martedì 10 giugno 2025

Freedonia celebra 15 anni di buone letture

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/freedonia-celebra-15-anni-di-buone)

Come ogni 10 giugno questo spazio divulgativo si ferma un attimo e parla di sé stesso. In particolar modo oggi, che sono passati esattamente 15 anni dalla sua nascita. Era il 10 giugno 2010 e Francesco Simoncelli's Freedonia ha una storia che per i tempi del web possiamo definire molto lunga, o perlomeno non so quante attività come la mia sono nate nel 2010 e sono sopravvissute fino a oggi... temo molto poche, pochissime. Il mio blog è uno di questi e oltre a essere sopravvissuto alla prova del tempo ha goduto anche di un relativo successo. Inutile dire che ha dovuto anche evolversi: nato come esercizio didattico e di semplificazione delle dinamiche economiche, ha integrato nella sua esposizione sempre più temi per offrire una panoramica più ampia degli accadimenti del mondo. L'esordio su carta stampata ha segnato questo passaggio, quando nel 2015 ho pubblicato il mio primo manoscritto: L'economia è un gioco da ragazzi. Ci sarebbero voluti altri 5 anni prima che pubblicassi il seguito di questo percorso incentrato sulla condensazione della teoria alla base delle pubblicazioni giornaliere del blog, ma infine avrebbe visto la luce con La fine delle fallacie economiche. Infine, quella che potremmo definire maturazione del progetto, è arrivata l'anno scorso quando ho pubblicato l'ultimo tassello di quella che è diventata a tutti gli effetti una trilogia: Il Grande Default. Nel mezzo, però, ci sono stati altri testi che hanno rispecchiato la caratteristica fondante della mia opera divulgativa: tradurre quegli articoli che tra di loro intessono un fil rouge e guidano il lettore lungo la via migliore per comprendere i fenomeni del mondo economico/geopolitico, eliminando quanto più possibile il rumore di fondo. Ed è così che hanno preso vita traduzioni di libri come L'economia cristiana in una lezione, Avanzamento e declino della società e La radice di tutti i mali economici.

Ma non mi sono fermato solo alla teoria, perché sapevo che con la crescita della mia esperienza “sul campo” e della consapevolezza acquisita potevo allargare la mia proposta di valore anche dal lato pratico. Ed è così che è nato il servizio di consulenza del blog, grazie al quale coloro che ne hanno usufruito hanno potuto accedere a una serie di consigli strategici in materia di asset allocation e diversificazione di portafoglio. Analizzando i mercati o i singoli asset, chi prenota una consulenza può accedere a informazioni aggiuntive con le quali migliorare il proprio processo decisionale nella navigazione di mercati volatili e, nel futuro prossimo, alquanto turbolenti. In fin dei conti è quanto ci suggeriva Hayek quando scrisse il suo meraviglioso saggio The Use of Knowledge in Society: il processo imprenditoriale aumenta la sua capacità di successo grazie a un maggiore accesso a input d'informazione di qualità, sta poi all'imprenditore (essere umano agente) ricostruire un mosaico coerente e chiaro in base al proprio set di valori ed esigenze. Infatti il vantaggio competitivo che una persona può avere su un'altra è esattamente questo: l'accesso a un bacino di informazioni di qualità superiore con cui migliorare il proprio benessere in anticipo sugli altri.

Infine, la novità più fresca che ha caratterizzato l'offerta di servizi del blog è rappresentata dai cosiddetti “Audioarticoli”. Dall'anno scorso, infatti, è possibile ascoltare le varie pubblicazioni giornaliere sottoscrivendo un abbonamento alla mia pagina su Substack e, di conseguenza, efficientare il proprio tempo. Oltre a una serie di privilegi per i 3 livelli di abbonamento proposti, il principio grazie al quale ho deciso di avviare questa attività collaterale è esattamente quello di far risparmiare tempo ai lettori. L'efficienza di quest'ultimo è uno dei cardini degli insegnamenti della Scuola Austriaca e comprenderne l'importanza come stock di capitale è un esercizio tanto facile (all'apparenza) quanto difficile (nella pratica). E non è un caso che la scuola non insegni niente del genere in merito al tempo. I benefici del risparmio sono imprescindibili nella costruzione di una società prospera e solida, al contempo il beneficio del risparmio del tempo è imprescindibile nella costruzione di un benessere individuale duraturo e proficuo. Ascoltando i suggerimenti che nel corso degli anni sono arrivati dai lettori, lo sviluppo della tecnologia ha permesso l'accesso a questo tipo di soluzione per tutti coloro che non hanno spazio nella loro vita per la lettura e vogliono ricorrere all'economia di scala se possono: ovvero, viaggiare e al contempo ascoltare un podcast ad esempio.

Una cosa ha sempre accompagnato Freedonia, che è rimasto un luogo, per quanto sia cambiato nel tempo, sempre e comunque fedele a sé stesso: esso è e sarà sempre il mio punto di vista sul mondo, con quello che io vedo nel mondo e come io lo vedo rispetto alla realtà circostante. Ed è stato questo, sostanzialmente, il motore che ha fatto e fa ancora girare la macchina Freedonia: finché quello che mi piace fare mi permette di avere un sufficiente numero di sostenitori, abbonati e filantropi da mandarlo avanti, io resterò ancora qui.

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lunedì 9 giugno 2025

Il problema col globalismo forzato

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-problema-col-globalismo-forzato)

Per anni ho continuato a usare il termine globalismo con approvazione, perché la cooperazione internazionale è una cosa positiva. Viaggiare è meraviglioso, così come lo è la libertà di commerciare e migrare. Come ha fatto la pratica della libertà, che si estende oltre i confini giuridici nazionali, a essere così detestata e denigrata?

Dietro c'è una storia complessa che parla di intrecci tra stati, industria, finanza, strutture governative sovranazionali e del controllo di un gruppo di persone sopra i sistemi.

L'esperienza del Covid ha rivelato tutto. La risposta è stata globale: quasi tutte le nazioni hanno adottato misure di lockdown allo stesso modo, più o meno nello stesso periodo, applicando gli stessi protocolli e adottando le stesse misure (più o meno).

L'Organizzazione mondiale della sanità sembrava dettare legge, con le agenzie sanitarie pubbliche nazionali che si sono disinteressate di ogni questione. Il virus stesso sembrava essere emerso dall'interno di una struttura di ricerca multilaterale sui patogeni e sulle possibili contromisure farmaceutiche.

Inoltre le banche centrali di tutto il mondo hanno collaborato per finanziare la risposta politica, stampando moneta come mai prima per fermare il collasso economico dovuto alle chiusure forzate. Nazioni come Svezia e Nicaragua, che hanno seguito la propria strada, sono state demonizzate dai media di tutto il mondo esattamente allo stesso modo.

I legislatori nazionali non hanno avuto alcun ruolo nei lockdown iniziali; sono stati esclusi dal processo decisionale. Ciò significa che anche i cittadini che li avevano eletti sono stati privati ​​del loro diritto di voto. Nessuno ha votato per la distanza di sicurezza, la chiusura delle attività commerciali e gli obblighi di vaccinazione. Sono stati imposti da editti amministrativi e i sistemi giudiziari non li hanno fermati.

La democrazia come idea, così come lo stato di diritto, sono morti in quei mesi e anni, rimettendosi sempre alle istituzioni globali e ai sistemi finanziari che hanno assunto di fatto il controllo del pianeta. È stata la più sorprendente dimostrazione di potere universale nella storia.

Visti i risultati, non sorprende affatto vedere la reazione negativa, che si è concentrata sulla riaffermazione dei diritti delle nazioni e dei loro cittadini.

Molti difensori della libertà (di destra e di sinistra) sono spesso a disagio con l'ethos di questa reazione e si chiedono se e in quale misura esista un valido precedente storico per rivendicare la sovranità in nome della libertà.

Sono qui per affermare che un tale precedente esiste, un episodio storico quasi completamente dimenticato.

È noto che l'accordo di Bretton Woods del 1944 includeva parti che riguardavano il saldo monetario internazionale (il gold exchange standard) e il sistema bancario (Fondo monetario internazionale e Banca mondiale). Molti conoscono anche l'Accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (1948).

Quello che non è noto è che il GATT era una posizione di ripiego. La bozza originale di Bretton Woods includeva un'Organizzazione internazionale per il commercio (OIC) che avrebbe dovuto essere autorizzata a gestire tutti i flussi commerciali globali. Fu redatto nel 1944 e codificato nella Carta dell'Avana del 1948. All'epoca i principali governi e le grandi aziende si impegnarono a ratificare questo accordo come trattato.

L'Organizzazione internazionale per il commercio avrebbe dovuto governare il mondo, con gli oligarchi che ne avrebbero preso il controllo in nome della globalizzazione.

Fu messo da parte... perché? Non a causa dell'opposizione di protezionisti e mercantilisti. I principali oppositori dell'Organizzazione internazionale per il commercio erano infatti liberisti e libertari. La campagna per smantellare il trattato fu guidata dall'economista franco-americano Philip Cortney e dal suo libro di grande successo intitolato The Economic Munich (1949).

