000 miliardi hanno un rendimento negativo) e l'offerta M2 degli USA è nell'intervallo dei $20.000 miliardi.

Per comprendere il Great Reset, immaginate i $120.000 miliardi in obbligazioni e tutta la massa monetaria M2 come enormi palloncini, i cui steli sono collegati a un marchingegno dall'aspetto steampunk che aspira l'aria da questi due palloncini e la pompa fuori dall'altra estremità in palloncini molto più piccoli su cui c'è scritto “Oro” e “Bitcoin”. L'ultima parte di questo esercizio è ricordare una cosa: non prestare attenzione ai numeri (il “valore nominale”) sui palloncini Bond e M2.

Ciò che bisogna davvero tenere sotto controllo è il flusso d'aria da sinistra a destra.

Questo flusso d’aria è chiamato “potere d’acquisto”.

Il nostro obiettivo è quello di creare ricchezza e accumulare asset all'interno dei palloncini in espansione sul lato destro. Ciò che stiamo vivendo come enormi bolle dei prezzi degli asset soddisfa tutte le definizioni di ciò che gli economisti della Scuola Austriaca chiamano “Crack Up Boom”.

Si tratta di un volo globale fuori dai palloncini dalla parte sbagliata della storia. In realtà si tratta dei primi brontolii di un evento iperinflazionistico mondiale, uno che colpirà tutte le valute nazionali, capovolgerà il sistema monetario globale, sostituirà lo status di valuta di riserva mondiale del dollaro, eliminerà il contante e sposterà il mondo intero lungo un nuovo ordine monetario.

Naturalmente all'epoca in cui scrivevo questa cosa, circolavano obbligazioni con rendimento negativo  per circa $20.000 miliardi a fronte di una capitalizzazione di mercato totale di $100.000 miliardi.

Ora sembra che le obbligazioni stiano prendendo la direzione opposta: nonostante i tagli dei tassi da parte della FED, i rendimenti stanno salendo, e questo è un problema per la gigantesca bolla del debito.

Bitcoin è ora un asset da $1.500 miliardi e le obbligazioni sono ancora 100 volte più grandi, ciononostante hanno iniziato a essere considerate “rischio senza rendimento”. Le obbligazioni sono un “morto che cammina”.

Non sto dicendo che ci sarà un esodo da queste ultime e che $120.000 miliardi in titoli sovrani e aziendali finiranno in Bitcoin.

Ma vedo che gli allocatori stanno riducendo la loro ponderazione e potrei vedere il 10% o il 20% delle obbligazioni spostate su altri asset; se anche il 10% di questa percentuale cerca di entrare in BTC, ciò si tradurrà in altri $1.200 miliardi in entrata.


Il grande salto

Abbiamo attraversato un cambiamento di fase, in cui in passato gli allocatori di asset avrebbero affrontato un rischio reale per quanto riguarda la loro carriera se avessero allocato risorse in Bitcoin. È qualcosa che è stato inaugurato da miliardari anticonformisti ed eccentrici, fondamentalmente persone come Stan Druckenmiller, Paul Tudor Jones o Bill Miller, i quali gestiscono i propri fondi e hanno già abbastanza influenza da non doversi preoccupare di rispondere a nessuno.

Ora invece se avete un ruolo come gestore di fondi, un family office, o un fiduciario, finite sotto torchio se non investite in Bitcoin. Da oltre un anno lo definisco “il mantra dell'1%” e lo stiamo vedendo concretizzarsi.

Ora che siamo alle prese con la valanga di voti per Trump (e improvvisamente essere un negazionista elettorale è accettabile), è significativo notare che nessuno dei due candidati ha mai parlato del debito galoppante e dei deficit in aumento, e tanto meno di affrontarli come parte del proprio programma elettorale.

Questo è l'elefante nella stanza e nessuno se ne sta occupando, perché è irrisolvibile. L'unica linea d'azione è quella di gonfiare il debito e distruggere la valuta: quale? Tutte.

Ecco perché il semplice atto di “partire da zero”, da qualsiasi importo, e poi integrarlo con acquisti regolari (un approccio basato sul costo medio del dollaro) — $100 al mese, $5 a settimana, ecc. — vi posizionerà in uno strato socio-economico completamente diverso da chi non avrà alcun bitcoin quando il cambio di paradigma monetario finalmente arriverà. A quel punto si instaurerà una sorta di apartheid monetario di fatto.

Siamo alle battute finali di questo gioco.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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