“La Carta dell'Organizzazione internazionale per il commercio è un monumento alle illusioni”, scrisse, “un sogno burocratico che ignora la dura realtà delle economie nazionali. Promette il libero scambio ma impone vincoli, costringendo le nazioni a regole che non possono piegarsi alle tempeste dell'inflazione o della scarsità”.

Lui e altri nella sua orbita potevano individuare in quella Carta non la mano della libertà, bensì la pianificazione centralizzata, il corporativismo, l'inflazionismo, la pianificazione fiscale, la politica industriale e il commercio controllato – in breve, quello che oggi viene chiamato globalismo. Era fermamente contrario, proprio perché credeva che avrebbe fatto arretrare la legittima causa del libero scambio e avrebbe sommerso la sovranità nazionale sotto una palude burocratica.

Le obiezioni che aveva erano molte, ma tra queste c'erano quelle incentrate su questioni di saldo monetario. Le nazioni sarebbero state vincolate a un sistema tariffario senza alcuna flessibilità per adeguare i valori delle valute in base ai flussi commerciali. Credeva che l'Organizzazione internazionale per il commercio comportasse un rischio reale, che le nazioni non avessero la capacità di adattarsi alle variazioni dei tassi di cambio o ad altre specificità di tempo e luogo. Sebbene la Carta sembrasse promuovere il libero scambio, Cortney credeva che alla fine lo avrebbe indebolito.

Riteneva inoltre che se le nazioni avessero aperto le loro economie alla concorrenza internazionale da ogni angolo del mondo, ciò avrebbe dovuto essere fatto in modo coerente con la governance democratica e i plebisciti nazionali. Un governo globale dal pugno di ferro che imponesse un tale regime avrebbe contraddetto l'intera storia delle posizioni contrarie al mercantilismo e probabilmente sarebbe stato sfruttato dalle grandi aziende e dalla finanza per manipolare il sistema a proprio vantaggio.

Ciò che colpisce di questa argomentazione è che proveniva da un punto di vista liberale/libertario che favoriva i metodi tradizionali per ottenere il libero scambio, opponendosi a quelli che oggi verrebbero definiti mezzi globalisti per ottenerlo.

Infatti Ludwig von Mises disse di quel libro: “La sua brillante critica espone spietatamente le fallacie delle dottrine e delle politiche economiche ufficiali contemporanee. Le tesi principali nel suo saggio sono inconfutabili. Sopravviverà a quest'epoca di futilità politica e sarà letto e riletto come un classico della libertà economica, al pari delle opere di Cobden e Bastiat”.

Fu Cortney, insieme ai suoi compatrioti ideologici nel mondo degli affari e della scrittura editoriale, a silurare la Carta dell'Avana e a gettare l'Organizzazione internazionale per il commercio nel dimenticatoio della storia.

Per essere chiari, il rifiuto nei confronti di tale organizzazione non fu il risultato dell'attivismo di reazionari, socialisti, protezionisti o persino nazionalisti economici. Fu respinta da convinti sostenitori del liberalismo economico, del libero scambio e degli interessi commerciali dominati dalle piccole e medie imprese che temevano di essere inghiottite dal pantano globalista.

Queste persone diffidavano della burocrazia in generale e della burocrazia globale in particolare. Quella era una generazione di principi, e all'epoca erano ben consapevoli di come qualcosa potesse sembrare fantastico a parole ma essere orribile nella realtà. Non si fidavano della banda al potere in quei giorni affinché elaborasse un accordo commerciale sostenibile per il mondo.

Il rifiuto dell'Organizzazione internazionale per il commercio è il motivo per cui siamo arrivati ​​all'Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio. Era generale, nel senso che non era una legge consolidata; era un accordo, il che significava che nessuna nazione sarebbe stata costretta a violare i propri interessi; riguardava i dazi, ma non tentava una grande strategia per livellare tutte le valutazioni monetarie; era informale e non formale, decentralizzato e non centralizzato.

Il GATT prevalse fino al 1995, quando l'Organizzazione mondiale del commercio fu imposta sotto un'enorme pressione da parte dei media e delle grandi aziende. Fu una rinascita della vecchia Organizzazione internazionale per il commercio. A quel punto i sostenitori del libero mercato avevano perso la loro sofisticatezza e si erano schierati a favore della nuova agenzia globale. Quasi a confermare la previsione di Cortney, l'Organizzazione mondiale del commercio è ormai diventata obsoleta, capro espiatorio per la stagnazione economica, la deindustrializzazione, gli squilibri monetari e i conti esteri instabili, coperti da riserve estere di asset denominati in dollari.

Ora ci troviamo di fronte a una reazione violenta, sotto forma di politiche mercantiliste grossolane che si stanno abbattendo con furia. L'America è stata la destinazione di enormi quantità di prodotti provenienti dalla Cina, ora bloccate da dazi elevati. Con straordinaria ironia, il New York Times avverte che un dirottamento delle merci dagli Stati Uniti all'Europa potrebbe “portare a uno scenario rischioso per i Paesi europei: il dumping di prodotti artificialmente a basso costo che potrebbe minare le industrie locali”.

Immaginate un po'!

L'equilibrio tra sovranità nazionale e libertà stessa è delicato. Generazioni di intellettuali lo sapevano e si sono guardati bene dal rovesciare l'una per sostenere l'altra. Separare definitivamente le strutture di governo dal controllo dei cittadini, anche solo attraverso un plebiscito periodico, rischia il disastro persino su temi come il commercio, per non parlare della ricerca sulle malattie infettive e sui virus.

Così è arrivata la rivolta, esattamente come aveva previsto Philip Cortney.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 6 giugno 2025

Ingegnerizzare la realtà (Parte #2)

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Joshua Stylman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/ingegnerizzare-la-realta-parte-2)

Catturare la controcultura

Nella Prima parte abbiamo tracciato lo sviluppo delle strutture di controllo dai monopoli fisici di Edison alle operazioni psicologiche del Tavistock, assistendo a come interessi aziendali, bancari e agenzie di intelligence convergessero per plasmare la coscienza pubblica. Ora vedremo come questi metodi raggiunsero una nuova sofisticazione nella cultura popolare, a partire dalla British invasion degli anni '60, che dimostrò come movimenti musicali accuratamente orchestrati potessero rimodellare la società.

I Beatles e i Rolling Stones non erano solo delle band: come ha ampiamente documentato il ricercatore Mike Williams nella sua analisi della British invasion, la loro comparsa segnò l'inizio di una trasformazione culturale sistematica e profonda. Williams osserva che persino il termine stesso “British Invasion” era rivelatore: una metafora militare per quello che apparentemente era un fenomeno culturale, forse un modo per annunciare apertamente l'operazione del Tavistock. Quello che sembrava un giocoso linguaggio di marketing descriveva in realtà un'infiltrazione attentamente orchestrata nella cultura giovanile americana. Attraverso centinaia di ore di ricerca meticolosamente documentata, Williams costruisce una tesi schiacciante secondo cui i Beatles furono la punta di diamante di un programma più ampio che utilizzava album come Sgt. Pepper e Their Satanic Majesties Request dei Rolling Stones per allontanare deliberatamente la cultura giovanile dai valori tradizionali e dalle strutture familiari. Ciò che sembra insipido per gli standard odierni rappresentava un attacco calcolato alle norme sociali, dando inizio a una trasformazione culturale che si sarebbe accelerata nei decenni successivi.

La ricerca di Williams va oltre, presentando prove convincenti del fatto che i Beatles furono essenzialmente la prima “boy band” moderna: la loro immagine era attentamente costruita, la loro musica in gran parte scritta ed eseguita da altri. Questa rivelazione trasforma la nostra comprensione della British invasion: quello che sembrava un fenomeno culturale organico era in realtà un'operazione meticolosamente orchestrata, con musicisti e cantautori professionisti dietro le quinte, mentre i Beatles fungevano da attraenti frontmen per l'imponente progetto di ingegneria sociale.

Da appassionato di musica di lunga data e devoto dei Beatles, affrontare questa evidenza inizialmente mi è sembrato un sacrilegio. Ciononostante il modello diventa innegabile una volta che lo si vede per quello che è. Mentre il dibattito continua su dettagli specifici come il presunto coinvolgimento di Theodor Adorno, esponente della Scuola di Francoforte, nella creazione delle canzoni dei Beatles – un'affermazione che ha sia sostenitori che critici – ciò che è chiaro è che l'operazione portava tutti i tratti distintivi della metodologia di ingegneria sociale del Tavistock.

La deliberata creazione di una dialettica “bravi ragazzi/cattivi ragazzi” (Beatles/Rolling Stones) offriva scelte controllate e permetteva a “entrambe le parti” di promuovere esattamente gli stessi cambiamenti culturali desiderati. Andrew Loog Oldham costruì magistralmente l'immagine di “cattivi ragazzi” degli Stones utilizzando tecniche di pubbliche relazioni che ricordano i metodi di Edward Bernays (il “padre delle pubbliche relazioni”, pioniere della manipolazione psicologica di massa), creando desiderio attraverso l'intuizione psicologica e trasformando la ribellione culturale in una merce commerciabile. Come lo stesso Oldham riconobbe nella sua autobiografia, non vendeva solo musica, ma “ribellione, anarchia e sex appeal racchiusi in un unico pacchetto”, creando deliberatamente un mito in cui il pubblico potesse credere. La sua sofisticata comprensione del branding culturale e della psicologia di massa rifletteva i più ampi metodi di influenza che stavano rimodellando i media e l'opinione pubblica in quel periodo.

Dietro la personalità ribelle di Mick Jagger si celava una formazione alla London School of Economics, a suggerire un insider con una comprensione più profonda dei sistemi di potere. Questo assiduo sviluppo dell'immagine si estese alla cerchia ristretta degli artisti, in particolare alla fidanzata di Jagger, Marianne Faithfull, a sua volta cantante di successo e socialite, il cui padre era un agente dell'MI6 che interrogò Heinrich Himmler e il cui nonno materno aveva origini asburgiche. Le finanze degli Stones erano gestite dal principe Rupert Loewenstein, un aristocratico bavarese e banchiere privato la cui nobile discendenza e i cui circoli finanziari si intersecavano con la dinastia Rothschild – un altro esempio di figure dell'establishment dietro movimenti apparentemente anti-establishment.

Persino l'etichetta discografica stessa si adattava a questo schema: la EMI (Electric and Musical Industries), che firmò sia i Beatles che i Rolling Stones, nacque come azienda di elettronica militare. Durante la Seconda Guerra Mondiale la ricerca e lo sviluppo della EMI contribuirono in modo significativo al programma radar britannico e ad altre tecnologie militari. Questa fusione di interessi militare-industriali con la produzione culturale non fu una coincidenza: le competenze tecniche della EMI in elettronica e comunicazioni si sarebbero rivelate preziose sia in ambito bellico che nella distribuzione di massa di contenuti culturali.

Questi esperimenti britannici di controllo culturale, attentamente gestiti, avrebbero presto trovato il loro laboratorio perfetto in America, dove un'improbabile convergenza avrebbe rimodellato per sempre la cultura giovanile e l'unità della famiglia. La Gran Bretagna aveva sperimentato questi metodi di orchestrazione culturale attraverso la musica, integrando i legami dell'intelligence nella British Invasion, ma l'America avrebbe perfezionato e portato queste tecniche a livelli senza precedenti.


Il laboratorio di Laurel Canyon

Sulle colline sopra Hollywood, tra il 1965 e il 1975, come documentò per la prima volta il giornalista Dave McGowan, si verificò un fenomeno straordinario: l'emergere di una nuova scena musicale incentrata a Laurel Canyon, dove un'improbabile concentrazione di legami familiari tra militari e intelligence confluì per rimodellare la cultura giovanile americana. Questa convergenza non fu casuale: mentre il sentimento anti-guerra si rafforzava negli ambienti accademici, questo nesso tra militari e intelligence contribuì a reindirizzare la potenziale resistenza verso una controcultura satura di droga, incentrata sul “ritiro” piuttosto che sull'opposizione organizzata alla guerra.

I legami tra militari e intelligence all'interno di Laurel Canyon erano impressionanti.

• Il padre di Jim Morrison comandò la flotta durante l'incidente del Golfo del Tonchino che diede inizio alla guerra del Vietnam.

• Il padre di Frank Zappa era uno specialista di guerra chimica all'Edgewood Arsenal, un importante sito di ricerca sulla sperimentazione umana.

• David Crosby, rampollo dei Van Cortlandt e dei Van Rensselaer – membri della famiglia reale americana – discendeva da una stirpe di potere politico che includeva senatori, giudici della Corte Suprema e generali rivoluzionari.

• James Taylor, discendente dei coloni della Massachusetts Bay Colony, crebbe in una famiglia plasmata dal mondo accademico e dal servizio militare, incluso il ruolo del padre nell'Operazione Deep Freeze in Antartide.

• Sharon Tate, figlia del tenente colonnello Paul Tate, ufficiale dell'intelligence dell'esercito, frequentò questi ambienti prima di morire.

• Dennis Hopper, il cui padre era un agente dell'OSS, diresse Easy Rider con Peter Fonda, confezionando la ribellione della controcultura per il consumo mainstream.

La trasformazione fu sistematica: dall'ottimismo e dall'unità del dopoguerra incarnati dalla New Frontier di JFK alla frammentazione calcolata che seguì il suo assassinio. Questo trauma pubblico e di massa, perfettamente in linea con i metodi di ingegneria sociale del Tavistock basati sullo shock psicologico, segnò la fine del genuino ottimismo. I boomer, cresciuti in una prosperità senza precedenti e ispirati dalla visione di Kennedy di una Nuova frontiera, videro il loro potenziale per un'autentica trasformazione sociale e politica reindirizzato in movimenti culturali accuratamente elaborati che avrebbero plasmato le generazioni successive. Queste connessioni pervasive tra figure dell'intelligence militare e leader della controcultura – dall'ammiraglio padre di Morrison al genitore di Zappa, specialista in guerra chimica, alla dinastia politica di Crosby – rivelano uno schema chiaro: la sistematica cooptazione della cultura giovanile da parte dei poteri istituzionali.

Il momento in cui il Laurel Canyon emerse come centro della controcultura coincise con gli anni di massimo splendore del programma di controllo mentale MK-Ultra della CIA. Non fu una coincidenza. Le stesse organizzazioni che sperimentavano il controllo della coscienza attraverso metodi chimici, come l'LSD, si stavano contemporaneamente integrando negli sforzi di programmazione culturale. La convergenza di queste strategie a Laurel Canyon gettò le basi per quella che sarebbe presto diventata la fusione su vasta scala di musica e sostanze psichedeliche: uno sforzo calcolato per contrastare la resistenza politica che stava sorgendo spontaneamente, incanalandola in un movimento incentrato sulla trascendenza personale piuttosto che su un'azione collettiva efficace.


Programmare la rivoluzione

Basandosi sulle basi psicologiche e culturali stabilite a Laurel Canyon, la fusione di musica e sostanze psichedeliche segnò l'apice della manipolazione della coscienza. Questa fase di programmazione culturale di massa reindirizzò strategicamente la resistenza politica verso canali culturali gestiti artificialmente, allontanando il dissenso dai movimenti organizzati e indirizzandolo verso un'astinenza frammentata e alimentata dalla droga.

Persino i Grateful Dead, la quintessenza della controcultura californiana, che coltivarono un seguito devoto e che definì la ricerca di comunità e significato di una generazione, erano intrinsecamente legati a meccanismi di controllo sociale. Il loro manager, Alan Trist, non era solo il figlio del fondatore del Tavistock, Eric Trist, ma era anche presente all'incidente d'auto in cui perse la vita l'amico d'infanzia di Jerry Garcia, Paul Speegle, una tragedia che spinse Garcia a formare la band. Il legame militare di Garcia aggiunge un ulteriore livello di intrigo: dopo aver rubato l'auto della madre nel 1960, gli fu offerta la scelta tra il carcere e il servizio militare. Nonostante le ripetute assenze ingiustificate da Fort Ord e dal Presidio di San Francisco, Garcia ricevette solo un congedo generale, un esito insolitamente clemente che solleva interrogativi sui potenziali legami ufficiali. Nel frattempo il paroliere della band, Robert Hunter, partecipò a esperimenti con l'LSD finanziati dal governo federale, legati alla più ampia ricerca psichedelica dell'epoca. Come house band dei Merry Pranksters, anch'essi legati alla CIA, i Grateful Dead giocarono un ruolo chiave nel guidare il sentimento anti-guerra verso la ritirata psichedelica, allineando la controcultura a programmi sponsorizzati dallo stato in modi che meritano un esame più approfondito.

Questo allineamento tra interessi della controcultura e dell'establishment si dimostrò incredibilmente efficace. Mentre il sentimento pacifista si rafforzava nei circoli accademici – dove una vera resistenza poteva minacciare il potere costituito – l'emergere del movimento hippie reindirizzò l'opposizione verso una controcultura giovanile satura di droghe e focalizzata sull'evasione piuttosto che sulla resistenza organizzata. Con l'intensificarsi delle operazioni della macchina bellica in Vietnam, i giovani americani furono guidati verso la dissoluzione culturale – una formula perfetta per neutralizzare movimenti pacifisti significativi. Lo stesso complesso militare-intelligence che aveva guidato la guerra stava simultaneamente plasmando la cultura che avrebbe impedito un'efficace resistenza ad essa.

Il ruolo di Timothy Leary in questa trasformazione fu cruciale. Prima di diventare la voce più influente del movimento psichedelico, era stato un cadetto a West Point e in seguito avrebbe prestato servizio come informatore dell'FBI. La sua difesa delle sostanze psichedeliche emerse parallelamente all'esplorazione, da parte della CIA, di sostanze come l'LSD durante l'era MK-Ultra. John Lennon rifletté in seguito su questa confluenza con pungente ironia: “Dobbiamo sempre ricordare di ringraziare la CIA e l'Esercito per l'LSD. È questo che la gente dimentica... Hanno inventato l'LSD per controllare le persone e quello che hanno fatto è stato darci la libertà”. Questo apparente ritorno di fiamma del programma mascherò un successo più profondo: smantellare la potenziale resistenza attraverso la promozione del disimpegno chimico. Diffondendo il mantra “accendi, sintonizzati, abbandonati”, Leary portò avanti questo programma. Un tale riorientamento non solo frammentò l'opposizione giovanile, ma indebolì anche i loro legami con i sistemi di supporto tradizionali come la famiglia e la comunità – esattamente il tipo di atomizzazione sociale che avrebbe reso più facile il controllo futuro.

La sovrapposizione tra la ricerca sull'LSD finanziata dal governo federale e la scena musicale emergente era tutt'altro che casuale. Mentre MK-Ultra esplorava metodi chimici per il controllo della coscienza, l'industria musicale stava contemporaneamente perfezionando metodi culturali, con band come i Grateful Dead che collegavano entrambi i mondi attraverso i loro legami con gli esperimenti sull'LSD finanziati dal governo federale e la controcultura in rapida ascesa.


Reindirizzare la resistenza

I modelli di collegamento tra la leadership governativa e i movimenti musicali non si limitavano all'era psichedelica. Con l'evoluzione della musica popolare attraverso nuovi generi e decenni, le stesse relazioni di fondo continuano a esistere tra l'establishment e l'influenza culturale.

Nella scena hardcore punk figure come Ian MacKaye (Minor Threat, Fugazi), il cui padre faceva parte del White House Press Corps ed era presente all'assassinio di JFK, sarebbero diventate quelle più indipendenti, aprendo la strada all'etica del fai da te attraverso la sua etichetta Dischord Records. I suoi legami con l'establishment risalivano a molto prima: suo nonno Milton MacKaye era un giornalista e dirigente dell'Office of War Information. Il suo approccio autonomo sembrava resistere al sistema, eppure i suoi legami con l'establishment evidenziano un modello più ampio. Lo stesso nel rock alternativo: il padre di Dave Grohl fu assistente speciale del senatore Robert Taft Jr. durante l'amministrazione Reagan. Madonna, divenuta la pop star per eccellenza degli anni '80, è figlia di Tony Ciccone, un ingegnere che lavorava a progetti militari per Chrysler Defense e General Dynamics Land Systems.

Avere genitori coinvolti in attività governative, di difesa o di intelligence non implica necessariamente che questi artisti abbiano commesso illeciti; tuttavia questi esempi rappresentano solo una minima parte dei legami documentati tra figure della controcultura e strutture di potere. Il modello si estende attraverso decenni e generi, con centinaia di casi simili che suggeriscono non una coincidenza ma un disegno sistematico: dai musicisti jazz sostenuti da famiglie di banchieri ai punk rocker con legami con il governo, fino alle pop star provenienti da famiglie dell'industria della difesa. Questi legami pervasivi sollevano interrogativi sul rapporto tra potere della classe dirigente e influenza culturale.

Forse nessuna famiglia esemplifica meglio la fusione tra operazioni di intelligence e produzione culturale dei Copeland. Miles Copeland Jr., che contribuì a fondare la CIA e orchestrò colpi di stato in tutto il Medio Oriente, ha descritto nel dettaglio le strategie psicologiche alla base di questa integrazione nel suo libro The Game of Nations. In questo testo Copeland delineò esplicitamente la metodologia di manipolazione che avrebbe plasmato sia le operazioni di intelligence che la cultura popolare: “Nel mondo delle operazioni segrete, nulla è ciò che appare. La chiave non è solo controllare le azioni, ma controllare la percezione delle azioni”.

Suo figlio Miles Copeland III divenne una figura chiave nell'industria musicale, gestendo gruppi influenti come i Police (con il fratello Stewart come batterista) e fondando la I.R.S. Records. Attraverso quest'ultima, Copeland avrebbe plasmato l'ascesa della musica alternativa nel mainstream, gestendo gruppi come i R.E.M., guidati da Michael Stipe, un altro figlio di militari. I Copeland rappresentano un un ponte tra operazioni segrete e produzione culturale, cosa che dimostra come le metodologie di intelligence si siano evolute dall'intervento diretto all'influenza sottile attraverso l'intrattenimento. Il loro successo nel fondere il fascino della controcultura con la redditività commerciale è diventato un modello per la futura creazione di narrative ufficiali.

Questo modello di ingegneria culturale segue principi storicamente coerenti. Artisti e movimenti allineati con obiettivi di intelligence ricevono una promozione senza freni, mentre la vera resistenza subisce la soppressione o l'eliminazione. La tragica fine di personaggi come Phil Ochs e John Lennon, entrambi sotto la documentata sorveglianza dell'FBI per le loro minacce dirette al potere statale, contrasta notevolmente con le traiettorie di carriera di coloro che hanno presentato la ribellione entro limiti più convenzionali.


Ingegnerizzare il genere

Sebbene la musica si sia rivelata il laboratorio perfetto per testare il controllo della coscienza di massa, questi metodi si sarebbero presto estesi ben oltre l'intrattenimento. In nessun luogo ciò fu più evidente che nella deliberata riorganizzazione dei ruoli di genere e delle strutture familiari, con l'obiettivo di rimodellare gli aspetti intimi dell'identità e delle relazioni umane.

La calibrazione strategica delle narrazioni femministe emerse come un esempio particolarmente significativo, con le agenzie di intelligence che plasmavano attivamente le politiche di genere attraverso i media e l'attivismo organizzato. Gloria Steinem, che ha ammesso di aver lavorato con organizzazioni finanziate dalla CIA come l'Independent Research Service durante gli anni '50 e '60, esemplifica questa intersezione. La sua rivista Ms. Magazine, inaugurata nel 1972, fondeva ideali femministi con messaggi attentamente curati, mentre la Steinem in seguito ammise di aver partecipato a eventi finanziati dalla CIA volti a influenzare i movimenti femministi durante la Guerra Fredda.

L'ammissione di Nicholas Rockefeller all'amico Aaron Russo sottolineava come la liberazione femminile fosse strategicamente finanziata per espandere il controllo statale e corporativo, raddoppiando la base imponibile attraverso la partecipazione al mondo del lavoro, indebolendo i legami familiari attraverso l'aumento dei tassi di divorzio e aumentando l'influenza dello stato sui figli attraverso l'assistenza all'infanzia gestita sempre dallo stato.

In quello stesso periodo programmi influenti come That Girl e The Mary Tyler Moore Show contribuirono a normalizzare proprio questi cambiamenti, diffondendo l'archetipo della donna indipendente e concentrata sulla carriera in modi che si allineavano notevolmente con gli obiettivi sistemici.

Questa trasformazione fu capillare. Le riviste femminili passarono da contenuti prevalentemente nazionali a messaggi sempre più incentrati sulla carriera. L'evoluzione di Cosmopolitan sotto la direzione di Helen Gurley Brown negli anni '60 esemplificava questa trasformazione, normalizzando non solo la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, ma anche promuovendo la liberazione sessuale al di fuori del matrimonio tradizionale: una duplice agenda che si allineava perfettamente con gli interessi aziendali nell'espansione sia del bacino di lavoro che della base di consumatori.

Questa deliberata definizione dei movimenti di genere si è estesa fino ai giorni nostri, con il Tavistock Institute che continua a plasmare le narrazioni moderne. Dallo spostamento delle riviste femminili verso messaggi di carriera negli anni '60 all'incessante promozione odierna di narrazioni sul genere, questi movimenti si allineano costantemente con obiettivi guidati da un'agenda ben precisa.


Mercificazione della resistenza

Le tecniche perfezionate a Laurel Canyon per trasformare la resistenza autentica in prodotti culturali redditizi si sarebbero evolute in quadri di controllo sempre più complessi. Dai pionieristici Grateful Dead nella cultura dei festival ai festival musicali moderni come Coachella, autentici spazi di controcultura sarebbero stati sistematicamente convertiti in imprese commerciali.

Entro gli anni '90 questi metodi si erano evoluti nella sistematica cooptazione della resistenza autentica. Mentre i baby boomer sperimentavano il passaggio dall'ottimismo alla disillusione, la generazione X si trovava di fronte a un meccanismo più raffinato che mercificava l'alienazione stessa. Il percorso di Kurt Cobain da autentica voce del malcontento generazionale a prodotto di MTV ha dimostrato come l'apparato di influenza si fosse evoluto, non più limitandosi a reindirizzare la resistenza, ma trasformandola in prodotti culturali redditizi. Questa mercificazione si è estesa oltre la musica: marchi come Nike hanno trasformato la cultura di strada anti-establishment in campagne di marketing globali attraverso figure come Michael Jordan e Charles Barkley. La cultura “alternativa” dell'epoca divenne talmente tanto commercializzata che emersero centri commerciali come Hot Topic per vendere “ribellione” preconfezionata agli adolescenti di periferia, trasformando i simboli della controcultura in offerte di vendita standardizzate.

Il completo dirottamento delle scene musicali underground dimostra quanto la struttura di potere avesse perfezionato la manipolazione culturale. Proprio come le agenzie di intelligence avevano reindirizzato la controcultura degli anni '60, le aziende svilupparono metodi avanzati per catturare e mercificare la dissidenza organica. Il Vans Warped Tour ha trasformato il punk rock, un tempo autentica espressione di ribellione giovanile, in una piattaforma di marketing aziendale itinerante, completa di palchi sponsorizzati e merchandising brandizzato. Il programma dell'accademia musicale di Red Bull è andato oltre, creando quello che equivale a un sistema di allerta precoce per movimenti culturali potenzialmente destabilizzanti. Identificando in anticipo generi e artisti underground emergenti, è stato possibile reindirizzare l'espressione culturale autentica verso canali commerciali prima che sviluppasse un autentico potenziale rivoluzionario.

Anche le scene più ferocemente indipendenti si sono dimostrate vulnerabili a questo sistema. Le major hanno creato false etichette indipendenti per mantenere la credibilità underground, controllando al contempo la distribuzione. Le compagnie del tabacco hanno preso di mira club e rave specifici, comprendendo che la credibilità subculturale potesse essere convertita in quote di mercato. Il modello stabilito a Laurel Canyon – quello di trasformare la resistenza autentica in prodotti redditizi – si è evoluto in una scienza di cattura culturale.

Proprio come le connessioni dei Grateful Dead col governo federale hanno contribuito a stabilire modelli per spazi culturali controllati, i festival musicali moderni fungono da punti di raccolta dati e laboratori comportamentali. L'evoluzione dagli Acid Tests alle lineup dei festival curate algoritmicamente dimostra quanto profondamente si sia digitalizzato il quadro dell'influenza.


La macchina delle celebrità

L'approccio perfezionato da Gloria Steinem – incanalare autentici movimenti sociali attraverso portavoce attentamente gestiti – si sarebbe evoluto nell'attuale modello meticolosamente elaborato di attivismo delle celebrità.

Questa gestione algoritmica si estende oltre i contenuti, fino al talento stesso, con le piattaforme che determinano sempre più non solo cosa ha successo, ma anche quali voci devono emergere. Il posizionamento strategico degli attivisti famosi dimostra quanto profondamente gli interessi istituzionali siano penetrati nell'intrattenimento. Il coinvolgimento di George Clooney nel Council on Foreign Relations, che prosegue un legame familiare multigenerazionale con il potere iniziato con il giornalismo del padre, Nick Clooney, durante la Guerra Fredda, esemplifica come questi legami tra l'intrattenimento e l'establishment spesso attraversino generazioni. L'evoluzione di Angelina Jolie da ribelle di Hollywood a Inviata Speciale dell'UNHCR esemplifica come l'attrattiva della controcultura possa essere reindirizzata verso obiettivi statali. Analogamente, l'impegno ambientale di Leonardo DiCaprio, promosso attraverso le piattaforme del WEF pur mantenendo uno stile di vita da jet privato, mostra come anche le preoccupazioni legittime vengano plasmate per allinearsi ai quadri elitari. Il modello di interventi in caso di crisi di alto profilo adottato da Sean Penn – dall'uragano Katrina ad Haiti, dal Venezuela di Hugo Chávez alla più recente Ucraina – solleva interrogativi sull'accesso selettivo alle piattaforme. Mentre le celebrità allineate all'establishment ricevono un'amplificazione senza fine, coloro che mettono in discussione le narrazioni ufficiali si ritrovano spesso emarginati o messi a tacere.

Come l'organizzazione femminista di Steinem, sostenuta dalla CIA, l'attivismo delle celebrità moderne spesso si allinea straordinariamente bene con gli obiettivi della classe dirigente. Il percorso da figura della controcultura a voce dell'establishment è diventato un modello replicabile.


Marketing della cultura moderna

Gli equivalenti moderni della programmazione controculturale dimostrano come questi sistemi rimangano altamente efficaci. Dall'industria dell'intrattenimento alle case di moda di lusso, gli ingegneri culturali di oggi creano narrazioni in linea con gli interessi delle élite, sotto la maschera del progresso.

Questo modello di ristrutturazione sociale coordinata si estende a molteplici settori e piattaforme. Il ruolo dell'industria della moda è diventato esplicito attraverso episodi come la controversa campagna del 2022 di Balenciaga, la quale mostrava bambini con immagini di bondage. Mentre l'indignazione pubblica si concentrava sulla controversia immediata, l'incidente ha rivelato come le case di moda spingano sempre più narrazioni su genere, sessualità e norme sociali.

Proprio come gli Stones e i Beatles hanno incanalato la ribellione in forme accettabili, gli architetti culturali di oggi creano una resistenza attentamente calibrata. I temi dell'alienazione di Billie Eilish offrono alla generazione Z uno sbocco commercialmente valido per il malcontento, mentre la sfida di Lizzo agli standard di bellezza convenzionali si allinea con gli interessi aziendali nella promozione di prodotti farmaceutici, prodotti per il benessere e beni di consumo su misura per un pubblico eterogeneo. Anche gli artisti di maggior successo riflettono questi legami con l'establishment: i legami familiari di Taylor Swift con le dinastie bancarie, incluso il ruolo del nonno nella Federal Reserve, dimostrano quanto queste relazioni siano ancora profondamente radicate. Come ha documentato il ricercatore Mike Benz, i materiali di formazione della NATO identificano la Swift come una figura chiave per l'amplificazione del messaggio, rivelando come l'influenza burocratica operi nell'era digitale.


Quando la salute diventa ideologia

La promozione di stili di vita non salutari persegue molteplici scopi sistemici. Una popolazione focalizzata sulla “body positivity” che lotta contro l'obesità e le malattie croniche diventa più redditizia per le aziende farmaceutiche e più dipendente dai sistemi istituzionali.

Questo programma si manifesta nel modo in cui la cattiva salute viene celebrata come progressista e inclusiva. Campagne pubblicitarie e media aziendali descrivono le corporature obese e gli stili di vita non salutari come comportamenti responsabilizzanti e normalizzati che, nella maggior parte dei casi, portano a una cattiva salute a lungo termine. Ad esempio, Cosmopolitan ha pubblicato una copertina a febbraio 2021 con lo slogan “This is Healthy!” accompagnato da immagini di corporature non convenzionali, mentre Nike ha introdotto manichini plus-size nei suoi negozi principali, generando un notevole interesse mediatico. Questi sforzi sono stati celebrati come pietre miliari dell'inclusività, consolidando il movimento della “body positivity” come pietra di paragone culturale.

Allo stesso tempo fitness e allenamento vengono sempre più inquadrati come simboli di estremismo. Articoli di giornale e articoli di opinione collegano la cultura dell'allenamento e la salute fisica a ideologie pericolose, dipingendo la disciplina personale come un indicatore di radicalizzazione politica. Questa narrazione palesemente assurda riformula sottilmente l'esercizio fisico non come benessere e disciplina personale, ma come simbolo di un estremismo di destra.

Questa deliberata inversione rispecchia la distopia di Orwell: la salute diventa dannosa, mentre la cattiva salute diventa virtuosa. Riformulando il benessere fisico e il miglioramento personale come forme di devianza, queste narrazioni distorcono i valori sociali, allineandoli all'autocompiacimento come ideale morale.

I semi di questo cambiamento sono stati piantati durante la pandemia, dove le politiche di sanità pubblica hanno ampiamente ignorato le pratiche di benessere fondamentali. Invece di promuovere il sole, l'esercizio fisico, una corretta alimentazione o la perdita di peso – nonostante l'obesità sia il fattore di rischio più elevato – i messaggi ufficiali enfatizzavano l'isolamento, l'uso delle mascherine e il rispetto delle regole.

Nell'era post-pandemica, questi temi si sono ulteriormente evoluti, riformulando la salute e la disciplina personale non solo come inutili, ma anche come politicamente pericolose.

Il modo in cui vengono trattati salute e fitness rivelano un'agenda calcolata atta a promuovere stili di vita non salutari e a demonizzare la disciplina fisica; il risultato è una popolazione più dipendente e controllabile. Non si tratta di contraddizione, ma di convergenza: entrambi gli approcci allontanano le persone dall'autosufficienza e le spingono verso la dipendenza istituzionale. Non si tratta di una contraddizione casuale, ma di un inganno calcolato: proprio come il Tavistock ha imparato a usare la vulnerabilità psicologica per rimodellare la coscienza, le organizzazioni moderne impiegano narrazioni sulla salute per creare nuove forme di controllo sociale.

Questa sistematica rimodellazione della coscienza sanitaria corre parallela a una trasformazione ancora più ampia: la ridefinizione della cittadinanza e dell'identità nazionale stessa. Proprio come l'attività fisica è stata riformulata come estremismo, le nozioni tradizionali di patriottismo e orgoglio nazionale sarebbero state attentamente ricostruite per servire le strutture di potere. L'industria dell'intrattenimento, avendo perfezionato tecniche per modificare le narrazioni sulla salute, avrebbe impiegato gli stessi metodi per rimodellare la comprensione pubblica della lealtà e dello scopo nazionale.


Dare forma al patriottismo

Dall'industria del fitness a Hollywood, le narrazioni sono elaborate per garantire il rispetto degli ideali sistemici, spesso riecheggiando tattiche sviluppate per la prima volta per rimodellare il sentimento pubblico durante l'era isolazionista di cui abbiamo parlato in precedenza. Proprio come l'acquisizione dei giornali da parte di J. P. Morgan nel 1917 contribuì a inquadrare la riluttante partecipazione dell'America ai conflitti globali come un imperativo morale, le serie televisive, gli show in streaming e i film plasmano la percezione pubblica dell'azione militare, esaltandone la necessità e l'eroismo.

Blockbuster moderni come Top Gun: Maverick dimostrano come gli studios debbano sottoporre le sceneggiature al Dipartimento della Difesa per l'approvazione, con modifiche imposte dalle forze armate necessarie per accedere alle attrezzature essenziali e alle location delle riprese. L'influenza del Pentagono si estende anche oltre, all'universo cinematografico Marvel ad esempio. Captain Marvel ha richiesto ampie revisioni della sceneggiatura per ottenere il supporto militare, trasformando la protagonista da pilota civile a ufficiale dell'aeronautica. Un'analoga supervisione militare ha plasmato Iron Man, con il Pentagono che ha richiesto l'approvazione della sceneggiatura in cambio dell'accesso alle basi e all'equipaggiamento. Non si tratta semplicemente di accordi di product placement: rappresentano un controllo narrativo sistematico al centro dell'intrattenimento moderno. Altri film, come Zero Dark Thirty e Argo, sono stati prodotti in collaborazione diretta con la CIA, promuovendo narrazioni allineate agli interessi militari.

La NFL offre un altro esempio lampante di come i campionati sportivi funzionino come estensioni della rete di intrattenimento, sfruttando narrazioni emozionali per plasmare il sentimento pubblico. Sorvoli militari, tributi dei giocatori ai soldati e pubblicità del Super Bowl sono spesso presentati come celebrazioni organiche dell'orgoglio nazionale. Tuttavia, questi momenti derivano spesso da partnership a pagamento con il Dipartimento della Difesa, confondendo i confini tra il patrimonio autentico e messaggi orchestrati. Proprio come i film di successo esaltano l'azione militare, le leghe sportive normalizzano il legame tra patriottismo e servizio militare, rafforzando narrazioni artificiali sotto le mentite spoglie dell'intrattenimento.

Se è vero che il patriottismo autentico e il rispetto per i militari riflettono autentici valori americani, l'attenta cura delle narrazioni militari da parte dell'industria dell'intrattenimento persegue uno scopo più profondo: normalizzare i perpetui interventi stranieri senza incoraggiare una comprensione più profonda di questi conflitti e delle loro terribili conseguenze. Confondendo il sostegno alle truppe con l'accettazione incondizionata dell'azione militare, questi prodotti culturali creano consenso per impegni che la maggior parte dei cittadini non comprende né discute. La trasformazione di complesse realtà geopolitiche in narrazioni eroiche semplificate contribuisce a garantire l'adesione del pubblico senza la necessaria comprensione.

Persino film apparentemente critici come The Bourne Films e La guerra di Charlie Wilson mescolano realtà e finzione in modi che glorificano sottilmente il lavoro dell'intelligence e delle politiche interventiste. Questa costruzione narrativa garantisce che lo scetticismo nei confronti di queste organizzazioni rimanga limitato, rafforzando un senso di patriottismo legato agli ideali e alle politiche statali.

Oltre a questi esempi cinematografici, l'industria dei videogiochi è diventata un potente strumento per strategie di influenza comportamentale. Franchise come Call of Duty hanno incorporato narrazioni pro-militari nel loro gameplay immersivo, fungendo da strumenti avanzati di reclutamento per le forze armate.

Mentre Hollywood e i videogiochi reclutano il pubblico per la macchina bellica, la musica contemporanea è stata trasformata in un'arma simile agli esempi della diplomazia jazz degli anni '50, della “British invasion” e dei musicisti di Laurel Canyon discussi in precedenza. Ciò è davvero eclatante nell'hip-hop, dove la trasformazione del genere da musica di protesta a “gangsta rap” mette in luce come i potenti si approprino di voci autentiche per allinearle agli stessi interessi aziendali e politici che lavorano attivamente per soggiogarli.


Il profitto delle prigioni

L'ascesa dell'hip-hop negli anni '80 coincise con l'epidemia di crack, un capitolo devastante della storia americana esacerbato dal coinvolgimento della CIA con i ribelli dei Contras in Nicaragua – un legame svelato dal giornalista Gary Webb nella sua rivoluzionaria inchiesta. Quello che era nato come un genere che documentava gli effetti dell'oppressione sistemica e del flagello della droga nelle comunità nere divenne presto mercificato. Le crude narrazioni di sopravvivenza e resistenza si trasformarono in rappresentazioni glamour della cultura della droga, allineandosi perfettamente con gli interessi guidati dall'autorità che perpetuano cicli redditizi di incarcerazione e controllo.

La vera agenda dell'industria musicale diventa esplicita attraverso figure come l'icona dell'hip-hop Ice Cube, che ha rivelato come le etichette discografiche e le carceri private abbiano deliberatamente allineato i loro interessi. “Sembra davvero sospetto”, ha osservato Cube, “che i dischi che escono siano orientati a spingere le persone verso quell'industria carceraria”. La sua affermazione secondo cui “le stesse persone che possiedono le [etichette discografiche] possiedono anche le carceri” ha messo in luce lo sviluppo strategico di contenuti per alimentare i sistemi carcerari.

Come ha spiegato Cube “molte delle canzoni più belle che piacciono alla gente sono realizzate da un gruppo di persone che dice ai rapper cosa dire”, sostituendo l'espressione artistica organica con narrazioni attentamente elaborate. Questo spostamento deliberato ha incanalato rabbia e malcontento in comportamenti autodistruttivi, perpetuando cicli di incarcerazione perfettamente allineati con gli interessi aziendali. Il complesso carcerario-industriale ha dimostrato come il controllo sistemico potesse fondere motivazioni di profitto con la programmazione sociale. Questa fusione di sorveglianza, modificazione comportamentale e coercizione economica sarebbe diventata il modello per il sistema di controllo digitale, in cui gli algoritmi tracciano il comportamento, plasmano le scelte e impongono il rispetto delle regole attraverso sanzioni economiche su scala globale.

Ciò che le etichette discografiche hanno realizzato nell'hip-hop – identificare, reindirizzare e mercificare l'espressione autentica – sarebbe diventato il modello per il controllo digitale. Proprio come i dirigenti hanno imparato a trasformare la cultura di strada in prodotti redditizi, gli algoritmi avrebbero presto automatizzato questo processo su scala globale. La trasformazione dalla protesta a profitto non si è limitata alla musica: è diventato il modello di come ogni forma di resistenza culturale sarebbe stata gestita nell'era digitale.

Nella terza parte vedremo come queste tecniche di controllo culturale siano state automatizzate e perfezionate attraverso i sistemi digitali. I metodi di controllo culturale si sono evoluti da fisici a psicologici, da locali a globali, da manuali ad automatizzati. Ciò che ebbe inizio con i monopoli hardware di Edison e raggiunse il suo apice analogico nella manipolazione della cultura popolare, avrebbe trovato la sua massima espressione nei sistemi digitali. La trasformazione dal controllo meccanico a quello algoritmico rappresenta non solo un'evoluzione tecnologica, ma un salto quantico nella capacità di plasmare la coscienza umana.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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👉 Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/01/ingegnerizzare-la-realta-parte-1.html

👉 Qui il link alla Terza Parte:


giovedì 5 giugno 2025

Perché Tether si rifiuta di conformarsi al MiCA

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da CoinTelegraph

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-tether-si-rifiuta-di-conformarsi)

Tether è conforme allo standard MiCA?

Il nuovo regolamento dell'UE sui mercati delle criptovalute, meglio noto come MiCA, è il primo grande tentativo da parte di una potenza economica mondiale di creare regole chiare e valide per tutta la regione e le stablecoin sono un elemento importante.

Il MiCA impone le migliori pratiche, se una stablecoin deve essere scambiata nell'UE, il suo emittente deve seguire alcune regole rigorose:

1. C'è bisogno di una licenza

Per emettere una stablecoin in Europa, è necessario diventare un istituto di moneta elettronica (IMEL) completamente autorizzato. Si tratta dello stesso tipo di licenza di cui hanno bisogno le aziende fintech per offrire portafogli elettronici o carte prepagate. Non è economico, né veloce.

2. La maggior parte delle riserve deve essere depositata presso banche europee

Questa è una delle parti più controverse del MiCA. Se si emette una stablecoin “importante” – e USDT di Tether rientra certamente nei requisiti – almeno il 60% delle riserve deve essere detenuto in banche con sede nell'UE. La logica è quella di garantire la sicurezza del sistema finanziario.

3. La piena trasparenza non è negoziabile

Il MiCA richiede informative dettagliate e regolari. Gli emittenti devono pubblicare un white paper e fornire aggiornamenti sulle proprie riserve, audit e modifiche operative. Questo livello di rendicontazione è una novità per alcune stablecoin, soprattutto quelle che storicamente hanno evitato il controllo pubblico.

4. Le monete non conformi vengono rimosse dalla lista

Se un token non è conforme, non sarà negoziabile sulle piattaforme regolamentate dell'UE. Binance, ad esempio, ha rimosso le coppie di trading USDT dagli utenti dello Spazio Economico Europeo (SEE). Altri exchange stanno seguendo l'esempio.

L'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha chiarito che in Europa le persone possono continuare a detenere o trasferire USDT, ma non possono offrirlo al pubblico o quotarlo in sedi ufficiali.

In altre parole, potreste ancora avere USDT nel vostro wallet, ma buona fortuna se volete provare a scambiarlo su una piattaforma regolamentata.


I motivi principali per cui Tether rifiuta le normative MiCA

Tether è unica in quanto ha spiegato il motivo per cui non vuole avere nulla a che fare con le normative MiCA. I vertici dell'azienda, in particolare l'amministratore delegato Paolo Ardoino, si sono espressi apertamente su quelle che considerano gravi lacune nella normativa, dai rischi finanziari alle preoccupazioni sulla privacy, fino al quadro più ampio di cosa sono realmente le stablecoin.

1. La regolamentazione bancaria potrebbe ritorcersi contro

Una delle regole più discusse del MiCA stabilisce che le stablecoin “importanti” – USDT di Tether – debbano detenere almeno il 60% delle loro riserve presso banche europee. L'idea è di rendere le stablecoin più sicure e trasparenti, ma Ardoino la vede diversamente.

Ha avvertito che ciò potrebbe creare nuovi problemi, costringendo chi emette stablecoin a fare troppo affidamento sulle banche tradizionali e l'intero sistema potrebbe diventare eccessivamente fragile. 

Dopotutto, se si verifica un'ondata di rimborsi e le banche non hanno abbastanza liquidità per tenere il passo, assisteremmo contemporaneamente a una banca in difficoltà e a una crisi delle stablecoin.

Tether preferisce invece conservare la maggior parte delle sue riserve in titoli del Tesoro USA, asset che afferma essere liquidi, a basso rischio e molto più facili da rimborsare rapidamente in caso di necessità.

2. Non si fidano dell'euro digitale

Tether ha anche un altro problema con la direzione che l'Europa sta prendendo, soprattutto per quanto riguarda l'euro digitale. Ardoino lo ha apertamente criticato, sollevando allarmi sulla privacy.

Egli sostiene che una valuta digitale controllata centralmente potrebbe essere utilizzata per monitorare come le persone spendono i loro soldi e persino per controllare o limitare le transazioni se qualcuno perde il favore del sistema.

I sostenitori della privacy hanno espresso preoccupazioni simili. Mentre la Banca Centrale Europea insiste sul fatto che la privacy sia una priorità assoluta (con funzionalità come i pagamenti offline), Tether non ne è convinta. Ai loro occhi, affidare così tanto potere finanziario nelle mani di un'unica istituzione equivale a cercare guai.

3. Gli utenti di Tether non sono a Bruxelles, bensì in Brasile, Turchia e Nigeria

In sostanza, Tether si vede come un'ancora di salvezza per le persone nei Paesi che devono affrontare problemi di inflazione, sistemi bancari instabili e accesso limitato al dollaro.

Si tratta di Paesi come la Turchia, l'Argentina e la Nigeria, dove USDT è spesso più utile della valuta locale.

Il MiCA, con tutti i suoi ostacoli in termini di licenze e obblighi di riserva, costringerebbe Tether a cambiare strategia e a investire per soddisfare gli standard specifici dell'UE. L'azienda afferma di non essere disposta a farlo, non a scapito dei mercati che ritiene più bisognosi di strumenti finanziari come USDT.

Lo sapevate? La Turchia è tra i Paesi con il più alto tasso di adozione delle criptovalute: il 16% della popolazione è impegnata in attività legate alle criptovalute. Questo elevato tasso di adozione è in gran parte dovuto alla svalutazione della lira turca e all'instabilità economica, le quali spingono i cittadini a cercare alternative come le stablecoin per preservare il proprio potere d'acquisto.


Cosa succede quando Tether non è conforme al MiCA

La decisione di Tether di saltare il MiCA non è passata inosservata. Sta già avendo conseguenze concrete, soprattutto per gli exchange e gli utenti in Europa.

1. Gli exchange stanno eliminando USDT

Grandi nomi come Binance e Kraken non hanno aspettato: per non incorrere nelle sanzioni imposte dalle autorità di regolamentazione dell'UE, hanno già rimosso le coppie di trading USDT per gli utenti dello Spazio Economico Europeo. Binance le aveva rimosse lo scorso marzo. Kraken ha seguito a ruota, rimuovendo non solo USDT, ma anche altre stablecoin non conformi come EURT e PYUSD di PayPal.

2. Gli utenti hanno meno opzioni

Se vi trovate in ​​Europa e possedete USDT, non siete completamente sfortunati: potete ancora prelevarli o scambiarli su alcune piattaforme. Ma non potrete più trattarlo sui principali exchange. Questo sta già spingendo gli utenti verso alternative come USDC ed EURC, pienamente conformi al MiCA e ampiamente supportati.

Anche i principali processatori di pagamenti in criptovalute stanno ritirando il supporto, lasciando agli utenti meno possibilità di spendere direttamente le proprie criptovalute.

3. Un colpo alla liquidità? Probabile

Il ritiro degli USDT dalle borse europee potrebbe rendere i mercati un po' più instabili. Meno liquidità, spread più ampi e maggiore volatilità durante i grandi movimenti di prezzo sono tutti fattori in gioco. Alcuni trader si adatteranno rapidamente. Altri? Non così tanto.

Lo sapevate? Tether (USDT) è la criptovaluta più scambiata a livello globale, superando persino Bitcoin in termini di volume giornaliero. Nel 2024, ha facilitato transazioni per oltre $20.600 miliardi e vanta una base utenti di oltre 400 milioni in tutto il mondo.


Tether & regolamentazione MiCA

Tether potrebbe non essere in sintonia con l'UE, ma è ben lungi dall'essere in ritirata. Anzi l'azienda sta raddoppiando gli sforzi altrove, alla ricerca di un terreno più amichevole e di orizzonti più ampi.

In primo luogo, Tether ha scelto El Salvador come sua nuova base, un Paese che ha pienamente abbracciato le criptovalute. Dopo aver ottenuto la licenza per la fornitura di servizi in asset digitali, l'azienda sta aprendo lì una vera e propria sede centrale. Anche Ardoino e altri dirigenti di alto livello si stanno muovendo lì.

Inoltre, dopo aver incassato oltre $5 miliardi di profitti all'inizio del 2024, Tether sta mettendo a frutto il suo capitale:

IA: Attraverso la sua divisione venture capital, Tether Evo, l'azienda ha acquisito partecipazioni in aziende come Northern Data Group e Blackrock Neurotech. Tether ha anche lanciato Tether AI, una piattaforma di intelligenza artificiale open source e decentralizzata progettata per funzionare su qualsiasi dispositivo senza server centralizzati o chiavi API. L'obiettivo è utilizzare l'IA per potenziare le operazioni e, magari, sviluppare nuovi strumenti lungo il percorso.

• Infrastrutture e AgTech: Tether ha investito in Adecoagro, un'azienda focalizzata sull'agricoltura sostenibile e sulle energie rinnovabili. È una mossa sorprendente, ma si inserisce nella strategia più ampia di Tether, volta a supportare sistemi resilienti e concreti.

• Media e oltre: ci sono anche segnali che indicano che Tether vuole lasciare il segno nei contenuti e nelle comunicazioni, dimostrando che sta pensando ben oltre il solo settore delle criptovalute.


L'uscita di Tether dal MiCA evidenzia il caos normativo globale delle criptovalute

L'abbandono del MiCA è un'istantanea di un problema molto più grande nel settore delle criptovalute: quanto sia difficile avviare un'attività in un mondo in cui ogni giurisdizione segue le proprie regole.

Il gioco dell'arbitraggio normativo

Non è la prima volta che Tether si trova ad affrontare normative di questo tipo. Come molte aziende crypto, ha padroneggiato l'arte dell'arbitraggio normativo, trovando la giurisdizione più favorevole e aprendo lì la propria sede.

L'Europa introduce regole severe? Bene, Tether si stabilisce a El Salvador, dove le criptovalute sono accolte a braccia aperte.

Se i grandi operatori possono spostare le giurisdizioni per eludere le normative, quanto sono efficaci queste norme? E questo tutela gli utenti al dettaglio o li confonde ulteriormente?

Un ecosistema delle criptovalute che è ovunque sulla mappa della Terra

Il problema più grande è che il panorama normativo globale è incredibilmente frammentato. L'Europa vuole piena conformità, trasparenza e obblighi di riserva. Gli Stati Uniti continuano a inviare segnali contrastanti. L'Asia è divisa: Hong Kong è pro-crypto, mentre la Cina rimane indifferente.

Anche Hong Kong ha approvato la Legge sulle stablecoin per concedere licenze agli emittenti garantiti da valute fiat e rafforzare le sue ambizioni Web3. Nel frattempo l'America Latina sta abbracciando le criptovalute come strumento di accesso finanziario.

Per le aziende è un vero disastro. Non si può costruire per un solo mercato globale; bisogna costantemente adattarsi, ristrutturare o ritirarsi completamente. Per gli utenti ciò crea enormi barriere all'accesso. Una moneta disponibile in un Paese potrebbe essere inaccessibile in un altro solo a causa delle politiche locali.

Un'ultima riflessione: la resistenza di Tether al MiCA è più di una semplice protesta contro la burocrazia. Infatti sta scommettendo che il futuro delle criptovalute verrà plasmato fuori da Bruxelles, non al suo interno.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 4 giugno 2025

L'etica del lavoro può tornare a dare i suoi frutti?

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/letica-del-lavoro-puo-tornare-a-dare)

Sono entusiasta quanto chiunque altro della prospettiva di un ritorno dell'industria manifatturiera americana, ma ci sono enormi ostacoli, tra cui le metriche di redditività della contabilità. Avrà senso dal punto di vista economico? Senza questo elemento, le aspirazioni politiche e la determinazione nazionale non saranno sufficienti.

Gli Stati Uniti hanno esternalizzato ingenti quantità della loro, un tempo enorme, potenza manifatturiera in Cina, Messico e altrove. Per decenni è sembrato un vantaggio reciproco, finché non ci siamo resi conto di quanto sia strano che l'America abbia talmente poche industrie da poterle definire davvero proprie.

Esistono diversi modi per affrontare questo problema, ma la sua portata non è ampiamente compresa. I differenziali salariali tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi sono enormi e non facilmente superabili. Anche altri differenziali nei costi di produzione sono importanti, così come il valore problematico del dollaro. Il suo status di valuta di riserva mondiale consolida la logica economica delle importazioni rispetto alle esportazioni.

Ci sono altri problemi, tra cui uno più fondamentale: l'etica del lavoro americana. Si tratta di un problema culturale che emerge da decenni di soldi facili e dalla perdita di spirito imprenditoriale.

Una breve storia di ieri. Mi sono messo in coda al supermercato dietro una persona con un enorme cesto pieno di spesa, ma era sistemato in modo strano. Mentre la metteva sul nastro per la cassa, ha iniziato a usare i separatori, non in base al tipo di prodotto, ma in base a qualche altro criterio.

La osservavo attentamente mentre metteva i sacchetti di carta in ogni pila. Dopo che la prima tranche evasa, ha tirato fuori una carta e pagato. Poi ripeteva l'operazione. Infine ho capito: stava facendo la spesa per Instacart, non per una sola persona, ma per ben cinque famiglie.

Ho ripercorso in mente tutto il processo. Quando è entrata nel negozio, aveva una lista enorme e, passando per ogni corsia, tirava fuori la spesa per ogni cliente, separandola con cura e mantenendo questa separazione alla cassa, al pagamento, all'imbustamento e infine al trasporto.

La possibilità di errori in questo tipo di operazioni deve essere enorme. Un errore e il cliente si lamenterebbe sicuramente.

Ero un po' sbalordito dall'impresa ingegneristica che si stava svolgendo davanti ai miei occhi. Le ho chiesto come se la cavasse, ma al di là di una risposta laconica poco altro. Il suo inglese era stentato, quindi avevo difficoltà a comunicare. Ancora più importante, era troppo impegnata per chiacchierare con un tizio che se ne stava lì a chiedere informazioni.

Mentre ci pensavo, la guardavo lavorare con un certo stupore. Era meraviglioso. A giudicare dalle sue competenze linguistiche, è molto probabile che fosse un'immigrata recente, probabilmente senza un'istruzione “superiore”, ma con delle competenze pazzesche.

Com'è diventata così brava? La ripetizione e il miglioramento che ne consegue. È da lì che nasce l'abilità. Perché lo ripeteva così spesso? Perché doveva farlo per guadagnare. Il bisogno crea la disciplina e la disciplina alimenta l'abilità.

Un esempio veloce. Supponiamo che portiate a casa quattro sgabelli da bar girevoli dal negozio di bricolage, ma che debbano essere montati. Il primo è un disastro di viti e confusione, e potreste doverlo rifare una o anche due volte, destreggiandovi tra le istruzioni. È orribile. Il secondo è meglio. Quando arrivate al quarto, lo montate in una frazione del tempo impiegato per i precedenti.

Potreste pensare: “Wow, sono così bravo che potrei trasformarla in un'attività imprenditoriale”, ma è solo una delle competenze che ora possedete. La acquisite in un paio d'ore di lavoro intenso, ma ora ce l'avete. È così che concentrazione, disciplina, determinazione ed esperienza alimentano competenza e valore sul posto di lavoro.

Tim Cook di Apple ha chiarito che il vero motivo per cui gli iPhone e gli altri prodotti Apple vengono prodotti in Cina anziché negli Stati Uniti non è il salario. Sono l'abilità tecnica e la precisione. Questi prodotti richiedono estrema disciplina, conoscenza e profonda esperienza. Il numero di lavoratori in grado di farlo in Cina è elevato; negli Stati Uniti è esiguo.

Penso a tutti i “colletti bianchi” che ho conosciuto e che impazzirebbero se gli venisse chiesto di fare qualcosa di anche lontanamente così complicato. Dimenticatevi di assemblare un iPhone. Non potrebbero certo fare la spesa per cinque famiglie contemporaneamente, imbustarla e consegnarla.

È un'abilità fuori dalla loro portata e si irriterebbero se qualcuno glielo chiedesse. Probabilmente si lamenterebbero con le risorse umane e preparerebbero una causa legale. Farebbero un pasticcio con il primo ordine, avrebbero a che fare con clienti furiosi e un capo troppo autoritario, e si rifugierebbero nel flacone di pillole o nella bibita al THC per far passare il dolore.

A questo punto della storia, non sono sicuro che la classe operaia negli Stati Uniti sia all'altezza di questo tipo di produttività. La realtà del periodo di lockdown è che la maggior parte delle persone si è goduta due anni di svaghi, fingendo di lavorare. Quel periodo ha anche distrutto la motivazione di molti, viziando un'intera generazione di lavoratori d'élite, inducendoli a credere che fare soldi sia facile e senza sforzo.

Per 25 anni di tassi d'interesse artificialmente bassi – in particolare dal 2008 – la FED ha coltivato la sensazione che l'intero sistema si basi su una sorta di illusione. Certo, alcune persone sono ricche e altre povere, ma la differenza non ha nulla a che fare con il lavoro che svolgono. È tutta una questione di nascita, classe sociale, credenziali e fortuna nell'attrazione demografica.

Questa è una percezione tragica, completamente incoerente con la tradizionale etica americana del duro lavoro e della mobilità di classe. Una caratteristica del programma di Trump è quella di recuperare e ricostruire quell'idea con un cambiamento nelle strutture economiche, tra cui deregolamentazione e tagli fiscali. I dazi ne fanno parte, spinti dal presupposto che gli americani abbiano il necessario per rifare le cose.

Il presupposto alla base di questa politica è che investitori, imprenditori e lavoratori americani si adegueranno e realizzeranno prodotti eccellenti, godendo al contempo della protezione che i dazi doganali offrono contro la concorrenza estera. Anche se ciò dovesse accadere – ed è un grande se – gli americani sono davvero pronti a farlo? L'esternalizzazione di così tanta produzione manifatturiera va avanti da quasi 50 anni.

Le azioni di quel lavoratore di Instacart, impegnata in un'incredibile dimostrazione di abilità manageriale, sottolineano questo punto. Per generazioni, ci è stato detto che intelligenza e competenza sono distribuite in modo sproporzionato tra i livelli più alti della struttura di classe degli Stati Uniti.

Personalmente, non ci credo. È più probabile il contrario: le persone che lottano per vivere, facendo due o tre lavori per pagare le bollette, hanno più competenze della maggior parte delle persone nel terzo superiore della distribuzione del reddito che non hanno mai dovuto preoccuparsi di pagare le bollette.

Parlate oggi con qualsiasi persona seria in qualsiasi azienda di medie dimensioni e vi racconterà delle sue difficoltà. Le normative e le tasse sono esasperanti, ma sono i problemi di lavoro quotidiani a ostacolare davvero le loro attività e il loro progresso. È estremamente difficile trovare lavoratori che facciano ciò che devono fare con puntualità, attenzione ai dettagli e senza un costante supporto e complimenti.

Questo declino dell'etica lavorativa americana è in parte dovuto alle istituzioni scolastiche, ma anche al fatto che la maggior parte dei giovani che rientrano nella metà più alta della classe di reddito non ha mai lavorato un giorno in vita sua prima di aver conseguito un titolo di studio.

Non hanno la minima idea di cosa significhi accettare un lavoro duro e perseverare fino alla fine. Provano risentimento per le strutture autoritarie sul posto di lavoro e cercano di manipolare il sistema proprio come hanno manipolato la scuola per oltre 16 anni.

Una cosa è sviluppare competenze per sopravvivere in classe, un'altra è avere competenze per un nuovo mondo manifatturiero. I corsi di officina al liceo sono quasi del tutto scomparsi (solo il 6% degli studenti li frequenta, contro il 20% degli anni '80) e due terzi degli adolescenti rinunciano a un lavoro retribuito, semplicemente perché non è necessario. Sono passate generazioni da quando la maggior parte delle persone non sapeva nulla della vita in fattoria, per non parlare di quella in fabbrica.

Trump sta cercando di risolvere un problema vecchio di mezzo secolo in quattro anni. È una sfida seria e non posso dire di essere ottimista. Detto questo, ora ci sono reali opportunità per persone come il lavoratore che ho menzionato prima, persone che lavorano sodo, lavorano bene, perseverano nel loro compito e sono grate per le opportunità che hanno. Purtroppo queste caratteristiche sfuggono in gran parte ai laureati delle istituzioni scolastiche più prestigiose del nostro Paese.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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